Rudiano, 11 settembre 1955. 

Lui stesso ci parla della propria inclinazione all’arte, verso il disegno e il dipingere, precocissima tanto che a soli tredici anni ha esposto alcuni quadri conseguendo lusinghieri consensi.

È iniziata più tardi l’impegnativa ricerca lungamente condotta sulle opere dei maestri del passato, fino ad appropriarsi delle loro tecniche, ma ancor più del loro dialogare culturale. “Quanti anni ho dovuto impegnarmi per rubare i segreti del mestiere”, confida. Ma v’è chi ravvisa in lui un artista che chiede molto alla ricerca interiore, al suo vissuto riversandola poi negli archetipi di una felice sintesi tra forma e colore.

I dipinti più lontani, giovanili diremmo, si staccano notevolmente da quelli dell’ultima produzione: il segno era allora affidato alla tela con tocco mosso, marcato nei contorni, a dare plasticità al soggetto, come ben esemplificano Paesaggio rudianese del 1972 e Paesaggio porticato del 1974. Anche i ritratti di quel tempo erano caratterizzati dal tratto franto, insistito. L’accostamento al verismo dalla particolare ricercatezza formale e impronta romantica avviene alle soglie degli anni Ottanta quando, mediante pastello e sanguigna, prendono vita ripetuti volti di fanciulle dall’assorto atteggiamento, oppure nudi dalla castigata flessuosità. Anche il paesaggio si scioglie in accordi sfumati, come in Bosco rudianese risalente al 1980. Ed ecco la stagione dei ritratti e delle composizioni di notevole impegno concettuale e pittorico in cui le figure propongono soluzioni organiche ed equilibrate, svolte ora con forza plastica, altre con più sfumate armonie luministiche. Il tutto retto da un impianto disegnativo meditato, essenziale.

I motivi proposti rispondono a un bisogno intimo di dare risposta ai temi significativi dell’esistenza fatta confluire in cicli di opere come quello recentemente esposto nella sala dei SS. Filippo e Giacomo in Brescia e dedicato a “L’ora del vizio” ovvero i Peccati capitali. Qui l’opera di Balduzzi si dispiega in raffigurazioni che grazie alla tecnica coniugante sapientemente classicismo e metafisica riflettono indagine intorno a una ineludibile questione ovvero il rapporto tra vizio, peccato e la sua modernità. La mostra bresciana del 2004 è tappa di un percorso espositivo iniziato nel 1978 con una personale in Rudiano e proseguito a Parma (1979), Bergamo (1980, 81, 88), Brescia ancora (1984, 87, 2000), Firenze (1987), Novara (1990), Chiari (2002) e Milano (2003).

Tra i concorsi ai quali Balduzzi ha preso parte si segnalano il Premio “Moretto” (1980), Premio “Città di Lumezzane” (1983), Premio “Bologna d’oro” (1985), Premio “Galleria Alba” (Firenze, 1988), Premio internazionale “Maretta” (Cuneo) e Premio “Artis Magister” (Varese, 1987), Premio “Il Gabbiano d’oro” (Arona, 1980), Premio “Gaudenzio” (Novara, 1990, 91), Premio “Oscar europeo dell’Arte” (Milano 1992).

Nella produzione del pittore rudianese si inseriscono varie opere a destinazione pubblica confluite in edifici di culto o sedi istituzionali a Rudiano (Crocifissione, 1985 e Madonna col Bambino e i SS. Rocco e Borromeo, 1991), Larche (Madonna del Manto, 1995), Brescia (Madonna dell’umiltà, 2003), Chiari (S. Angela Merici, 2004).

BIBLIOGRAFIA

G. FUSARI, “Il cantico della luce e della semplicità. Franco Balduzzi”, Castrezzato, Grafica Ruffini, 2000.

AA. VV., “L’ora del vizio”, Brescia, sala dei SS. Filippo e Giacomo, 2 - 17 ottobre 2004.

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