Brescia, 1948.

Quindicenne ha cominciato a frequentare i corsi di pittura tenuti da Chico Schinetti e Gabriele Saleri presso l’Associazione Artisti Bresciani. Ha quindi aderito al Gruppo “Moretto” avente sede nella Galleria “La Loggetta”, quindi alle pendici del Castello.
La sua evidente presenza in rassegne risale a metà degli anni Ottanta, con la partecipazione ai premi indetti in S. Eufemia (1988, 89), a Clusane (1992), Breno (1995, 96); ha poi esteso l’ade-sione a manifestazioni regionali, a Torino e Schio… in alcune occasioni affermandosi. Ancora nel 1988 Luciano Spiazzi recensendo con calore una delle prime mostre personali di Boarin notava co-me le sue tele fossero un tutto pieno di colori di cui sono investiti personaggi e vedute. Non arte informale, ma gusto della materia cromatica tenuta su toni ocra dalla quale emergono le vicende quotidiane, la capacità di dare compattezza alle preziose screziature coloriche con le quali è ani-mato l’evento narrativo.
Se anche frangendo il contenuto del quadro, originariamente il pittore rimaneva figurativo ponen-dosi tra rappresentazione visiva e espressionismo, con il procedere della ricerca la sua visione si è rarefatta, sostanziandosi di forme compatte affioranti in una materia luminosa: sembianze umane essenzializzate, così come alcune rappresentazioni sacre volgenti a un informale cubisteggiante in cui “brillano come isolate gemme cromatiche raggrumanti brillii di colore”, come ha osservato Al-berto Zaina.
Sono opere gradevoli che racchiudono una sorta di sospensione tra le nebbie dei sogni e l’evidenza di aggraziate forme reali, ove con l’ocra si alternano sommesse tonalità gialle, grigie oppure tasselli che componendosi danno rilievo al soggetto protagonista del dipinto: figura e natura morta che sia.
 
BIBLIOGRAFIA
AA. VV., “L’arte lombarda in Valcamonica alle soglie del terzo millennio”, Pisogne, Galleria “La Tavolozza”, 2000.

 

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