Brescia, 22 maggio 1955. Vive e opera a Brescia.
Per affinare la naturale inclinazione all'arte, manifestata fin dai giorni della frequen-za di scuola tecnica superiore, una volta conseguito il diploma si iscrive all' Accade-mia di B.A. di Venezia dove, negli anni 1978 e 1979, frequenta il laboratorio di Carmelo Zotto. Si trasferisce quindi a Milano, all' Accademia di Brera, dove fino al 1982 segue i corsi di pittura sotto la guida di Gottardo Ortelli e si diploma.
Di quegli anni accademici sono alcune partecipazioni a mostre collettive in Brescia (Chiesa dei SS. Filippo e Giacomo, "Il Banco" di Massimo Minini, 1981. "Multime-dia", 1982); Milano (Premio Annunciata, 1981, "Centro culturale Rondottanta", febbraio - aprile 1982) in alcune delle quali espone anche gli esiti degli studi di Incisione.
Accanto agli studi accademici, l'esperienza acquisita nella scuola serale della A.A.B. con Giacomo Bergomi, Primo Tinelli e Oscar Di Prata; nella Galleria di via Gramsci propone suoi lavori in occasione di mostre sociali.
Estende quindi la sua adesione a manifestazioni di lontane località: Como ("Centro Serreratti", 1982); Bolzano ("Mèta-Arte contemporanea", 1984); Bologna ("Studio G. 7", 1984), allestendo al tempo stesso due mostre personali: a Firenze (1982) e a Brescia (1984).
Nell'illustrare l'opera di questo giovane artefice riteniamo di sottolineare quanto schematica e fittizia sia considerata ormai la distinzione tra arte figurale e arte astratta: sia nell'una che nell'altra acquisendo valore solo il linguaggio inteso come creatività.
Sulla breve vita artistica di Fernicola urgono ancora le esperienze vissute a Venezia, ed Emilio Vedova dalla stenografica scrittura, dalla singolare ricerca di valori spazia-li; a Milano poi, dove Mario Licini lascia ricordo di libera creazione, diaccostamenti di forme e di colori, di allusiva intensità; d'altri artisti ancora aperti all'esperienza contemporanea europea. La vicinanza di Fernicola ad altri giovani nostri, da Castel-lazzo a Dotti a Perini ci induce, esemplificando, a inserire il suo esito creativo nel "filone" della avanguardia concettuale, la cui visione naturalistica si traduce in visione pittorica o plastica. Composizioni in "metallo, terracotta, garze gessate che si presentano come segni d'un paesaggio. Il piano è ora orizzontale - osserva Elvira Cassa Salvi - ora ribaltato, ora a parete come mappa o carte geografiche".
E come in un plastico di campi o di collina par di ravvisare ciuffi d'erba, boschi, casucce e tracciati campestri dominati a volte da ampi cieli d'un profondo azzurro. Pitture-sculture dunque, dove il confine fra forma pittorica e forma scultorica si annulla, così come è annullato il limite di spazio in cui l'opera si colloca, quasi in un "gioco di rimandi testimone della coscienza dell'artista nel proprio procedere".
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