Milano, 6 febbraio 1940.

La critica fa risalire a Paul Klee le radici della pittura di Giuseppe Bravi. E l’accostamento è certa-mente facile. Ma nei dipinti del giovane pittore, bresciano di adozione, v’è l’esperienza maturata negli anni dal dopoguerra ad oggi, col ‘68, l’infrangersi di speranze, l’acuirsi di tensioni. Da qui il desiderio di nuovi e più puri orizzonti, da qui la nitidezza dei colori che fanno da sfondo a… ideo-grammi e simboli; nell’astrazione ricondotta a significati di vita che il pittore, dolente, si sforza di nutrire di rinnovate speranze.
Bravi ha ormai raggiunto un posto inconfondibile nel panorama artistico bresciano, “appartiene a quel genere, a quella zona di poeti che, individuato un angolo fiabesco, una insenatura al riparo d’ogni tempesta, li svolgono il loro racconto, annotano le loro confessioni con coerenza”. Ma quelle notazioni fiabesche col trascorrere del tempo si son fatte più allusive e, oltre il colore così abilmente inventato, un sottofondo intraducibile di tristezza e di tensione, come uno smarrimento che cerca uno sbocco, una ragione di speranza, appunto.
Se fondamentalmente appare ancor oggi corretta la definizione dell’arte di Giuseppe Bravi espressa nella notazione – redatta oltre vent’anni orsono – nel tempo la ricerda del pittore ha prodotto non solo un minore utilizzo della carta in favore del legno e, a volte della ceramica ruku, ma anche l’abbandono dei toni cupi, se non neri, dei fondi entro cui aleggiavano “geroglifici” allusivi, emblemi della civiltà dei segni. Per l’adozione di velature dalla estrema limpidezza e levità accolgienti forme paragonabili a brani o lacerti di remi prodotti da arcaici vogatori, o Totem come quello che nel 2001 è valso a Bravi il Premio di pittura Città di Sarezzo.
Sono composizioni, quelle recenti, dalla critica ricondotte nell’ambito dell’astrattismo lirico, che nelle particolari forme costituenti l’architettura del dipinto portano il pensiero alla primordialità (od anche all’astratteggiante decorazione di tombe egizie, elleniche) traducendo visivamente il travaglio, l’iro-nico accenno a volte, dell’uomo.
Dopo aver aderito negli anni Ottanta al Gruppo “Esprit de finesse” promotore di varie mostre citta-dine e provinciali, Bravi ha proseguito l’attività espositiva a Verona, Mantova, Aigle (CH) nel 1992, solo per citare alcune delle significative rassegne personali.
 
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