Adro, 2 marzo 1909..

Nel paese natio avvicina Arturo Bianchi (v.) e, giovanissimo, lo segue compiendo così le prime esperienze artistiche.
A Brescia, si forma nella -cerchia del giovani vicini a Virgilio Vecchia e si affaccia alla ribalta delle mostre sul far degli anni Trenta.  Poco più che ventenne è presente alla Mostra intersindacale, alle Mostre del sindacato provinciale di B.A. bresciano, con paesaggi, figure, nature morte.
Del 1934, Primavera, Sui Ronchi, Mamma rivelano l'attento osservatore e l'equilibrato colorista; dello stesso anno Gesù e i ciechi, è detto dipinto di non comune livello pittorico, soprattutto nella pallida figura centrale retta da una sintesi cromatica, ma ancor più da espressività spirituale.  Non a torto Pietro Feroldi, indimenticato scrittore d'arte e collezionista, vide nella composizione classicamente concepita il segno della nobiltà di contenuto testimoniante le attitudini del pittore a perseguire un'arte intenzionalmente eletta.
Nel susseguirsi delle esposizioni alle quali partecipa, Simoni si pone in evidenza accanto ad artefici quali Battista Trainini, Alessandro Pianeti, Martino Dolci, Virgilio Vecchia, Matteo Pedrali... Opere come il Cesto del pesce racchiudono un contenuto poetico di cose reali ordinate a modo, fedele al rapporto che deve intercedere fra il soggetto e lo stile.  Questo quadro, oggi alla Pinacoteca Tosio Martinengo, è stato giudicato «pezzo di solida pittura moderna, arlosissimo». (1936).
La pacata visione, la meditativa natura del pittore tornano ad evidenziarsi in successive opere: Natura morta, Composi ione, Dal mio studio esposte nel 1938; così nel 1940 Paese di Valcamonica, che fa dire d'una «visione sgorgata da una elevata purificazione dell'animo».
Se il funesto fragore dell'ultimo conflitto mondiale sembra esaurire l'attività del Simoni, il ritorno della pace lo riconduce ad assiduamente operare: dal 1946 Figure di Santi, S. Sebastiano, Paese, Interno, Lo specchio figurano a fianco di dipinti di artefici nostri al quali la guerra non soltanto ha carpito anni di fervore creativo, ma anche affetti e integrità fisica.
Con Vittorio Botticini, Achille Canevari, G.B. Cattaneo, Achille Cavellini, Martino Dolci, i Ghelfi, Ermete Lancini, Matteo Pedrali, Mario Pescatori ricompare in collettive; poco più tardi, con i compagni del Gruppo B., in seno alla Associazione di via Gramsci, rappresenta in città esempio di chi conduce ricerca moderata, pur se modernamente orientata.
Così, non inosservate le presenze alle mostre del «Bruttanome», negli anni Cinquanta, in occasione delle quali si ricordano Ritratto e il Mella; alle rassegne in Episcopio (1949) ove un Omaggio al '600 palesa l'autore interprete del Presepio con fare romantico: contorsione di alberi, animazione di figure e di cose, luci irreali.
Dopo d'allora sempre più si afferma Simoni restautore: operoso in numerose chiese, nel laboratorio all'intemo della Pinacoteca Tosio Martinengo dove, fra le altre, nel 1956 convennero le tele da esporre alla «Mostra dei pittori bresciani dell'Ottocento». (Filippini, Lombardi, Bertolotti, Zuccari e Rovetta).
Nel lungo itinerario percorso dal restauratore è possibile individuare soltanto alcune tappe; rappresentate dai ravvivati colori dell'Assunta del Moretto (1953), del nostro «bel S. Giovanni» (1957), delle decorazioni di Pietro Scalvini nel Teatro Grande (1963); le ritrovate nobilissime raffigurazioni nell'abslde della chiesa dedicata a S. Agata , con il maestoso Croe,@@lìs,vo (1963) e successivi interventi nella medesima chiesa; le cure usate ai dipinti destinati a dar vita alla «Mostra di G. Romanino» nell'incanto del Duomo vecchio (1965); a numerosi altri dipinti della Pinacoteca Tosio Martinengo (1967); e ancora affreschi in S. Francesco (1970), in S. Cristo (1974), nel Teatrino Rovetta a lato della chiesa di S. Maria del Miracoli (1977), in S. Salvatore (1978)...
Sono soltanto alcuni dei pazienti interventi portati a termine da B.G. Simoni in città, ma altrettanto solerte in numerose località della Provincia: da Remedello (1958) alla chiesetta di S. Pietro in Mavino (Sirmione, 1959); da Malegno ad Adro (1961), Bomo, Calvisano (1966), Anfo (1967) Lavenone (1972), Ome (1977), per non dire della paziente attenzione prestata alle opere trasfugate dal Santuario della Stella nel 1969.
E d'altii ricuperati capolavori può essere indice la allegata nota bibliografica.
 
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