Brescia, 21 settembre 1884 - Vestone, 13 novembre 1962.

Nato nella popolosa via S. Faustino, in città, ancora fanciullo si trasferisce con la madre a Milano; forse la nuova sistemazione della genitrice presso i nobili Dalla Porta accende in Edoardo la passione per la pittura, affínata frequentando lo studio di Gaetano Previati, garzone prima, quindi allievo.
Con il trascorrere degli anni può iscriversi all'Accademia Carrara di Bergamo, frequentata però saltuariamente per circa otto anni.  Alterna lo studio con l'attività creativa al fine di procacciarsi l'indispensabile.
Belprato lo accoglie dopo la frequentazione della Carrara, e da Belprato quotidianamente punterà per cercare motivi a cui ispirarsi.
Fatti i quadretti, doveva poi tornare a casa, in città, per venderli.  Così, nel 1912,sono ricordati suoi dipinti esposti nel negozio Svanini, in corso Zanardelli.  Sposa Santina Ballini, fedela compagna di tutta la vita, ed ha tre figli.  Felicità breve; allo scoppio della prima guerra mondiale il pittore è chiamato alle armi, sul Sabotino è gravemente ferito e solo dopo lunga degenza in vari ospedali può tornare a casa.
Nel 1916 si ritrovano alcuni suoi dipinti in esposizione bresciana; dal 1919, soprattutto in seno all'Arte in famiglia, intraprende attività espositiva che lo vede affermarsi nel Premio Magnocavallo (1920 e 1925), nel Premio della Società Elettrica Bresciana (1925) e al Bettoni Cazzago (1,927).
Sono gli anni fecondi.  Pur abitando ancora in città: via Zanardelli, corso Garibaldi, egli ha nel cuore la Valle Sabbia, Idro, la Corna Blanca, e Pertica Alta «adorata», Monte Br-ufione: sono visioni n'correnti nei dipinti suoi.
Divisionista, può considerarsi uno del maggiori esponenti di quella scapigliatura di cui fecero parte Franciosi e Flessi, Vemi e Firmo, Bosio e pochi altri.
Presente alla vasta rassegna del Paesaggio italiano ordinata il Villa Alba di Gardone Riviera nell'inverno 1920-1921, vi espone Dal Castello di Brescia; alternate alle mostre sociali degli amici dell'arte sono le presenze nelle sindacali provinciali degli anni Venti e Trenta.
La Galleria Campana lo accoglie in mostra personale nel dicembre 1930; N. Fortunato Vicari, assai lusinghiero, lo recensisce e lo propone autorevolmente.  Tuttavia il pittore sembra prediligere attività silenziosa, sui luoghi amati, anche se ancora si possono ricordare sue presenze al Premio Bovegno (1938).  Fin che sopravviene il secondo conflitto mondiale, con l'atroce morte d'un figlio, Bruno, arruolato nel battaglione S. Marco e caduto sulla costa francese della Manica.  Lento il cammino dolente della ripresa; forse ha giovato al pittore il definitivo trasferimento a Vestone, in una vecchia casupola arroccata su di una roccia nel pressi della fer ' rovia Brescia-ldro.  Qui, la vicinanza della adorata moglie, di alcuni fedeli amici n'escono a lenire, se non a sanare, la ferita e a far ritrovare la forza d'un impegno.
E ripercorre i sentieri d'un tempo, il panorama vasto fissato in cento, mille dipinti.
E’ un itinerario indicatoci da alcuni titoli: Lago dldro, Stradina verso la luce Corna Blanca, Pertica Alta, oppure Piazza di Vestone, Il Savallese, Torrente ad Agnosine, Monte Zovo, il suo Capanno infuocato di luce, All'Acqua Bianca, Barbaine, Valle Sabbia e le giovanili Pecore al pascolo, Prato con staccionata, Bosco (1914) a cui seguono Piante in fiore, Lago Eridio, Paesággio d'alta montagna.
Alla ritrovata forza di dipingere si contrappone una vita francescana: '1 capanno in cui vive appare più un nido che una abitazione e «le lenzuola, con tanto di cifra affiorante ancora sotto il colore, sottratte al povero corredo della moglie per dipingere, non sono un tocco pittoresco, un estro di Bohémlen... l'uso stesso del miele per i suoi quadri rientra forse in questa condizione primitiva, di una vita ricondotta alla fonte elementare di sussistenza», com'ebbe a dire Elvira Cassa Salvi, in occasione alla mostra postuma ordinata nelle sale della Associazione Artisti Bresciani nel 1967.  Mostra che annoverava ben centoventicinque opere provenienti da private collezioni bresciane, di Vestone, Nozza, Lavenone...
Opere tuttavia non soggette a selezione, tanto che l'arte di Edoardo Togni ne uscì immiserita.
Nonostante la presenza di vari dipinti che lo additavano artista notevolissimo, capace di congiungere la eco divisionista al naturalismo locale, fino alla resa verista, soprattutto in alcuni boschi trafitti dalla luce, nelle distese dei prati punteggiati da casupole, nel frangersi di schiumosa acqua nel torrente, Togni fu sommerso da una produzione decorosa, ma inadeguata a dime i veri meriti.  Nel 1960 il male antico derivato dalla ferita in guerra riaffiora; Togni è ospite per'qualche tempo della figlia e del genero a Bergamo, ma all'approssimarsi della fine chiede di fare n'tomo al suo «nido» di Vestone e là, in riva al Chiese, tante volte interpretato, si spegne.
Oltre che in note raccolte private ricordate anche dal Catalogo della mostra postuma, sue opere: Bosco, Paesaggio, Cortile dell'ev Convento di S. Barnaba, Paesaggio con pianta e Paesaggio, sono custodite dalla Pinacoteca Tosio Martinengo.
Notevole autore di figura si rivela nell'Autoritratto giovanile eseguito a carboncino e sanguigna su carta a mano e proprietà di Nello Asteria.  Non si possono chiudere queste note, dedicate ad un artista meritevole di maggior fortuna in vita, di più meditato giudizio critico oggi, senza ricordare alcune sue parole, fra le tante annotate:
Cammino e mi giunge il rimpianto per la brevità della vita e questo mi induce ad operare alacremente cose buone che lascino il segno onorato del mio passaggio in essa.
 
BIBLIOGRAFIA
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