Secolo XVII.

Nativo di Chiari, la sua nascita è indicata al 1662; ad oltre il 1738 la sua morte.Appartiene forse alla famiglia di intagliatori clarensi fra i quali emersero Clemente e Bonaven'tura ricordati nel «Dizionario degli artisti bresciani» di Stefano Fenaroli; nipote altresì dell'omonimo e mediocre pittore ricordato operoso nel 1600 a Chiari.

Avviato allo studio delle lettere, quindi della filosofia e del diritto, Giuseppe Tortelli intraprende a disegnare e dipingere come autodidatta, rivelando insospettabili doti, tanto da divenire in breve esperto pittore.Per affinare le sue doti intraprende un viaggio attraverso l'Italia, raggiungendo Roma e Napoli dove può nutrirsi del vari capolavori pittorici incontrati; al ritomo si trasferisce a Venezia, dove riesce ad inserirsi nell'ambiente artistico e ad operare assiduamente, guardando anche al capolavori del Tiepolo.

Se l'apparizione di Cristo a S. Teresa, ancor oggi nella chiesa di S. Pietro in Oliveto, è fra le prime opere quella che lasciò sperare pel pittore rinnovatrice visione, numerose altre sono conosciute ed apprezzate: a Bagnolo Mella (Assunta); in Brescia nella chiesa di S. Agata (Cristo e la Maddalena, Cristo sepolto, S. Tomaso, Le Marie al sepolcro, Cena in Emmaus e nel salone parrocchiale, nel coro ... ); nell'oratorio di S. Alessandro; in S. Clemente, S. Francesco, S. Giuseppe, S. Maria delle Grazie, nel Duomo nuovo e antico, in S. Maria degli Angeli, in S. Nazaro; fuori città se ne incontrano a Chiari (Pinacoteca Repossi) ed a Colombaro (parrocchiale).

Altre ancora ne possiedono collezione privata bresciana (Resurrezione di Crìsto) e la Pinacoteca Tosio Martinengo.

Giudicato artista interessante, la sua pittura rivela un accurato disegno «troppo attento ai contorni ed un chiaroscuro insistito»le cromie tuttavia di ricca gamma fra i rossi, i bianchi, i verdi, i gialli e gli azzurrognoli «graduati a mezze tinte che sono come pause».

Queste caratteristiche meglio sono espresse in opere quali S. Liborio, L'Assunzione, I SS.Faustino e Giovita del Duomo e nel Mistero della SS.Trinità di S. Francesco, oltre a quella già citata di S. Pietro in Castello.

Se la visione di maestri veneti contribuì ad attenuare la pesantezza barocca, Giuseppe Tortelli palesa tuttavia un «certo superficiale e lezioso ammanierarsi» che ne segna il limite.

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