Brescia, 10 aprile 1947. 

Pittore e incisore, ha compiuto gli studi a Brescia, Milano e Padova. Giovanissimo ha intrapreso l’attività espositiva partecipando, dal 1966, a rassegne collettive che gli hanno consentito di proporre suoi lavori, oltre che a Brescia, in località provinciali, in numerose città straniere (Barcellona, Ostenda, Pamplona, Washington, Taipei, Miami, Bucarest, San Francisco, Tokio), un percorso integrato significativamente dalle mostre personali ordinate dal 1972 a Napoli, poi Verona (1974), Riva del Garda e Venezia (1976), Parma (1976, 78), Ospitaletto (1977), Brescia (1978, 1984), Mantova e Firenze (1979, 1987), Marina di Carrara e Ostiglia (1980), Milano (1981, 87), Cremona (1985), Massa Marittima e Virle Treponti (1987), Marchene (1988), Bologna e Bergamo (1990), Mantova ancora, Pavia, L’Aquila e Ferrara (1992), Rovigo (1993), Cazzago San Marino e Roncadelle (2000), Pompiano, Brescia e Rezzato (2003).

Un itinerario evocato più volte compiutamente dallo stesso artista e accompagnato da una notevole rispondenza critica, espressa dai nostri Elvira Cassa Salvi, Mauro Corradini, Guido Stella, Luciano Spiazzi, Franca Calzavacca, Valzelli e poi da Rossana Bossaglia, Enzo Bruno, Enzo Carli, Giuseppe Marchiori, Munari, altri noti scrittori.

La sua applicazione s’è dapprima rivolta alle tematiche mosse dall’uomo malato mentale, in ciò riuscendo pungente, stringendo in composizioni unitarie la degradante parcellizzazione dei dettagli fissati sul bianco con ossessiva evidenza. Sedimentando così sul foglio la cronaca di uno scacco in cui ci sentiamo coinvolti. Sono i “cicli” terapeutici aventi protagonisti cortigiane, suicidi, malati mentali la visione estesa poi al tormento vissuto dalla contemporaneità, causa l’oppressione esercitata sull’uomo da una società alienante.

Ai disegni, alle incisioni, poco alla volta subentrano i dipinti a olio, con una particolare attenzione al colore. Ancora palesa una capacità espressiva singolare e colta, “intendo dire – nota Rossana Bossaglia – che il saccheggio dalle immagini consacrate dalla storia dell’arte (da Botticelli a Raffaello e Tiziano, fino a Caravaggio, dalla statuaria greca a Michelangelo per arrivare a Burne Jones, cioè ad artisti ottocenteschi a loro volta ispirati al Rinascimento), non equivale a registrare immagini dell’antico e del nuovo, ma conferisce loro un ordine intellettuale denso di significato. “La serie dedicata al Teatro del silenzio nei primi anni Novanta, palesa creature vive, ma chiusa ciascuna nella propria identità impenetrabile, affidando alle immagini magistralmente condotte e colorate un messaggio inquietante, misterioso.

Poco nota ma egualmente meritevole di segnalazione la produzione confluita in edifici pubblici di Brescia e Suzzara, nonché le cartelle di grafica compiute singolarmente o con altri incisori locali. Barbieri ha poi illustrato il libro “Re Magi a Brescia” di Giannetto Valzelli.

BIBLIOGRAFIA

R. BOSSAGLIA, AA. VV., “Giancarlo Maira Barbieri. Il teatro del silenzio”, L’Aquila, Forte spagnolo, 13 - 30 agosto 1992.

“Repertorio degli incisori italiani nel Gabinetto Stampe antiche e moderne del comune di Bagnacavallo”, Bagnacavallo, Ed. 1973 e 1997.

R. LONATI, “Dizionario degli incisori bresciani”, Brescia, 1994.

G. ROCCA, Giancarlo Maira Barbieri, la surreale strategia del segno, “STILE Arte” n. 44, dicembre 2000 - gennaio 2001.

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