Rovato, 18 febbraio 1951.

Noto più all’estero che fra noi, Beppe Bonetti ha intrapreso l’attività espositiva nel 1979, nel succes-sivo anno ha dato vita al Gruppo TREA col quale nel giro di due anni ha prodotto un programma comprendente mostre nel Centro culturale Materiali e Immagini di Perugia, nella Galleria Brandale di Savone, nella Biblioteca civica di Rudiano (BS), nella Matisse Galerie di Barcellona.
Dopo di allora la sua applicazione creativa emerge frenetica così come la partecipazione a rassegne nazionali e internazionali, accompagnate da saggi critici dei maggiori notisti d’arte, fra i quali si tra-scelgono Enrico Crispolti, Giorgio Di Genova, Gillo Dorfles, Carlo Franza, Bruno Munari, Giorgio Se-gato, Mauro Corradini e gli stranieri Rafael Pineda, Rudolph Rainer, Josep Skuncar e Gérard Xuri-querra…
Altrettanto indicativo del singolare procedere di Bonetti può essere la notazione di alcune sedi espositive, fra le oltre cento, che hanno ospitato suoi lavori, la Galleria Lo Spazio di Brescia, che nel 1980 e anni seguenti ha accolto il nostro pittore, poi il Salone d’Automne di Parigi, la Galleria La Chiocciola di Padova, la Galleria Fimagalli di Bergamo, il Museo etnografico di Tirano, la Galleria Vinciana di Venezia Mestre, la Toller Galerie Forti di Barcellona… una sequenza che tocca ancora Bologna, Bari, Milano, Roma, Tokio, e Parigi, più volte, Wakayama, Madrid.
Arte astratta quella di Bonetti che manifesta l’eterno contrasto tra regola e eccezione, dall’esito metarazionale esprimente la crisi di un modello assunto follemente dalla contemporaneità. Le tele si animano di megastrutture richiamanti giganteschi villaggi, fabbriche, convogli franti da sconvol-gente energia liberante nello spazio mille segmenti di materia.
Più di ogni altra interpretazione a queste complesse creazioni pare accessibile, quanto aderente, quella offerta da Gillo Dorfles la cui riflessione si propone integralmente: “I suoi dipinti a colori acri-lici sono preziosi per la materia e per la modulazione cromatica. Si tratta di un alternarsi di seg-menti solo in apparenza regolari, ma spesso devianti verso una direzionalità inattesa: si tratta dell’incro-ciarsi e sovrapporsi di rette che immettono nell’apparente ordine del dipinto uno scompi-glio vitalizzante: si tratta di uno sfumare e quasi spegnersi di elementi cromatici che affondano (se è permessa questa metafora nel caso di superfici bidimensionali) entro un limbo acromatico e deci-samente tenebroso, procedendo verso un orizzonte invisibile”.
V’è da notare che dipinti di Beppe Bonetti appartengono ormai a numerose collezioni private di va-rie nazioni, così come quelle di Musei e Istituzioni quali la Columbia University di New York, il Mu-seo di Arte contemporanea di Belgrado, il Museo municipale di Maracaibo, il County Museum of Modern Art in Los Angeles… solo per fare alcune citazioni con esclusione di prestigiosi Musei italia-ni. Accanto alla produzione pittorica, sono nate numerose grafiche, con multipli a film, frutto di ap-plicazione che dal 1981 giunge fino ai giorni nostri.
 
BIBLIOGRAFIA
Sta in: S. ZANELLA, “Beppe Bonetti. Mostra antologica 1969 - 1999”, Gallarate, Civica Galleria d’Arte moderna, 17 gennaio - 21 febbraio 1999.
A integrazione si veda: “Beppe Bonetti 1979 - 1989”, Milano, Pinto e Linea, 1990.
“Beppe Bonetti, materatonality old and recent works”, Seoul, 21 dicembre 1999 - 10 gen-naio 2000.
M. BERNARDELLI CURUZ, Bonetti, ordine e caos in geometrica tenzone, “STILE Arte” n. 50, luglio - agosto 2001.
 
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