Brescia, 20 aprile 1941.

Noto restauratore, a soli dieci anni intraprende a dipingere, educato al disegno da Emilio Rizzi e dal maestro deriva l'amore alla esattezza compositiva.  Dal 1954 frequenta i corsi di disegno e pittura della scuola presso la Associazione artistica di via Gramsci, allievo di Aride Corbellini prima, di Enzo Vicentini poi; avvicinando anche Domenico Lusetti.
Assorbito dall'attività del restauro, che lo ha portato ad intervenire su capolavori pittorici dei passati secoli, tanto che il laboratorio condotto insieme a Casella è noto ormai in tutta Italia, ha dedicato ai colori rari momenti e più per proprio diletto che per desiderio di affermazione.
Non conosciamo, infatti, che poche sue presenze in mostre collettive, né personali: i suoi dipinti sono però numerosi in case di amici e di appassionati.  La pittura di Giuliano Scalvini, definibile come naturalistica, per ispirazione e tecnica rievoca il mondo del passati secoli.  Le sue opere racchìudono echi che possono far pensare a Caravaggio, a Pitocchetto: le nature morte, con strumenti musicali, dai liuti ai violini, riconducono il pensiero al famosi dipinti di Evaristo Baschenis, anche se la plasticità del volumi è qui risolta con decisi contrasti luministici.
E come i lucidi, preziosi legni protagonisti delle tele, così le note e le stampigliature su cartigli, le pieghe di panneggi sono rese con minuziosa oggettualità; contribuendo ogni particolare della composizione a rendere una atmosfera di «sognata realtà».
Negli studi giovanili già si evidenze la particolare predilezione per le nature morte con drappeggi, oggetti di antiquariato, soprattutto strumenti musicali del passati secoli che Scalvini colleziona e fa protagonisti dei suoi dipinti: riflesso anche alla naturale inclinazione per la musica, affinata con la guida del maestro Italo Acchiappati, noto musicista e pittore (v.), fino ad essere componente della ben nota Società «Costantino Quaranta».

 

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