Brescia, 1718-1792.

Considerato il più dotato fra gli affreschisti bresciani del suo tempo, Pietro Scalvini fu alla scuola di Ferdinando Del Cairo, dal quale apprese «quella versione della bellezza fragile e un poco manierata per la quale i volti e i corpi delle sue figure hanno il profumo d'una delicata giovinezza muliebre e le espressioni sono addolcite in teneri sottintesi», figure non immemori però, con. il passar del tempo, di P. Longhi ' anche se nella maturità seppe attingere con decoro al Carloni e al Tiepolo.
Numerose le opere realizzate per chiese e palazzi, a volte in collaborazione; così come non pochi disegni dello Scalvini sono stati utilizzati nelle lastre da Crivellari, Zucchi e Cagnoni (Pinacoteca Tosio-Martinengo) o inseriti in libri ancor oggi visibili alla Biblioteca Queriniana.
Lungo dunque l'itinerario artistico del nostro pittore, e vario anche se svolto prevalentemente nel Bresciano: nelle parrocchiali di Bagnolo Mella, Berzo Inferiore, Borgosatollo, Carcina, Castrezzato, Ceto V.T., Cimmo, Cividate Camuno, Collebeato, Comero, Corticelle, Darfo, Gerolanuova, Gottolengo, Magno V.T., Marmentino; nel Santuario dedicato alla B. Vergine Annunciata di Marcheno, nell'abbaziale chiesa di Montichiari, ancora nelle parrocchiali di Mura, Nozza, Nuvolera, Pademo, Ono Degno, Preseglie; nella Pieve di Savallo e in S. Remigio di Vione.
In Brescia suoi dipinti adornano le chiese di S. Giuseppe, S. Giorgio, S. Gaetano, S. Carlino, S. Maria del Carmine; i palazzi Soncini, Fenaroli, Arici, Salvadego e il Ridotto del Teatro Grande.
Ed altri palazzi decorò a Ciliverghe (propr.  Mazzucchelli) a Manerbio (Luzzago) dove, proprietà del dr.  G.B. Reali, resta un S. Luigi Gonzaga firmato e datato: 1769.
Oltre i confini bresciani sua opera nota è quella realizzata per la bergamasca Madonna dello Spasimo, datata 1765.
Per una dettagliata titolazione e datazione dei dipinti su citati si rinvia alla «Storia di Brescia».
A sottolineare la validità dello Scalvini val dire che pel suoi dipinti fu fatta a volte attribuzione ad artisti quali Longhi (Ridotto del Grande).  Del pittore veneziano il Nostro a volte riflette i caratteristici personaggi, come in palazzo Soncini; aspetto questo, che contribuisce ad attenuare il pericolo del «melodramma decorativo».
Se di Tiepolo e Carloni sfrutta la lezione cromatica e compositiva, nel Longhi coglie l'aspetto antiretorico e più positivo, sia pure tradotto in chiave domestica.
 
 
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