Levrange, 30 dicembre 1897 - Gussago, 23 giugno 1965.
Antonio Fappani, nella "Enciclopedia bresciana", lo dice falegname e abile intaglia-tore, ispirato ai disegni e ai fregi della tradizione nata con i Boscaì.
Tra i suoi lavori meritano citazione la bussola della chiesa di Levrange (1938) unita mente a due banchi della stessa chiesa.
Due confessionali ha realizzato per la parrocchiale di Vestone.
Secoli XVIII - XIX.
Padre del più noto Giovanni (v.) fu dapprima intagliatore in legno, si dedicò poi alla scultura in marmo.
Nel18l6 presenta all' Ateneo bresciano le statue dei SS. Giovan Battista e Zenone nelle quali sono rilevati "intelligenza e fine gusto". Dello stesso periodo è l'incisione con il ritratto di Pietro il Grande.
Nel 1817 , ancora all' Ateneo, presenta un modello in creta di Guerriero e un marmo-reo Canestro di frutta.
Del 1830 e 1831 sono un modello di fontana, l'incisione raffigurante Eliodoro cacciato dal tempio ed un ritratto. Con lui, nella secolare sede della Istituzione di via Tosio compie i primi passi artistici il figlio Giovanni, destinato a ben più vasta fama.
Brescia, 1816 - Milano, 30 novembre 1894.
Anche Emanueli.
"Fra le opere, bresciana mente più interessanti, esposte alla Mostra Gardone antiquariato, il Pifferaio dello scultore Giovanni Emanueli".
Così si esprime il "Giornale di Brescia" del 26 giugno 1984, corredando la riprodu-zione della statua di succinti dati biografici dell'autore e dell'elogio espresso all'opera plastica dalla "Illustrazione popolare" del 23 giugno 1878.
La nota dell'anonimo cronista ha, per un sol attimo, interrotto il lungo silenzio calato sulla figura e sulla attività d'un nostro artista che, operando in Milano, meritò buona fama e stima di personalità della politica e dell'arte. Un silenzio alimentato fra noi dalla lontananza, ma anche dalla mutata visione d'arte e dalla difficoltà di reperire e raggruppare in mostra il frutto di una attività fervorosa, a volte geniale.
Da Dionisio (v.) intagliatore in legno, autore di incisioni e di sculture in marmo, Giovanni Emanueli nasce in città e dal padre apprende i primi elementi dello scolpire e dallo stesso genitore, le cui opere sono più volte presentate all' Ateneo, è introdotto nell'ambiente culturale. La precoce vocazione lo conduce a soli tredici anni a Milano, all' Accademia di Brera frequentata con il contributo della municipalità bresciana, dopo il premio di incoraggiamento conseguito in un concorso bandito dalla secolare Accademia di via Tosio.
Più noto come autore d'opere sacre, negli anni dell'affermazione l'Emanueli si dedica anche al ritratto: forse ricordo della visita avvenuta nel 1825, del 1830 è il busto di Francesco I d'Austria; del l83lla statua di Sacerdote egizio premiata all' Ateneo, del successivo anno il busto di Vincenzo Monti, del 1833 quello del pittore Giuseppe Bossi seguito, nel 1834, dal bozzetto Poesia piangente facente parte del monumento a Vicenzo Monti. Conservato nella Galleria Belvedere di Vienna è il ritratto del feldmaresciallo Radetzky, recante l'epigrafe "Pietate insignis et armis-Phidiae dignus fingi", al quale possiamo accostare i lineamenti di Napoleone I giovane.
AI 1836 risale la statuetta posta sulla fontana del giardino di casa Maggi, oggi Benassaglio, di via dei Musei; poco più tarde (1838 - 1840) le cinque statue in pietra di Botticino raffiguranti la Fede, la Speranza, la Carità e i SS. Pietro e Paolo, nella facciata della chiesa parrocchiale di Calcinato, collocate soltanto nel 1846.
Ancora fra noi, del 1845, il busto di don Giuseppe Antonio Febbrari parroco di Bedizzole: opera notata anche in vicini anni da Gaetano Panazza (Le manifestazioni artistiche della sponda bresciana del Garda, Ateneo di Salò, 1969); accanto si pongono una figuretta di fanciullo contemplante l'amore materno simboleggiato da un nido entro cui alcuni passerotti ricevono l'imbeccata, e un bozzetto per la Immacolata. Nello studio milanese di via S. Primo, dove l'Emanueli opera ormai costantemente e assiduamente, nascono composizioni varie, opere sacre e funerarie che prendono la via di esposizioni anche internazionali, a Monaco, Vienna, Parigi oppure destinate al Duomo di Milano, all'altare maggiore di S. Carlo ...
A noi è possibile seguire l'artista soltanto ad Almenno bergamasco dove S. Salvatore si eleva nella piazza maggiore; nel nostro Duomo nuovo dove restano il monumento funerario del vescovo Ferrari (1855) con varie figure allegoriche e la Speranzaposta sull'altare del Sacramento ideato da Rodolfo Vantini. Lo stesso anno per la famiglia Rovetta esegue il monumento al Vantiniano con una ammirata statua della l'1adon-na, un medaglione di una fanciulla Pellegrini per il quale Luigi Mazzoldi, che era suo caldo ammiratore, si sente in dovere di pubblicare nella "Sferza" i versi laudatori "Ad una madre".
Ancora Gaetano Panazza ricorda dell'Emanueli un'opera a S. Felice del Benaco, mentre Antonio Fappani sembra attribuirgli una statua del beato G .B.Bossini: figura che ci risulta essere del cremonese Giovanni Seleroni, autore altresì del ritratto di Rodolfo Vantini posto nel faro del monumentale cimitero nostro.
A Brera, dove lo scultore si è formato, in occasione di nota esposizione del 1875 si evidenzia Il pifferaio "da molti intelligenti dell'arte e da moltissimi artisti reputata degna del Premio principe Umberto".
Appartenente alla racccolta del barone Klein di Vienna, l'opera è giudicata un capolavoro, mentre la "Illustrazione popolare" già ricordata dice l'autore "uno scultore che da una quantità di anni non cessa di lavorare e i suoi lavori sono generalmente collocati prima che scolpiti".
L'interesse suscitato dall'attività creativa di Giovanni Emanueli è testimoniato nel tempo da noti cultori d'arte locali: mons. Fè d'Ostiani e Carlo Cocchetti, Luigi Mazzoldi e Antonio Morassi, fino a mons. Fappani e Gaetano Panazza già citati ai quali si coniugano studiosi di fuori, come G. Mongeri, L. Callari, U. Nebbia e L. Costanza Fattori ricordati da Bianca Spataro nella monumentale "Storia di Bre-scia"; 1'''Illustrazione italiana" che il 9 dicembre reca il necrologio.
Scultore prevalentemente classico, nella produzione dell'Emanueli non mancano echi dai modi puristi e persino romantici degli artefici milanesi quali, ad esempio, Strazza, Tantardini e Puttinati. All'anno 1882, i "Commentari dell' Ateneo" citano un Napoleone alla battaglia d'Arcole, busto in marmo; pressochè inedite le statue poste nella parrocchiale di Palazzolo.
Secolo XV.
Figlio di Jacobino (v). E’ citato nelle Provvisioni del 20 ottobre 1462. Di lui non si conoscono opere, né si hanno ulteriori notizie.
BIBLIOGRAFIA
“Storia di Brescia”, Vol. II.
“Enciclopedia bresciana”, Ediz. La Voce del popolo.
R. LONATI, “Dizionario dei pittori bresciani”, Giorgio Zanolli Editore, 1984.
Bienno, 14 maggio 1942.
Figlia del noto scultore biennese Giacomo Ercoli, al quale ha dedicato affettuoso profilo Luigino Casto (Profili di uomini biennesi: Giacomo Ercoli, Bienno 1988), Clelia Ercoli ha appreso dal padre sia la tecnica plastica sia quella pittorica. Ha così appreso la base del disegno e la pratica del lavoro, frequentando lo studio-laboratorio paterno.
Allieva nella Scuola d’arte dove lo stesso genitore teneva cattedra, per qualche tempo lo ha affiancato negli interventi restaurativi di opere scultoriche e pittoriche. Anche le sue composizioni risentono in parte della pluralità dell’apprendimento e nelle pitture in particolare è sempre alla ricerca di nuovi generi, senza per questo subire influenza delle diverse correnti artistiche.
E’ stato osservato che Clelia Ercoli “nella ricerca utilizza e accosta sempre nuovi materiali al fine di conseguire cromatismi insoliti pur permanendo riconoscibile, nella sua pennellata, quel tocco che rimanda alla scuola del padre”.
Varie le manifestazioni artistiche alle quali la pittrice biennese ha partecipato, fra altre si ricordano la rassegna biennese nella quale ha meritato il primo premio; il Festival Internazionale di pittura contemporanea svoltosi a San Remo che le ha assegnato ambito riconoscimento…
Ma è l’ultima mostra personale nella località natia che ha proposto l’interesse della sua sensibilità creatrice.
Fatta di immagini, la sua pittura, ritratti e spazi dove la visione si trasforma in armonia. I soggetti paiono resi con evidente semplicità che però è frutto di sintesi meditate, mirante a cogliere delle figure i segni essenziali, maggiormente significativi animati da delicato lirismo coniugante realtà e interiorità.
BIBLIOGRAFIA
AA. VV., “L’arte lombarda in Valcamonica alle soglie del terzo millennio”, Pisogne, Galleria La Tavolozza, 2000.
Eche sur Alzette (Lussemburgo) 21 settembre 1913
Nato lontano dall'Italia perchè figlio di emigranti, ancor giovane manifesta inclina-zione all'arte plastica: per studiare fa ben presto ritorno alla terra d'origine e frequen-ta l'Istituto professionale di Stato di Ponte di Legno. Fattosi più grandicello è allievo dello scultore monzese Annibale Pagnoni, prima di divenire aiuto del bresciano Timo Bortolotti (v.).
Nato come intagliatore in legno, a soli diciassette anni realizza il portale della chiesa di S. Maddalena, illustrando in cinque formelle altrettanti episodi della Sacra Bibbia cui si congiunge il bassorilievo in pietra simona raffigurante Maria di Magdala in atto di lavare e asciugare i piedi di Gesù.
Quando sta per aprirsi l'orizzonte dell'attività svolta in proprio, si addensano le tragiche nubi del secondo conflitto mondiale: un lungo periodo buio rischiarato soltanto intorno agli anni Cinquanta quando l'artista è chiamato ad operare a Basilea dove, per realizzare notevoli composizioni, si trattiene fino al 1960.
Fatto ritorno in Valle Camonica, per circa dieci anni è docente alla Scuola d'Arte di Darfo: può così alternare insegnamento e attività di "bottega" da dove escono numerosi lavori lignei. Fra tanti è possibile citare la tomba nel cimitero di Corti, realizzata a ricordo di quattro fanciulli morti mentre erano intenti al gioco: la Madonna del Fante (1972) in Bienno, eseguita per la locale sezione; il bronzeo busto del camuno don Guido Turla. Possiamo inoltre ricordare l'ideazione e la consulenza prestata per realizzare il grande cancello in ferro battuto, fuso nella fucina di Battista Orsatti, e posato nel quattrocentesco palazzo Fortunati (v.) di Fermo, presso Ascoli Piceno.
Durante il soggiorno marchigiano Giacomo Ercoli ha realizzato pure una Madonna, in pietra di Sarnico, collocata in un grotta proprietà della signora Maria De Sanctis. Ancoroggi lo scultore biennese non tralascia di seguire l'attività dei figli che tengono laboratorio a Cividate. Più volte sale fino da loro per dare ai prodotti dell'artigianato, colà realizzati, un tocco di finezza dovuto alla sua esperienza e al suo gusto.
Secolo XVI.
Figlio di Giovanni Battista.
Stefano Fenaroli, nel "Dizionario", lo definisce intagliatore e rinvia all'estimo del 1588 della quadra di città vecchia.
Di lui non si conoscono opere.
Verolanuova, 4 maggio 1887 - 20 febbraio 1944
Ha frequentato, diplomandosi, l’Accademia di Brera in Milano, dedicandosi in particolare al paesag-gio e alla composizione condotti nella tradizione lombarda.
Ha altresì dedicato attenzione alla figura, della quale ha cercato di interpretare la vicenda quotidiana, con le gioie e il dolore, la fatica e il ritemprante incontro nel seno della famiglia.
Notevole l’abilità del ritrattista teso a cogliere la psicologia del soggetto.
Fra le opere rimaste in numerose collezioni private si possono ricordare: L’ultima cena, La famiglia, Vendemmia, La mungitura, Vecchi, La preghiera e Autoritratto.
L’appassionata dedizione alla pittura ha indotto Gottardo Este ad essere maestro ai suoi due figli: Mario (v.) e Riccardo, del quale solo si può dire che insegna disegno in scuola Svizzera, non conoscendosi opere né dati biografici. Gottardo Este è stato anche decoratore e suoi dipinti si trovano in alcune sale del Collegio Arici, vari palazzi e chiese.
BIBLIOGRAFIA
“Enciclopedia bresciana”, Ed. La Voce del popolo.
R. LONATI, “Dizionario dei pittori bresciani”, Giorgio Zanolli Editore, 1984.