Dizionario dei Pittori Bresciani
  • INIZIO
  • ELENCO PITTORI
  • VERSIONE ESTESA
  • Inserimento o modifica

DIPRIZIO DANILO

 Iseo, 5 ottobre 1976.

Dopo aver frequentato i corsi dell’Istituto d’arte “Caravaggio”, si è diplomato presso l’Accademia di B.A. di Brera con il prof. Andrea Del Guercio.
Svolge attività professionale in seno allo Studio d’arte Il Casato Diprizio.
La formazione accademica lo porta a nutrire interesse per tutte le forme espressive dalle quali desume significativi stimoli. In particolare la sua pittura è orientata al simbolismo, all’astrazione geometrica, fino alla decorazione derivata dalle antiche figurazioni tribali.
V’è chi, confermando quanto detto, del fare pittura di Danilo Diprizio ha così affermato: “Con sguardo attento ai colori e alle forme della natura e degli elementi si applica attraverso tecniche classiche ed espressioni di tipo astratto e informale”.
Giovane ancora, quanto realizzato fino ad ora sembra rappresentare solida base per il raggiungi-mento di significativi esiti.
 

DOLCI ANGELO

Desenzano, l0 febbraio 1932. Vive e opera a Montonale (Rivoltella d. G.).
Un sogno, quello d'essere scultore, lungamente accarezzato da Angelo Dolci: fin dalla prima giovinezza quando, anziché apprendere l'arte del forgiare il ferro, dovette lavorare i campi per contribuire alle modeste condizioni della sua famiglia contadina. E contadino ama definirsi ancor oggi pure se da alcuni anni si è fatto conoscere con le sculture ricavate dal contorto andamento di rami d'olivo, da pezzi di legno raccolti nella campagna oppure avuti in dono da conoscenti e amici che sanno della sua passione.
A ve va iniziato l'attività dell'intaglio realizzando suppellettili, ciotole e portafrutta in particolare; da un artigianato di pregio è giunto, tre anni or sono, a composizioni che si ispirano alle forme stesse del legno disponibile e varianti dal volto di Cristo a Croifissi, dagli animali "ritratti con rara efficacia plastica" come ha osservato Ennio Moruzzi, nel "Giornale di Brescia" del 17 novembre 1985, alle più vicine astrazioni in cui la sinuosa o contorta conformazione della materia, le sue ve nature traggono adeguata valorizzazione, e significazione.
"Ligabue della scultura" è stato definito Angelo Dolci, una sottolineatura del ruvido e intenso suo esprimersi attraverso il legno, affrontato nei momenti liberi dal lavoro con entusiasmo e dedizione, fino a dimenticare l'ora del pranzo oppure che ormai è notte fonda.
Ai periodi di attesa, di meditazione, di studio segue la frenetica applicazione che consente allo scultore di portare a compimento l'opera in un sol "getto". Da qui la spontaneità ravvisabile in ogni realizzazione.
Il desiderio di libertà nell'attività creativa gli ha imposto di ricusare l'offerta avanzata da un gallerista milanese disposto ad accaparrarsi parte della sua produzione: l'amo-re con cui lavora gli impedisce di far commercio delle sue sculture. Tanto che di animali, di figure, di composizioni varie ha adornato la cascina tutta in cui vive e dove è possibile visitare la "mostra permanente".
Di buon grado Dolci ha invece acconsentito a esporre parte della produzione in palazzo Todeschini, animando così durante le passate feste natalizie alcune sale del restaurato edificio monumentale desenzanese.( 1985)

DOLCI MARTINO

Brescia, 28 aprile 1912 - 22 aprile 1994.

Per decenni più popolare e amato pittore della “brescianità”. Personaggio noto agli appassionati e non.
Il piccolo mondo in cui ha trascorso gran parte della vita, fra corsetto S. Agata e vicolo Calzavellia, dove ebbe casa fino al recente trasferimento a Porta Venezia, per alcuni ha significato limite alla sua visione pittorica, ma senza dubbio ha giovato alla sua spontaneità. La prima infanzia, trascorsa durante gli anni del primo conflitto mondiale, par relegarlo fra gli “irregolari”: nella scuola è elemento sopportato, solo che fin da quei lontani anni egli palesa personale convinzione su fatti della vita e pertanto non è capito, accettato.
Padre è un “paler” trapiantato in città, girovago venditore di piccoli utensili più volte tentato dall’espatrio; non può offrire al figlio che la visione di modeste cose, e di persone umili abbarbicate al Carmine, in prossimità di nobili dimore, ma costrette in tuguri, a tessere giorni e mesi e anni anonimi.
Ingenuo, serafico, arrendevole, ma capace di impulsi inattesi, Martino Dolci nella sua pittura ha fissato quanto gli si offriva allo sguardo, traducendo nella tela quanto ha amato, accoratamente. Se dapprima nei suoi colori si è colta soltanto la visione apparente, quasi fosse oleografia, si incomincia ora ad accorgersi del moto di “rivolta” fatto non di alte grida, di evidenti gesti, ma pur contenuto nei colori, al pari dello struggente accostamento, fatto di umana signorilità, alla piccola gente frequentatori per consuetudine.
Il ritrarre lo squallore delle “donnine”, così frequenti al Carmine, i miseri locali (e gli animali domestici messi lì per attenuare l’aspetto della miseria), le cadenti facciate di vicoli brulicanti di rifiuti e uomini equivale a evidenziare le insopportabili situazioni, la inarrestabile decadenza fisica e morale d’una piccola parte di umanità.
Ma verranno poi i giorni in cui il significato si estende a tutto il genere umano sofferente, congiunto nei pochi, bellissimi e tragici Crocifissi dipinti da Dolci.
Anche l’epoca in cui si sviluppa la sua carriera artistica contribuisce a segnarne l’intima essenza. Se il primo conflitto ha inciso la sua giovinezza, segnando nella mente desolazione e morte, il secondo conflitto, i sovvertimenti politici precedenti e conseguenti hanno alimentato nel suo cuore speranze andate deluse, con l’accrescersi del desiderio di ribellione, per non dire del dileguarsi di sentimenti che lo hanno dapprima sorretto e ai quali era appassionatamente legato, con i valori semplici e antichi. La contemplazione dell’umiltà, della “sofferenza” che lo circondano non è dunque sterile, ma esplode in accorato bisogno di mutamento, di miglioramento dell’esistenza dei più.
Molto è stato detto della sua pittura, del suo fare trama di trasparenze impressionaste di ferma tradizione, della sobrietà tonale, pur nell’accensione cromatica; pittura che, dopo i corsi serali seguiti con la guida di Gaetano Cresseri ed Emilio Rizzi, ben presto lo ha posto in evidenza in Brescia, fin dal 1930, dove partecipa alle numerose mostre sindacali, riscuotendo fiducia di noti critici locali.
Dopo la parentesi della seconda guerra mondiale, al tornar della pace subito partecipa alle iniziative che porranno le basi per la nascita dell’Associazione artistica di via Gramsci.
Con le numerose collettive, allestite anche in seno al gruppo degli Artisti indipendenti, e le personali ripetute nelle Gallerie di Piazza Vecchia, A.A.B., U.C.A.I., ecc, ricordate dalla bibliografia, val sottolineare le affermazioni riscosse a Francavilla (Premio Michetti 1950); Rovereto, presso la Galleria Delfino, 1951; Verona 1951; Bari 1952; Orzinuovi, negli anni che vanno dal 1956 al 1966 circa; Soncino (1957).
E sono dipinti che raffigurano fanciulle, nature morte, paesaggi urbani e campestri; le ben note Torbiere di Iseo… animali.
Colori vivi che fecero dire la sua tavolozza essere degna di artisti spagnoli. Soprattutto nelle figure dei giovinetti, nei visi dei vecchi si ravvisa, oltre la aromaticità “giocosa”, la tristezza pensosa degli sguardi.
Sue opere sono sparse in innumerevoli abitazioni bresciane e di fuori, in collezioni pubbliche quali la Pinacoteca Tosio Martinengo; fra le private val rammentare quella di Pietro Feroldi, trasmigrata da tempo, e con rammarico, a Milano.
S’è detto che per decenni Martino Dolci è stato il più popolare e amato pittore della brescianità, personaggio noto agli appassionati e no. Tutti, o quasi, infatti, quand’era in vita hanno inteso le poetiche emozioni del suo genuino talento, “felicemente ignaro della storia” ma partecipe al manifestarsi dell’arte non solo in Brescia. Di quell’affetto si proiettano riflessi anche dopo la sua scomparsa e in ogni suo quadro v’è chi individua un frammento vivente della realtà cittadina, pervenendo poi a grande orizzonte creativo fatto luminoso per la singolare capacità di rendere il quadro luce di visioni che intesse memoria e passione.
Questo hanno inteso gli Artisti dell’Associazione San Faustino, nata nel 1982, che subito dopo la morte del pittore, anche per l’amicizia che ci univa – ricorda Eugenio Busi – è nata unanime la voglia di proseguire la nostra strada nel suo nome. E con il volume monografico a lui dedicato nel 1996 ha intrapreso la serie delle pubblicazioni annuali a ricordi dei pittori che hanno interpretato l’animo dei bresciani.
Ma il nome di Martino Dolci ha mosso ulteriori iniziative, fra altre quella del Comune di Nave che nel 1998 ha prodotto la mostra dedicata a “Martino Dolci e la Valle del Garza”: una selezione di dipinti sfioranti le Cartiere della Mitria, le Case di nave e di Monteclane, il rapido scorrere del Garza a Caino, nel fulgore estivo, nel soffio del silente autunno… fino agli interni di ferriere e laboratori risonanti del battito del maglio.
Si deve alla signora Angiolina Dolci Bettoni la “Fondazione Dolci”, che accanto alla conservazione delle opere del pittore pone il fine di sorreggere la creatività locale e produrre mostre o partecipazione a manifestazioni nazionali per tramandare il nome di Martino.
In questa luce va considerata la rassegna organizzata nel 2004 nella Sala “Don Andrea Recaldini” di Buffalora, presenti autorità e folto pubblico. Iniziativa ripresa nel settembre 2005 inaugurandosi la rinnovata e ampliata sede della Associazione Artisti Martino Dolci, elevata a Fondazione.
 
BIBLIOGRAFIA
Sta in: AA. VV., “Martino Dolci 1912-1994”, Brescia, Associazione Artisti Martino Dolci, 1996.
Limitata al 1994, fino al 1980 sostanzialmente riflette la nota proposta dal “Dizionario dei pittori bresciani”, differenziandosi nella stesura degli articoli redazionali e a volte nella da-tazione di alcune pubblicazioni.
Si veda inoltre:
R. LONATI, “Catalogo illustrato delle chiese di Brescia aperte al culto, profanate e scom-parse”, Brescia, 1994.
R. FERRARI, “L’Associazione Artisti Bresciani. Un difficile cammino nell’arte e nella cultura. 1945-1995”, Brescia, 1995.
AA. VV., “Martino Dolci e la Valle del Garza”, Nave, Sala Consigliare, 22 ottobre - 1 no-vembre 1998.
P.V. BEGNI REDONA, “Le opere raccolte da Vittorio Montini nella casa di Concesio”, Bre-scia, 1998.
R. LONATI, Martino Dolci, dolente omaggio ai luoghi del vivere, “STILE Arte” n. 54, di-cembre 2001.
A. SALA, L. ANELLI, “Martino Dolci nei dipinti della Fondazione”, Brescia, Associazione Arti-sti Martino Dolci, 3-15 settembre 2005.
 

DOLCI ROCCO

Rovato, 23 settembre 1906 - Brescia, 18 aprile 1976.

Lui stesso ci lascia memoria della sua vita: “A dodici anni sono entrato in collegio per studiare pittura, con me si trovava anche il pittore Antonio Di Prata “ora defunto”. Uscii ben preparato e formato di tutti i suggerimenti necessari per una buona riuscita. Vagai per diversi anni in varie città: Cremona, Verona, Bergamo, ecc., e diverse riviere, lago d’Iseo, di Garda, Corno, d’Idro…”.
Dalla fondazione fui uno dei primi soci e fondatori dell’A.A.B. assieme ai noti artisti (ora scomparsi) Rizzi, Galanti, Antonio di Prata, Degl’Innocenti, e degli scultori Domenico Lusetti, Asti, Botta e in quella associazione ho insegnato per tre anni agli allievi serali della scuola.
Uomo semplice, dipinse con piacere, ottimismo, con semplicità. Paesista, egli meglio si è espresso nelle note “argillose, nei prati e nelle colline dove il colore brullo dell’inverno è intriso di sensibilis-simi grigi”.
Alla A.A.B. dov’era stato insegnante, ripetutamente si è presentato in mostre personali, ma fin dagli anni Quaranta è assiduo in collettive bresciane quali il “Premio Brescia”, il “Premio Iseo”, il “Premio Garda”, superando sia pure raramente i confini per spingersi ad Asola, Verona, Bergamo.
 
BIBLIOGRAFIA
O. DI PRATA, Troppe opere e poche idee.… “Brescia - Lunedì”, 21 ottobre 1946.
AEQUUS, Pittori e scultori a convegno in via Gramsci, “Giornale di Brescia”, 24 ottobre 1946.
N. VALERI, “Galleria A.A.B.”, Brescia, 10 - 26 marzo 1956.
V. PIATTI, “Galleria A.A.B.”, Brescia, 16 - 29 marzo 1957.
“Galleria A.A.B.”, Brescia, 5 - 18 marzo 1960.
L. FAVERO, R. Dolci alla A.A.B., “La Voce del popolo”, 19 marzo 1960.
“L’ora serena”, giugno 1965, R. Dolci pittore solitario.
N. VALERI, “Galleria A.A.B.”, Brescia, 23 gennaio - 3 febbraio 1972.
G. P.(oloni), Pittori bresciani, R. Dolci, “la Voce dell’Automobilista”, a. XXIII, n. 1, aprile - maggio 1973.
C. RAMORINO, “Galleria A.A.B.”, Brescia, 22 dicembre 1973 - 2 gennaio 1974.
“Arte bresciana oggi”, Sardini Ed., Bornato.
R. LONATI, “Dizionario dei pittori bresciani”, Giorgio Zanolli Editore, 1984.
 

DOLCINI ARMANDO

 Lumezzane, 22 agosto 1955.

L’impegno lavorativo non ha soffocato la innata passione per la creazione artistica di Armando Dolcini, svolta da tempo come autodidatta. Fra gli animatori del Gruppo Amici dell’Arte lumezzanese, ha poi dovuto staccarsene, pur avendo col sodalizio potuto esporre in occasione di mostre collettive prodotte in varie località valtrumpline. Di lui è possibile segnalare una lontana mostra personale ordinata nella ormai scomparsa da tempo Galleria “Abba” in città, mentre le più recenti, sostenute dal conforto di Amministrazioni pubbliche, si svolgono in seno a Biblioteche o Sale civiche di località varie, sia della natia valle sia in Valsabbia e Camonica.
La personale ricerca ha indotto Dolcini a confrontarsi sia con soggetti della pittura figurativa tradizionale, ma anche con le esperienze di viva attualità sfioranti l’informale, con esiti simbolisti surreali.
E per esprimersi si avvale della tecnica a olio su tela, muovendo a una gamma cromatica lieve, con predilezione di modulazioni piuttosto calde.

DOLZANELLI ROBERTO

Gussago, 10 giugno 1957.

Esaurite nel volgere di un decennio le mostre personali prodotte da Roberto Dolzanelli, ciascuna delle quali svolgente riflessioni su tematiche quali “La macchina del cielo ritma i passi, gli atti” (Brescia, Sala Bonvicino, 1989), “Sospesi su questo vento caldo” (Brescia, Galleria La Nuova Città, 1991), “Epifania” (Brescia, Spazio l’AURA, 1992), “Benvenuti” (Milano, Galleria Campoblu, 1996), “Benvenuto finimondo” (Mons, Galleria Koma, 1999), “Nel vento di maggio” (Port à Mausson, 2000). Intercalate varie partecipazioni a mostre collettive promosse in Brescia (Galleria AAB, 1994), Iseo (L’Arsenale, 1995), Milano (Biblioteca Accademia di Brera) e Villa Carcina (Villa Glisenti) 1996, Bergamo e Predore (1997. Oltre che la proposta di opere grafiche, tramite Giorgio Bertelli, al MoMa di New York.
Proposte tutte rivelatrici di una personalità proiettata a traguardi significativi.
Ma più che sospingere Roberto Dolzanelli sulla via dell’attività pittorica, gli studi accademici milanesi pare abbiano esaltato l’attitudine a esercitare promozione artistica e culturale. Tanto che ha dato vita a più iniziative, dapprima nel capoluogo, poi in Brescia inveratesi nella fondazione, operata nel 1992 con alcuni amici, dello spazio l’AURA arte contemporanea promotore di mostre e di proposte culturali ravvivanti l’ambiente cittadino; quindi la Galleria “Primo Piano” (1995) affacciata su vicolo sfociante in corso Garibaldi.
Ma la creatura prediletta è la LABA, libera accademia di B.A., in grado di accogliere non solo studenti italiani, ma anche stranieri, favorita dal gemellaggio con le Accademie di Birmingham, Praga e Barcellona e attuazione dei progetti Socrate ed Erasmus.
L’impegno richiesto dalla LABA è pertanto esclusivo, essendo per di più i corsi svolti sia in ore diurne che serali e le discipline formative varianti dalla pittura alla scultura, dalla scenografia agli indirizzi Multimedia, ed ancora Design, Fotografia, Moda, Restauro arte decorativa, Decorazione a indirizzo architettura del paesaggio, di interni…
La lodevole attività dell’Istituzione ha mosso l’interesse di personalità cittadine, componenti il Comitato scientifico: intellettuali, artisti, politici avvaloranti una “realtà” che onora Brescia. Conseguentemente, è naturale che Roberto Dolzanelli, direttore dal 1990, abbia sacrificato l’attività pittorica ed anche quella espositiva tanto che nella nostra memoria permane solo la mostra personale allestita nel 1991 nella Galleria La Nuova Città diretta da Alberto Valerio. Tecniche miste su carta componevano lo svolgimento al tema “Sospesi su questo vento calmo” e rappresentavano l’equivalente visivo di quanto attestato dall’autore, e cioè che la pittura è una facoltà aperta sul sogno, sul ricordo, sostanziata da sensazioni provenienti dal mondo dell’infanzia. E simili formalmente a giochi fanciulleschi appaiono  quei dipinti impressi però da un ordine mentale ed esemplare rigore compositivo.
Un complesso pittorico derivante dalla natura concettuale che fa dell’autore un artista personalissimo, inconfondibile nel panorama dell’arte bresciana contemporanea.
Sorprendente, e motivo di compiacimento, la notizia, appena sussurrata, che Dolzanelli è forte-mente intenzionato a riprendere l’attività in ambito pittorico.

DOMENICO DA BRIONE

Secolo XVI.

È nominato nell’estimo del 1525 della quadra quarta di S. Faustino. Di lui non si hanno altre notizie, né si conoscono opere.
 
BIBLIOGRAFIA
S. FENAROLI, “Dizionario degli artisti bresciana”, 1887, p. 305. (Alla voce: Brione da Do-menico).
“Enciclopedia bresciana”, Ediz. La Voce del popolo.
R. LONATI, “Dizionario dei pittori bresciani”, Giorgio Zanolli Editore, 1984.

DOMENICO DA MILANO

Secolo XV.

Miniatore di grande bravura, per decisione del 18 marzo 1475, è incaricato dal Consiglio comunale bresciano di miniare i libri della cattedrale della città. Analogo incarico gli viene conferito nel 1483, ma pare che in quest’anno stesse ancora lavorando all’opera commessagli in precedenza.
 
BIBLIOGRAFIA
“Storia di Brescia”, Vol. II e III.
“Enciclopedia bresciana”, Ediz., La Voce del popolo.
R. LONATI, “Dizionario dei pittori bresciani”, Giorgio Zanolli Editore, 1984.

 

DOMENICO DA SALO'

.v. Grazioli Domenico.

DOMENIGHINI FRANCESCO

Breno, 5 ottobre 1860 - Bergamo, 1 maggio 1950.

Garzone di fornaio presso l’Albergo Alpino di Breno, si appassionò presto al disegno e quando il pittore bergamasco Giuseppe Rota (detto Rotì) fu a Breno per dipingere alcune case signorili, egli lo avvicinò e poi lo seguì a Bergamo crescendo alla sua scuola, seguendo al tempo stesso i consigli dello Scuri e facendosi amico di Cesare Tallone. Avvicinò altresì Antonio Guadagnini.
Per quattro anni presta servizio in un reggimento di cavalleria di stanza a Milano; da qui si trasferisce a Roma dove studia alla scuola del costume, lavorando quale decoratore in alcuni edifici. Partecipa ad una esposizione nella quale il Ritratto della sorella riscuote vivi apprezzamenti. Notato da alcuni americani è invitato a Buenos Aires dove rimane dal 1885 al 1896; unico viaggio in Italia, nel 1890 per sposare Laura Campana, appassionata di pittura e già sua allieva.
Del periodo americano rimane dovizioso documentazione anche perché l’artista fin dall’imbarco a Napoli inizia un diario nel quale con i vari momenti e le emozioni è il ricordo di incontri, di addii. Importanti e numerosi sono i lavori argentini, in proprietà di noti personaggi quali il Sig. Uriburo, ministro delle finanze, il dott. Quintana, già presidente argentino ecc., e i teatri, fra i più noti, e chiese, università già annotati dall’autore di queste note (v. bibliografia).
La sua attività si allarga anche fuori Buenos Aires, ma ad un certo punto rinunzia per tornare in patria. Nel frattempo aveva adottato la figlia del cognato, Laurita, rimasta orfana a causa di un in-cidente che le aveva carpito entrambi i genitori.
A Bergamo si costruisce una villetta, vicino alla scuola “A. Fantoni” dove sarà lungamente docente.
Anche nel Bergamasco e nel Bresciano restano numerose sue opere decorative: fra i tanti si citano dipinti nel teatro Donizetti a Bergamo, nella chiesetta dell’ospedale di Iseo, a Lugano dove adorna con cinque medaglie e altre decorazioni sale di villa Soldati, a Soresina adorna la navata centrale della parrocchiale. Un esteso elenco trovasi nel già citato studio.
Si dedicò anche alle opere da cavalletto, su temi religiosi, paesaggi e ritratti. Alternando olio alla tempera ritrasse visioni di Valle Camonica, Val Seriana, Val Gardena, Val Bondione, il lago d’Iseo.
Pittore instancabile, lascia opere nella raccolta Carrara, in case di Roma, in numerosissime raccolte private. Tenne anche numerose mostre personali, riscuotendo il consenso di noti critici e la bene-vola parola di Cesare Tallone.
La mostra antologica delle opere di Francesco Domenighini promossa nell’estate 2002 dal Comune di Breno e dal Museo Camuno ha veramente perseguito lo scopo di illustrare con completezza i molteplici aspetti della vita e dell’attività creativa del maestro. Ne resta esemplare documentazione nel relativo catalogo ove, accanto ai ripetuti interventi di Bruno Passamani, altri ne allinea dovuti a studiosi e appassionati sviluppando la visione della pittura murale prodotta in Italia e in Argentina, sia della pittura da cavalletto e sacra nel Bresciano e nel Bergamasco, ed ancora, l’apprezzato im-pegno di docente.
Un evento, la mostra commemorativa, di particolare rilievo sia per la conoscenza dell’artista, sia per la cultura della Valle Camonica e non solo.
Intense le suggestioni affioranti dalla “immersione” nei paesaggi esposti, siano essi montani, lacustri o marini, perché l’impostazione dei primi piani ingenera la sensazione di addentrarsi nei dipinti e attraverso essi lo sguardi si proietta su panorami solenni a volte, altre d’un incanto fiabesco.
I ritratti e gli autoritratti colgono l’intimo sentire della sorella Nina, di altri congiunti, di conoscenti e amici, e dell’artista punteggiano periodi della lunga esistenza. Quasi un diario figurato dell’emigrante, dell’uomo desideroso di affermarsi, poi ben inserito nel campo dell’arte, riconosciuto valente educatore.
Aspetti tutti, che hanno riflessi nei numerosi ritratti dedicatigli da pittori e scultori amici, da Tallone, a Giuseppe Remuzzi, Ponziano Loverini, Elio Aiolfi ed altri.
Anche l’opera decorativa, sacra e profana, è ben rappresentata in mostra, mediante dipinti o bozzetti riflettenti fra altri lavori perduti o inediti… frutto dello stupore di occhi ansiosi di bellezza, di fantasia vivacissima, di cuore generoso e nobilissimo sentire.
 
BIBLIOGRAFIA
Sta in: AA. VV., “Francesco Domenighini 1860-1950, l’arte della decorazione, la passione del disegno, l’impegno dell’insegnamento”, Breno, Comune di Breno e Museo Camuno, 2002.
  1. DONATI
  2. DONATI UGO
  3. DONDELLI TITA
  4. DONESCHI NATALE

Pagina 74 di 190

  • 69
  • 70
  • 71
  • 72
  • 73
  • 74
  • 75
  • 76
  • 77
  • 78

Copyright © 2023 Associazione Giorgio Zanolli Editore. Tutti i diritti riservati.

Aiuta il dizionario dei pittori Bresciani