Secolo XVIII.
Forse di Gardone V. T.
Di lui non si conoscono che i dipinti di Ono S. Pietro nella cui chiesa, dedicata a S. Pietro, sono raffigurate la Crocifissione di S. Pietro, la Guarigione dello storpio, con l’apparizione di Cristo a S. Pietro sul lago di Tiberiade firmata “Petrus De Antonij, pinxit 1764”; S. Pietro che battezza i neofiti, firmato “Petrus De Antonij, pinxit 1761”.
BIBLIOGRAFIA.
“Enciclopedia bresciana”, Ediz. La Voce del popolo.
R. LONATI, “Dizionario dei pittori bresciani”, Giorgio Zanolli Editore, 1984.
Secolo XV.
La “Enciclopedia bresciana” lo dice pittore veronese, presente in atti notarili del 1490 come operoso a Salò, dove dipinge le casse degli organi del Duomo. Secondo notizie raccolte da Camillo Boselli, è forse da identificare in un Daniel pictor presente a Falsorgo nel Veronese negli anni 1482 e 1488. Un Augustinus qd. Daniel è poi presente a Legnago nel 1504.
BIBLIOGRAFIA.
R. LONATI, “Dizionario dei pittori bresciani”, Giorgio Zanolli Editore, 1984.
Secolo XV.
Definito architetto-lapicida, è d'origine milanese. Presente a Brescia durante la costruzione della Loggetta del Monte di Pietà nel 1481. Poco prima, con Antonio Zurlengo o da Zurlengo, ha lavorato alla circolare fontana della piazza grande, ricevendone documentato pagamento.
Attribuitigli, sia pure con riserva, sono alcuni capitelli per il battistero della chiesa di S. Giovanni Evangelista (oggi perduti); il portale della chiesa stessa; quello di S. Agata e la facciata di palazzo Calzavellia, in via Dante, eretto nel 1484.
Dal 1496 lo si ritrova ancora in città in qualità di direttore dei lavori di palazzo Loggia. I documentati contatti avuti dal De Grassi con il Filarete, il compito di soprastante ai maestri marmorai lombardi e forestieri in alcune opere bresciane lo indicano quale emergente figura di artefice al quale la città deve, sia pure in parte, alcuni dei più nobili edifici.
(Gino). Tignale, 31 ottobre 1891 - Salò, 2 gennaio 1960.
Autodidatta, ha due produzioni pittoriche. Una commerciale eseguita solitamente su cartone preparato: questi dipinti si stanno via via sfaldando a causa di inadeguata superficie di supporto. L’altra, sulla quale va fondato il giudizio critico, scaturita da più meditata ispirazione e contrassegnata da lettere romane a lato della firma, quasi che l’autore le abbia volute additare a chi doveva custodirle.
I soggetti preferiti sono vedute del lago di Garda e nevicate.
Paesaggista di ardita tecnica, si presenta come una rivelazione nel gennaio del 1930 con una personale ricca dei soggetti preferiti. Altro successo riscosse con una cinquantina di opere esposte alla “Bottega d’arte”, nell’aprile 1931.
Nel 1926-1927 si trasferisce a Bergamo, rompendo il soggiorno a Tignale. Poi si trasferisce a Salò (1940 circa) da dove, durante la guerra, si reca quotidianamente a Brescia per lavorare nello stabi-limento Breda.
Meglio sembra esprimersi usando la spatola, ed una grande tela è presso l’Azienda autonoma di Merano.
Altre mostre ha allestito in Brescia e fuori (Pisa).
Vicino a noti artisti quali Angelo Landi, G.B. Barbieri, non ha tuttavia riscosso il loro successo, ché, padre di cinque figli, ha dovuto rincorrere affannosamente la vendita dei suoi lavori, a volte eseguiti in serie, a scapito della qualità. Sono quindi pochi i dipinti in grado di dire l’esatto suo valore.
Oltre che pittore, fu “inventore”: ideò un nuovo tipo di aggancio per i treni; il cinguettio famoso della R.A.I., sia pure modificato, ed altre numerose ingegnose cose prodotte tuttavia senza curare la riserva dei brevetti, così che ne perse a volte la paternità.
Fin da bambino aveva manifestato passione alla pittura, tanto che si ricorda che uno dei Cozzaglio gli regalò una cassetta di colori ch’egli usò subitamente.
Sue opere sono in numerose abitazioni gardesane e bresciane: purtroppo appartenenti alla produzione meno significativa, mentre le altre, condotte a volte nella visione che ricorda Petrella o Pavan, sono pressoché introvabili.
Le sue spoglie mortali sono nel cimitero di Tignale.
Le vicende esistenziali e il procedere creativo di Gino De Lai hanno avuto compiuto approfondimento in occasione della mostra voluta dalla comunità tignalese nell’agosto-ottobre 1991, e riflessa nel catalogo curato da Giannetto Valzelli.
La “vita del pittore inventore” è ripercorsa anno dopo anno, con i suoi travagli, le poche consolazioni, i vari riconoscimenti per l’ideazione di strumenti tecnici, gli espedienti per vendere, anche in blocco, i dipinti e raggranellare quel tanto necessario ai bisogni della famiglia fattasi numerosa.
Sono pure evocate le presenze di De Lai nelle ripetute mostre benacensi, bresciane, bergamasche alle quali sempre corrispondono benevoli consensi riportati nella conclusiva “Antologia critica”, coprente gli anni 1929-1949, con una appendice per la mostra postuma ordinata nella Galleria Mazzini nel febbraio 1974.
Dice bene Mario Ebranati nella introduzione alla pubblicazione, che l’evento tignalese, nato come sommesso omaggio all’artista, è diventato fatto di cultura coinvolgente. A beneficio, soggiungiamo, dei tanti appassionati che ancor oggi posseggono uno o più quadretti di Gino De Lai.
A completamento della bibliografia si segnala: G. ORLANDI, Gino De Lai, allarme cartoni, “STILE Arte n. 67, aprile 2003.
BIBLIOGRAFIA.
R. LONATI, “Dizionario dei pittori bresciani”, Giorgio Zanolli Editore, 1984.
Terlizzi (BA), 8 dicembre 1938.
Gli studi all’Accademia milanese di Brera, dove si è diplomato, lo hanno portato a vivere in alta Ita-lia, a Remedello prima del definitivo domicilio a Calvisano.
Presente dal 1972 sul palcoscenico delle mostre, sue opere sono state esposte ripetutamente a Monza e Roma (1976, 79, 1989), Bruxelles (1980), Firenze….
Pittura aggressiva, la sua, condotta con l’olio, la tempera e l’acquarello, i colori accesi che, secondo Michele Fano, preside dell’Istituto statale d’arte fiorentino, “ricordano vagamente le sciabolate di colore di Guttuso”. Una esplosione cromatica caratterizzante sia le nature morte, fiori in particolare, sia i paesaggi animati da una rilevante visione poetica, resa consapevole anche dalla riflessione ispirata dalle opere di maestri quali Cassinari, lo stesso Guttuso e Morlotti.
Tuttavia la sua produzione palesa una continuità di modi e di espressione, un’ampiezza di significati in grado di comprovare indiscussa autenticità creativa, una personalità forte, perennemente in-quieta e problematica.
Un dipinto come “Il tempo distrugge l’uomo” può essere riflesso indicativo della vitalità caratteriale dell’uomo animato da un’ansia di ricerca di coerente rinnovamento.
Secolo XVI.
Ricordato nelle custodie notturne del 1515 della quadra di città vecchia. Di lui non si hanno altre notizie, né si conoscono opere.
BIBLIOGRAFIA.
S. FENAROLI, “Dizionario degli artisti bresciani”, 1887.
“Enciclopedia bresciana”, Ediz. La Voce del popolo.
R. LONATI, “Dizionario dei pittori bresciani”, Giorgio Zanolli Editore, 1984.
Secolo XVI.
È ricordato nell’Estimo del 1568 della quadra di città vecchia. Di lui non si hanno altre notizie e non si conoscono opere.
BIBLIOGRAFIA.
S. FENAROLI, “Dizionario degli artisti bresciani”, 1887.
“Enciclopedia bresciana”, Ediz. La Voce del popolo.
R. LONATI, “Dizionario dei pittori bresciani”, Giorgio Zanolli Editore, 1984.
Giulianova (TE), 26 febbraio 1940.
Diplomato presso il Liceo artistico pescarese; nel 1965 si è trasferito nel Bresciano, dapprima a Botticino e poi in città dove insegna educazione artistica in Scuola media.
Al 1961 risale la attività espositiva di De Luca, con la partecipazione al Premio internazionale dello studente, in Roma. Nel 1967 espone per la prima volta in collettiva a Brescia; seguono poi partecipazioni a esposizioni in Sassoferrato (1970); Vicenza, Desenzano e ancora Sassoferrato (1971); Roma, Copenaghen, Malta, Suzzara (1972); Firenze, Bologna (1973); Parigi (1974); Brescia (1975, 1980). Personali ha allestito a Bagnolo (1969); Brescia (1973, 6, 7, 9).
Pittura realista, quella di De Luca, s’avvale prevalentemente del bianco e nero al fine di “riattivare il processo conoscitivo dell’opera, storicizzandone il contenuto dal punto di vista operativo”: nascono così i segni distintivi di celebri composizioni dovute a maestri del passato, da Caravaggio a Goya, da Courbet a Millet a Van Gogh.
Via via il linguaggio si fa aderente al contenuto socio culturale espresso nell’opera, che ad un certo punto si avvale anche della immagine fotografica “quale supporto stimolo” soprattutto quando si accosta a fatti della guerra di Spagna o alla Strage di Piazza Loggia.
Essenziale linguaggio, fatto di “poveri materiali”, di “fili” tracciati senza soluzione di continuità e determinanti i contorni dei personaggi effigiati. Linguaggio di voce singolare: voce che tralasciata ogni ambizione di “rivelazione elitaria” si cala direttamente nella realtà per “fissarla” negli eventi determinanti. L’opera creativa si fa pertanto testimonianza, ma altresì nota critica: viva del pulsare di sofferta, acuta partecipazione.
Ma l’orizzonte espositivo di Nevio De Luca si è fatto via via più esteso, anche per gli incarichi che gli sono attribuiti: a Roma come collaboratore e impaginatore presso le Editrici Ave e Editalia, libri d’arte, a Parigi, nel 1976 invitato al Salon de la jeune peintre presso il Museo di Arte moderna; dal 1984 impegnato in Messico quale delegato del Ministero della P.I. e docente nell’Istituto di Arti grafiche di Quentaro….
Tutto ciò non attenua la partecipazione a manifestazioni che hanno portato sue opere a Brescia (Galleria AAB, 1976) con una installazione di venti tavole svolgenti il tema del Realismo europeo; Galleria Alberto Valerio (1987), Milano (1989) Salone Tanzi Design, Provaglio d’Iseo (1996), Palazzo Francesconi, Brescia ancora (2001), Salone dell’Olmocolmo, Bornato (Castello e Mantova (2002), Brescia (2004), Villa Barboglio, Imola, Salone dell’Annunciata e Pavia (2005), Santa Maria dei Gual-tieri….
Nelle realizzazioni recenti ha preso il sopravvento l’uso di tecniche multimateriche oscillanti in una dimensione ideale tra scultura e pittura, con esiti echeggianti l’astratto e il figurativo. Una produzione specchiante una creatività tesa a sempre nuove esperienze, per una sempre più personale espressività.
BIBLIOGRAFIA.
G. MONTAGNA, “Galleria A.A.B.”, Brescia, aprile 1973.
E. C. S.(alvi), Mostre d’arte, “Giornale di Brescia”, 25 aprile 1973.
“Galleria A.A.B.”, Brescia, 22 maggio - 3 giugno 1976.
L. SPIAZZI, Arte in città, “Bresciaoggi”, 29 maggio 1976.
M. CORRADINI, N. De Luca, “Bolaffi-arte”, 1976.
R. CORSINI, “Piccola galleria U.C.A.I.”, Brescia, 30 aprile - 12 maggio 1977.
L. SPIAZZI, Arte in città, “Bresciaoggi”, 6 maggio 1977.
“Galleria Lo spazio”, Brescia, 1979.
AA. VV., “Brescia ‘80”, Brescia, 1-11 maggio 1980, Catalogo.
R. LONATI, “Dizionario dei pittori bresciani”, Giorgio Zanolli Editore, 1984.
Napoli, 8 gennaio 1926 Vive e opera a Brescia.
Ha dapprima studiato in Francia, frequentato poi i corsi di pittura all'Accademia di Brera, in Milano, sotto la guida dei proff. Aldo Carpi e Benvenuto Disertori, meritando il "Premio Carotti" per la Storia dell'Arte. È la prima manifestazione di una spiccata capacità critica espressa successivamente attraverso saggi apparsi in pubblicazioni specializzate, presentazioni in catalogo per esposizioni di artisti noti in campo nazionale e internazionale. Non pochi anche gli artefici bresciani ai quali ha offerto contributo interpretativo. In chiusura di scheda ne segnaliamo alcuni, fra i tanti, che ci è dato conoscere.
Condiscepolo di Giuseppe Guerreschi, a lui De Lucia sarà legato da profonda amicizia.
Accanto alla attività didattica svolta in scuole statali di Brescia, città della quale è divenuto figlio adottivo, fin dai primi anni Cinquanta si evidenzia la intensa partecipazione a manifestazioni collettive, fra le quali ci è possibile segnalare: la II e la III. Mostra degli Indipendenti (Milano, palazzo reale, 1947 e 1949); le Mostre delle Accademie (Napoli, 1951, Milano, 1953, Torino, 1956); la Mostra d'Arte sacra bresciana (1961); la Mostra nazionale alla Galleria d'Arte moderna (Roma, 1962); le rassegne delle Gallerie "Minotauro" (Brescia, 1966), "L'Agrifoglio" (Milano,1968), della A.A.B., (Brescia, 1969), "Ferrari" e il concorso Lavoro e lavoratori nell'arte (Suzzara,1969) cui fanno seguito numerose presenze in Acireale, Roma, Mantova (1969); Brescia ancora (1969, 1970,71,72,73,74,75,78); Iseo e Milano (1970); Roma ancora, Firenze, Cattolica, S. Marino, Milano, Padova, Viadana (1971); Milano, Taranto, Firenze, Camaiore, Londra, Gardone V. T., Suzzara (1972); Lumezzane, Suzzara (1973); Mantova (Museo del Te, 1976); S. Giovanni Valdarno, Suzzara ... presenze che recano il distacco dalla attività pittorica per il sopravvenire di quella plastica, riscontrabile con maggior evidenza nel susseguirsi delle mostre personali allestite a Lodi (1958); Brescia ("Galleria A.A.E.", 1962, "Galleria del Minotauro", 1967, "Galleria Schreiber", 1974); Milano ("Galleria Agrifoglio", 1968); Treviso ("Galleria Le cave" ,1968); Taormina e Messina (Palazzo municipale, 1969); Suzzara ("Galleria Ferrari", 1970); Verona ("Galleria Cangrande", 1971); Parigi ("Galleria Mouffe", 1972); S. Giovanni Valdarno ("Galleria Il ponte", 1976); Riva del Garda ("Galleria La Firma",1976); Benevento ("Galleria Hotel Italiano", 1983); Soncino (Rocca sforzesca, 1984).
Val ricordare che Giuseppe De Lucia è autore del monumento ai Caduti del lavoro eretto a S. Pancrazio di Montichiari e inaugurato alla presenza del seno Mario Pedini nel 1973.
Come il pittore, così lo scultore postosi in luce nel 1965 è criticamente attento alla realtà: una civiltà che nel profitto e nel consumismo ha le più evidenti, ostentate manifestazioni.
Di questa civiltà De Lucia addita tutti i limiti con fare arieggiante ad un espressionis-mo acceso, il cui costante impegno e l'ironia rivelano ottundenti banalità; denunzia di "grandi idoli anzi tiranni contemporanei"; e l'intento demistificatore delle creazioni non si attenua con l'evolversi della ricerca operata dall'autore, sfiorata prima da una sorta di classicismo, fino a porre in luce anche elementi neo Liberty.
Passando dalla pittura alla scultura, resa sia nella pietra sia nel bronzo o nello sbalzo, De Lucia non ha quindi tradito la originaria visione creati va fondata sull'uomo, sulla società osservati con non attenuata, vibrante partecipazione. Indicativi di questo suo esprimersi ci sembrano Demon Archia, Feticcio sex, Feticci a parlamento, Supe/fici di contatto labiale, Diva, Strage e, attraverso la serie delle Macchine antropomo/fe, ['ultimo, il più recente approdo rappresentato da Simbiosi; i soli titoli sanno chiara-mente dirci gli intenti dell'autore, il quale si è cimentato anche nel ritratto, come attestano i realistici lineamenti di Titta Rizzo, di Quasimodo, di A.M. Luther King, di altri noti personaggi.
L'arida elencazione delle mostre, la citazione di alcuni fra i più significativi lavori, la succinta indicazione della evoluzione stilistica in essi ravvisabile possono soltanto tratteggiare la figura e l'opera di Giuseppe De Lucia, attestare la sua volontà di incidere positivamente la con temporaneità e opacamente riflettere la sua capacità di lavoro. Non dicono l'influenza da lui esercitata su numerosi artefici bresciani ai quali, attraverso l'attività creativa e quella pubblicistica, l'esempio intenso e severo ha offerto non trascurabile motivazione; proponendo altresì eventi e movimenti delle significative avanguardie. Una operazione culturale indubbiamente giovevole a quanti nelle aule scolastiche gli sono stati allievi ma anche, in più ampio ambito, a chi dell'arte ha saputo fare motivo di vita. Nell'intento di facilitare [a ricerca bibliografi-ca, succintamente ricordiamo i testi dettati dal prof. Giuseppe De Lucia per:
Giuseppe Guerreschi: presentazioni in catalogo delle mostre alle Gallerie A.A.B., Brescia, 1962; "Cavalletto", Brescia, 1965; "Fant Cagnì", Brescia, 1968.
Bepi Romagnoni; "Galleria del Minotauro", Brescia, 1966.
Giannetto Fieschi "Galleria del Minotauro", Brescia, 1966.
Floriano Bodini, "Galleria del Minotauro", Brescia, 1966.
Carlo Pescatori, "Galleria Aldovrandeschi", Grosseto, 1968; "Galleria Fant Cagnì", Brescia, 1968.
Antonio Possenti, "Galleria Fant Cagnì", Brescia, 1969; "Galleria Schreiber", Bre-scia, 1970, Rassegna d'arte contemporanea.
Piero Tredici, "Galleria Pananti", Firenze, 1970; "Galleria Icaro", Suzzara, 1971; "Galleria d'arte moderna", S. Giovanni Valdarno, 1972.
Sergio Pagiaro, "Galleria Schreiber", Brescia 1970.
Renzo Emiliani, "Galleria Ferrari", Suzzara, 1970; "Galleria d'arte Palazzo", Vero-na, 1974.
Anna Pavesi e Aurelio Pedrazzini, "Galleria artistica Lucania", Milano, 1971; "Gal-leria S. Barnaba", Milano, 1973.
Olves Di Prata, "Galleria Vertice", Milano, 1970.
Teodoro Simoni, "Galleria S. Michele", Brescia 1971.
Giorgio Bertelli, "Studio Ottanta" (Leonessa), Brescia, 1981. Giuseppe Guerreschi, in "Graphis Arte", Livorno, 1967 e 1968.
Luigi Bertoli, in "Artisti bresciani contemporanei", Interart Ed. Brescia, 1971. Omaggio a Picasso, Scuola media "D. Foscolo", Brescia, 1973. (Lettura).
Secolo XVI.
Nativo di Como, opera a Breno, Lovere e Erbanno nei primi anni del Cinquecento.
BIBLIOGRAFIA.
F. MALAGUZZI VALERI, “Pittori lombardi del Quattrocento”, Milano, 1902.
R. PUTELLI, “Le chiese di Valcamonica”, Breno, Vol. I (1909).
“Storia di Brescia”, Vol. II.
“Enciclopedia bresciana”, Ediz. La Voce del popolo.
R. LONATI, “Dizionario dei pittori bresciani”, Giorgio Zanolli Editore, 1984.