Brescia, 9 maggio 1828 - 2 aprile 1880.
Dalla “Enciclopedia bresciana” si apprende che è figlio di Antonio e pittore figurista. Compì gli studi sotto la guida di Gabriele Rottini “quale dilettante perchè di famiglia agiata”. Compromesso nei fatti del 1848-1849, per sfuggire alle ricerche della polizia austriaca riparò in Svizzera. Di là, dopo qualche tempo, passò a Roma con l’intenzione di perfezionarsi e darsi completamente alla pittura. Studiò sotto il Podesti e nel 1859 partecipò alla Esposizione bresciana con due quadri: l’uno raffigu-rante S. Francesco Fremiot de Chantal, l’altro la Immacolata.
Nel 1860 tornò a Brescia dove visse appartato.
Oltre ai quadri ricordati ne lasciò altri, raffiguranti l’angelo custode, il S. Cuore per la chiesa di S. Croce; S. Chiara per la chiesa omonima e poi passato alla Pinacoteca Tosio Martinengo; la Via Crucis per la parrocchiale di S. Alessandro ed inoltre alcuni ritratti.
V’è da segnalare che nel catalogo “Pinacoteca civica Tosio Martinengo”, curato da G. Panazza, v’è un Damiani Ariodante (sec. XIX) autore di una Veduta di Lugano.
BIBLIOGRAFIA.
R. LONATI, “Dizionario dei pittori bresciani”, Giorgio Zanolli Editore, 1984.
Brescia, 30 maggio 1987.
Figlio di Giuseppe, in arte Ken Damy, che è stato pittore attento alle esperienze più avanzate, autore di dipinti recanti forme geometriche di particolare lindore cromatico, prima di affermarsi fotografo, cineoperatore, animatore della Galleria “Diaframma”, fino alla proposta del Museo di Corsetto S. Agata promotore di mostre dei più quotati fotografi in campo internazionale e manifestazioni culturali.
Diplomato presso Scuola professionale, come il padre anche Paolo Damiani ha esordito giovanissimo nell’agone artistico, dal 2004 avendo già allestito cinque mostre personali accolte in note Gallerie cittadine (Palazzo Bonoris, UCAI, Atelier degli Artisti…). E questo nonostante sia “un ragazzo fragile e sensibile e una parte di lui destinata a rimanere di fanciullesco stupore. Non maturerà appieno insomma come tanti altri suoi coetanei seguirà dei percorsi non codificati e imper-scrutabili, ma è animato da una volontà invidiabile e rara”.
Nella pittura sembra aver trovato il modo di esprimersi compiutamente. I suoi dipinti si animano di animali domestici, oppure di coccodrilli, leoni, osservati durante viaggi compiuti col padre. Ma è personalissimo il modo di rappresentarli con quelle forme primitive, come si conviene a chi appartiene a un mondo intriso di fanciullesca poesia.
Concorde il parere dei critici che si sono interessati a queste opere assimilabili a pieno titolo all’Art Brut degli emarginati da tutte le fortune del mondo.
Mauro Corradini afferma che Paolo Damiani dipinge storie, racconti con ingenuità, invenzione anche, dunque storie con quella primitività che nella storia contemporanea ha segnato qualcosa… emergono, questi animali, tra verità e fantasia, tra quotidianità e cartoon.
Dal canto suo Fausto Lorenzi rileva che le figure di animali dipinte da Paolo Damiani nascono da un mondo intriso di poesia fanciullesca che si rifugia in una infanzia eterna e sogna nei suoi bestiari creature magiche, incarnanti le forze elementari del mondo.
La puntigliosità descrittiva che Paolo Damiani esplica nel dare vita ai suoi animali, al mondo elementare che li circonda, manifesto nelle conchiglie, in pochi sassi, un corallo, le alghe… ha riflesso pure nei titoli dati alle opere: ne sono esempio alcune didascalie tratte fra le molte: Tre polpi, una stella marina un tonno, tre delfini una conchiglia grigia, due sassi grigi; oppure Una murena, un polpo e un pesce azzurro; ed ancora, Mamma coccodrillo con quattro piccoli nel fiume… Un modo forse di dare completa leggibilità al racconto narrato con i colori.
Bagnolo Mella, 9 maggio 1930.
Formatosi vicino ad Augusto Ghelfi, del maestro palesa alcuni aspetti formali, quali l’impianto geometrizzante e i chiari toni. “Il suo mondo è fatto di gentilezza e di armonia, espresso con colori tersi”, tesi a ricomporre il paesaggio di ampio respiro e di solenne silenzio, a volte avvolgente figurette intente al lavoro.
Ma anche la figura a sé stante o in gruppo interessa il pittore, il quale ne compone sembianze con ritmo stilizzato capace di racchiudere con apprezzabile eleganza la psicologia e le attitudini lavorati-ve, entro luci effuse.
Dopo la mostra personale allestita nel 1973 in sede del paese natale, Damini si è ripetuto nel successivo anno in Brescia, così nel 1978, partecipando al tempo stesso a numerosi concorso e collettive provinciali, nonché in Verona e Suzzara dove è stato premiato in occasione della IV Biennale.
Dal 1990 circa sembra aver attenuato l’attività espositiva circoscritta a collettive locali.
Nel 2000 si è presentato con una personale a Leno, nel 2005 a Bagnolo con dipinti tutti dedicato al luogo natio.
BIBLIOGRAFIA.
“Giornale di Brescia”, 30 agosto 1973, Mompiano.
A. MORUCCI, “Piccola Paganora”, Brescia, 16 - 28 marzo 1974.
A. MORUCCI, Galleria d’arte, “Biesse”, a. XIV, n. 145, marzo 1974.
“Galleria La Loggetta”, Brescia, 17 - 29 maggio 1975. (Con testo da A. Morucci).
L. SPIAZZI, “Piccola galleria U.C.A.I.”, Brescia, 13 - 25 maggio 1978.
L. SPIAZZI, Arte in città, “Bresciaoggi”, 23 maggio 1978.
G. STELLA, La pittura di Damini, “La Voce del popolo”, settembre 1978.
R. LONATI, “Dizionario dei pittori bresciani”, Giorgio Zanolli Editore, 1984.
Darfo Boario Terme, 31 ottobre 1931 - 21 luglio 1996.
Figura pressoché sconosciuta in città, quella di Pietro Damiola, presente però con i suoi dipinti in manifestazioni prodotte in regione e oltre. A Modena nel 1986 ha conseguito il II Premio “Modenart”, a Varese si è classificato primo, con diploma d’onore, al Concorso Internazionale di Pittura “Città di Varese”. Nel 1987 è stata Bisuschio a riconoscergli le notevoli doti creative, seguita da Menfi, che gli ha assegnato il diploma “Art Magister” e successivamente il trofeo di riconosci-mento.
Altre presenze contrassegnate da premi o segnalazioni si rilevano a Ponte di Legno e Firenze, dove nel 1988 è stato prescelto dalla Accademia “Il Marzocco” per l’Oscar dell’Arte, l’opera premiata pubblicata nella rivista “Accademia”.
Maternità, infine ha ottenuto il secondo premio in occasione del Concorso “Novum Comum” indetto sul Lario.
Figurativo, Pietro Damiola, la sua pittura racchiude spiccata spigliatezza, e immediatezza, che nella figura, quella femminile in particolare, trova libertà di espressione giocando sul rapporto forma-colore-luce.
Pur nella evidente plasticità della composizione, le sue immagini traggono dolcezza dalla armoniosa fusione delle diverse sfumature cromatiche ispirate da concettuali e meditazione su tematiche che superano la pura rappresentazione per rivelare il mondo dello spirito.
Nella produzione di Damiola non mancano opere paesistiche, dedicate per lo più a località prossime al luogo natio, sia nel tempo della primaverile fioritura, sia in quello dell’algido candore invernale, la puntigliosa verosimiglianza del soggetto traente vivezza dal tocco post-impressionista.
Brescia, 26 ottobre 1932.
Al secolo Turelli Pietro.
Definito da Luigi Servolini “personalità pittorica esplosiva, con visioni reali che hanno del surreale e con manifesta tendenza ad una espressività tragica della natura”, Dan Monic ha intrapreso le apparizioni pubbliche negli anni Settanta, collezionando presenze numerose a mostre in Brescia e provincia e poi a Crema, Roma, Viareggio, Trieste, Vicenza, Prato, Verona… suscitando il consenso di scrittori quali il già ricordato Servolini, De Bono, Monteverdi, Verzellesi e, fra i bresciani, Morucci, Villanova, Achille Rizzi….
Animatore del “Centro artisti bresciani” con sede e Galleria in corso Garibaldi, trasferito poi in corsetto S. Agata, aiuta prevalentemente giovani pittori bresciani, aderenti al Centro stesso, promo-vendo anche pubblicazioni.
La scheda biografica di Dan Monic è depositata presso Musei e Associazioni di Europa e d’America, fra cui il Museum of Art Modern di New Jork e la Tate Gallery di Londra.
Dopo la “esplosione” degli anni Ottanta, che lo aveva fatto conoscere un poco ovunque, l’attività di Dan Monic pare essersi esaurita in Brescia, tanto che non ci risulta che suoi dipinti siano stati proposti in occasione di mostre collettive, tanto meno in quelle personali.
BIBLIOGRAFIA.
“Dan Monic”, opuscolo con testo introduttivo di C. Villanova, s.d. e stampatore. Raccoglie s.d. i vari testi apparsi in giornali e riviste in occasione di mostre.
“Arte bresciana oggi”, Sardini Ed. Bornato.
R. LONATI, “Dizionario dei pittori bresciani”, Giorgio Zanolli Editore, 1984.
Brescia, 8 settembre 1938. Vive e opera a Brescia.
Le qualità artistiche di Mario Danesi si manifestano dapprima attraverso la pittura. Dal 1978 si afferma sempre di più lo scultore, la cui autonoma ricerca mira a forme essenziali in grado di animare "gestualità" che, per estensione, ci sembra traducibile in atteggiamenti spirituali o in suggestioni, come nel piccolo bronzo Nudo femminile recante nella lieve inclinazione del capo l'intimo abbandono.
La ricerca condotta attraverso la ceramica e la creta, il legno e il marmo, fino al metallo porta ad una sempre più accentuata stilizzazione, all'astrazione. Una astra-zione le cui ascendenze possiamo cogliere, tanto per esemplificare, nell' Uccello nello spazio di Brimcusi o nell'Anfora della Musa di Jean Arp, dell'americana collezione Rockefeller: l'uno per il moto ascensionale di linee purissime, l'altra per quel che ancora può suggerire di figurativo con il segno essenziale inciso nella materia. Così, le sculture di Mario Danesi, pur nella sintesi estrema dei volumi, racchiudono per accenni la figura umana, quella femminile in particolare.
L'ascendere di linee mira invece a tradurre in armonia una realtà che può essere colta a volte nell'ininterrotto volgere di "torrini segnatempo" talaltra nel "ferro dentato" di una gondola; ancora nell'aprirsi di ali in volo ...
Questa armonia fonda sul meditato equilibrio di profili, sull'inseguirsi e concludersi delle superfici in movimento: perchè Danesi esclude per le sue opere un solo fronte di osservazione.
Ecco allora che l'accurata concezione, l'esecuzione sono rivolte in eguale misura ad ogni parte della scultura, come non viene meno la levigatezza di ogni più piccolo plano.
Da soli due anni Danesi affronta il giudizio del pubblico: ad Acquafredda nel 1983 e 1984 sue opere hanno meritato l'evidenza. La lunga esitazione che ha preceduto l'esordio in concorsi attesta di una serietà "fatta di rispetto per la dignità del lavoro e dei materiali che il lavoro modifica, di modestia e impegno quotidiani, di insofferenza per trucchi, mezzucci, compromessi".
Un giudizio che, veduta la produzione plastica di Danesi, condividiamo.
Suzzara, 15 febbraio 1925.
Autodidatta, ha intrapreso a dipingere nel 1947, partecipando ad alcune collettive e concorsi vari, aggiudicandosi il Premio Camera del lavoro di Brescia nel 1962. In città ha vissuto negli anni Sessanta, interessandosi anche di critica d’arte ed allestendo quasi ogni anno, dal 1960 al 1965, mostre personali, sempre nelle sale della “A.A.B.”.
La sua pittura, in quegli anni, era orientata verso un naturalismo dai toni asciutti, quasi d’affresco, in cui emergeva la “turbolenza” di atmosfere temporalesche colme di “fosca e solenne” tristezza.
Nulla si sa dire di più, perché non essendo Dare’ bresciano, ben poco si è raccolto sulla sua attività, pur riconoscendo alla sua presenza una certa influenza nell’ambito locale, dal quale si è allontanato sul fare degli anni Settanta.
BIBLIOGRAFIA.
E. C. S.(alvi), Mostre d’arte, “Giornale di Brescia”, 1 dicembre 1960.
E. CALZAVACCA, Un impegno... “L’Italia”, 10 dicembre 1961.
G. TANSINI, Discutiamo la mostra d’arte sacra, “La Voce del popolo”, 16 dicembre 1961.
G. E. MAIORANA, “Momento artistico bresciano”, Stampa F.lli Apollonio, Brescia, 1963.
E. C. S.(alvi), Mostre d’arte, “Giornale di Brescia”, febbraio 1964.
G. TONNA, Mostre, “L’Eco di Brescia”, febbraio 1964.
G. V.(alzelli), Inizia la fiera di Montichiari, “Giornale di Brescia”, 8 maggio 1964.
“Storia di Brescia”, Vol. IV.
R. LONATI, “Dizionario dei pittori bresciani”, Giorgio Zanolli Editore, 1984.
Barbariga, 28 maggio 1923.
Autodidatta e, per sua ammissione, pittore non professionista, ha iniziato a disegnare fin da ragazzo, esordendo in personale nel 1970. In seguito ha allestito mostre a Bellaria, Vicenza, Brescia, Montichiari, Desenzano, Veston partecipando altresì a buon numero di collettive in città, provincia, a Bergamo e Santhià. Sue opere figurano in collezioni italiane e londinese.
La sua presenza in pubblico è stata particolarmente intensa fino al 1975 circa: ha noi disertato per qualche tempo le sale di esposizione riaccostate sul finire degli anni Settanta, quando ha esposto al ”Bistro” e alla “Galleria S. Michele” in Brescia. Pittore dei manichini, come meglio è conosciuto, la sua pittura ha una particolarità esecutiva che dà alle sue opere aspetto di piani ceramici dipinti a monocromo.
I suoi motivi, echeggianti il mondo metafisico o il gusto morandiano, passano dalle scarne figure (o manichino in interni lineari e spogli alle nature morte fatte di bottiglie e suppellettili desuete in cui luci effuse e silenti dominano: nel bisogno di liricizzare la realtà proposta secondo libera visione “densa di spontanei, forti sentimenti umani”.
Due mostre collettive in seno alla Galleria “La Pallata” e “Vittoria”, nel corso del 1981, pongono dipinti di David accanto a quelli di alcuni fra i più noti pittori nostri. Del medesimo anno la personale alla Galleria “La Pallata” che sembra esaurire la presenza a manifestazioni d’un certo rilievo mentre, rinverdendo una tradizione avviata dagli artisti del primo Novecento, da Monteverde a Franciosi ed altri, suoi quadri vengono esposti a volte nella vetrina di prestigioso negozio affac-ciato ai portici di via X Giornate.
Ancor oggi in occasione delle periodiche collettive sodali della Piccola Galleria UCAI, e confermanti la continuità di una visione che rende apprezzabile la pittura di David, e subito riconoscibile.
BIBLIOGRAFIA.
JO COLLARCHO, “Galleria A.A.B.”, Brescia, 24 ottobre - 5 novembre 1970.
A. MORUCCI, Galleria d’arte, “Biesse”, a. X, n. 103, novembre 1970.
JO COLLARCHO, “Galleria Il Salotto”, Vicenza, maggio 1971.
JO COLLARCHO, “Galleria A.A.B.”, Brescia, 24 dicembre 1971 - 6 gennaio 1972.
W. VISIOLI, F. David, “En plein aire”, Bormio, dicembre 1971.
M. CORRADINI, “Brescia arte”, no. 1, 2, 3, 1972.
“Galleria La Cornice”, Desenzano, 31 marzo - 16 aprile 1973. (Con testi da M. Lepore, Jo Collarcho, A. Morucci).
C. VILLANOVA, “Galleria Bistro”, Brescia, 2 - 15 novembre 1974. (Con bibliografia).
“Arte bresciana oggi”, Sardini Ed. Bornato.
Particolare carattere ha: Jo Collarcho, “Noi, i manichini”, L. Patuzzi Ed., Milano, Stampa: Tip. Fiorucci, Collebeato, Brescia, 1973.
A. M. COMANDUCCI, “Dizionario dei pittori… italiani”, IV Ediz. (1971).
“Collettiva ‘81”, Brescia, Galleria Vittoria, 10 gennaio 1981.
O. ZAGLIO (a cura di), “Franco David”, Brescia, Galleria La Pallata, 24 ottobre - 20 no-vembre 1981.
“Invito al collezionismo”, Brescia, Galleria La Pallata, 14 novembre 1981.
R. LONATI, “Dizionario dei pittori bresciani”, Giorgio Zanolli Editore, 1984.
1881 - 1966.
Originario di Carrara, qui lo si ricorda perché autore della statua di atleta sormontante la fontana che dal 1932 e fino alla caduta del fascismo rimase eretta in lato ovest di piazza della Vittoria.
L'atleta, in candido marmo, dai bresciani venne appellato con vari nomignoli, il più noto dei quali fu Bigio. Considerata scultura di pretta emanazione dell'era fascista, dopo i giorni della Liberazione fu rimossa con la intera fontana e depositata nei magazzini municipali dove ancora giace.
Contemporaneamente alla fontana fu asportato il grande rilievo raffigurante Mussolini a cavallo posto nella torre a lato del palazzo della Posta.