Dizionario dei Pittori Bresciani
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GIBELLI VITTORIO

Brescia, 4 agosto 1906

Educato alla pittura dalla comunanza con noti artefici bresciani, e particolarmente con Luigi Moneghini (v) negli anni in cui l'impiego presso nota Ditta lo occupava assiduamente.  Solo con il collocamento a riposo ha potuto dedicarsi completamente ad una passione repressa durante tanti anni. Se al suo attivo aveva già alcune partecipazioni a mostre in seno al Gruppo artistico O.M., a Premi in Palazzolo, Gardone V.T., Pisogne ecc., solo nel 1972 ha allestito la prima personale, alla quale altra ne è seguita nel 1977, dopo ulteriori presenze a collettive provinciali.Tradizionale, la pittura di Gibelli è rivolta ai molteplici aspetti della natura, dai sottoboschi ai fiori, le vecchie contrade, ma non disdegna la figura e il ritratto. Soprattutto Borgo Trento, Collebeato, l'Iseo e la Valle Sabbia hanno attratto la sua tavolozza dal tratto rapido e macerato a consumare panorami silenti e ravvivati da tepide luci di tenui stagioni.
 
BIBLIOGRAFIA
R. LONATI, «Galleria S. Gaspare», I- I 2 aprile 1972.
A. MUTTI, «Galleria S. Gaspare», 19-31 maggio 1977.
L. SPIAZZI, Arte in città, «Bresciaoggi», 26 marzo 1977.
 

GIGOLA GIOVANNI BATTISTA

(v) CIGOLA GIOVANNI BATTISTA

GILBERTI MARIO

Carcina, 3 settembre 1944.

Appartato, silenzioso operatore, Mano Gilberti è pittore autodidatta.  Le prime apparizioni in mostre bresciane, nei primi anni Settanta, ne hanno dapprima additato la «morbida ingenuità» delle opere, fin che l'attenzione s'è riversata sul dato poetico singolare. Infatti, usando la tecnica cara agli iugoslavi, Gllberti dipinge su vetro, ottenendo particolari effetti di brillantezza e politezza nel toni, per un «racconto» che attinge alla cronaca quotidiana.Ma al di là della struttura formale dei dipinti, con quegli omini goffi, dallo stupefatto sguardo, che può far pensare alla pittura naif, ben più drammatici, brucianti sono i temi aspiratori: scioperi, angoli e attimi di vita d'una desolata periferia, esponenti anonimi d'una negletta umanità in attesa di riscatto; od anche feste campagnole, «storie da ridere», animate da una non celata aggressività, da latente moto di rivolta.  Chiaro dunque il motivo umano e sociale che regge una visione personale della realtà fatta colore. Oltre l'apparente «scena», fremiti e denunzia, anche se la rappresentazione pervasa di ironia e bonarietà attenua la durezza della testimonianza offerta. Giunto alla sua prima mostra personale nel 1977, Mario Gilberti altre ne ha allestite: a Brescia e Bologna.
 
BIBLIOGRAFIA
L. SALVETTI, «Studio G.7», Bovezzo, 7-20 maggio 1977. «Galleria Cattanco», Brescia, 18-30 marzo 1978.
L. SPIAZZI, Arte in città, «Bresciaoggi», 25 marzo 1978.
G. VALZELLI, «Galleria La Pialla», Bologna, ottobre 1978.
AA.VV., «Brescia'80», Brescia, I -I I maggio 1980, Catalogo.
 

 

GIO. GIACOMO DA PALAZZOLO

Secolo XVI.
Alla voce: Palazzolo (da) Gio. Giacomo, Stefano Fenaroli ("Dizionario degli artisti bresciani") lo definisce intagliatore e lo dice nato nel 1508.
Rinvia quindi alla polizza d'estimo n. 252 del 1548 della quadra seconda di S. Giovanni.
Di lui non si conoscono opere.

GIORGIO

(MAESTRO).  Secolo XV.

Nel 1495 dipinge un gonfalone per la Congregazione delle SS.Croci. La «Storia di Brescia» avanza l'ipotesi che si tratti del padre di Matteo da Gabiano, o Gabbiano, al quale si rimanda per la documentazione

 

GIORGIO E STEFANO DA ROVATO

Secolo XV.

1476, 1486, 1487 sono gli anni riferiti a Giorgio e Stefano da Rovato, pittori dei quali non si conoscono opere.  Le date risultano nelle schede di G. Lonati e R. Vantini custodite dall'Ateneo di Brescia; e così riproposte anche nella «Storia di Brescia» (Vol. 11, p. 963, n.).Val soggiungere che la stessa nota ricorda un «Franceschino» da Rovato alla cui Voce si rimanda.

GIOVANNI ANTONIO

 Secolo XV.

Con certo Michele (v.) è annotato nell'anno 1486 nelle schede di G. Lonati e R. Varitini
custodite dall'Ateneo di Brescia, e citato altresì nella «Storia di Brescia», Vol. 11, p. 963, in nota, fra i pittori di cui non si hanno notizie.

 

GIOVANNI ANTONIO DA BRESCIA

 Secoli XV-XVI.

È considerato il maggiore incisore bresciano.  Forse fratello di Giovanni Maria e forse anch'egli frate carmelitano.  Molto probabilmente non ha mai creato composizioni originali, cioè di sua invenzione, ma sempre riprodotto opere altrui.  Così il S. Girolamo nello studio, derivato da disegno toscano. Fra le altre sue incisioni alcune fanno riferimento a Mantegna, Diirer, Raffaello, Luca di Leida mentre altre sono tratte da antiche sculture e architetture rinascimentali.  L'aver studiato stampe di M. Raimondi fa propendere per lungo suo soggiorno romano, verso la fine del suoi anni.  Altra sua opera da ricordare è il frontespizio del «Libellus de ratione punetorum», di Aulus Oroblus, uscito a Bologna nel 1518. Giovanni è altresì autore del disegno del pulpito e dell'organo della cattedrale di Asola, eseguiti poi da Clemente Zamara.
 
BIBLIOGRAFIA
A. BARTSCH, «Le pcintre graveur», Lipsia, 1866, Xlll, pp. 315, 33 1.
S. FENAROLI, «Dizionario degli artisti bresciani», 1887, p. 64.  Fa riferimento a precedenti studiosi.
S. BESUTTI, La cattedrale di Asola. «Brixia Sacra», 1915.
A.M. HIND, «Early Italian engraving», Londra, I e V, (1938, 1948). «Storia di Brescia», Voll.  Il e 111.
PINACOTECA T.M., «Mostra di stampe italiane», Brescia, 1970.
 

GIOVANNI ANTONIO DA LEVRANGE

Secolo XVI.
Definito , secondo documenti era presente e operoso in Brescia nel 1562.
Di lui non si conoscono opere.
Le scarne notizie riporta la "Enciclopedia bresciana" di A. Fappani.

GIOVANNI ANTONIO DA MILANO

Secolo XVI.

Nell'anno 1504 è rilevato il nome di Giovanni Antonio da Milano nelle schede di G. Lonati e R. Vantini custodite dall'Ateneo di Brescia.  Ad esse fa riferimento la «Storia di Brescia», Vol. 11, p. 1005, n. 1, per soggiungere che del pittore resta soltanto il ricordo del nome.

  1. GIOVANNI ANTONIO DA SORESINA
  2. GIOVANNI BATTISTA, BERNARDINO, VINCENZO DA CHIARI.
  3. GIOVANNI DA ASOLA
  4. GIOVANNI DA BRESCIA

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