Borgo S. Giacomo, 1949.
Si conosce questo giovane incisore solo attraverso le parole di Mauro Corradini che sottolinea la notevole tecnica d'esecuzione, la capacità di dare significato anche alle parti bianche del foglio, rese così parte del discorso e non relegate a «vuoto spazio». Discorso che include cose semplici «di una memoria non lontana, direi non contaminata. Un mondo evocato attraverso una bambola, un viso di bimbo, un misero oggetto ... ». Ma fatto maggiormente consapevole, mentre il segno acquista capacità di riassunto, mirando a l'essenziale, affiora anche un espressionismo che sorge da più ampia visione e che, pur volendo precisare il senso di una realtà quotidiana, già non è più episodico, ma teso a sopravvanzare i confini toccati con le prime prove.
BIBLIOGRAFIA
AA.VV., «Disegno perché?», A.A.ß., Brescia, 28 aprile-10 maggio 1973.
1370 - Roma, 1427.
Fra i maggiori pittori, egli portò a sommo grado la fusione fra naturalismo lombardo, la raffinatezza dell'arte senese congiunti a «preziosa finitura da orafo». La sua Adorazione dei Magi, degli Uffizi, a Firenze, racchiude la più alta espressione di suggestioni naturalistiche e alito fiabesco. Qui lo si ricorda perché fu operoso a Brescia fra il 1414 e il 1419, chiamatovi da Pandolfo Malatesta ad affrescare la cappella del palazzo Ducale in Broletto. Opera purtroppo perduta e della quale neppure resta testimonianza circa i soggetti pittorici. Tuttavia l'opera dell'insigne artista influì sugli artefici locali che il Malatesta volle a sé vicini.
BIBLIOGRAFIA
Per il periodo bresciano si veda:
«Storia di Brescia», Vol. 11, pp. 892, 893.
Si veda inoltre:
G. VITALINI SACCONI, «La Scuola camerinese», Ed. Libraria, Trieste, 1970.
G.L. MASETTI ZANNINI, Un grande pittore marchigiano a Brescia, «Giornale di Brescia», 27 marzo 1970
Castiglione delle Stiviere (Mn.), 28 dicembre 1933.
L'attività creativa di Martino Gerevini «grafico» autodidatta, sembra fondamentalmente orientata su due direttrici. L'una ispirata, collegata all'esperienza tipografica acquisita dalla lunga presenza in seno ad antica e nota editrice; l'altra affídata invece alla fantasia. Fantasia però sorretta da rigorosa ricerca. Alla prima espressione si deve il ricupero di disusato materiale di tipografia che, ricollocato quale protagonista di vaste composizioni, si anima di rinnovata vita. Grandi lettere incise nel legno, vari caratteri di stampa, matrici destinati al macero o all'abbandono sono riproposti in tutta la loro eleganza, entro un campo visivo abilmente loro offerto da Gerevini. Fulcro, pertanto, attorno al quale si evolvono le preziose cromie modulate in pure, delicate sfumature. Alla fantasia, educata però a rigorosi canoni, si devono invece le opere che rivelano l'autore attento alle più avanzate esperienze sfioranti l'«art concrete, nelle forme strutturali e cromatiche di particolare nitore e cultimate nelle più vicine progressioni ben illustrate da Bruno Munari, che in esse ravvisa «una operazione con due azioni simmetriche, con asimmetrie interne, in spazi generati da simmetrie rotatorie dei moduli... Sono quadrati che si riuniscono in gruppo formando dei supermoduli o si riuniscono in catene di moduli dove l'intervento cromatico è più sensibile e vario. Se la struttura di queste opere è logica, l'intervento cromatico è lasciato alla sensibilità dell'autore, e varia secondo il suo stato d'animo in quel momento che definisce i colori». Nutrita l'attività espositiva di Gerevini, che al suo attivo può vantare personali allestite in Brescia (1972, 76, 80), Venezia (1972), Torino (1973), Genova (1970), mentre partecipazioni a mostre collettive, oltre che a Brescia (1970, 71, 72, 73, 74, 77) si estendono a Sondrio, Rimini (1 9 7 1), Verona, Torino, Parigi (1 972), Pescara, Legnano, Milano (1 973), Novi Sad (1 973), Belgrado (1 973), Buenos Aires (1 975), Bologna, Caracas (1 976), Parigi, ancora, (1 977). Non va sottaciuta la altrettanto rilevante serie dei manifesti con i quali Gerevini si è fatto conoscere e apprezzare, oltre che in città, in lontane località, in occasione di concorsi a carattere nazionale e internazionale. Basti qui ricordare le affermazioni riscosse al «Premio A.C.R.l.», per il bozzetto sul risparmio (1 961, 67, 7 1), al concorso «Centenario del manifesto» (1964); dei poster dedicati a Monticelli Terme (1976), a Capri (1980), alle Olimpiadi di Mosca del 1980, con segnalazione fra i cinquemila lavori pervenuti da 45 paesi.
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Secolo XVI.
Originario di Firenze, qui lo si ricorda quale autore delle tre statue a mattina degli acquari di palazzo Loggia. Le restanti tre sono del Bonaiuti, del Renzi e del Bonomet-ti alle cui rispettive voci si rinvia. Il Geri era attivo intorno al 1560.
Secoli XV-XVI.
Figlio di Antonio e frate Carmelitano, di lui poco si conosce. Entrato nel 1490 nel Convento del Carmine di Firenze, nel 1494 celebra la prima messa, ottenendo nel 1498 la dispensa per potersi dedicare alla pittura, condotta nella eco foppesca. Poche anche le sue opere certe, ma in grado di testimoniare la nobiltà della concezione: a Firenze Ecce Homo, del 1504, Pietà dello stesso anno. Del 1519 il trittico con la Natività, ora nella Pinacoteca di Savona.Del periodo bresciano, e pertanto degli anni giovanili, sono la Deposizione e la Natività nella chiesa di S. Cristo, recante la data 1490. Ma altre decorazioni, in città o nelle vicinanze, potrebbero appartenergli e che ancora sono in attesa di certa attribuzione.
BIBLIOGRAFIA
Sta in: A. MORASSI, «Capolavori della pittura a Genova», 195 1, p. 5 1. (Al Morassi spetta il merito della più completa biografia e la bibliografia su Gerolamo da Brescia).
Si veda inoltre: «Storia di Brescia», Vol. 11.
Bergamo, 5 giugno 1941.
Pseudonimo: Gero.
Conseguita la maturità magistrale, ha sostenuto gli esami all'Accademia di B. A. di Venezia, intraprendendo quindi l'attività artistica che, dal nascere degli anni Settan-ta, propone assiduamente in occasione di manifestazioni organizzate in varie località fra le quali citiamo: Asti (1974, 75); Foggia (1974, 76); Milano (1975, 76); Roma (1976, 78); Bruxelles (1976); Parigi (1977); Marsiglia e Bamberg (1978); Genova (1979, 1980); Strasburgo (1980); Potenza (1980); mentre mostre personali ha ordinato a Vicenza (1971); Bergamo (1971, 72, 77); Siena (1973, 75); Milano (1975, 76, 78); S. Bendetto del Tronto (1978); Brescia (1972, 74, 79, 1981 e 85); Cremona (1982); Genova (1983).
Autrice di terrecotte, alla scultura a tutto tondo alterna bassorilievi plasmati anche in pietra; ed alle composizioni sacre si accostano ritratti e figure femminili dal modellato "sensibile e spezzato da una infinità di segni, di frammenti, di annotazioni cromatiche e tattili" a reppresentare il vero, ma anche l'esito di inventiva dove tuttavia emerge la partecipazione dell'autrice capace di autonomo, consapevole linguaggio pur nella rappresentazione di incombenti motivi esistenziali.
Presente in collezioni pubbliche e private italiane e straniere. Lavori a tema sacro ha compiuto per chiese bresciane e di Milano.
Pontremoli, 3 settembre 1911.
Fratello di Luigi (v.) e di Gianni (v.).Di famiglia toscana, ancor giovane si è trasferito a Brescia, inserendosi nel clima artistico locale e affermandosi fra i più significativi esponenti del gruppo che in città rappresenta l'avanguardia, soprattutto nel dopoguerra quando, con gli amici di corso G. Mameli, propose fermenti giunti da oltre Alpe. Lo si ritrova in manifestazioni pittoriche bresciane fin dal nascere degli anni Trenta. Anni durante i quali viveva nella stessa casa di A. Cavellini, in corso Marneli. I paesaggi d'allora già indicavano la predilezione per i tenui colori «forse perché stimolati dal panorama delle Alpi Apuane dov'è nato e dove ritorna ad ogni vacanza estiva». Ed erano gli anni in cui l'arte era svolta nell'esiguo tempo che il lavoro gli consentiva. Ciò non di meno, si possono citare le ripetute presenze alle sindacali provinciali, il Premio Bergamo, dove si è evidenziato.li secondo conflitto mondiale sembra attenuare l'attività di Augusto Ghelfi, che tuttavia si afferma in collettiva e nel 1943 può allestire la sua prima mostra personale presso la Galleria di Dante Bravo, in volto Paganora. t con il concludersi della guerra che il pittore dà l'avvio a nutrita serie di mostre personali e di partecipazioni a significative manifestazioni; definendo al tempo stesso la formulazione del suo mondo pittorico con quel postcubismo ormai ampiamente noto non soltanto ai bresciani. Presente alla prima vasta rassegna allineata dagli artisti bresciani nel palazzo della vecchia Posta nell'ottobre 1945, Augusto Ghelfi ha quindi partecipato ad altre collettive provinciali quali il Premio Iseo (1947), il Premio Gavardo (1953), il Premio Gardone R. (1953), l'Orzinuovi (1957), le edizioni notissime del «Premio Brescia» (1952 e 53), a Breno (1959) a Garda (1962), fino alle locali manifestazioni in Vescovado, in S. Giuseppe e nel Vecchio duomo negli anni Sessanta e Settanta. Ha nel contempo esteso la sua adesione a mostre allestite in varie città, fra le quali possiamo ricordare il Premio Matteotti (Milano, 1945, 46, 48), la Mostra nazionale del paesaggio (Trento, 1945), Orizzonti della pittura (Milano, 1946,1963), i Premi Golfo di La Spezia (1 949 e 50), la Il Quadriennale romana (1 9 52), per non dire delle ricorrenti mostre nella natia Pontremoli (1 952, 54, ecc.) e, ancora, in Monza e Novara (1956), Parma (1958), Bologna, Cremona, Lucca, Genova, Verona, Sarzana (1 975) meglio identificabili nelle pubblicazioni ricordate nella nota documentaria. Oltre i confini, opere di Ghelfi sono state esposte in Germania, Tokio, alla I Biennale di Woterbury, negli Stati Uniti. La citazione, riservata alle più significative collettive, può esaurirsi con le recentissime «Perché l'uomo viva» all'U.C.A.I. di via Pace e «Brescla'80», del maggio 1980. Le mostre personali, oltre alla già menzionata del 1943. sono state allestite alla «Galleria Montenapoleone» di Milano (1956), all'«Arici club», Brescia, 1957; alla «Ghelfi» di Verona (1961), alla «S. Michele»,(Brescia,1969,71,73,74,75),quindisiricordanolesingolediGavardo(1974),Vestone(1975),Bovezzo(1977). Frutto d'un animo contemplativo sono anche vari dipinti a tema sacro: una pala resta nella cappella di villa Baldini a Scorano di Pontremoli; un paliotto in casa Cassano Sorlini (Brescia), e le numerose vetrate, fra le quali si ricordano quelle: in villa Baldini a Scorano, nella parrocchiale di Fagarole di Monticelli d'Ongina, nella Grotta di Lourdes ricomposta nella chiesa di Zeri (Massa Carrara), nella cappella dell'asilo di Vezza d'Oglio, nella cappella funeraria Sorlini (Vantiniano); quella voluta da Mons. Carlo Manziana ad adomare l'ingresso alla bella chiesa dell'Oratorio S. Filippo, oltre ponte Mella (1963), quelle, alfine, della chiesa di S. Maria Crocifissa di Rosa. L'opera per la ardita piramide ha richiesto due anni di lavoro e rappresenta il più evidente segno di una attività abbracciata con particolare entusiasmo da Augusto Ghelfi, tanto che già sta meditando le otto vetrate per la nuova parrocchiale di Darfo. Se questo può essere il succinto curriculum espositivo e creativo di Ghelfi, l'opera sua di cavalletto prende avvio con maggiore evidenza intorno agli anni Cinquanta quando, con l'intensificarsi di sue presenze in pubblico, è possibile seguire, anno dopo anno, il frutto di una intensa ricerca, di un coerente affinamento. Ghelfi entra dunque nell'esiguo gruppo che in città «muove la ventata animosa dell'avanguardia». Il postcubismo che il pittore propone è caratterizzato dapprima da una «macerazione del colore nella luce, fin quasi alla sua ascetica consunzione, con un biancore monacale, un pallore di muro lavato dagli anni e dalle intemperie». Le sfumature dei lievi colori si fanno tenuissime per ricomporre paesi lunigianesi abbiacinanti. Accanto al paesista si afferma il pittore di opere sacre, dalla insolita tonalità, quasi da icona; forse non è estraneo a questa rinnovata visione il soggiorno breve di Russia, che ha suggerito anche paesaggi moscoviti, con quelle caratteristiche case innevate. Un'opera resta a Mosca, presso l'Accademia. Un profondo silenzio avvolgente subentra, come silenti e invitanti alla meditazione sono tutti i dipinti di Ghelfi, d'una lieve purezza che, accostata da Gianni Colosio, ha reso timido il critico di fronte ai dipinti «come se temessi di rompere le sottili trame della loro poesia con la pesantezza del mio sguardo».
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Pontremoli, 22 ottobre 1919.
Fratello di Augusto (v.) e di Luigi (v.).Docente di Educazione artistica, è presente sulla scena pittorica dal 1946 quando, ancor giovane, si evidenze per essere fra gli «affiliati all'avanguardia» spingendosi decisamente per le vie dell'astrazione fino ad eleggere l'informale come sua preferita espressione. E quella espressione lo ha portato a non poche affermazioni, tanto che Raffaele De Grada in occasione di Premio milanese poteva scrivere nel 1950: La Commissione ha dato il primo premio per la pittura a Gianni Ghelfi, che ha sentito il bisogno, quasi un impeto, di costruzione nel tre quadri esposti. Questi quadri sono una solida prova di quanto il giovane pittore ha sacrificato in piacevolezza, per la quale il suo gustoso modo di disporre il colore mostra tutta al sua attitudine, pur di approfondire la sua concezione delle cose che è assai nuova. Erano al centro del suo interesse i motivi dominanti la terra d'origine, le Cinque Terre; non secondario interprete, nello sfondo il mare, come nei dipinti allora oggetto del riconoscimento: Passaggio a livello, Zoagli, Pescatore.
Presente a numerose manifestazioni in Brescia e provincia, in non poche si afferma. Si ricordano, fra le altre, le presenze al «Premio B. Barbieri» (1948), le edizioni del «Premio Brescia» (1952, 53), i premi: Gavardo (1 954), Iseo (1 947), Palazzolo (1 959), Orzinuovi (1956, 57), Gardone Riviera (1 970, 7 1). Nel contempo Gianni Ghelfi ha preso parte a manifestazioni in varie città: Catania (1 962), Milano (1 948, 60, 74), Novara (1 948), Firenze (1 962), all'Olimpiade culturale Milano Roma Nizza (1 948), Messina (1 952), Parma, Pontremoli (1 960), La Spezia (1 952, 5 3, 54 e 64), Genova (1 973), come meglio si può rilevare dalla nota bibliografica. Da rilevare la partecipazione alla Biennale di Venezia del 1950, alla Quadriennale di Roma del 1952; le presenze a Dubrovnik (1973), Lione (1974), Montecarlo (l@)-@4 Bruxelles (1976). Mostre personali ha invece allestito a Brescia negli anni 1953, 54, 55, 57, 65, I Milano (1 956), Gardone Riviera (1 970, 7 1), Bagnolo M. (1 970), Gavardo (1 975) vezzo (1976). Opere di Gianni Ghelfi sono in collezioni a Londra, Buenos Aires, Chambery, Zur go e in città olandesi, oltre che italiane. Pur nell'astrazione, le opere realizzate fin verso gli anni Sessanta erano condotte d un preziosismo tonale reso «in sintesi unitaria, dove la cromia grigia, gialla, verde. azzurra riusciva a raggiungere equilibrio, un'armonia che superava i valori dell'oggetto rappresentato» con esiti di inconsueta melodia e felicità colorica. Il mare, le reti, gli oggetti consueti e l'ambiente dei pescatori tornano anche nei pj@; recenti dipinti, fatti però di una figurazione che è stata definita «iperbolica»; robusti, sfiorante la rudezza. Ed i colori ricomponenti il mondo del mare sono ora contornai i da scuro segno «gridati» in una sorta di espressionismo nordico.Ne scaturisce una descrizione evidente del pennoni, delle lampade, delle reti, dell,,-corde, di tutto quanto è vita di mare; vita che, dalla emozione dell'autore è traspost,,! nella tela con la minuziosa preziosità del mosaico, delle antiche vetrate: con quell@,@ accensione vibrante che è specchio agli intimi moti di Gianni Ghelfi.
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Fratello di Augusto (v.) e di Gianni (v.). docente di Lettere e pittore autodidatta. Giunto un poco più tardi dei fratelli alla ribalta delle mostre, Luigi Ghelfi ha tuttavia maturato intimamente i fermenti giunti da oltre Alpe al concludersi del secondo conflitto mondiale. Quei fermenti «di civiltà umanistica finalmente liberi di correre per l'Europa dopo l'oscurantismo fascista».Alla suggestione di queste nuove visioni non si è sottratta la sensibilità lieve e ad un tempo febbrile del pittore, che in quella «emozionante stagione giovanile, quasi adolescente, ha fatto il luogo ideale del suo umano consistere» com'ebbe a scrivere Elvira Cassa Salvi in occasione di una mostra personale nel 1970.Luigi Ghelfi uomo riservato, quasi timido, si presentava allora per la seconda volta in mostra personale. E giungeva a dieci anni dalla prima, ordinata, sempre alla A.A.ß.neII961. Già significative le presenze a collettive, fra le quali si rammentano i «Premi Brescia» del 1952 e 1953, il Premio Gavardo (1953), quelli a Orzinuovi (1955), Gargnano, Parma (1957), Milano (Galleria Pater, 1958), la bresciana collettiva da Alberll' (1958). I ritorni, alfine, alla natia Pontremoli (1957 e 60).Vale citare altresì le affermazioni conseguite nel 1957 in occasione della «Il Mostra nazionale del cartellone pubblicitario» indetta dalla Associazione culturale di Val di Magra e al «Premio Camera di Commercio» bresciana.Se non «irruente» è la serie delle presenze in pubblico di Luigi Ghelfi, assai lusinghiero il consenso critico di Raffaele De Grada che, recensendo opere del primo p riodo, caratterizzato dal supporto formato da sottilissima garza, affermava: L. Gheill adopera la garza ritagliata che egli poi colorisce dando un effetto di carte increspate. La sua trovata è anche più originale di quella di Marca Rilli, e l'effetto non meno fine, anche se più forte di colore. Se Ghelfi avesse più pubblicità e venisse un poco lù Vp ontano che da Brescia, lo troveremmo presto in una grande esposizione internazionale. Per ciò fare, Ghelfi pittore, che attinge alla cultura umanistica i motivi della sua ari,., avrebbe dovuto rinnegare il proprio intimo sentire. Egli ha preferito invece silenzj@l, samente operare per indagare, come gli ha riconosciuto Vasco Frati, le mot'vaz' I esistenziali per tradurre in termin' visivi una esigenza naturale dell'uomo: la lo templazione delle cose, dei loro contorni, dei loro colori, del loro trasparire e rr si nell'atmosfera di particolari ambienti (il mare, coste e abissi, la campagna e i b, schi, le spiagge, le piazze e le strade, le case delle antiche città o dei borghi medioev@ li). Immagini d'una realtà preziosa al pari d'intarsio, trasfigurata da originale fant@ sia.
Luigi Ghelfi è stato presidente della Associazione artisti bresciani. Sue opere state acquisite alla Galleria Biirdeke di Zurigo (1 972).
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