Dizionario dei Pittori Bresciani
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ROGGERO GIAMBATTISTA

Brescia, 1888 - Verona, 1972

Ha frequentato i corsi diurni della scuola Moretto sotto la guida di Amaldo Zuccari e di Carpinoni.  Sposatosi poco dopo concluso il primo conflitto mondiale, si è trasferito a Verona, città della moglie, dove ha attivamente operato fino alla morte. Presente a varie collettive della città d'adozione, in personali, è stato prevalentemente paesaggista; la sua pittura tesa allo studio accurato del vero, sia nei panorami di campagne e di colline con i verdi e gli azzurri squillanti, in piena luce, sia nelle architetture di antiche e monumentali fabbriche. La esattezza esecutiva sovente sacrifica la spontaneità e la scioltezza del tratto; e la liricità solo raramente è in grado di intessere finezze cromatiche, contenuta e pur intensa poesia. Alcune opere di Giambattista Roggero sono custodite dal fratello Teobaldo (v.), numerose altre presso i congiunti e gli eredi veronesi della famiglia Cacciatore.

 

ROGGERO TEOBALDO

Brescia, 27 agosto 1895

«Guardate i suoi disegni, le sanguigne, le matite colorate.  C'è in tutto la formazione consolidata da lunga preparazione.  Quelle tre cogome, che egli definisce un divertimento, lasciano stupefatti dalla organicità della precisione tonale.  C'è un calore di espressione che ha nulla a vedere coi gioco delle matite colorate e conclude l'opera in termini di rigore... Passa il Roggero dall'uno all'altro campo con una sicurezza da sbalordire.  Quel ritratto di vecchia dalle mani congiunte, segnato da un tratteggio rembrandtlano, arriva al palpito della vita; e poi rapide costruzioni di nudo, la rivelazione di due gigli da un affiato etereo, tutto reca la firma di una intelligenza d'ordine superiore». Questo giudizio espresso da Pietro Feroldi al sorgere degli anni Quaranta racchiude non soltanto l'aspetto molteplice degli interessi pittorici di Teobaldo Roggero, ma è testimonianza della validità d'un artista che soltanto il carattere severo e schivo, la innata modestia hanno tenuto in ombra, immeritatamente.  Un giudizio che anche le opere realizzate in più vicini anni meritano, per la inconsueta robustezza compositiva, il rigore della concezione, la vibratile sensibilità che anima ogni particolare.  Assente ormai da più di trent'anni dalla ribalta artistica, Teobaldo Roggero non ha mai smesso di dipingere, appartato nella sua casa sul Ronchi, ispirandosi prevalentemente al panorama che di lassù si ammira, con il vasto profilo del Castello colto ad ogni cangiar di luce e di stagione; ed ai fiori della collina che lo sguardo quotidianamente sfiora. Frequentata la Scuola di nudo a «S.  Barnaba» accanto a Virgilio Vecchia, agli amici Cominelli, Guarnieri, G.B. Cattanco, Pescatori, Simoni... appena prima del secondo conflitto mondiale, può tuttavia definirsi autodidatta. A mezzo degli anni Trenta ha intrapreso la partecipazione a mostre collettive bresciane, estendendo la presenza alle Mostre d'arte sacra in Milano e a Bergamo.  Eco alla sua produzione dedicata a motivi religiosi è anche nella partecipazione alle bresciane rassegne allestite in Vescovado. Con gli amici dell'età giovanile aderisce alle manifestazioni del Gruppo del Bruttanome (1952 circa). Se Piatti con frutta in lontani anni sono stati citati per essere rappresentativi «di nota cromatica che sola vibra come una corda tesa», se Il Cri,@io è ricordato come dipinto dalla resa drammatica; se vari ritratti della Madre ripetuti negli anni 1925 -1931 'scossero l'elog'o di Pietro Feroldi, risalendo alla prima attività pittorica di Roggero, si ravvisa un certo interesse per l'arte di Previati e Segantini, come provano due piccole composizioni dai toni azzurrini, dal luminoso controluce ancor oggi presso il pittore.  La cui visione si è evoluta alla conoscenza di più vicini maestri, Morandi compreso, al quale sembra poter attribuirsi l'influenza su certe Bottiglie dalla essenziale volumetria, di contro a fondi uniformi e trepidi di effusa luce. La stessa sensibilità luministica tradotta in vaporose cromie è nelle opere della maturità, composte da candelabri, suppellettili di porcellana dal plastici e pur delicati contorni, nel fiori dal lieve trapasso di tinte, soprattutto nei prediletti gigli. Sinfonie di colori rattesi e riverberanti l'altra passione che ha animato la vita di Roggero: la musica.
Nelle opere realizzate negli ultimi decenni, negli anni della vecchiaia o ancor oggi composte, tornano i temi consueti; e se in alcune composizioni è avvertibile l'estenuarsi del valori pittorici, in altre, come l'Adultera, Castello in conduce, nelle varie nature morte con fiori, si riafferma il robusto e pur sensibile artefice capace di sintesi inconsueta. Fra gli amici cari, spesso suoi ospiti, val ricordare Virgilio Vecchia che lo ha ritratto nei lontani anni Trenta; G. B. Bosio, in cospetto del verdeggiante ronco autore di non pochi disegni e pastelli donati all'amico, che ancor oggi amorevolmente li custodisce.
 
BIBLIOGRAFIA
«Il Popolo di Brescia», 6 dicembre 1936, Il premio D. Bravo a Canevari.
P. FEROLDI, Disegni alla Galleria di tresanda S. Ni(,ola, «Il Popolo di Brescia», 5 dicembre 1940.
E. VIGLIANI, Invito a iina mostra, «L'Italia», 8 dicembre 1940.
P.F.(eroldi), Pittori a convegno, «Il Popolo di Brescia», I I novembre 1941.
AEQUUS, Diiocento opere di artisti bresciani, «Giornale di Brescia», 25 ottobre 1945.
E. RAGNI, I pittori bresciani parlano della loro mostra, «Giomale di Brescia», 1946.
VA. Otto artisti... del Bruttanome, «Giornale di Brescia», 23 febbraio 1952.
G. VALZELLI, I Profeti e la turba.... «Bruttanome», Vol. 1, (1962).
 

ROLANDI BALDELLI BRUNA

Brescia, 31 gennaio 1920.

Ha conseguito la maturità artistica a Venezia e frequentato poi l'Accademia Cignaroli di Verona.  Giovanissima s'è dedicata alla pittura, sotto la guida di Enrico Ragni, e precocemente ha affrontato il pubblico con mostre personali a Milano, Bergamo, Salsomaggiore, Sanremo, Savona, Corno, Bolzano e Brescia.  Presente altresì a numerose collettive, si è posta in luce in occasione del Premio internazionale «Olevano» di Roma. La sua pittura ci è nota per le singole allestite in città negli anni 1969 e 1970, nella piena maturità creativa della pittrice, anni che seguivano un lungo periodo di assenza dalla scena pittorica di Bruna Rolandi. Paesaggi e figure si alternano nella produzione della Rolandi, paesaggi e figure costruiti con «essenziale struttura, ricca di vibrazioni interne e di palpiti luminosi» nella scia della pittura impressionista. Né mancano motivi sacri, come la Deposizione, tema affrontato con umiltà, ma reso con impianto solenne.
 
BIBLIOGRAFIA
Sta in: A.M. COMANDUCCI, «Dizionario dei pittori... italiani», Ed.  IV, (1972).
Si veda inoltre: F. BARTOLINI, «Galleria A.A.B.», Brescia, 1-13 novembre 1969.
E. MARCIANO, «Galleria G.C. Abba», Brescia, 3-15 ottobre 1970.

 

ROMANELLI VINCENZO

Brescia, 3 febbraio 1932

Nato a Brescia, ma da tempo trasferitosi in Puglia, Romanelli alla sua città è tornato sovente con mostre personali alternate a numerose altre tenute a Milano, Verona, Bergamo, Napoli, Mestre, Bari, Foggia, Barletta, Trani, Venezia, Firenze, Padova e Pescara. Numerose anche le adesioni a collettive, fra le quali si ricordano: Maggio romano (1973, 74); Marina di Ravenna, Premio Legnano, Premio Marc'Aurelio (1975). Nella terra di adozione il pittore ha trovato fertile vena creativa, che attinge a filoni diversi: una fonte, la naturalistica, è presa di contatto con il paesaggio reso con essenzialità compositiva e cromatica (a piani distesi e coloricamente ') come ad esempio Pineta; l'altra affidata alla memoria, secondo la intensa necessità di fissare in immagini ciò che affonda nel ricordi dell'infanzia...Elemento unificante dei due filoni è la poesia, com'ebbe a dire Mario Monteverdi, ed alle cose dell'infanzia tradotte sulla tela con levità di sogno si uniscono anche «paesi sognati» in cui la rarefatta immagine comunica un nostalgico silenzio, se non la tristezza.
 
BIBLIOGRAFIA (bresciana).
«Galleria A.A.B.», Brescia, 25 gennaio - 5 febbraio 1964.  A. NIZZI, «Galleria A.A.B.», 8-21 dicembre 1967
E.C.S.(alvi), Mostre d'arte, «Giornale di Brescia», 15 dicembre 1967.
D. DI PALO, «Galleria S. Michele», Brescia, 1-13 novembre 1969.
M. MONTEVERDI, «Galleria S. Michele», Brescia, 23 marzo - 4 aprile 1974.
G. SELVAGGI, «Galleria S. Michele», Brescia, 13-25 marzo 1976 (Reca brani di AA.VV.).
G.F. MAIORANA, «Galleria S. Michele», Brescia, 1-13 aprile 1978.
L. SPIAZZI, Arte in città, «Bresciaoggi», 8 aprile 1978.

ROMANI ROMOLO

Milano, 29 maggio 1884 - Brescia, 10 agosto 1916.

Da Giacomo e da Giulla Alghisi, vedova Ronchi, nasce Romolo Romani.  La madre già aveva avuto dal precedente matrimonio, con Pietro Ronchi, due figli: Angela e Giuseppe, nato il 10 giugno 1873 e votato all'arte. (v). Proprio dal fratellastro, più grande d'un decennio, Romani riceve i primi elementi della pittura. Condotto giovanissimo a Brescia, frequenta il ginnasio, ma a diciotto anni si iscrive alla Scuola libera di nudo dell'Accademia di Brera, ed un anno dopo già si evidenze a Varese, in occasione della Esposizione nazionale della caricatura; tanto da essere premiato e giudicato meritevole della pensione mensile di settanta lire e d'avere in uso uno studio nel Castello Sforzesco.  A Milano, dove s'è trasferito per studiare, conosce il mercante d'arte Grublcy, che lo prende sotto la sua protezione, e artisti notissimi fra i quali si possono citare Previati e Marinetti, Benelli, Ugo Ojetti, noto giornalista e scrittore, Sant'Ella, e poi Bonzagni sfortunato, Boccioni, quanti aderirono al famoso manifesto futurìsta, movimento dapprima seguito, abbandonato poi da Romani. Al tempo stesso collabora a riviste: «Poesia» che ha in Benelli e Marinetti gli animatori, «Cronaca d'Oro» diretta da Romolo Artioli; tiene pure conferenze per illustrare la sua attività. Partecipa a mostre; dalla Biennale di Venezia (1905, 1910) alla milanese ordinata per festeggiare l'apertura del valico del Sempione (1906); al Salon des Humoristes di Parigi (1907) alla Permanente del capoluogo lombardo (1909) e nel Teatro alla Scala (1912) in occasione del Carnevale o, ancora, presso la Famiglia artistica, che lo ebbe fra i più calorosi frequentatori... La sua salute è ormai precaria e nello stesso 1912 torna a Brescia da dove raramente si allontanerà.  Come nella prima giovinezza, ancora si accosta al fratellastro Giuseppe e con lui e lo scultore Achille Regosa cerca di dare vita ad un sodalizio per la decorazione di edifici pubblici e privati, ma l'iniziativa ha ben scarso successo.
Il fragore della grande guerra copre ai più la estrema voce dell'artista; il tempo ne vela il ricordo.  A ridestarlo sembra non bastino le apparizioni dei suoi dipinti nelle postume bresciana del 1919 e milanese del successivo anno, o le fugaci presenze di poche opere in varie città.  Uno squarcio alfine, nel 1932, con la retrospettiva ordinata in occasione della Biennale di Venezia.  E da allora la figura di Romolo Romani si affaccia a numerose e importanti sale di esposizione, cui corrispondono sempre più intensi saggi di Critici tesi a penetrare la complessa e precorritrice personalità.  La fortunata stagione del Simbolismo rifiorita di recente ha suggellato alfine la validità di un artista tanto lucido quanto sconcertante e sfortunato. La sua opera riflette appieno la sua vita dolorosa, travagliata. Pur manifestando in alcuni dipinti (o nel manifesti) sensibilità per il colore, egli si è fatto conosceree maggiormente apprezzare con l'attività grafica, espressa anche a mezzo dellalitografia; caricature dapprima, i cicli poi, che avviati negli anni 1902-1903 con L'Indifferente, Preoccupazione, l'Inganno, seguitarono con le Sensazioni, le figure simboliche, della povera gente, le figure maschili e le figurazioni femminili giunte fino al 1910-1912. Opere di Romolo Romani, in gran parte andate distrutte nel 1945, causa un bombardamento sulla città, restano nelle Gallerie d'Arte Moderna di Milano, di Novara, nella Pinacoteca Tosio Martinengo di Brescia, in collezioni private.
 
BIBLIOGRAFIA
Note: Benché già in carattere tipografico, questa bibliografia non può ignorare la mostra dedicata a Romolo Romani e aperta in Brescia nell'estate 1982.  E, con la mostra, il Catalogo dovuto ad AA.VV., stampato per conto delle Nuove Edizioni G. Mazzotta, alla cui nota bibliografica si rinvia.
Si veda inoltre: «La Sentinella bresciana», 4 aprile 1907, Il pittore R. Romani.
«La Sentinella bresciana», 28 gennaio 1909, La mostra Arte in famiglia aprirà oggi.
«La Sentinella bresciana», 12 agosto 1916, R. Romani, Necrologio.
T. BIANCHI, La mostra lotteria nel Ridotto del Grande, «La Provincia di Brescia», 26 novembre 1916.
«La Sentinella bresciana», 26 novembre 1916, Mostra lotteria.
«Mostra d'Arte - Arte in famiglia», Brescia, 1919, Catalogo.
G. BAGNI, La seconda Esposizione Amatori dell'arte, «La Provincia di Brescia», 17 settembre 1921.
M.G. SARFATTI, «Storia della pittura moderna», Roma, 1930.
COMUNE DI BRESCIA, «Mostra della Pittura bresciana dell'Ottocento», Brescia, 1934, Catalogo.
G. NICODEIMI, La pittura bresciana dell'Ottocento, «Emporium», Vol. 80, (1934).
E. SOMARE, La mostra della pittura bresciana dell'Ottocenio, Riv. «Brescia», aprile 19.34.
(Dello stesso si veda: «Cronache d'Arte contemporanea», Milano, 1934).
G.R. CRIPPA, «Adolescenza di C. Monti», V. Gatti Ed., Brescia, 1937.
V. LONATI, Arte di ieri e arte di oggi, «Commentari dell'Ateneo», Brescia, 1954.
G. VALZELLI, I Profeti e la turba..., «Bruttanome», Vol. 1, (1962).
A.M. BRIZIO, «Ottocento-Novecento», Torino, 1962, 111 Ed. «Storia di Brescia», Vol.  IV.
E. CASSA SALVI, Il deperimento della figura umana, «Giornale di Brescia», 28 ottobre 1979.

ROMANINO GIROLAMO

 Brescia, 1486 - verso 1561.

Artista sommo, Girolamo da Romano, detto Romanino, già ebbe dedicate ampie monografia dovute a G. Nicodemi (1925), M.L. Ferrari (1961); l'ampio saggio nella «Storia di Brescia» (1964) di poco precedente il «monumentale» catalogo di G. Panazza edito in occasione della Mostra «Girolamo Romanino» ordinata nella plurisecolare «Rotonda» nel 1965.  La nostra nota non può che limitarsi a ricordare i salienti motivi biografici e artistici romaniniani, cercando almeno di additare episodicamente il frutto di geniale attività creativa. Nato nella nostra città nel 1486, da Romano Luchino, la cui famiglia, dall'originarlo Romano Lombardo, si era trasferita nella nostra città sul far del Quattrocento, Girolamo Romanino raggiunge precoce fama anche al di là del confini provinciali. Se la sua prima opera datata, la Deposizione, del 1510 eseguita per la nostra chiesa di S. Lorenzo, ed oggi custodita nelle Gallerie di Venezia, lascia trasparire alcune discontinuità, già nel 1513 i Benedettini del monastero di S. Giustina a Padova gli offrono l'opportunità di esprimersi lodevolmente incaricandolo di dipingere La Vergine con i SS.  Giiistina, Prosdocimo e Benedetto, e un Cenacolo, a olio, da porre nel refettorio dello stesso convento.  L'atto di andamento dei lavori prova peraltro che Romanino era da tempo apprezzato nella città del Santo per aver realizzato due ante d'organo, oggi perdute. Che l'attività fosse cospicua può desumersi dalla nota dei suoi averi del 1517, dalla quale apprendiamo che il pittore vive nella quadra IV di S. Faustino, nella casa di Thomas Lamberto, con la madre Malgarita e il nipote Francesco.  Ormai si susseguono commissioni importanti, che vanno dalle decorazioni affidategli dalla fabbriceria del Duomo di Cremona al di poco successivo incarico per la dipintura della Cappella del Sacramento nella bresciana chiesa di S. Giovanni Evangelista: opera che accosta il nome del Nostro a quello del giovane Moretto. Asola e il suo Duomo rappresentano un significativo capitolo dell'attività del pittore: dapprima (1525) incaricato di dipingere le ante dell'organo, verificato il positivo esito, riceve l'incarico di completare tutta la decorazione dello strumento, fino a richiamo del 1535 circa per la decorazione del Duomo stesso.  Nel frattempo nascono il politico con la Natività e Santi, posto dapprima nella chiesa di S. Alessandro e oggi alla National Gallery di Londra; la pala con la Madonna e i SS.  Bonaventura e Sebastiano per la benacense chiesa di S. Bemardino ed ora nel Duomo salodiano dove è pervenuta anche la bellissima tela dedicata a S. Antonio; del 1529 resta la Presentazione al Tempio nella Pinacoteca di Brer-a, che precede di poco il ciclo nel Castello del Buonconsiglio a Trento, portato avanti negli anni 1530-1532. Sembra in questo periodo riaversi delle amarezze procurate da alcuni precedenti lavori o addirittura della disdetta di ordini già propostigli.  La sua pittura si fa «fragrante di colorito, e una smemorata gioia creativa» s'afferma nei «rosa, i verdi che saranno di li a poco cari a Paolo Veronese». , Fra il lavoro di Trento e il più noto ciclo di commissioni in Valle Camonica,, gli studiosi pongono varie opere, fra le quali val citare gli affreschi in S. Salvatore, quelli di Rodengo Saiano, la cui data estrema d'esecuzione è fissata al 1533.  Al 1534 è indicata la decorazione in S. Maria della Neve a Pisogne. Per questi dipinti sono state usate varie espressioni limitative per indicare la discontinuità stilistica, la goffaggine di certe figure, ma questi «limiti» sono ampiamente compensati dalla «balenante» raffigurazione drammatica «del mondo contadino salito agli onori dell'arte attraverso la spremitura dei suoi - caratteri più intensi». E poi Breno, Bienno, dove la qualità del dipinti resta notevole, pur se attenuato è l'empito, a beneficio della limpidezza cromatica, del ritmo compositivo meno turbolento della rappresentazione.  Ancora da ricordare le ante per l'organo del Duomo bresciano (1540) che sembrano preludere opere realizzate nella maturità avanzata, maturità documentata anche nella intimità Familiare dalla polizza d'Estimo del 1548 in cui lo stesso Artista afferma d'aver e 62 anni (di qui la probabile conferma della nascita nel 1486) e di vivere con la moglie Paola, i figli Carlo, Jacopo, Giulla, Margherita, Lavinia, Caterina e Francesca e di possedere gli stessi beni menzionati in atto nel 1534.  Le opere dell'ultimo periodo ci conducono a S. Nazaro, nel palazzi Lechi e Averoldi, in S. Giuseppe (I SS.  Paolo, Girolamo, Giovanni, Caterina e Maddalena) ora alla Pinacoteca Tosio Martinengo, a Monza (Predica di Cristo), nel nostro Palazzo Broletto, a Modena, dove nello stesso periodo (1558) opera per il Monastero di S. Pietro (Cristo predica alle turbe). Già le menzionate opere, certe per attribuzione e cronologia, basterebbero a far il pittore degno di fama non caduca, ma ancor più numerose e valide sono altre sparse in Musei, Chiese, Collezioni private d'Italia e d'Europa. Fra tante, non si possono ignorare i giovanili frammenti strappati da palazzo Orsini di Ghedi e custoditi nella Pinacoteca Tosio Martinengo; la stessa Pinacoteca possiede un S. Girolamo penitente (1 519), un Ritratto di Gentiluomo, Natività, Cristo portacroce; frammenti affrescati tratti da Rodengo Salano, un S. Paolo con altri Santi, (1548) già nella chiesa di S. Giuseppe; una pala, alfine, un tempo posta sull'altar maggiore della demolita chiesa di S. Domenico.
Per altre chiese bresciane operò Romanino: la Parrocchiale di S. Eufemia (S. Rocco e altri quattro Santi - c.1512) S. Rocco (La Beata Vergine col Bambino e quattro Santi) opera passata a S. Giovanni Evangelista, che ancor oggi la possiede, e ricca inoltre di un S. Girolamo, dello Sposalizio della Vergine; S. Francesco, (Vergine e Santi) e una replica del motivo, trasmigrata a Berlino e distrutta; S. Maria Calchera, (La Messa di S. Apollonio), SS.  Faustino e Giovita, per la quale realizzò lo stendardo processionale; S. Clemente (Risurrezione di Nostro Signore). Della provincia nostra val almeno citare la Resurrezione di Cristo della parrocchiale di Capriolo, lo Sposalizio tnistico di S. Caterina in quella di Calvisano, che si accosta ad altra versione custodita a Memphis; la pala di S. Felice del Benaco; la Natività della chiesa parrocchiale di Roncadelle; l'Ultima cena di Montichiari; la Madonna col Bambino nel santuario gussaghese, la Deposizione di Cizzago; la Vergine e Santi di Pralboino... Nell'Ospedale civile di Brescia v'è una Madonna col Bambino, presso la Congrega della Carità una Madonna col Bambino incoronata da due angeli, mentre I Santi Pietro, Vincenzo, Girolamo appartengono a collezione privata.  Ma è necessario ampliare il nostro itinerario, per conoscere altri esiti dell'attività romaniniana: a Venezia, Galleria dell'Accademia, dove restano Compianto di Cristo, B. Vergine col Bambino,- a Milano, Pinacoteca di Brera (Vergine col Bambino, Ritratto di un Martinengo Cesaresco), Castello Sforzesco (La B. Vergine in trono, con Santi e devoto, Ritratto di giovane uomo), ed ancora a Milano, presso la quadreria Cunietti, Santi, rammemorante altra opera del Museo di Kassel. A Bergamo ' sono collocati B. Vergine col Bambino, (Coll. privata), l'Assunzione di Maria V., (Chiesa di S. Alessandro).  Croci fisso, (Coll.  Lanfranchi); Ritratto di Gentiluomo (Accademia Carrara). Altre città ancora sono Firenze, dove in collezione privata è una Pietà; Roma (Coll.  Doria, B. Vergine col Bambino) opera accostabile a quella custodita a Leningrado; Crema, alfine, dove nel palazzo vescovile resta lo Sposalizio della Vergine.  Fra le raccolte straniere, quelle londinesi di Buckingham Palace (Ritratto di un ufficiale); e la National Gallery (S.  Alessandro); il Museo di Budapest (Ritratto di Gentiluomo); il Museo Ingres di Montauban (Due coppie danzanti), l'Autoritratto, dalla controversa attribuzione, pure a Budapest, il Ritratto di guerriero della National Gallery di Washington, l'Hecce Homo, da ultimo, ad Hannover.
Già s'è detto delle giovanili ascendenze venete di Romanino, della a volte ruvida stesura, ma v'è chi ha premuto sulle capacità anticipatrici di un grande pittore a volte misconosciuto, e se nelle opere sue non sempre «si trova la perfezione del classici, ciò non è perché all'artista nostro mancassero i numeri, ma perché non è pittore classico, bensì drammatico; non pittore del Rinascimento, ma della crisi del Rinascimento», portatore di una verità più profonda che sfugge ai pittori d'oro.
 
BIBLIOGRAFIA
Sta: essenzialmente in alcune delle pubblicazioni ricordate in apertura di Voce.
Si veda inoltre:  L. IMBRIANI, Corroso dall'umidità il Romanino di Pisogne, «Giornale di Brescia», 4 settembre 1958.
R.B., A Brescia o Pisogne la mostra del Romanino." «L'Eco di Brescia», I marzo 1963.
A. BARTOLINI, L'arte del Romanino trionfa a Pisogne, «Giornale di Brescia», 5 luglio 1963.
E. SALVI, Il Romanino da salvare, «Giornale di Brescia», I aprile 1964.
E. SALVI, Il 1965 anno del Romanino, «Giomale di Brescia», I I novembre 1964.
AA.VV., «Giornale di Brescia», I maggio 1965. «Giornale di Brescia», 3 maggio 1965, Giornata solenne per la Mostra del Romanino, (Della Mostra hanno scritto quotidiani e periodici nazionali e stranieri).
E. SALVI - B. PASSAMANI, «Giornale di Brescia», 4 maggio 1965.
E.C.S.(alvi), Il fulcro della Mostra del Romanino è costituito dalla sezione camuna, «Giornale di Brescia», 15 maggio 1965.
R. APICELLA - G. TONNA, «L'Eco di Brescia», 26 giugno 1965.
A. DRAGONE, Una mostra del Romanino a Brescia, «Illustrazione ENEL», a. 11, n. 8,
agosto 1965.
E. CASSA SALVI, Tavola rotonda al Grande, «Giornale di Brescia», 27 agosto 1965.
D. LAUDE, Perché il Romanìno? «Giornale di Brescia», 30 agosto 1965.
E. SALVI, Il Romanino spirito cristiano attaccato al sasso della verità, «Giornale di Brescia», 14 settembre 1965.
E.C.S.(alvi), Gli affieschi del Romanino al Castello del Buonconsiglio, «Giornale di Brescia», 21 dicembre 1965.
G. VEZZOLI, «G.  Romanino», inserto della «Voce del popolo», 1965.
G. VEZZOLI, «Gli affreschi di G. Romanino - Chiesa di S. Maria della Neve», Brescia, 1965.
G. PANAZZA, «Affreschi di G. Romanino», Milano, 1965.
F. LECHI, «I quadri della collezione Lechi in Brescia», Firenze, 1968.
S. LATTARULO, Un ajfresco del Romanino da salvare, (a Roncadelle), «Giornale di Brescia», 12 aprile 1969.
A. RODENGO, Sarà restaurata la Madonna del Romanino, «Giornale di Brescia», I I gennaio 1970i
A. RODENGO, Il furto del quadro del Romanino, (alla Stella), «Giornale di Brescia», 17 gennaio 1970.
G. PANAZZA, Quadri dell'Abbazia di Rodengo restaurati, Periodico del Rotary Club, Brescia, 1971.
R.B., Romanino, il piìì i,ii,o e bistrattato dei pittori bresciani del '500, «Giornale di Brescia», 18 gennaio 1973.
«Giornale di Brescia», 25 aprile 1974, Trafugato da ignoti il S. Rocco di G. Romanino. (In
S. Eufemia).
G. VEZZOLI, Incontri di S. Angela Merici con l'arte, «Studi in onore di Mons.  L. Fossati»,
Brescia, 1974.
G. TESTORI, «Romanino e Moretto nella Cappella del Sacramento», Brescia, 1975. (cfr), E.C. Salvi, «Giornale di Brescia»; L. Spiazzi, «Bresciaoggi».
PANAZZA, DESTER, VEZZOLI, «S.  Giovanni in Brescia», Brescia, 1975.
G. PANAZZA, I precedenti bresciani del Caravaggio, Sta in: AA.VV., «Novità sul
Caravaggio», Milano, 1975.
AA.VV., «L'Arte del Romanino e il nostro temi)o».  Brescia. 1975-
F. LECHI, «Dimore bresciane», Brescia, 1976.
L. RAVELLI, «Polidoro Caldara da Caravaggio», Ed.  MonumentaBergomensia, 1978.
L.S.(piazzi), Si ricuperano gli a.ffreschi di G. Romanino (nell'ex teatrino Rovetta), «Bresciaoggi», 14 gennaio 1978.
L. SPIAZZI, Disegni veneti di G. Romanino, «Bresciaoggi», 4 agosto 1979.
 

 

ROMANO D.

Secolo XVIII

l'autore di due quadri, datati 1737, che decoravano il maggiore salone di palazzo Bruni-Conter di via Trieste n. 39.  Quadri ora posti nello scalone.  E quanto desunto dalla «Storia di Brescia».

ROMANO G. ANTONIO

Secolo XVIII.

Dalla «Storia di Brescia» è detto allievo di Santo Cattaneo e «abile restauratore di quadri più che pittore originale». Ignoriamo a quale fonte sia stato attinto il nome Romano G. Antonio.  Dubitiamo si tratti invece di Romano Giovanni, alla cui Voce si rinvia.

 

ROMANO GIACOMO

Brescia, 7 ottobre 1954.

Si conosce l'attività creativa di questo giovanissimo per l'opera esposta in occasione della vasta rassegna «Brescia '80». Presente al corsi di figura sotto la guida di Giuseppe Gallizioli intorno alla metà degli anni Settanta, è disegnatore meccanico. Figurativo, Giacomo Romano predilige la figura, resa soprattutto a mezzo della matita che gli consente notevoli effetti chiaroscurali e plastica costruzione.  Mai ha allestito mostre personali, rare anche le presenze a collettive locali.
 
BIBLIOGRAFIA
AA.VV., «Brescia '80», Brescia, I -I I maggio 1980, Catalogo.

ROMANO GIOVANNI

Secolo XVIII.

Figlio di Girolamo (v), nacque nel 1782 e, avuti i primi rudimenti dell'arte dal padre, fu allievo di Santo Cattaneo. Il Fenaroli cita alcuni sui quadri esistenti in palazzo Martinengo delle Palle, in casa Chizzola e in alcune chiese del territorio bresciano. Ma la sua particolare bravura nel restauro di tavole e tele antiche lo indusse a lasciar la pittura per questa attività, esercitata anche con il padre.  E il suo nome resta così legato ad opere, restituite a nuova vita, di Tiziano, Palma il giovane, Moretto, Callisto da Lodi, Romanino. Il Fenaroli elogia particolarmente l'intervento sulla pala del Romanino collocata dietro l'altar maggiore della chiesa di S. Francesco, in Brescia.  Si veda: Romano G. Antonio.
 
BIBLIOGRAFIA
S. FENAROLI, «Dizionario degli artisti bresciani», 1887.
  1. ROMANO GIROLAMO
  2. ROMELE AMLETO
  3. ROMERO FRANCISCO
  4. ROMILIERIS GABRIELE

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