Cellatica, 21 febbraio 1941.
Fin da giovane manifesta inclinazione al colori, tanto che non esita a partire dal paese natio per frequentare i corsi della Associazione artisti bresciani sotto la guida di Domenico Lusetti.
Per tre anni collabora con il prof.Trainini, quindi trasferisce la propria attività in Milano, lavorando alla creazione di modelli di alta moda per note sartorie.Decide quindi di stabilirsi a Vestone «terra del pittori Togni, Flessi, Garosio, Solaro e Asteria».
Vita errabonda, quindi, che lo porta alla «Fattoria degli artisti», sulle sponde dell'Eridio, a contatto della natura che ha ispirato i prediletti artisti del quali si sente erede nell'interpretare natura, ambienti, personaggi.
Nel 1961, durante il servizio militare, si afferma nel Concorso nazionale di pittura per gli artisti in servizio; ad Idro nel 1971 vince il premio dedicato al lago, e a Idro si presenta anche con mostre personali alternate ad altre presenze in Mantova, nel 1972.
Sue opere sono state altresì inviate a esposizioni allestite in Merano, Milano, Genova, Bologna fino a far parte di collezioni private in Olanda, Germania, Jugoslavia, ecc.
Mauro Togni così ci dice del pittore: «L'originalità del mondo artistico di Alfonso Zucca va essenzialmente ricercata nel suo particolare modo di comporre e soprattutto nel suo deciso rifiuto di separare l'arte dalla vita.Nella pittura egli agisce come nella vita.Tratta la pittura come tutte le altre cose.Ed è in questa prospettiva che le sue opere divengono innegabile specchio della naturalità della nostra esistenza.Gli effetti di vita tormentata traspaiono similmente nel suo mondo creativo, reale e vissuto: ecco perché le sue realizzazioni, in una molteplicità di espressione, assumono una dimensione di particolare comunicativa». Ma da quel poco che di Zucca s'è potuto osservare ci pare prevalente l'interesse per la figura umana colta in consueti atteggiamenti, in consueti ambienti o ritratta singolarmente per giungere all'intimo, come in alcuni volti di anziani, proiettati in primo piano e incisi da luce che ne esalta la corposità, l'evidenza fisica, ma ancor più la caratterizzazione interiore.
E così nella staticità di profili di giovani donne, lo sguardo teso ad inseguire un sogno, forse, o una realtà che pare lontana.
Da qualche tempo Alfonso Zucca sembra aver trovato nel chiaroscuro la possibilità di esprimersi appieno: farci conoscere, come riflesse in uno scuro vetro, ansia e inquietudine, sue e nostre al tempo stesso.
Le note biografiche qui riportate sono tratte dall'opuscolo «Il Regalo», stampato a Vestone nel 1972, e difuso nell'invemo 1972-73.
Brescia, 26 aprile 1816 - 19 maggio 1871.
Omonimo del pittore toscano nato a Pitigliano (1702-1788) e autore di dipinti nella villa Lechi di Montirone, Francesco Zuccarelli fu pittore omatista e scenografo.
Avuti i primi elementi d'arte dal padre, egli pure pittore di genere decorativo, progredì a grandi passi e salì ben presto a vasta fama.
Dipinse in signorili case di Brescia, Padova, Torino.Nel 1848 si trasferì in America, dove operò per il teatro grande dell'Avana, all'Isola di Cuba, restandovi tre anni.Tomato in patria, per quattordici anni continui fu attivo nel teatro di Torino e quell'attività gli valse la nomina a cavaliere della Corona d'Italia.Fu poi a Firenze, per il teatro Pergola, ad Alessandria.A Valenza dipinse l'intero teatro, così il Doria di Genova.
Trasferitosi al Cairo nel 1870, vi si ammalò e fu costretto a tornare in patria, dove poco dopo si spense.
padre di Giovanni (v.) la cui bibliografia può essere utile a integrare le notesu esposte, fondamentalmente tratte dal «Dizionario degli artisti bresciani» di Stefano Fenaroli
Brescia, 21 gennaio 1846 - 19 gennaio 1897.
Figlio d'arte, per aver avuto il nonno e il padre abilissimi scenografi, giovane ancora collabora con il genitore, Francesco, impegnato al Teatro Carignano di Torino; nel capoluogo piemontese frequenta l'Accademia Albertina.
In seguito si iscrive e completa gli studi all'Accademia di Brera in Milano.
Nel 1870, a soli ventiquattro anni, deve recarsi al Cairo ed affrontare il suo primo impegnativo lavoro nel Teatro italiano del Vicere di quella città, subentrando al padre che, causa un colpo di sole, ebbe scosse la salute e le facoltà mentali, tanto da morime in pochi mesi.
Tornato in patria, intraprende intensa attività soprattutto per il Teatro alla Scala di Milano divenendo «scenografo, collaboratore fantasioso della migliore produzione musicale di Giuseppe Verdi e delle grandiose scenografle del Manzotti».
Devadacy, Lucrezia Borgia, Semiramide, Fior d'Alpe, Cristoforo Colombo, Aida sono alcuni del capolavori per i quali l'artista nostro ha approntato le scene, anche per i maggiorì teatri esteri: di Pietroburgo, Mosca, Varsavia, Buenos Aires, New York.
Ancora non è stato affrontato uno studio che irraggi compiutamente le tappe d'una vicenda artistica notevolissima, non sempre lieta a causa di malevoli colleghi capaci di sfruttare la fantasia e la benevolenza dello Zuccarelli.
Anche se l'Artista amava far ritorno a Brescia fra un impegno e l'altro, poche sono state le occasioni di conoscere i frutti del suo lavoro.Nel 1898, alla Esposizione d'arte moderna, ordinata per celebrare il quarto centenario morettiano e annoverante opere di quasi tutti gli artefici bresciani, figuravano alcuni bozzetti «mirabili studi di paesaggio, di interni, di monumenti egizi e babilonesi ove la riproduzione storica si unisce ad ammirevole prospettiva», secondo un cronista d'allora.
Nel 1934, alla Mostra della pittura bresciana dell'Ottocento vennero esposti nove bozzetti, tutti di proprietà del Comune.
Più che per l'attività creativa il nome del nostro scenografo vive in città per il premio indetto a suo ricordo.Nel 1917 la signora Anna 'Vally volle onorare la memoria del marito legando con atto pubblico al nostro Municipio una forte somma per istituire un premio biennale di pittura, scultura e scenografia, donando altresì alla Scuola Moretto alcuni disegni, bozzetti, quadri e volumi d'arte appartenuti all'artista.
Accanto al Brozzoni, il Premio Giovanni Zuccarelli ha il merito di aver segnalato non pochi giovani pittori e scultori bresciani, sostenendone i primi passi lungo la non facile via dell'arte.
BIBLIOGRAFIA
«Illustrazione italiana», Vol.I (1886).
«La Sentinella bresciana», 23 agosto 1898, Esposizione d'arte moderna.
«La Sentinella' bresciana», 7 novembre 1917, C'ospicuo lascito agli artisti bresciani e alla
Scuola Voretto.
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THIEME-BECKER, Voi.XXXVI, (1947).
A.M. COMANDUCCI, «Dizionario dei pittori... italiani», 1934 e Ed. seguenti. «Storia di Brescia», Voi. iv.
Brescia, 5 luglio 1861 - 30 marzo 1939.
Di Innocente e di Giuseppina Raineri; il padre orefice, di agiata famiglia la madre, nella signorile casa di via A. Monti 18, offrono a lui e alla sorella Amalia ogni conforto materiale e intellettuale.
La guida di Luigi Campini, nella scuola detta di S. Cassiano, gli offre i primi elementi dell'arte.La prematura morte del padre (1879), la inopinata scomparsa della sorella (1882) segnano l'esistenza di Amaldo Zuccan', chiamato a responsabilità che lo distolgono dalla passione pittorica.
Non a caso è stato definito «ammirevole autodidatta», perché l'arte per lui fu conquista nelle ore libere dall'insegnamento, dalla collaborazione a giornali e riviste, frequentando artisti con i quali condivise ansie e aspirazioni.
Nel 1887, dopo il matrimonio con, Oliva Biemmi, sembra ritrovare la forza di dedicarsi interamente alla pittura e numerose seguono le partecipazioni a mostre, soprattutto in seno alla Società dell'Arte in famiglia, accanto al più noti artefici nostri.
Sono di quegli anni Mattino di settembre; nel 1892, a Ferrara coglie il maggiore successo con Domine non sum dignus; assonante all'opera premiata è In cantoria.Scandite nel tempo, altre note composizioni: del 1900 Mattino esposto accanto a opere di Soldini e Pasini; contemporaneo Triste è l'animo miofino alla morte, che tuttavia non riscuote la comprensione di giuria milanese, a Brera.L'attività pittorica in quest'ultimo scorcio di secolo si alterna a quella di disegnatore e di caricaturista per «Guasco», periodico diretto da Angelo Canossi.
Giardino di via A. Monti, del 1903 circa, riflette la serenità familiare del pittore, che nel dipinto ritrae il figlio Amleto.Dapprima insegnante e quindi direttore della Scuola Moretto, per i meriti artistici, per la competenza dimostrata, è chiamato a far parte di varie commissioni; nel 1916 eletto Socio dell'Ateneo civico e nominato cavaliere della Corona d'Italia.
Ma la figura dell'artista, conclusa la prima guerra mondiale, sembra offuscarsi e Zuccari, cedute le proprietà ereditate, è costretto a lasciare l'avita casa di via Monti per il nuovo domicilio di via Tosio 12.Sarà assunto presso la Biblioteca Queriniana come «applicato pittore avventizio» e solo raramente il suo nome ricompare nelle cronache artistiche.
Una di queste occasioni è la retrospettiva dedicatagli nel 1927 dai fratelli Campana; nel 1934 farà parte del Comitato ordinatore della rassegna sulla pittura bresciana dell'Ottocento.
Solo dopo la sua scomparsa Brescia gli dedica una rassegna dove erano riuniti i più significativi dipinti.
Accostati, si rividero così Domine non sum dignus, Triste è l'animo mio fino alla morte, quindi Paolo e Francesca, Una tentazione di S. Antonio, paesaggi vari intrisi di un senso profondo di religiosità.L'orizzonte pittorico di Amaldo Zuccari si espande se accostato a opere di Sernesi, Abbati o di Guglielmo Ciardi rammemorate da Sopraponte, Presso la chiesa, Meriggio nebuloso; le coincidenze si fanno maggiormente evidenti col Faruffinl (Bozzetto storico, La morte di Alessandro De Medici, Felicità disturbata) ma la eco derivata dai più noti artisti nulla toglie alla sìngolarità della poetica affidata da Arnaldo Zuccari ai dipinti che Domine non sum dignus sembra condensare ed esaltare per consegnarsi alla esemplare pittura dell'Ottocento.
Altri lavori sono ricordati in cataloghi vari: Prime osservazioni, del 1903, S. Pietro in Oliveto, Ruderi di via Musei, Raccolta delfieno, Contadino con fascina, mentre l'autore di opere sacre o storiche è ravvisabile ancora in Nello studio, Funerale di Ofelia, I profanatori del tempio, Annunciazione, nei vari bozzetti del Cristo.
BIBLIOGRAFIA
Sta in:
- LONATI, «Amaldo Zuccari», Giorgio Zanolli editore, Brescia, 1980.
Secolo XVIII
Incisore più che pittore.Lo si ricorda perché fu vicino a Pietro Scalvini e su suoi disegni realizzò numerose lastre, conservate alla Pinacoteca, e illustrò libri oggi alla Queriniana.Con il Battaglioli (v.) è autore dì incisioni del «Panorama di Brescia» (1751) fra cui una Fucina, Corso del Teatro, oggi Zanardelli, ecc.
Brescia, I aprile 1928.
Fratello di G.F. Carmine (v.), ha frequentato la scuola di disegno «Moretto»; come pittore è tuttavia autodidatta ed ha condotto la propria ricerca con l'osservazione della natura, delle consuete cose che l'occhio quotidianamente sfiora e ricomposte a mezzo dell'olio, del pastello, dell'acrilico, della tecnica mista.
Lungamente ha meditato la sua produzione, prima di intraprendere partecipazioni a mostre, e solo a partire dal 1970 datano le presenze in concorsi provinciali, in alcuni del quali si è affermato o posto in evidenza: a Roncadelle (1970), nell'estemporanea della Valle dell'Oglio (1971, 72, 73), a Bormío (1972), a Caprino Veronese (1972, 73), Leno, Marina di Ravenna (1973); mostre personali ha invece ordinato a Brescia (1969, 71, 72, 73), a Torino («Galleria Castello», 1974), a Castiglioncello (Livorno, «Galleria Versilia», 1975), dopo di ché ha interotto le presenze in pubblico.
Figurativo nella tradizione del Fiessi, Vemi, Dolci, «non ha mai abbandonato i temi e i soggetti scelti per le sue prime tele; figure, paesaggi, nature morte osservati con occhio attento, mai superficiale», come ha scritto Giorgio Sbaraini.Una sicura evoluzione, invece, ha subito la sua pittura, sia nella nitidezza del colore sia nella trattazione del segno che nella corposità della costruzione d'un mondo umano, d'un tessuto urbano che il pittore dimostra di saper percorrere con profonda conoscenza e con notevole intensità di partecipazione.
Il mondo della «periferia fatta ormai centro di una città espansa a macchia d'olio, i grigi casoni popolari di Campo Fiera con gli aridi cortili e le piante sparute, gli amici di sempre per chiaccherare, le puntate fuori dal tessuto urbano alla ricerca di paesaggi che il cemento implacabile della speculazione già insidia».E se a volte affiora sottile umorismo a stemperare il fondamentale romanticismo impressionista di Zucchi, nelle sue opere,sempre s'afferma la testimonianza di un amore, di un attaccamento sincero a certe atmosfere, a certi ambienti, carichi di memorie e ancor oggi attestati di una umanità che sembra via via velarsi, incrinarsi.
In corso di stampa del Dizionario, muore il 29 marzo 1983.
BIBLIOGRAFIA
R.BRESCIANI, «Galleria La Tavolozza», Brescia, 1969.
G.SBARAINI, «Galleria del Carro», Brescia, 15-28 dicembre 1973.
Padenghe, 5 agosto 1806 - 12 novembre 1878.
Poche le notizie ch'è possibile dare di questo pittore che presenta certe affínltà con ]'Inganni.Diligente ritrattista ed autore di scene di genere come Venditore di cocomeri, che testimonia l'attenzione per il Ceruti.
Studente all'Accademia di Brera, dove fu premiato per un suo quadro, aperse studio in Milano.La mostra della pittura bresciana dell'Ottocento (1934) riuniva Inverno, alcuni ritratti femminili, il già citato Venditore di cocomeri e due Autoritratti per lo più ancor oggi proprietà degli eredi.
Secolo XV.
E’ ricordato fra i pittori ai quali è forse possibile attribuire incarichi di dipingere le insegne del Signore, del Podestà, del Capitani agli inizi del Quattrocento; pittori quali Testorino, Giovanni da Milano, Antonio da Cremona, Guglielmo da Napoli ed altri del quali tuttavia non restano opere certe e soltanto citazioni in documenti ricordati dalla «Storia di Brescia», alla quale si rinvia.
Orzivecchi, 3 giugno 1939.
A poco più di un anno, con la famiglia si trasferisce a Gardone V.T. e della terra che lo accoglie è divenuto figlio e cantore.
A Firenze e a Padova perfeziona la naturale inclinazione all'arte sotto la guida di Rosai, Conti, Peyron, Mattioli, Ghermandi.Per alcuni anni è stato docente in Istituti statali, rinunziando all'in segnamento per dedicarsi interamente alla pittura.
Prevalentemente grafico,Massimo Zuppelli si esprime con la china, a mezzo dell'acquaforte e dell'acquatinta, la tempera, il pastello e soprattutto con l'olio.Fin dalle prime sue apparizioni in pubblico, negli anni Sessanta, rivela due costanti: la padronanza tecnica e la «vibrante moralità».
Congiunta ad esse la capacità di «creare atmosfere impalpabili, medíaniche, percorse da un fluido inquieto; gioco luministico in un'estesa gradazione di contrasti, segno incisivo, nervoso, guizzante, tale da creare di per sé solo, sul candore del foglio, un sorprendete dinamismo plastico».Esemplari in tal senso ci paiono I tre passanti, gli Ospiti (1967) nel quali s'avverte il senso di una esistenza precaria, itinerante, come di profughi, di pellegrini in cui balena talvolta il volto inafferrabile di un passante, di un pellegrino soprannaturale: la Morte. (E. Cassa Salvi). Ad essi possono accostarsi Resistenza, Il partigiano fucilato, racchiudenti una espressione che Zuppelli alimenta e approfondisce. con il trascorrere degli anni: opere dal contenuto umanitario, più che sociale o politico.Opere d'un espressionismo le cui radici affondano, in una coll'arte lombarda, bresciana in particolare del passati secoli, in esperienze dovute a Sutherland, Bacon, Giacometti.
Poco oltre, la Via Crucis, un'opera ciclica nata «dalla immagine dolente del Cristo che l'artista accompagna in ispirito, con intensa partecipazione, negli ultimi momenti della sua passione», com'ebbe a osservare Giorgio Kaisserlian.Il groviglio naturale Uomo-croce si apre, si chiude, si articola e si disarticola in un grande empito visivo nel cui gorgo finale pare si risucchi tutta l'umanità... e Zuppelli, con la sua pittura drammatica e piena riesce a parlarci fortemente di questi mo@enti di storia intrisi di divino e di universalità.
Lo sguardo volge tuttavia all'uomo, a quanto della società attuale è accostabile: in questo senso l'opera del pittore nostro acquisisce nuovi fe.rmenti nella esperienza del realismo post bellico, cercando di «elevare questa sua esperienza a livello culturale più alto».
Nascono i personaggi: gli operai, conosciuti fin da bambino, gli operai con i quali è cresciuto così come le piante, così come la terra di cui è impastato, così come l'aria di cui vive.Aspetti d'una vita valligiana proposti anche attraverso opere ad olio: Madre di notte, Cena del coscritto, Partita a morra, La partita alla mensa della fabbrica, di alcuni anni addietro, ma fatte conoscere nel 1973.Accanto a Zuppelli «cristiano che crede» cresce dunque l'uomo mosso dagli avvenimenti, non soltanto vissuti dagli abitanti della sua Valle, ma da ogni creatura; ed ecco allora i combattenti fedain, le tavole dedicate ad ogni uomo che soffre, ad ogni essere che patisce ingiustizia, oppure Piazza della Loggia dedicata ad una strage da non dimenticare (1974-1976).
Una ideale antologia del credo artistico e umanitario di Zuppelli può considerarsi il - frutto offerto all'opuscolo edito dal «Giornale di Brescia» nel 1975 per r I icordare «I giorni della Resistenza».
Opere come Uomini che difendono un paese, Bivacco, Esecuzione sommaria, La fuga superano il significato contingente, i confini territoriali per tendere a i if s gn icato uni 'versale, così come Interrogatorio, un olio del 1973, o Crocifisso emigrante, del 1975.
Nei più vicini anni il pittore sembra aver accentrato la propria partecipazione sugli uomini e sul paesaggi della Valle Trompia.Ecco allora La vecchia strada alta di Gardone V.T, ecco Temporale in valle, La quercia e l'emigrante, Contadini, Pomeriggio di domenica in Valle, Contadini e cacciatori, Fucina e Madre, Autunno in Valle... ove prevale l'episodio, oppure la scena domestica; giovani donne con bambini che, nell'atteggiamento e nelle sembianze riportano il pensiero ad antiche opere dedicate alla Madre di Gesù e nelle quali sembra attenuarsi la tensione profusa nei temi che maggiormente han fatto conoscere il pittore, per una «vena illustrativa» che tuttavia non scalfisce la capacità espressiva e la valentia dell'artefice realista.
Fra le presenze di Massimo Zuppelli in mostre collettive si possono ricordare quelle a Gardone V.T., Bressanone, Milano (1967), Suzzara (1969, 72), Lanciano, Sulzano, Montichiari (1969), Imperia (1969, 1970), Crotone (1970), Leno, Bolzano, Gambara (1971), Ravenna (1972), Venezia (1973), Atene (1977), Washington (1978), Bornato (1979), per non dire delle ricorrenti adesioni a niostre bresciane (1969, 70, 72, 73, 77, 1980).
Personali ha allestito a Brescia («Galleriá A.P.I.», 1963, «Galleria U.C.A.I.», 1967, «Cavalletto», 1967, «Centro studi Romanino», 1973, «S.Benedetto», 1973), a Padova (1965, 66), Roma («Galleria Piazza di Spagna», 1967), Mestre («Galleria S. Giorgio», 1967'), Milano («Galleria La Nuova Sfera», 1972), Sarezzo (1973, 1975), Venezia («Fondazione Bevilacqua La Masa», 1973 e 1975) Desenzano (1979).
Al pari di significativa mostra personale può alfine considerarsi la saletta ordinatagli in occasione della XXXVII Biennale di Venezia alla Mostra dedicata alle «Attualità intemazionali», nel 1976.
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