Pralboino, 14 maggio 1926 - Brescia, 21 novembre 1977.
Allievo di Domenico Lusetti presso la Scuola serale della A.A.B., negli anni 1956, 1957; conseguito il diploma artistico all'Ecole de Paris; compagno, in fruttuoso pellegrinare, di Bonera e di Vittorio Gibelli; fuggevolmente presente a esposizioni del Circolo ricreativo O.M., Angelo Viglioli ha esordito assai tardi in personale; rivelandosi tuttavia artefice dal timbro inconsueto, apprezzabilissimo, soprattutto quando il suo pennello si intride di luce mattutina, di un pulviscolo nitido, casto che, sfiorando le cose, par attenuame la corposità: casolari, colli, profili di alberi, contrade ed orti dei nostri Ronchi, la salita al Castello alta sulla cupola del Duomo e sulla torre del Popolo...
Arido, macerato il colore; breve, trepidante il tocco, e i toni chiari dall'efficace comunicativa di attimi brevi della natura, con le sommesse voci e i malinconici silenzi.
Accanto alle visioni cittadine, nello stesso modulo «figurativo ed idealizzatone» si pongono le opere realizzate sul Garda e sull'Iseo, in particolare le torbiere, Montisola: primavere gioiose dalle risultanze di intensa suggestione.
Accanto al paesaggio, fiori, nature morte di buon impasto e che rivelano la piena partecipazione dell'autore all'intensità compositiva.In breve tempo, attraverso le personali bresciane del 1974 e 1975, Viglioli aveva dato prova di una maturità che la morte ha reciso: quando il pittore si accingeva a raccogliere i frutti di un lungo, silenzioso e serio impegno.
BIBLIOGRAFIA
L.FAVERO, Arte, «La Voce del popolo», giugno 1954.
R.LONATI, «Galleria S. Gaspare», Brescia, 23 febbraio - 7 marzo 1974.
R.L.(onati), A. Viglioli, «Biesse», a. XIV, n. 144, febbraio 1974.
A.MORUCCI, «Galleria l'Araldo», Brescia, 21 dicembre 1974 - 2 gennaio 1975.
A.MAZZA, «Galleria S. Gaspare», Brescia, 20 ottobre - I novembre 1979.Mostra postuma.
L.SPIAZZI, Arte in (,ittà, «Bresciaoggi», 27 ottobre 1979.
L.SPIAZZI, Giro dell'arte, «Bresciaoggi», 3 novembre 1979.
Brescia, 14 agosto 1888 - Ome, 13 luglio 1944.
Da Ottavio e da Erminia Rauti, in via Garibaldi, 4, nacque Giannetto Vimercati nella nostra città; la sua vita trascorse tuttavia nella signorile casa di via delle Battaglie del rione antico dove la famiglia si trasferì sul fare del secolo e dove il giovane tenne studio, fino alla morte.
Giovanissimo, Vimercati frequenta l'ambiente artistico cittadino; occupato com'è con i fratelli Dante, Francesco, Gino e Angiolina nell'azienda patema che pur trasformata, ancor oggi ha notevole risonanza in città, non tralascia occasione di dedicarsi alla pittura.
Amico d'artisti, Umberto Franciosi lo ritrae in un pastello dalla chiarità inusitata (1912). t ormai la vigilia degli studi compiuti nella irrequieta Monaco di Baviera (1912-1913) testimoniati dalla tela Marien Platz colta nella fantasmagoria di luci e ombre camevalesche, presaga tuttavia degli eventi che s'addensano tragicamente sull'Europa.Quel riverberi di «ricerche lumlrìlstiche letterarie dal fare Klimtesco» restano a provare con quanta attenzione Vimercati ha guardato le espressioni del mondo pittorico più avanzato.
Ritmi arborei all'alba riecheggiano invece un certo mondo pittorico segantiniano cui s'accosta una cartolina, inviata alla Madre nel 1917, dove l'artista nostro ha tracciato con inchiostri colorati un paesaggio alberato a provare il vivo interesse per le note esperienze di Gaetano Previati.Il tratto breve, scandito ricrea luminosissimo cielo intravisto oltre le chiome alte del bosco, oltre l'arabescato intrecciarsi del rami contorti.
Al ritorno dal fronte, evidente è l'inserimento nel clima artistico cittadino, con la partecipazione a mostre allestite nel Ridotto del Teatro Grande (1919) dove espone opere quali L'allarme, Trasparenze e Vento costruite con «singolare gusto e sicurezza».
Il breve, lusinghiero giudizio assume significato se si pensa che Vimercati è accanto a numerosi anziani dell'arte bresciana: Castelli, Bertolotti, Pasini, Ronchi, Cresseri, Barbieri e in gara con le promesse: Vincenzo Pini, i fratelli Mozzoni, Arturo Firmo, G.B. Bosio, Arturo Bianchi e lo sfor-tunato Lucini, meritevole di più approfondita conoscenza.Tutti questi artisti il pittore nostro incontra in seguito anche in occasione di esposizioni all'Arte in famiglia, indimenticato cenacolo sostenuto e vivificato dalla passione di Carlo Manziana.Altra evidente prova del progredire artistico di Vimercati è la presenza alla vasta rassegna del paesaggio italiano sul Garda, ordinata in Villa Alba di Gardone R. nell'invemo 1920-1921.
Quattro sue opere sono accolte: Adamello, Temporale sulla Presolana, Presolana, Il mio giardino notate dalla critica anche se tele di insigni pittori attraggono maggiormente l'attenzione del visitatori e degli appassionati.L'arte tutta d'Italia infatti par essere rappresentata nella mostra gardesana: da Fontanesi ad Avendo, da Delleani a Tranquillo Cremona, con Ranzoni, Segantini, Mosé Bianchi, Gignous, Previati, Gola, Carpi, Marussig... per citare soltanto alcuni dei più noti nonni, mentre il gruppetto bresciano è rappresentato da Filippini, Soldini, Bertolotti, Cresseri, Bosio, Vecchia, Togni, Fiessi...
Queste apparizioni, seguite da partecipazioni a concorsi e sindacali, pongono in evidenza l'arte di Vimercati il quale, abbandonate le reminiscenze accademiche, e con esse le rivoluzioni pittoriche che avevano alimentato i primi suoi passi artistici, par esprimersi più semplicemente affiancandosi agli amici Piero Galanti e Arturo Vemi.
All'opera del primo sono collegabili i toni fondi del verdi collinari e montani, a quella del secondo i tersi, luminosi cieli riflessi nella distesa del Benaco.
L'attività del pittore s'altema infatti essenzialmente nella ricerca di visioni gardesane e delle vicine valli, per concludersi con la raccolta di fiori di Franciacorta dove sovente fu ospite di parenti.
Il lago ritratto in alcune vaste composizioni dal tocco impressionistico ha grigi riflessi, sommessi e uniformi i verdi della vegetazione; la superficie dell'acqua incisa da lunghi, antichi pontili di legno.Portese in formato gigante, come osserva Adriano Grasso Caprioli.
Sottile malinconia pervade queste vedute; la stessa malinconia rlaffíora nelle tele più piccole in cui, accanto alle spiagge, si notano alte rocce ricreate plasticamente con rorido impasto.E se più numerosi sono i dipinti nell'ora in cui i colori si attenuano, i cui le luci effuse congiungono terra e cielo in modulato, finissimo cromatismo, altri fissano contrasti, ricreano i contorni stagliati di precipizi svelati da improvvise luci di tramonti burrascosi.
Le campagne, le colline, le vette riflettono l'amore di Vimercati per la silente contemplazione della natura.Il paesaggio è reso in atmosfere decantate, con colori puri su cui il cielo depone distesi riverberi.E il silenzio domina le «nevicate» dove gli alberi spogli tessono trame sinuose di contro a uniformi orizzonti; riaffiora nelle visioni di apportati angoli, densi della intimità d'un breve spazio appena fuori casa dove lo sguardo s'attarda per cogliere il fiorire di siepi, l'allontanarsi d'un viale; nel precipitare del Mella alle sue sorgenti, là dove i cespugli si chinano fino a lambire i massi del fiume frastaglianti l'acqua che si fa spumosa...
Non poche le marine dipinte durante i soggiorni estivi a Cattolica.V'è in esse il sapore- di sabbia e di vento ricreati con lievi variazioni di grigi e di azzurri composti a larghi piani: spiagge silenti sotto alti cieli percorsi da mutevoli nubi.La notevole capacità di penetrazione della figura è testimoniata da alcuni Autoritratti posseduti, come d'altronde tutte le opere vedute, dagli eredi.Il volto pensoso, segnato da lenti sottilmente contornate, emerge da fondi uniformi, plasticame'nte definito.Una favilla lo sguardo che pare osservare il mondo con curiosità, ma anche con non celata ironia.Quella ironia che facendosi parola assumeva toni taglienti, grezzi, ma chiari, quando «senza preamboli definiva, difendendo o demolendolo, un dipinto, una statua».
Che Giannetto Vimercati sia stato personaggio vivacissimo lo attesta anche la sua presenza in seno a quel ritrovo fervido che negli anni Trenta fu il «Cantinone» e del quale Angelo Canossi rappresentò fulcro.
Val altresì ricordare la vicinanza amichevole di Vimercati a Giorgio Nicodemi, direttore della Pinacoteca presso la quale resta Paesaggio d'alta montagna; e la benevolenza usata nei confronti di quanti gli chiedevano aiuto per intraprendere la via dell'arte.Ancora rlaffiora l'ironia: se l'arte è difficile cosa, difficilissimo è guardarsi dagli artisti.
Più che mettere in guardia i giovani amici, la frase amara serviva forse come difesa per l'autore, ferito dalle delusioni della vita, dal mortificante potere giunto anche a Brescia.
Il suo ricongiungersi al naturalismo tradizionale, pur inteso con visione modema, dopo le esperienze vissute a Monaco che lo avevano avvicinato al Futurismo, sta forse a significare quanto vivo fosse il desiderio di pace mai appagato, quanto riaffiorante l'anelito ad una vita in cui prevalgano i più sinceri moti, i più veri.Nella casa di Ome, ov'era ospite di parenti, a fronte dei bagliori di razzi e bombe, il cuore di Vimercati non resse al pensiero della sua città distrutta; ne fu spezzato la notte del non dimenticato bombardamento.
BIBLIOGRAFIA
Sta in:
- LONATI, «Mostra postuma di G. Vimercati», Galleria A.A.B., Brescia, 5-17 marzo 1977.
Con elenco delle opere.Stampa Venturini, Brescia.
Si veda inoltre:
E,C.S.(alvi), Postuma di G. Vimercati, «Giomale di Brescia», 13 marzo 1977.
- ANELLI,Brescianità di G. Vimercati,«Giornale di Brescia», 4 luglio 1977.
L ANELLI, Il paesaggio di Ome nell'opera di G. Vimercati, «Municipio di Ome», Ome, 29 aprile - 7 maggio 1978.
- ANELLI,G. Vimercati,«Galleria A.A.B.», Brescia, 7-19 aprile 1979,
E.C.S.(alvi), Mostre d'arte, «Giornale di Brescia», 22 aprile 1979.
- ANELLI,Postille a R. Venturi,«Commentaii dell'Ateneo», Brescia, 1980.Passim.
Questa voce figura nel «Dizionario» di S. Fenaroli (Brescia (da) Vicenzo) che rinvia a Foppa Vincenzo il Vecchio.
La recente «Storia di Brescia», per Brescia (da) Vincenzo rinvia invece a Civerchio Vincenzo.
Secolo XVI.
Sono soltanto dei nomi che figurano nelle schede di G. Lonati e R. Vantini custodite dall'Ateneo bresciano, alla data 1513. «Non erano certamente figure di primo piano, ma tuttavia potevano completare l'ambiente, e la conoscenza delle loro opere potrebbe forse ridurre in qualche caso l'elenco dei maggiori artisti», come si legge nella «Storia di Brescia» là dove ricorda numerosi pittori di cui resta il ricordo soltanto in rari documenti.
Brescia, 1924.
Se il naturale riserbo ha impedito a Dario Vinetti di farsi conoscere quando abitava a Brescia, l'attività dirigenziale svolta ormai da più lustri a Milano ha ancor più ridotto i momenti liberi per arricchire la produzione artistica giunta a livelli apprezzabili. Alle rare presenze in collettive negli anni seguiti al secondo conflitto mondiale, ci sembra sia seguito lungo periodo in cui Vinetti ha disertato le sale di esposizione.Solo nel 1965 ha allestito una personale che, se non erriamo, è stata prima e sola in Brescia. Non inosservata però, se Lorenzo Favero ha potuto scrivere: Darlo Vinetti offre un esempio eccezionale di moralità per averci pensato su una decina di anni prima di manifestarsi con questa che dovrà essere ricordata come una delle più sostanziose e valide personali allestite negli ultimi anni... Siamo dinnanzi ad un fatto poetico assolutamente isolato.Per esigenze di espressione e di composizione Vinetti ricorre istintivamente alla sfaccettatura senza peraltro cadere nella decorazione; è così che dipinge sin dall'adolescenza, inventando per sé, genuinamente, questo stile, nella chiara definizione del piani e del volumi; nessun aiuto di sottolineature o di riquadri; solamente il tono rigorosamente controllato, stabilisce, nelle sue variazioni, le forme e le prospettive. Lo stile è l'uomo; non vi è un'opera di Dario Vinetti che indulga al «press'a poco».
Il temperamento severo dell'autore, l'inimicizia fra lui e i compromessi non potevano che condur-re a questa pittura decisiva ed austera, forte e musicale, classica e nel contempo aperta ed emotiva.Il senso religioso della vita, le più drammatiche esperienze di cui Darlo Vinetti reca nella carne e nell'anima la più sublime testimonianza, lo hanno determinato, attraverso il cammino della sofferenza, al tema religioso e sociale.Ma questo senso di meditazione si diffonde in tutta l'opera, compresi i paesaggi e le splendide nature morte, che seppure in tavolozza più ridente, ed in canto più gaio, non lasciano disperdere l'eco di una velata malinconia.
BIBLIOGRAFIA
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0.DI PRATA, La collettiva dell'Associa--ione artistica, «Il Popolo», I I maggio 1947.
L.FAVERO, «Galleria A.A.B.», Brescia, 17-29 aprile 1965.
Pontevico, 7 luglio 1888 - Brescia, 22 ottobre 1975.
Padre di Ugo (v.).
Ha frequentato la Scuola Moretto («La Sentinella bresciana», I I novembre 1908), divenendo quindi allievo ed aiuto di Gaetano Cresseri; più lungamente di Giuseppe Trainini, seguendoli nell'itinerario pittorico cittadino.Compiuto il servizio militare ha intrapreso l'attività decorativa in proprio, realizzando prevalentemente motivi architettonici.
Sue le ornamentazioni nella chiesa di Vimercate.
Assorbito dall'attività di affreschista, pur vivendo in città ed avendo numerosi amici pittori, fra i quali Flessi e Verni, Giuseppe e Tita Mozzoni, mai si è lasciato trascinare sulla ribalta delle esposizioni.
Anche se gli sono attribuite decine e decine di decorazioni, nulla di più ci è stato possibile conoscere della intensa fatica di Giovanni Vinetti: le tracce della sua artistica operosità sono da individuare fra numerosi palazzi e chiese non soltanto bresciani.
Brescia, 7 settembre 1928.
Figlio di Giovanni (v.).
Ha frequentato la sezione artistica della Scuola Moretto fin sul fare degli anni Cinquanta, sotto la guida di Mozzoni, Antonio Di Prata e Domenico Lusetti.Per circa un decennio allievo della Scuola dell'Associazione di via Gramsci, ebbe docente Emilio Rizzi.
Solo negli anni Settanta intraprende assidua partecipazione a collettive, evidenziandosi in Brescia (1975, 76, 77), Vilianuova (1975, 76, 77, 78), Molinetto e Concesio (1976, 77), Leno (1976), Ghedi, Viareggio e Pisogne (1977), Prevalle e Mezzane (1977, 78); Desenzano (1980); mentre le personali le ha ordinate in città (Piccola galleria U.C.A.I.) negli anni 1976 e 79.
Modernamente figurativa, la pittura di Vinetti abbraccia paesaggio, figura e natura morta.Ma nelle varie gamme espositive alita una costante partecipazione affettiva per la realtà, attraverso la quale è possibile risalire all'uomo, all'umanità fatta di albe livide del pendolari, di anonimato nelle grandi fabbriche, di drammatici scontri generazionali, come ha osservato Luciano Spiazzi, e la solitudine del vecchi, quella ancor più greve del povero, I suoi protagonisti, anche ne La Strage di piazza Loggia, non urlano, non scandiscono minacce; tengono duro nel silenzio, consapevoli e dignitosi.
Non pittura sociale, tuttavia, ma uno scavo nelle condizioni diverse, offerte dalla osservazione della realtà, avvertendone le più sottili e profonde vibrazioni.Fino allo smarrimento che tutti assale, un senso di annientante precarietà che è di tutti, anche se inconfessato.
Allora, al di là delle facciate di quegli «sfaccettati» cubisteggianti paesaggi urbani, entro le case sfiorate da tenere luci o affondate in ombre cupe possiamo sorprendere anche il protagonista di Il commiato: alle soglie della vita, oppure di Uomini della fabbrica, figure tutte recanti nell'atteggiamento, nello sguardo il segno dell'attesa, dell'ansia che noi tutti attanaglia.
Paesaggio e figura, dunque: aspetti complementari, indissolubili della produzione di Vinetti, che nell'implicito giudizio morale congiunge la speranza, viva solo per il profondo amore verso gli altri.
BIBLIOGRAFIA
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G.TANSINI, Discutiamo la mostra d'arte sacra, «La Voce del popolo», 16 dicembre 1961.
G.TANSINI, Linguaggio astratto alla mostra in Vescovato, «Giornale di Brescia», 23 dicembre 1961.
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G.STELLA, «Piccola galleria U.C.AI.», Brescia, 24 novembre - 6 dicembre 1979.
L.SPIAZZI, Arte in città, «Bresciaoggi», I dicembre 1979.
AA.VV., Perché l'uomo viva, «Piccola galleria U.C.A.I.», Brescia, 29 marzo 1980, Catalogo.L. SPIAZZI, Arte in città, «Bresciaoggi», 6 aprile 1980. «Galleria La comice», Desenzano, 21 giugno 1980, Caffi , Rossini, Salvetti, e Vinetti, Catalogo.
Secolo XVIII.
Il nome di questo falsario è emerso nella disputa aperta per l'attribuzione di un gruppo di paesi e scenette settecentesche... da lui firmate «Zola».
Si veda in seguito: Zola Giuseppe.