Gavardo, 16 febbraìo 1924.
Figlio di Faustino e di' Domenica Bertelli, ancor giovane è costretto a tralasciare gli ideali artistici per affrontare vari mestieri che gli consentano di aiutare la famiglia alla quale manca il sostegno del padre colpito da infermità.
Al lavoro di elettricista, nelle ore libere segue lo studio in corsi serali di disegno.Nel 1943 è arruolato in marina, inizio di un lungo travaglio attraverso l'internamento in campo di concentramento in Germania, il fisico minato da un male che abbisognerà di lunga convalescenza durata ben oltre la fine del conflitto. t durante questo periodo lo studio dei pittori italiani del Trecento e degli Impressionisti.
Nel 1949, alfine, il ritorno al paese natio e la possibilità di dedicarsi intensamente alla pittura, il conforto di frequentare la Associazione artisti bresciani e avvicinare numerosi pittori nostri.Tuttavia, la pittura di Venturelli è -frutto di personale n'cerca, anche attraverso svariate tecniche: dall'olio alla china, alla tempera, alla tecnica mista e monotipia.
Prevalentemente paesaggista, dal postimpressionismo ha derivato il tratto largo, immediato capace di accostare armonie modulate su toni lievi e chiari di verdi, terre, azzurri.Nascono così le visioni della sua terra sfiorate, animate da tepide luci; le case di quei colli, di quelle contrade contrassegnate da pareti per lo più prive di aperture ma non per questo prive di umana presenza.Presenza che in alcune opere si caratterizza in. piccole figure di contadini, di lavandaie: così come di umili cose sono composte le «nature morte» condotte nella eco morandiana.
A cominciare dagli anni Cinquanta, numerose sono le mostre collettive a cui Venturellì partecipa, in Brescia e provincia, in lontane città italiane quali Bergamo, Verona, Modena, Milano, Genova, Trieste, Roma, ecc.; così come numerose sono le mostre personali bresciane e quindi a Vicenza (1973), Procchio (Isola d'Elba - 1973), Roma (1974), Montecatini e Parigi (1975).
BIBLIOGRAFIA
Sta in:
«S. Venturelli», Tip.Gavardese - Arti grafiche, Gavardo, 1980.
Milano, 25 aprile 1846 - Brescia, 5 maggio 1883
Da famiglia agiata bresciana, abitante nel capoluogo lombardo per motivi di lavoro, nasce Roberto Venturi, ed a Milano intraprende gli studi letterari.Nel 1860 si iscrive all'Accademia di Brera, dov'è allievo di Giuseppe Bertini.In seno alla scuola d'arte si evidenze, merìtando una medaglia di bronzo per uno studio ritraente il portico cingente un Lazzaretto (1863); ed ancora prima di compiere i corsi riceve commissioni per opere di carattere storico e per scene di genere.La notorietà si estende, se i suoi lavori sono richiesti anche a Brescia, dove, di quegli anni, in una collezione privata, resta S ora al pozzo.
Del sesto decennio del secolo sono altri dipinti: Il pittorello, S. Faustino, Gentiluomo, L'agguato al Visconti sul ponte dell'Arno a Firetlze.
Nel 1870 merita medaglia d'oro e 4.000 lire di premio con Giambellino e Antonello da Messina, oggi presso la Procura della Repubblica milanese: è il beneaugurante segno al compimento degli studi accademici.Già nello stesso anno è ricordata la presenza alla Mostra di B.A. in Torino dove Michelangelo davanti alla porta del Ghiberti è premiata.
Numerose seguono le partecipazioni a concorsi e a esposizioni di B.A. in Milano; fervorosa l'attività di promotore e organizzatore di manifestazioni artistiche testimoniate anche dall'epistolario con Carlo Manziana (v.) reso noto da Giorgio Nicodemi.
Nel 1872 Roberto Venturi sposa Adele Albonico che, nel 1874, lo rende padre di Maria, seguita nel 1876 da Irene, nel 1878 dalla terza figlia, Ada Luigia.Enrico, unico figlio, nasce nel 1880.
Di questo periodo sono numerosi i dipinti realizzati: L'Innominato, La partenza di Fanfu Ila dal convento di 9 Marco, premiato a Napoli nel 1877, e nella città , rimasto presso il Museo d'arte moderna, S. Chiara, Ritratto della signora Annunziata Vanziana, Il violoncellista, Concerto di Cimarosa, pur esso al Museo napoletano, Il paggetto, S. Pietro, Ritratto di famiglia, ripetuti lineamenti delle figlie.
Dal 1875 abita a Brescia, dove vive il clima della Società per l'Arte in famiglia e dove si lega d'amicizia con noti artefici e intellettuali facenti capo all'Ateneo civico,, del quale viene chiamato a far parte nel 1878.
Altre opere realizza nel pochi anni che gli rimangono di vita: il noto Fanfulla al sacco di Roma, oggi alla Pinacoteca Tosio Martinengo, dove via via sono confluite anche opere quali: Nudo femminile, Cimarosa, La famiglia del pittore, due bozzetti per il Fanfulla, i Ritratti di fanciulla, della moglie, delle figlie Mari e Irene, S. Pietro. l'Autoritratto, in buona parte donati dalla figlia Ada nel 1958 e già noti per essere stati esposti alla Mostra della pittura bresciana dell'Ottocento, nel 1934.
Disegni, studi a penna, a matita, composizioni ad acquarello sono sparsi in raccolte private della città e della provincia nostra.Si possono ricordare almeno Paesaggio con montagna, Lago di alta montagna, Paesaggio a Pescarenico; congiunti ai ritratti già citati, a quelli della Signora Torri Callegari, Testa di giovinetto, Testa di bimbo, Ritratto della cognata Irene Albonico testimoniano l'intimo carattere dell'autore, malinconico osservatore della natura a volte, a volte interprete pacatamente sereno; mentre nei ritratti si riconferma la già da tempo nota capacità di penetrazione, pur nella vivace resa dei soggetti, nel gesto, nelle cromie.
Aspetto inedito dell'interesse artistico di Roberto Venturi sono i suoi scritti critici; ma anche la sua opera creativa è in buona parte da meglio penetrare.V'è da sperare che la mostra voluta dalla Piccola Galleria U.C.A.I. nel 1979 abbia dato avvio a una riproposta che collochi lo sfortunato artista nella meritata luce, artista conosciuto più per i suoi quadri storici che per i paesaggi e i ritratti nei quali, alfine, sono stati rilevati fermenti anticipatori.
BIBLIOGRAFIA
Sta in:
- ANELLI, «R.Venturi», Mostra alla Piccola Galleria U.C.A.I., Brescia, 6-25 ottobre 1979.
(Bibliografía a cura di M.G. Bonamenti.Riprodotta, con aggiornamento fino a tutto il 1980
in: L. Anelli, Postille a Roberto Venturi, «Commentari dell'Ateneo», Brescia, 1980.
Si veda inoltre:
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«Il Cittadino di Brescia», 29 agosto 1879, Esposizione a palazzo Bargnani.
ERULUS, Laesposizione di palazzo Bargnani, «La Sentinella bresciana», 9 settembre 1879.
«LaSentinellabresciana»,3 agosto 1881, Notizie d'arte.
«LaProvinciadi Brescia», 12 febbraio 1883, Alla Esposizione.
«LaSentinellabresciana»,21 febbraio 1897.
«LaSentinellabresciana»,27 luglio 1898, Per lefeste del Moretto.
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«LaSentinella bresciana», 23 agosto 1898, Esposi.-ione d'arte oderna.
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«Giornale di Brescia», 17 aprile 1958, Due legati hanno arricchito la Pinacoteca.
G.VALZELLI, I Profeti e la turba..., «Bruttanome», Vol. 1, (1962).
Secolo XVI.
Il nome di «Venturì depentor, 1529», è graffito nella cappella a fianco di S. Filastrio di Tavemole sul Mella.Ne dà notizia L. Falsiiìa in «Gemme artistiche Triumpline», 1930, nota ripresa anche dalla «Storia di Brescia».
Brescia, 19 aprile 1910 - 28 marzo 1981.
Pittore di professione, Alvaro Venturini riemerge faticatamente dalle poche righe ritrovate in cataloghi o nelle recensioni a mostre sindacali, alle prime collettive ordinate dalla A.A.B. Celibe, non ci è stato possibile avvicinare suoi congiunti, ed anche coloro che con lui esposero ben poco ci hanno saputo dire, se non che, invalido, da lungo tempo aveva dovuto disertare le sale di esposizione; tanto che il ricordo della sua attività artistica s'è attenuato assai prima della sua scomparsa.Appena superati i vent'anni aderisce a rassegne bresciane.Nel 1934, 1936, 1938 e 1942 è presente alle Mostre d'arte del sindacato provinciale di B.A. Vi espone Il Castello di Brescia e Paese (1934) concorrenti al Premio per il cartellone delle manifestazioni bresciane.Nel 1936 una Natura morta è notata da Pietro Feroldi che dice il pittore «narratore in progresso». Dal mio studio è accolto alla IV sindacale, mentre alla VI (1942) figurano due nature morte. I cruenti anni di guerra ne oscurano l'attività, riaffiorante nel 1947 con l'adesione al «Gruppo B.» in seno al quale Venturini espone Casa nel bosco, paesaggio di «derivazione morandiana ben centrato nell'intonazione» e dalla vivida atmosfera. Sono le ultime note che su di lui conosciamo: lo dicono paesaggista ed autore di composizioni dalla tecnica appropriata, non disattento alle innovazioni del tempo. Aveva casa in via Montesuello.
BIBLIOGRAFIA
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- FEROLDI,Precisazioni, «IlPopolo di Brescia», 2 dicembre 1936.
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«VI Mostra del sindacato prov.B.A.», Brescia, 1942, Catalogo.
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- DI PRATA,La collettiva dell'Associazione artistica, «ilPopolo», Il maggio 1947.
Brescia, 6 aprile 1916.
Nulla più si sa dire di questo pittore nostro di quanto è racchiuso nel «Dizionario del pittori... italiani» di A.M. Comanducci. (Ed.IV, 1972).
Ha studiato i primi elementi dell'arte con Emilio Pasini, in città, e più tardi ha frequentato l'Accademia di B.A. di Brera a Milano.Rimasto orfano, dovette provvedere da solo durante la sua prima giovinezza.Chimato alle armi, studiò i costumi di Albania, ove era stato destinato, realizzando una serie di lavori su quella nazione assai interessante.
Attualmente si è dato all'insegnamento del disegno nelle scuole secondarie.Abita ed opera a Cuggiano, in provincia di Milano.
Secoli XIX-XX.
Il nome di questo pittore è stato autorevolmente riproposto da Gaetano Panazza che lo dice salodiano e operoso accanto a Carlo Banali (v.) nel comporre le decorazioni del ricostruito palazzo comunale di Salò.
BIBLIOGRAFIA
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G.PANAZZA, Le manifestazioni artistiche della sponda bresciana.... «Il lago di Garda»,
Ateneo di Salò, 1969, p. 258.
Brescia, I I luglio 1800-1863.
Allievo ed amico di G.B. Cigola (v.), da lui apprese l'arte della miniatura e «fece brillare i colori delle sue opere alle esposizioni nostre».
Fra le quali si possono ricordare le presenze postume alla Mostra bresciana del 1878, dov'erano esposti i dipinti: La tentazione di S. Antonio, Leda, Ripudio di Agar, Busto muliebre, smalti realizzati su porcellana.Altri lavori furono esposti nella vasta rassegna della Pittura bresciana dell'Ottocento, ordinata in città nel 1934, minìature che oggi custodisce la Pinacoteca Tosio Martinengo.E presso la Pinacoteca numerose sono le opere di Pietro Vergine che qui ricordiamo: Giunone e le Grazie (dall'Appiani), Raffaello e la Fornarina (dallo Schiavone), Il conte Ugolino (dal Diotti), Signora decaduta (dal Molteni), La partenza da villaggio, Gatta e gattini, Ritratto, Raff@ello (dall'Autoritratto), La Madonna del Granduca (da Raffaello), La Fornarina (da Raffaello), Contadino che accende un tizzone (dall'Ingannì), La Pietà (da D. da Volterra), S. Giovannino, Beatrice Cenci (da G. Reni), Vecchia con fiori, La Carità (da Raffaello), Lucrezia (da G. Reni), La bella giardiniera (da Raffaello) Galatea (dal Bezzuoli), Testa di donna, la su citata Tentazione di S. Antonio (dal Cigola), La Maddalena e Madonna col Bambino.
Se il Vergine affrontò la pittura per diletto, raggiunse tuttavia notevole livello; è ricordato altresì come «operoso cittadino i cui avvisi furono chiesti ognora e valsero non meno al Municipio che alla patria Accademia a cui era ascrìtto ed agli amici, dovunque si trattasse di decoro e cose belle: delle quali, intelligentissimo ed amoroso, sopraintese utilmente alla pinacoteca, alla scuola di disegno, all'ufficio che dicesi dell'omato, da per tutto colla medesima cortesia guadagnandosi affetto e stima», come afferma Stefano Fenaroli.
BIBLIOGRAFIA
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A.M. COMANDUCCI, «Dizionario dei pittori... italiani», tutte le edizioni.
Brescia, 1891 - 3 marzo 1960.
Fece da giovane numerosi mestieri, anche il fornaio, ma la pittura è sempre stata l'aspirazione maggiormente sentita e ad essa ha sacrificato per anni quel benessere dai più ambito.
Pittore dunque, autodidatta e bohèmien giramondo, se è vero che fu a lungo operoso in Francia, Svizzera e Spagna.
Fin dal 1916 lo si nota fra gli espositori dell'Arte in famiglia; successivamente fra gli Amatori dell'arte (1920).
Sue opere sono accolte nella vasta rassegna dedicata al paesaggio italiano ordinata in Villa Alba di Gardone Riviera nell'invemo 1920-1921; partecipa ad alcune sortite con il «gruppo di artisti bresciani» alle regionali milanese e cremonese sul far degli anni Trenta; quel gruppo che per più lustri trovò in Angelo Canossi l'animatore, nel «Cantinone» l'ideale sede, in Giullo Greppi (v.) l'efficace caricaturista nel notissimo Cenone dell'artista oggi custodito dalla Pinacoteca Tosio Martinengo.
Già dalle prime apparizioni nell'ambiente artistico, Verni si distingue per il caratteristico cappello dalla amplissima tesa, per la cravatta «anarchica» indossati fino negli ultimi giorni di vita: omamento inconfondibile alla sua alta figura schizzata anche da Francesco Rovetta.
Ben presto intraprende la via delle esposizioni personali, assai numerose, fra le quali ci è possibile dire di alcune: nella sala di piano terra del notissimo Caffè Maffio (1921) espone trenta opere attestanti un «temperamento poliedrico», alcune tele dalla pennellata larga e fluida, altrove pesante e dura, altre ancora nella scia del puntinismo, di buon effetto, come ricorda un cronista dell'epoca.A Gardone Riviera (1924), a Brescia, nella Galleria Campana, negli anni 1925 e 1927; nel suo studio di via S. Reccagni al n' 3, nel 1930.
Erano gli anni in cui il pittore errabondo alternava scorribande sul laghi o in alta montagna: al Piccolo porto di Sensole si accostano visioni dei pascoli e delle nevi, al Gavia, al Pizzo del tre Camini, in Valle Camonica, in Val Sozzine... dove nacquero Trasparenze, Il nevaio, Lagonero, Disgelo... tutte impressioni «ben individuate, con finezze coloniche giuocate su ritmi sottili e soprattutto singolari pregi d'ambiente intensi e vissuti».
Del 1936 è altra mostra personale, a-Palermo, seguita da quella bresciana.
Il lungo conflitto mondiale vela l'attività di Arturo Vemi, che si riaffaccia alla ribalta artistica con evidenza in seno a manifestazioni ordinate dalla da poco nata Associazione di via Gramsci.E in questa sede nel 1948 è presente anche con una mostra personale.
Particolare interesse rivestono i dipinti esposti nel 1952 a Bergamo (Galleria Permanente) e alla A.A.B. bresciana, testimonianza dell'alluvione del Polesine, di paesi quali Arquato, S. Sisto, Facciole, Adria, Lìonello, Buso... il cui dramma, nelle interpretazioni di Verni, sembra apn'rsi a uno spiraglio di speranza per i «pregi singolarissimi di luce e di armonie di colori».
Riaffiorano anche nelle macerie e nelle estese superfici di acque limacciose le doti dell'uomo che aveva il gusto della vita, accolta giorno dopo giorno, e l'innato dono di far pittura contemplativa. «La sua popolarità ha radici in quel francescanesimo dell'arte che è la meraviglia, la scoperta, l'osservazione umilmente intesa di fronte alla natura», ha scritto Giannetto Valzelli, e per quell'amore del vero non esitava a trascorrere ore ed ore al freddo.Proprio della sua produzione val ricordare i paesaggi invernali, quelli dove la neve offre il suo profumo di fiaba, e quelli che della nebbia rendono la pungente invadenza, con i grigi sapientemente dosati che risultano morbidi effluvi, golfi di fumo.
Del suo pellegrinare, i cui esiti espone ancora a Bergamo (Galleria Roma) nel 1955, a Brescia nel 1956, resta estesa nota in innumerabili dipinti ritraenti Sera a Burano, La Giudecca, Giardino a Sirmione e Fioraie a Brescia, Nevicata a Piacenza e nelle visioni, ancora, di Paspardo, Gardone Riviera, Val Daone, dell'Eridio con i suoi limpidi profili riflessi, Cascine a Lavone, Nebbia a S. Gervasio, Piccolo Naviglio, Boniprati sotto la neve, Case sul Chiese... Né mancano alcune nature morte «con mele tizianesche e uva imprunesca» citate da Lorenzo Favero in occasione di una delle ultime apparizioni di Arturo Vemi; che, oltre a quelle su citate, altre ne fece in gallerie locali, alla A.A.B., alla Galleria Vittoria, alla Loggetta, al Gamberino.
Ancora stava per inaugurare una nuova personale quando è spirato, dopo il ricovero alla Poliambulanza, alle soglie di una primavera che per lui non ha rinnovato trasparenze di luce.
Il rimpianto suscitato dalla scomparsa dell'Artista resta fissato nel numerosi cenni di necrologio, nelle ripetute mostre postume, purtroppo sempre frammentarie e pertanto inadeguate a dime il giusto valore; tanto più che Verni, fra le opere oleograficamente piacevoli, va cercato nel brani di natura silente e malinconica cui seppe carpire la «fragranza»; attorno a un declivio in fiore, nel grembo di una valletta, nei riflessi di uno specchio d'acqua, nei tetti di una contrada... con l'odore casto-algido e tepido insieme delle nevi che si sfanno al vento di primavera...
BIBLIOGRAFIA
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Brescia, 15 aprile 1921.
Figlia di Arturo Verni (v.), nata quando il padre coglieva le prime significative affermazioni, ne ha seguito l'insegnamento, facendo propri non soltanto il modulo stilistico, ma anche le fonti di ispirazione.Non a caso, pertanto, è stato affermato che la continuità del suo serio discorso artistico è come un messaggio di sangue.La sua voce comincia a distinguersi nella ribalta pittorica non solo bresciana appena dopo il secondo conflitto mondiale, con presenze in collettive in seno alla A.A.B. e in Premi quali la Contea di Bormio (1964, 1965), Ravenna (1964), Rosalba Carriera (1965), Caprino Veronese (1965), il desenzanese «Ancora d'oro» (1968), Viareggio (1970).
Si ha nota di sue Mostre personali allestite a Brescia (Galleria del Corso, 1960; A.A.B., 1962, 64, 66, 69; Galleria A.P.I., 1963); Ginevra (1964), Vicenza e Bergamo (1977, 79), Desenzano (1980).
I comuni di S. Felice del Benaco e di Asola hanno invece destinato una sala per la esposizione permanente dì suoi dipinti, uno dei quali è presso la Galleria d'arte moderna della nostra città.Se nel riproporre il paesaggio nella maniera additata dal padre si ravvisa in Eugenla Vemi il tratto maggiormente ampio e riassuntivo, lungo il percorso della pittrice nostra si sono osservate anche alcune esperienze espressionistiche.Fonderia, Il forgiatore, del 1964, testimoniano di una ricerca personale, anche se suscettibile di sviluppo e di approfondimento.Ma il postimpressionismo sembra aver alfine,prevalso, soprattutto nella resa di piccoli paesaggi accuratamente composti e di sottile vena poetica incline alla malinconia.
Accanto alle predilette visioni del Garda si inseriscono altre, colte ad esempio sul golfo del Tigullio, a Campione, ai laghetti di Chizzoline o lungo l'Adige, nelle valli Trentine, o spiagge a lesolo, od a Lugano...
Nella via del naturalismo Eugenia Vemi ha perseguito il suo racconto pittorico, affidando alle tele «cicli emozionali che rispecchiano fedelmente stati d'animo suscitati dal costante contatto con il vero e il bello».
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