Scaria d’Intelvi, 1686 - 1775.
Figlio dello scultore Giambattista, ebbe la sua formazione pittorica a Venezia dove già si era trasferito all’età di dodici anni, lavorando sotto la guida di Giulio Quaglio. Ebbe pure come maestri Giambattista Colomba di Arogno e, in Roma, Francesco Trevisani di Treviso. Lì Carloni ebbe una lunga vita e una attività artistica insigne. Lavorò moltissimo in Germania, Austria.
Le opere sue maggiori sono nel Duomo di Lubiana, nelle chiese e nei palazzi pubblici e privati di Stoccolma, Vienna, Breslavia, Innsbruck. Negli anni della maturità tornò in Italia ove lasciò tracce emergendo col suo gusto pittorico e grandioso nell’affresco prediletto e che gli diede fama.
Numerose anche le opere nel Bresciano. In città sono: in palazzo Gaifami, nelle chiese di S. Maria degli Angeli, S. Eufemia, S. Afra; in Artogne, nella parrocchiale (Epifania, attribuita); Calvisano: Deposizione, nella parrocchiale; Battesimo di S. Costantino, nella Disciplina e datato 1763; Dello: vari dipinti (1740-1756) nella parrocchiale; S. Felice del Benaco: affresco nella parrocchiale; Manerbio: S. Lorenzo davanti ai giudici, parrocchiale; Montirone: soffitti, galleria e salone in villa Lechi; Orzivecchi, affreschi (1755) nella volta della parrocchiale, varie tele nella chiesa del Suffragio; Palazzolo: affreschi sulle pareti in S. Trinità.
Il prof. Teglio, studioso d’arte comasca, disse di lui: “Le maniere in cui dipingeva sono assai varie. La prima di esse era assai ricercata e languida, poi ne scelse una più vivace e spiritosa e finalmente essa divenne sanamente forte, ardita e franca: fu segnatamente grande nell’invenzione, che in lui fu sempre giudiziosa, creatrice, ricca e tutta armonia. Il suo colorito fu sfavillante e ad un tempo gradevole, però marcato: in una parola trattò dal buono delle scuole romana, veneziana e lombarda”.
BIBLIOGRAFIA
C. TAVELLI, “S. Felice di Scovolo”, Salò, 1924.
E. FACCHINI, “Lonato nella geografia e nella storia”, Lonato, 1928.
A. BARIGOZZI BRINI, Prime opere di C. Carloni in Italia, “Arte lombarda”, 1960.
K. GARAS, C. I. Carloni, “Bullettin du Musée National Hongrais des Beaux Arts”, Budapest, 1960.
G. MAESTRELLO, “Note illustrative della chiesa prepositurale di S. Felice”, Salò, 1961.
“Storia di Brescia”, Vol. III e IV.
A, BARIGOZZI BRINI, K. GARAS, “C. I. Carloni”, Milano, 1967.
G. PANAZZA, Le manifestazioni artistiche della sponda bresciana…, “Il lago di Garda”, Aleneo di Salò, 1969, p. 247.
“Enciclopedia bresciana”, Ediz. La Voce del popolo.
P. V. BEGNI REDONA, “Gli affreschi di C. I. Carloni nella villa Lechi di Montirone”, B. S. Paolo, Brescia, 1980.
R. LONATI, “Dizionario dei pittori bresciani”, Giorgio Zanolli Editore, 1984.
Brescia, 6 luglio 1938.
Al secolo Gianfranco Zucchi, è apprezzato progettista presso la Ideal Standard, recentemente premiato dalla casa madre americana con aurea medaglia. La professione tecnica svolta lo ha condotto in Ispagna e Francia dove ha così potuto visitare vari Musei e conoscere i luoghi dove operano i Maestri, in particolare gli Impressionisti a lui prediletti, studiati anche in occasione di più prolungati soggiorni.
In pittura Franco Carmine è autodidatta; preciso disegnatore ha intrapreso la partecipazione a mostre collettive negli anni Sessanta, presenziando a concorsi provinciali in Desenzano, Caprino Veronese, Arco e Santhià.
L’influenza esercitata dagli Impressionisti si manifesta nei suoi dipinti a olio e dedicati alla campagna, ai cespugli sfioranti i torrenti delle nostre valli, alle stradette solitarie fiancheggiate da rustiche case “romanticamente attratto dalla letizia o dalla malinconia che quei panorami fanno affiorare nell’animo”.
Una personale (1973) ha rivelato un intenso lavoro svolto a Parigi: nelle tele esposte tornavano “stradine, viali, case, finestre, strisce di asfalto, cieli accartocciati o distesi” riflettenti l’intensa emozione suscitata dalla visione di località eternate da consacrati artisti. Un dialogo con la natura ricca di suggerimenti e di risonanze.
BIBLIOGRAFIA
A. Z., “Galleria la cornice”, Desenzano, 28 febbraio - 11 marzo 1970. (cfr.) “Gazzetta di Mantova”, periodo mostra.
T. FERRO, “Galleria la cornice”, Desenzano, 6 - 24 marzo 1971.
R. LONATI, “Galleria S. Gaspare”, Brescia, 23 dicembre 1971 - 6 gennaio 1972.
“Giornale di Brescia”, 7 settembre 1972, Desenzano.
T. FERRO, “Galleria la cornice”, Desenzano, 17 - 29 marzo 1973, (cfr.) “Gazzetta di Mantova”, 20 marzo 1973, “Galleria del Carro”, Brescia, 1 - 13 novembre 1975.
L. SPIAZZI, Arte in città, “Bresciaoggi”, 8 novembre 1975.
A. MORUCCI, Galleria d’arte, “Biesse”, novembre 1975.
R. LONATI, “Galleria la cornice”, Desenzano, 17 - 29 marzo 1979.
L. SPIAZZI. Giro dell’arte, “Bresciaoggi”, 24 marzo 1979.
R. LONATI, “Dizionario dei pittori bresciani”, Giorgio Zanolli Editore, 1984.
Brescia, 26 aprile 1878 - 2 gennaio 1971.
Di Pietro e di Teresa Gilberti, rimasto precocemente orfano fu autodidatta. Dedicò l’esistenza all’in-segnamento del disegno industriale con competenza e dedizione; docente nelle scuole Moretto, Piamarta e Artigianelli, lasciò le aule solo a ottant’anni, perché colpito da cecità.
Allievo di Arnaldo Zuccari, preferì il paesaggio affrontato con varie tecniche: olio, acquarello e carboncino. Nei suoi dipinti rivivono così scorci di Peschiera, Montisola, Valle Camonica. Fu presente ad alcune esposizioni nei primi anni del secolo.
BIBLIOGRAFIA
“Enciclopedia bresciana”, Ediz. La Voce del popolo.
R. LONATI, “Dizionario dei pittori bresciani”, Giorgio Zanolli Editore, 1984.
Secoli XVI-XVII.
Proveniente da Trento dove ha radici la sua famiglia, sua prima opera in Brescia sembra essere la fontana della Pallata, progettata dal Bagnadore e realizzata con la collaborazione di Valentino Bonesini (v.) nel 1596.
Contemporanea o di poco posteriore la tomba con il busto del vescovo di Brescia Francesco Morosini, scolpita per il Duomo vecchio.
Divenuto bresciano, nel 1634 risulta già morto.
Fra le altre sue opere, notevole l'arca monumentale dei SS. Faustino e Giovita (1629) nella basilica dedicata ai nostri Patroni, nonché le statue fiancheggianti l'altare maggiore e raffiguranti alcune Virtù.
In collaborazione col figlio Giovanni, nel 1619 scolpì la marmo rea ancona per la Scuola del Rosario di Chiari, seguita nel 1620 dalla statua di S. Lorenzo posta nella facciata della omonima chiesa in Brescia; quindi la statua della fontana di palazzo Cimaschi.
Altre attribuzioni gli danno una fontana ad Asola, le statue dei SS. Faustino e Giovita poste all'esterno dell'abside del Duomo nuovo, il S. Giovanni Battista posto nel fianco nord dello stesso sacro edificio; gli angeli fiancheggianti l'altare della Madon-na di S. Luca e i SS. Faustino e Giovita nelle nicchie a fianco dell'altare di S. Michele in S. Maria del Carmine.
Secondo Giovanni Vezzoli, suo è anche il monumento funerario di Tommaso Caprio-li in S. Maria delle Grazie.
Nella "Venezia descritta", il Sansovino lo dice autore del bel gruppo raffigurante Enea, il padre Anchise e il figlio Ascanio esistente nel palazzo Dolfin a Venezia, mentre a Leffe in Val Gandino la "Storia di Brescia" dice suoi gli angeli portacande-labri e un Cristo risorto nella parrocchiale. Ai lavori, soltanto attribuiti, dovrebbe aver posto mano anche il figlio Giovanni. Giudicato modesto artista, Antonio Carra ha seguito tendenze manieristiche nelle quali confluiscono influenze veneziane, fio-rentine o romane colte senza originale rielaborazione.
Ebbe due figli: il già citato Giovanni, e Carlo (Gio.Carlo) pure scultore alle cui voci si nnVIa.
Schede mss. di Luigi Dedè riferite agli atti del 28 novembre 1591 e Il agosto 1621, rispettivamente alla Biblioteca Queriniana (voI. 769) e all' Archivio di Stato (Filza 3508), riflettono gli affidamenti a Gio.Antonio Carra di una fontana da eseguire secondo disegno di Bartolomeo Stella e da collocare sul mercato del vino; d'un'opera, intagliata nel marmo di Botticino, con arma di Giulio Cesare Moresini.
o Gio.Carlo
Secolo XVII.
Figlio di Antonio (v.) e fratello di Giovanni (v.)
Architetto oltre che scultore, con il fratello diede vita ad una operosa "bottega". La tradizione attribuisce loro le sculture dell'altare del Sacramento in Duomo vecchio, ancor oggi parzialmente visibili; quelle dell'altar maggiore in S. Maria delle Grazie, perdute con il rifacimento della chiesa, nel 1848; alcuni putti nelle chiese di S. Faustino, S. Maria del Carmine, nelle parrocchiali di Faverzano e di Bossolo Bresciano.
Ancora più lontano, sembra abbiano scolpito un'arca nella chiesa della Badia di S. Giovanni a Parma ed un'altra per la parrocchiale di Clusone, congiunta ai quattro Evangelisti. In occasione della traslazione delle reliquie dei SS. Massimino e Vittori-no, ancora in Clusone nel 1674 hanno realizzato le decorazioni di grandi archi coreografici. Nel 1637 è detto ventenne ('1). Scheda ms. di Luigi Dedè, riflette atto del 31 luglio 1651 , alla Biblioteca Queriniana, secondo il quale ai fratelli Carra è affidata l'esecuzione "dell'arma dell'Ecc. Andrea Dolfino".
Secolo XVII.
Figlio di Antonio (v.) e fratello di Carlo (v.) con loro collaborò a varie opere. Personalmente ha scolpito e firmato una sola opera, la statua di S.Benedetto posta nella basilica dei SS. Faustino e Giovita per volontà dell'abate Orazio Barbison, nel 1619.
Attribuita gli è invece la statua di S. Giulia crocifissa esistente un tempo nella sotterranea chiesa di S. Eufemia.
Dopo che col padre, nel 1614 aveva lavorato all'altare maggiore salodiano, nel 1625 opererà agli altari di S. Giuseppe e S. Stefano, sempre nel Duomo di Salò, così come nel 1619, in collaborazione con il padre, gli è riconosciuta l'ancona marmorea per la Scuola del Rosario di Chiari.
Anche per Giovanni Carra permane il giudizio riduttivo espresso da Stefano Fenaro-li, soprattutto per quanto riguarda gli esiti bresciani. Nel 1637 è detto ventiquattrenne (?).
Secolo XVII.
Varie sono le notizie sulle fontane esistite e ancora esistenti in piazza della Loggia. Con l'ausilio del volume "Di mille fontane a Brescia" citiamo quella denominata "della Rana" e l'altra simile addossate ai portici; le due vaschette con "mascheroni" fiancheggianti l'ingresso del palazzo municpale, sotto il grande portico e "costituenti parte integrante della facciata progettata da Stefano Lamberti nel 1530, ma eseguita da Nicolò da Grado".
Quattro dunque gli zampilli rimasti, "ma nella antica piazza grande era già nel 1471 una fontana in pietra scolpita, probabilmente sostituita nel 1482 da una circolare dei maestri Filippo e Antonio Zurlengo. Nel 1857 si ebbero progetti di fontane monu-mentali in questa piazza di Costantino Bargnani e di Marcantonio Tagliani, tracce di tali progetti sono in disegni di Angelo Inganni".
Un documento segnalatomi da Luigi Dedè (Atti dei Deputati, voI. 852, p. 52 presso l'A.S.C. alla Queriniana) reca il nome di Stefano Carra, fratello di Carlo scultore, ed arricchiesce di altro episodio le vicende delle fontane di Piazza della Loggia. Redatto da Giov. Francesco Serina abate il 14 aprile 1676, l'atto dice:
Stimando gl'Ill. Deputati pubblici si per risultar d'ornamento alla porta del Consi-glio, che risponde sotto la Loggia Pret.ca il construere due fontanelle nelli vani siti a predestali delle colonne che sostengono la medesima porta con l'acua della fontana situata nel fontico a parte destra di detta porta hanno perciò l'Ill.mi SS. LL. incarica-to Stefano Carra, fratello di Carlo scultore, a formar due mascheroni di pietra della qualità che si vede nel presente disegno per apponerli alle dette due fontane restando stabilito il prezzo per la opera medesima in scudi dieci in tutto per quello può spettare al detto scultore dovendo però far l'opera ne più breve termine.
Nello scritto ci par di ravvisare alcuni motivi di interesse, perché accerta la parentela diretta, finora non documentata, fra Carra Stefano e Carlo scultore; potrebbe inoltre testimoniare d'una attività inedita dell'arch. Stefano Carra, noto per alcuni interventi in edifici monumentali cittadini: palazzo S.Paolo, palazzo Martinengo Cesaresco ... Potrebbe altresì significare che Carlo, il cui ultimo lavoro risulta eseguito a Clusone nel 1674, era ancor vivo e ben noto nel 1676, quando al fratello suo Stefano era proposta la realizzazione dei due mascheroni per palazzo Loggia.
Sassuolo, 1577 - Bologna, 1660.
Autore d’un quadro nella chiesa di Pontoglio raffigurante l’Assunta eseguita nel 1630. Il vero nome di Annibale Carracci era Jacopo Cavedone.
BIBLIOGRAFIA
Non essendo bresciano si indicano soltanto: “Storia di Brescia”, Vol, IV.
“Enciclopedia bresciana”, Ediz. La Voce del popolo.
R. LONATI, “Dizionario dei pittori bresciani”, Giorgio Zanolli Editore, 1984.
Brescia, 1946.
Questa pittrice ha avuto particolare notorietà a cavaliere degli anni Sessanta Settanta. Dotata di notevole padronanza del “mestiere”, dapprima figurativa nella eco di noti artefici nostrani, affermatasi anche in concorsi regionali, si è poi “buttata” in una ricerca “analitica” riunendo gli esiti migliori di questa nuova attività nella mostra allestita alla “Galleria S. Michele” nel 1972.
In quell’occasione si parlò di “vivisezione”, operata su se stessa, d’un “guardarsi dentro”; d’una pungente solitudine e un richiamo alla vita. Testimonianza di conflitti, di lacerazioni individuali e collettive del nostro tempo. La padronanza del disegno aiuta questa nuova espressione che sfiora l’informale e il surrealismo.
Dopo quella mostra, nulla di più sappiamo dire, dell’attività di Francesca Carrara.
BIBLIOGRAFIA
G. V., A.A.B. permanente, “Il Cittadino”, 21 febbraio 1965.
“Corriere della Valle”, a. 11, luglio 1966.
B. MARINI, L. RIDOLO, “Galleria S. Michele”, Brescia, 29 gennaio - 10 febbraio 1972.
E. C. S. (alvi), Mostre d’arte, “Giornale di Brescia”, 11 febbraio 1972.
R. LONATI, “Dizionario dei pittori bresciani”, Giorgio Zanolli Editore, 1984.
. v. Santo de Carzago