Secoli XV - XVI
Forse identificabile con Francesco Prato da Caravaggio del quale restano, firmate, una bella tavola con lo Sposalizio della Vergine in S. Francesco e una Pietà nella parrocchiale di Manerbio; mentre gli viene attribuita la De-posizione di Isorella.
Altre opere tuttavia dovrebbero essergli riconosciute, come riconosciuta dovrebbe essere la sua certa identità ancor oggi compenetrata con quella di Graziadeo Prato da Caravaggio, la cui attività in Roma nel 1470 è stata recentemente posta in luce, tanto da indurre ad attribuire i due nomi (Graziadeo e Francesco) ad un solo artista. Pista dunque da chiarire.
Le opere certe collocano l’autore nella cerchia del Romanino accanto al quale U. Da Corno lo pone. La sua attività si estende ai decenni a cavaliere dei secoli XV e XVI.
BIBLIOGRAFIA
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S. TICOZZI, “Dizionario dei pittori, scultori … “, Milano 1833.
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C. RIDOLFI, “Le meraviglie dell’arte… “, Ed. Hadein, Berlino, Grote, 1934.
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T.C.I., “Guida della Lombardia”, 1954.
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M. L. FERRARI, “Paragone”, gennaio 1963.
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R. LONATI, “Dizionario dei pittori bresciani”, Giorgio Zanolli Editore, 1984.
Secolo XVIII.
Figlio di Ricciardo (v.) e di Paola Panteghini, è nato il 2 luglio 1726. Viveva nel 1789. Architetto più che scultore in legno e in pietra, ebbe due fratelli: Domenico (v.) e Giovan Battista (v.)
Come plastico si è formato nell'ambito famigliare, con il padre, collaborando con i fratelli, tanto che oggi è assai difficile identificare i singoli interventi.
A lui sono attribuiti i tabernacoli dall'altar maggiore della chiesa di S. Alessandro, in città, e dell'altare del SS. Sacramento a Montichiari.
Nel complesso, la visione architettonica si fonde e armonizza con quella dello scultore capace di intessere fluidamente linee e piani. Nelle statue, di lieve e mobile fattura, s'avverte l'influsso di Antonio Callegari (v.)
A Bernardino Carboni sono altresì attribuiti il confessionale (1778), il pulpito (1781) e le cantorie (1782) della parrocchiale di Castrezzato.
Il Fè d'Ostiani dice suo anche il disegno di palazzo Soncini, contraddetto però dal Cappelletto, che lo ritiene piuttosto autore dei soli stucchi.
Brescia, 1727 - Il maggio 1768.
Figlio di Ricciardo (v.) e di Paola Panteghini, è fratello di Bernardino e di Giovan Battista (v.)
Architetto, è considerato il precursore del neoclassicismo: lascia le chiese di S. Eufemia e di Fiumicello, il palazzo di Via Marsala n° 33, villa Soncini a Provezze. Sue altresì le note vedute di Brescia nell'anno 1764 e del Castello visto da nord.
Qui figura soltanto perchè Antonio Morassi, nel suo noto catalogo, lo dice "autore" d'un altare del Duomo nuovo. Nessun'altra opera induce tuttavia a dirlo scultore, anche se dell'arte plastica può aver appreso i fondamentali elementi negli anni giovanili, a contatto del padre e dei fratelli.
Brescia, 29 marzo 1723 o 1729 - 29 dicembre 1790.
Stefano Fenaroli lo dice morto nel 1783.
Figlio di Ricciardo (v.), di Paola Panteghini, fratello di Bernardino (v.) e di Domenico (v.) fu scultore in legno, autore di stucchi e scrittore di cose d'arte.
Fino all'età dei dodici anni frequenta la scuola dei sacerdoti Rambaldini, maestri di grammatica; con il padre affronta poi la professione artistica, palesando forte incli-nazione alla pittura. Si applica con entusiasmo allo studio del disegno sicché - scrive il Fenaroli - si distinse dappoi con opere sue tanto a Brescia, quanto a Bergamo e contado ed a Venezia.
Poche tuttavia le opere plastiche sue certe: nella bresciana chiesa dei SS. Cosma e Damiano restano gli angeli a stucco degli altari laterali e riflettenti i moduli di Antonio Callegari (v.).
Giovanni Vezzo li gli attribuisce due angeli portacandelabro posti ai lati del presbite-rio della chiesa di S. Gaetano.
A Venezia ha plasmato i medaglioni inseriti nei cancelli dell'altare della scuola di S. Rocco, tradotti in metallo dal Filiberti (Giuseppe, v.); così per il nostro Duomo nuovo ha composto due medaglioni raffiguranti gli evangelisti Marco e Matteo posti a piedivela: figure giudicate di notevole grandiosità e di vivo senso pittorico.
Suoi pure i cori dello stesso Duomo e della basilica dei SS. Faustino e Giovita; le due statue di Adamo ed Eva, di ignota collocazione; le statue di S. Domenico e di S. Caterina nella chiesa di Corticelle; le· quattro Virtù e i due angeli adornanti il tabernacolo della chiesa abbaziale di Montichiari ..
Indotto a dare testimonianza sull'attività di pittori e scultori bresciani, scrisse la nota opera "Le pitture e le sculture di Brescia che sono esposte al pubblico - con appendice di alcune private Gallerie", stampata da Bassini nel 1760.
Nel 1962, Camillo Boselli ha alfine pubblicato l'altra importante opera del Carboni, "Notizie storiche dei pittori, scultori e architetti bresciani", inedita da tanto tempo e il cui manoscritto è custodito dalla Biblioteca dell' Archiginnasio di Bologna. Secondo Antonio Fappani ("Enciclopedia bresciana") l'Ateneo o la Pinacoteca Tosio Matinengo custodiscono un ritratto del Carboni eseguito da Santo Cattane
Brescia, 1684 - 8 aprile 1754.
Padre di Bernardino, Domenico e Giovan Battista alle cui rispettive voci si rinvia. Fu buon intagliatore ed aducò all'arte anche i figli. Di lui, tuttavia, non si conoscono opere certe.
Sono probabili suoi interventi la costruzione della soasa dell'organo della chiesa di S. Faustino maggiore in città; per quella del Duomo nuovo e della cantoria nella parrocchiale di Azzano Mella.
Sandro Guerrini, nel giudicarlo "tra i maggiori intagliatori operanti a Brescia nella prima metà del XVIII secolo", nel volume "Chiese in Brescia nei secoli XVII-X-VIII" riproduce la richiesta di cittadinanza bresciana inoltrata dall'artista nel 1747
Pertica Bassa, 4 febbraio 1936.
Prevalentemente disegnatore, si è quindi dedicato alla pittura a olio volgendo attenzione al mondo contadino e al paesaggio ampio della sua terra colta negli aspetti idilliaci. Ne sorgono vedute solitarie, ricomposte con scelta impressionistica in cui si ravvisa l’amore alla propria terra che ha fatto definire Cargnoni “agri-pittore” per eccellenza.
Per lui si ricordano le parole dettate da Nella Mariani in “Panorama d’arte 1977” che rileva nei dipinti una “evidente continuità stilistica, un modulo espressivo gentile”.
BIBLIOGRAFIA
R. LONATI, “Dizionario dei pittori bresciani”, Giorgio Zanolli Editore, 1984.
Brescia, 20 aprile 1932.
Compiuti gli studi liceali in città, si è laureato in Lettere a Milano; insegna in scuole cittadine. Fratello di Carelia (v.). Frequentati i corsi serali della Associazione Artisti bresciani, fin dal 1957 intraprende la partecipazione a premi e mostre collettive provinciali, esordendo poi in città vicine quali Gallarate (1959), Suzzara (1968), Vigevano (1969), Milano (1969), Mantova (1970), Cremona (1971) fino alle più vicine mostre di Bari, Marina di Canai. Al tempo stesso è presente con personali in località della provincia e in Brescia (1963, 1968, 1969, 1972, 1974, 1975, 1979, 1980).
Con alcuni pittori della sua generazione è fra i fautori di un rinnovamento del clima artistico cittadino, sia in seno alla A.A.B., della quale per qualche tempo è stato consigliere, sia operando con il “Gruppo degli otto” che brevemente ha avvicinato le giovani speranze della pittura bresciana, ma scioltosi appena dopo la prima mostra allestita nel 1958.
Anche se non molto frequenti, le sue apparizioni in città sono state caratterizzate da progressivo affinamento della grafia, dalla evidenza sempre più palese della forza immaginativa sottolineati dai riscontri critici. “Favola visiva” è stata definita la sua pittura fatta di “scatti ritmici, con qualche affinità ad una selezionata storia di cartoni animati, ma intesa come una più puntigliosa e fine documentazione ironica di avvenimenti simbolici, esemplificati attraverso grafici indicativi”. Freschi toni, su spazi tersi, di colori acrilici creano pertanto frutto di lucida fantasia. Ma quel frangersi delle immagini “come specchio in frantumi”, non sfiora il gioco, bensì è testimonianza di partecipazione, non retorica ma arguta, che si fa critica alla contemporaneità.
E la partecipazione a fermenti contemporanei è altresì provata da recente “manifesto”, condotto nel filone figurativo, ideato da Giacinto Cargnoni per diffondere monito teso al rispetto altrui, condizione essenziale per la vera pace. Per questo, uno dei frutti della attività grafica (acquaforte-acquatinta) che ha consentito a Cargnoni di raggiungere ambite affermazioni in concorsi americani (S. Francisco, Rockfort, Seattle…); in Barcellona (Premio J. Mirò) e, in Italia, fra gli altri, emergere nella Il Biennale di pittura sul tema “L’Inferno di Dante” a Napoli (1976) nei Premi Mazzacurati (Teramo) e Vanvitelli (Caserta).
In occasione di sue presenze lontane da Brescia ha mosso l’attenzione di L. Bortolon, E. Fezzi, D. Villani, R. Margonari, F. Vincitorio, R. De Grada e altri noti Critici.
Mentre si assottiglia la produzione pittorica, prende sopravvento quella grafica, meglio calcografica, con la quale Cargnoni partecipa alla mostra itinerante di Monza, Brescia, Lecce, Cagliari curata da Glauco Camilese Lèndaro, alla quale segue la composizione di una cartella, in collaborazione, in occasione della rassegna tenuta dalla A.A.B. nel maggio 1981.
Premiato il successivo anno per un’opera dedicata ai Caduti di Piazza della Loggia, dà vita a ulteriore cartella, composta con tre colleghi, illustrante la Valle Sabbia.
La Libreria Queriniana nel 1983 ospita mostra personale, seguita dalla partecipazione alla rassegna di grafica al Centro “F. Turati” di Balzamo (1995).
Può dirsi che ogni anno Giacinto Cargnoni sia presente sulla scena delle esposizioni: a Dublino e Petrosino nel 1987, a Pescara (1988), Dublino ancora (1990), Brescia (1992), New York (1993), Vicenza e Zurigo (1995), Verolanuova (1996), Casarsa del Friuli, Soncino, Rende (1997), Acqui Terme (1999).
Con le ricorrenti partecipazioni alle iniziative intraprese in Noboli di Sarezzo e manifeste nella chiesa di S. Bernardino negli anni 1986, 1991, 1993 si segnalano altre varie cartelle realizzate in collaborazione e poi le mostre personali susseguitesi dal 1989 a Belem (Brasile), a Brescia (Libreria Einaudi, 1995), nel Palazzo civico di Sirmione (1996), nel Centro culturale di Gavardo (1998) fino all’ampia antologica tenuta dall’AAB dal 6 al 24 febbraio 1999 a cura di Mauro Corradini. Premessa ad altre allestite nella sala dei Santi Giacomo e Filippo in città e varie località provinciali.
E’ da tempo giunta a maturazione l’espressività di Giacinto Cargnoni, la visione che egli dà del mondo e dell’esistere. Ben ha osservato Corradini rilevando che “viene massimamente emergendo… il senso di uno stupore inquieto nei confronti della realtà. Cargnoni pone in campo la complessità della sua visione, quel singolare equilibrio tra realtà e fantasia che par caratterizzare tutta la sua più che ventennale produzione”. Giudizio valido anche per quella odierna.
BIBLIOGRAFIA
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- Nome d'arte: CARELIA
Brescia, febbraio 1931 - 20 gennaio 1981.
Autodidatta, fratello di Giacinto Cargnoni, si è laureato in ingegneria coprendo dapprima incarichi in una nota azienda cittadina, affrontando la libera professione poi. Ha soggiornato a Parigi e in altre città straniere, ma nella capitale francese soprattutto ha meditato le opere degli Impressionisti, attingendo in particolare da Cèzanne e Van Gogh le cromie giallo azzurre caratterizzanti i suoi dipinti, cui il tocco nitido e geometrico dà l’aspetto di mosaico. li mondo degli umili affiora nelle tele di Carelia: viuzze cittadine, attrezzi del quotidiano lavoro, i tetti delle case o la rude vita montanara. Quando il segno si fa più libero, sciolto, “lo smalto, l’umidore dell’atmosfera ottengono espressione più viva, penetrante; le modulazioni cupe dei verdi e degli azzurri raggiungono effetti di luminosità tersa, scintillante come in un limpido tramonto dopo il temporale”: nella rievocazione poetica v’è testimonianza di dolente partecipazione ai motivi aspiratori. Carelia maggiormente si è evidenziato negli anni Sessanta, allorché espose con assiduità nelle sale della A.A.B. della quale è stato presidente.
Amico di Garosio, Degl’Innocenti, con essi soleva trascorrere lungo tempo in appassionate conversazioni nello studio aperto prima alle pendici del Castello, in piazza T. Brusato poi.
Assorbito dalla professione, poco alla volta aveva attenuato l’attività espositiva, pur continuando a dipingere, finché rimase vittima di incidente stradale.
BIBLIOGRAFIA
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“Galleria d’arte A.A.B.”, Brescia, 30 ottobre - 11 novembre 1971.
R. LONATI, “Dizionario dei pittori bresciani”, Giorgio Zanolli Editore, 1984.
Castenedolo, 1921 - 12 settembre 2002.
Laureatosi in medicina veterinaria, esplica la professione fra Ghedi e Castenedolo. Ciò non gli ha impedito di frequentare gli studi di Antonio Stagnoli, Carlo Pescatori, Oreste Rodini ai quali si sente debitore della formazione sua pittorica.
Dal 1957, a Legnano, data la prima affermazione in seno a concorso riservato ai medici, ed a concorsi “professionali” partecipa in anni successivi a Ferrara (1957), Bologna (1958), Chiari (1960), Castellamare di Stabia (1964) fino a Brescia (1973). La sua presenza si estende tuttavia anche a noti Premi pittorici quali il “Montichiari” (1958), l’ “Orzinuovi” (1959), a Lodi e Suzzara (1960), l’internazionale di Castellamare di Stabia (1970).
Se note sono le sue mucche improvvisate per la Fiera di Calvisano, tanto ch’è ormai consuetudine vederle pubblicate dal “Giornale di Brescia” in occasione della Fiera calvisanese, Beppi Carletti è altresì autore di delicate nature morte, fatte soprattutto di “freschissimi mazzetti di fiori agresti” o paesaggista dal costruttivo tratto che pare incidere effuse luci. Così come è attento illustratore della vita di paese, a cui strappa personaggi e am-bienti.
Se sul piano critico possono avere evidenza i nomi di Achille Funi, Franco Russoli, Mino Maccari, Cristoforo De Amicis, che ai dipinti di Carletti hanno dedicato note, all’uomo hanno offerto brani affettuosi e penetranti Renzo Bresciani e Giannetto Valzelli.
BIBLIOGRAFIA
Sta in: “Arte bresciana oggi”, Sardini Ed., Bornato.
Si veda inoltre: “Giornale di Brescia”, 26 giugno 1957, Tra i medici premiati a Legnano il dr. Carletti e altri bresciani.
R. BRESCIANI, Il pittore del mese, “Biesse”, a. 1. n. 10, dicembre 1961.
“Secondo concorso di pittura e scultura per medici”, Galleria Labus, Brescia, 17-29 novembre 1973.
“Giornale di Brescia”, 16 febbraio 1980, p. 17, III.
R. LONATI, “Dizionario dei pittori bresciani”, Giorgio Zanolli Editore, 1984.
Hanno particolare carattere i disegni apparsi nel “Giornale di Brescia” del 26 febbraio 1955 Cascina a Bagnolo; 26 febbraio 1956 Casa Forti e 30 marzo 1956, Cristo morto.
CARLO DA SABBIO. Secolo XIX.
Dalla "Enciclopedia bresciana" di Antonio Fappani apprendiamo che Carlo da Sabbio fu artigiano intagliatore non meglio identificato. Nel 1861 ha eseguito l'urna destinata a raccogliere le reliquie di S. Felicissimo, nella parrocchiale del suo paese.