Crema, 1470 - post 1544.
Il Vasari lo dice bresciano, ma sembra si debba escluderlo. Nello stesso testamento è detto “cremensis vir”. A Brescia, dove compare nel 1491, dimorò a lungo e della città fu nominato cittadino onorario nel 1498. A Caiolo di Valtellina è ricordato come Vincenzo da Brescia.
Oltre che pittore fu intagliatore, incisore, ingegnere e architetto. Come pittore ha risentito l’in-fluenza di Vincenzo Foppa, ma ancor più della pittura veneta. Nel 1509 era a Crema, ma nel 1511 era nuovamente nel Bresciano, facendo definitivo ritorno a Crema nel 1532.
In località bresciane vi sono sue opere. In città: Duomo vecchio e chiesa di S. Alessandro, in S. Giovanni Evangelista, nella Pinacoteca Tosio-Martinengo, in S. Maria del Carmine, a Nave: nelle pie-ve; a Palazzolo: parrocchiale; Travagliato, Breno, Rodengo, Esine. Del suo ambito sono da ricordare le tarsie dei dossali per la sacrestia della chiesa di S. Francesco (1509).
Inoltrandoci nelle sacre fabbriche più sopra ricordate rileviamo i temi in esse svolti da Civerchio.
Il Risorto orna l’abside della chiesa del Carmine, le cui pareti recano pure l’Incontro di Cristo con la Madonna e, di incerta attribuzione, Cristo e la Maddalena.
Diverse le versioni della Deposizione di Cristo: la prima appartenne al Capitolo della chiesa di S. Pietro in Oliveto; solamente attribuita, era affiancata da S. Francesco che presenta un devoto. La seconda, d’intensa drammaticità, datata 1504, è della chiesa di S. Alessandro. La terza è parte del polittico di S. Nicola da Tolentino con i SS. Rocco e Sebastiano, un tempo in S. Barnaba ed oggi alla Pinacoteca Tosio Martinengo. La Pietà figura nella sommitale lunetta. Il complesso è contrassegnato dalla firma: OPUS VINCENTI CIVERCHI DE CREMA, 1405.
Ancora una Deposizione è in S. Giovanni evangelista: in passato ritenuta del Savoldo, poi variamente attribuita, alfine si è proposto il nome del Civerchio, anche se l’attribuzione non trova concordi gli studiosi.
Alfine, stilemi civerchiani affiorano alle pareti della cripta di S. Afra in S. Eufemia.
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Rovato, 1938.
Applicandosi precocemente all’acquisizione di diverse tecniche pittoriche, Elisa Clerici ha maturato una espressività che si nutre di moti espressioni-sti.
I suoi dipinti a olio, realizzati a pennello o con la spatola, propongono rappresentazioni varianti dal figurativo all’astratto: una produzione proposta in varie mostre personali, al Circolo culturale di Palazzolo, a Bergamo, Cremona, oltre i confini regionali, ed anche in ripetute mostre collettive.
Si è così evidenziato l’intento di ricreare e rappresentare valori assoluti che informino l’esistenza umana. Ma il procedere creativo non scaturisce da finalità ideologiche, bensì dall’imperioso desiderio di proposta giovevole all’uomo, rivestendola di un ruolo edificante.
Udine, 19 dicembre 1890 - Brescia, 15 gennaio 1960.
Di Fabio e di Maria Zuliani.
Compiuti gli studi all' Accademia di B.A. torinese, sotto la guida di Cesare Zocchi, ha modo di operare via via con Dazzi (v.), Minerbi ed Angelo Zanelli (v.).
Nel 1918, già domiciliato a Vestone, sposa la signorina Emilia Pizzicaro.
Ufficiale durante la prima guerra mondiale, merita una medaglia di bronzo al valor militare. Legionario a Fiume, diviene amico di Gabriele d'Annunzio e irruente mente entra nel dibattito artistico culturale apertosi in Italia fra il 1910 e il 1930: polemizza con Oppo e Maraini (v.) legati al partito fascista; porta la denuncia anche su una pubblicazione da lui fondata negli anni Trenta e nelle cui pagine li definisce "oppor-tunisti". Attacca anche i Futuristi, finché le autorità politiche gli impongono di troncare ogni polemica.
Fin da giovane appassionato motociclista, nel 1934 mentre partecipa con la squadra delle FF. AA. alla 2000 km. Blanken-Lipsia, subisce grave incidente che lo priva del braccio e della gamba destri. Nonostante la mutilazione, le incomprensioni affrontate nel corso degli anni, riprende a scolpire con la mano sinistra, in questa decisione sorretto dall'amico Minerbi del quale ha assimilato lo stile definito "quattrocente-sco" .
Fra le opere maggiormente significative di Antonio Cloza sono citate: il busto del sen.
Cavalletti Rondinini, al Museo capitolino (Roma, 1926); Venere al Museo di arte moderna di Roma (1928); La Libertà, frutto' aella collaborazione prestata ad Angelo Zanelli (Cuba, 1928); il Lanciatore del peso, per il Foro italico in Roma, le quattro statue dell'Hotel Ambasciatori di Roma, la Fontana di S. Severo di Puglia, eseguita dopo aver vinto concorso nazionale, la Gazzella adornante la fonatana di Rodi; Cristo, testa a ricordo dell'eccidio dei Domenicani del Mato Grosso; l'ornamento della tomba della famiglia Legnazzi al Vantiniano, il monumento ai Caduti di Vestone.
Dal 1953 si era trasferito a Brescia dove, nel 1958, ha ordinato la sua ultima mostra personale, dopo quelle allestite con Ottorino Garosio alla A.A.B. negli anni 1952 e 1954.
Secoli XV-XVI. (anche Clusone).
Di scarso valore artistico, lascia una pala raffigurante Madonna in trono fra i SS. Nazaro e Celso nella chiesa della Noce. Pala firmata: “Francesco Clusoni fece 1515”.
A lui sono forse attribuibili anche tavolette a soffitto e disegni per xilogra-fie.
Il Guerrini scrive che il Clusoni pur avendo scarsissimo valore di fronte a grandi artisti del suo tempo (Foppa, Romanino, Savoldo, Moretto) esprime tuttavia in una semplice forma da principianti una sua idea religiosa e arti-stica.
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Secolo XVIII.
Più che pittore, esercitò il restauro, divenendo noto per le deturpazioni perpetrate più che per i restauri ben eseguiti.
BIBLIOGRAFIA
“Enciclopedia bresciana”, Ediz. La Voce del popolo.
Lovere, 20 febbraio 1968.
Crescita a contatto della natura e la meraviglia delle intense fioriture di anno in anno rinnovantisi, Cinzia Cocchetti ne è rimasta affascinata.
Consigliata dal padre ha intrapreso a dipingere sulla seta, tecnica che nella delicatezza del supporto meglio riflette ed esalta l’armonia di fantasie floreali prodotte con accurata veridicità formale e cromatica, oppure riflessa in “ricami” lievi dalla trasparenza vagante nell’aria come sospinte da brezza. Non a caso alcune delle composizioni titolano “Fantasia floreale”, “Primavera”, “Visione notturna”… Ma accanto ad esse ulteriori realizzazioni provano quanto l’abilità di Cinzia Cocchetti sappia prodursi in motivi molteplici più vicini alla quotidianità: come nel fulgore cromatico di “Pappagalli”, nel monocromo ritratto di “Charlie Chaplin”.
Le sue creazioni sono state presentate a vari concorsi nazionali e internazionali venendo contrassegnate da ambiti riconoscimenti.
BIBLIOGRAFIA
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Brescia, 25 ottobre 1913 - 6 maggio 1958.
Figlio di Eliodoro, studiò alla scuola del padre e a Brera dove ottenne il massimo dei voti.
Fu singolare creatore di manifesti e fertile illustratore di varie pubblicazio-ni.
Affreschista col padre, nelle tele a olio manifesta singolare personalità.
Attento ai movimenti europei contemporanei scrisse anche pagine utili alla comprensione della pittura bresciana.
Si rivelò alla mostra dei giovani pittori organizzata dal sindacato nel 1932, esponendo nature morte. Le sue opere, anche di paesaggio, sono dense di malinconia… rivolte a vaste visioni e solenni, ad angoli apportati e disadorni di vecchi quartieri.
Poco noto, è meritevole di studio che ne esamini la produzione e ne evidenzi i valori.
Nonostante il nome di Aldo Coccoli ricorra sovente in articoli vari o in monografie dedicate ad artisti locali dei quali è stato amico, primo fra tutti Ermete Lancini, nessuna iniziativa si è proposta per meglio conoscere il frutto della sua creatività, che si è espressa anche nel campo della carica-tura.
In questa veste lo ha proposto la recente mostra “Pennini graffianti. Caricature e satire nel bresciano tra Ottocento e Novecento”, curata da Aurelio Gatti e suddivisa fra le sale dell’Arsenale, il Castello Oldofredi di Iseo e inaugurata l’8 dicembre 2005.
Delle quattro caricature esposte l’unica ad vere il nome dell’effigiato è quella dedicata ad Alfredo Gatta, indimenticato critico del “Giornale di Bre-scia”.
BIBLIOGRAFIA
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“Il Popolo di Brescia”, 4 marzo 1934, La mostra degli artisti brescia-ni.
Manifesto per il congresso provinciale del P.C.I., 6-7 ottobre 1945.
AEQUUS, Duecento opere di artisti bresciani, “Giornale di Brescia”, 24 ottobre 1945.
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AEQUUS, Pittori e scultori a convegno, “Giornale di Brescia”, 24 ottobre 1946.
AEQUUS, Nel mezzo e moderati gli artisti di Gruppo B, “Giornale di Brescia”, 8 maggio 1947.
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G. V.(alzelli), L’immatura morte del pittore A. Coccoli, “Giornale di Brescia”, 7 maggio 1958.
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“Per una nuova storia locale: materiali e proposte sul Bresciano”, Biblioteca archivio Micheletti, Nuova ricerca editrice, Brescia, 1978. (Riproduce il manifesto per il Congresso del P.C.I., ottobre 1945).
“Enciclopedia bresciana”, Ediz. La Voce del popolo.
R. LONATI, “Dizionario dei pittori bresciani”, Giorgio Zanolli Editore, 1984.
Particolare carattere hanno gli articoli apparsi nel “Giornale di Brescia” nelle date seguenti:
29 gennaio 1959, GALDINO, Radioscopia del cartellone della stagione lirica del Grande. (Con due grafiche).
1 febbraio 1952, Ribalta illuminata al Grande. (Con una grafica).
2 febbraio 1952, Stasera inizia al Grande il Carnevale lirico. (Con una grafica).
5 febbraio 1952, G., Nel Faust di Gounod al Grande. (Con una gra-fica).
15 febbraio 1952, Al Grande, I dolori del giovane Werther. (Con una grafica).
Brescia, 1929.
Figlia di Eliodoro, sorella di Aldo, pittori dei quali si dice specificatamente, Anna Coccoli è essa stessa pittrice oltre che scultrice. Bene ha osservato Giuseppe Rivadossi affermando che Anna ha appreso in famiglia il grande mestiere, ma dal padre e dal cenacolo di artisti che incontrò nel periodo della formazione non ricevette solo il mestiere ma anche un modo di osservare la vita, l’uomo, gli eventi, prendendo coscienza del suo tempo.
La personalità attenta ai fermenti della contemporaneità testimoniata dalle opere pittoriche si propone “nelle forme programmate” risalenti al 1969 e rivelate dalla mostra personale allestita nella scomparsa Galleria del Minotauro. Fin da allora si palesa una sensibilità vigile nei confronti dei sentimenti e delle ricchezze interiori, valori che hanno nutrito e sostenuto il notevole talento di colei che si è costituita un “mondo rabdomantico, un proprio universo culturale con modelli e coordinate che non sono costruite dal metodico studio o dalla frequentazione accademica, ma da libere letture, dall’affannoso esercizio della copiatura di libri, riproduzioni fotografiche, riviste, cataloghi che il padre raccoglieva e annotava nel proprio studio”. Così Valerio Terraroli ha individuato la matrice della ricerca di Anna Coccoli, presentando la mostra personale tenuta nelle sale dell’AAB nel 2001.
Il processo creativo rivisitato si sviluppa attraverso il “trasudare silenzioso di un fiore d’ortensia, dalle assorte teste di vecchie nelle quali il reticolo delle rughe è insieme ramage elegante delle superfici e ferite sanguinanti”. Stilemi trasposti via via nella pittura che mediante la corposità terrosa volge a una espressione informale.
A confermare la prevalente attenzione dell’artista verso gli eventi della contemporaneità resta la serie dedicata a Hiroshima e agli scioperi operai (1962-64) nella quale il colore diviene violento, mescolando le visioni, le figure e le spoglie sagome delle fabbriche, dando ai dipinti funzione critica, di denuncia nei confronti della società odierna. I periodi trascorsi in Brasile pongono la pittrice di fronte alla miseria, alla povertà delle favelas dove ritrova e riconosce l’umanità sofferente e martoriata che le ispira le grandi tele del “Carnevale” e “Delle donne che camminano in uno spazio urbano” compiute nei primi anni Ottanta e riavvicinabili ai lavori sortiti dalla visione manifesta nell’immediata dopoguerra. Le figure si ingigantiscono nello spazio pittorico e la tavolozza si fa bruna, grigia, rossastra restituendo allo sguardo la bellezza delle donne brasiliane, grandiose nel loro emergere dal fondo scuro, simili a idoli.
Nella loro sintesi compositiva, nel tono cromatico essenziale, queste figure dall’intensa plasticità non a caso han fatto dire di ascendenze sironiane, riproponenti una monumentalità silente che fa scaturire struggente motivo di condivisione.
Dopo l’esordio al Premio Olimpiadi della Gioventù - Arti figurative - di Roma nel 1958, Anna Coccoli ha partecipato a varie notevoli manifestazioni, dal Premio Suzzara al Premio Sant’Ilario d’Enza e allestito numerose personali: nel 1960 e 1964 alla Galleria Alberti in città, nel 1962, 1964 e 2001 all’AAB, nel 1968 nella scomparsa Galleria del Minotauro, mentre nel 1969si è presentata nella Galleria Gelso di Lodi. La Galleria S. Michele l’accoglie nel 1972, mentre l’anno successivo sue opere figurano in Palazzo Gonzaga di Sabbioneta e nel 1974 e 1980 nella Galleria Portal di S. Paolo del Brasile dove, nel 1994, si ripeterà presso il Museum de Arte. Nel 1978 nella bresciana Galleria dell’Incisione. Alfine, Brescia ha accolto ulteriori due mostre personali, presso la Galleria dell’In-cisione (1991) e la Galleria dell’Officina (1994).
Durante il suo pellegrinare, Anna Coccoli ha veduto sue opere approdare in collezioni pubbliche e private non solo in Italia, ma anche in USA e Bra-sile.
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