Camignone, 14 ottobre 1955.
Si è dedicato al disegno sin dalla giovinezza e per affinare le naturali doti creative dal 1971 ha fre-quentato il Liceo artistico “Vincenzo Foppa”, integrando poi lo studio della pittura e delle sue mol-teplici tecniche in forma autonoma, avvicinandosi in tal modo all’arte fiamminga e rinascimentale italiana, per giungere all’impressionismo e ad alcune avanguardie storiche.
Dal 1977 al 1983 risiede all’estero, dapprima in Danimarca, poi in Inghilterra avendo modo di con-frontarsi con realtà artistiche le più diverse.
Fatto ritorno in Franciacorta, a Camignone, nel 1987 apre uno studio professionale di pittura, grafi-ca e decorazione.
Successivamente, nel 1991, assieme ad alcuni amici fonda l’Associazione d’arte “Orizzonti aperti” con l’intento di riunire tutte le arti maggiori e minori in un unico polo espressivo dove esse possano complementarsi e dove venga rivalutato il ruolo dell’artista in qualità di modellatore di nuove realtà, araldo della bellezza interiore, che attraverso la comunicazione autentica forgia nuovi modelli e ar-monia di tempi migliori.
Con i sodali, nel 1996 promuove momenti d’incontro tesi a inverare gli intenti dell’Associazione che dà vita pure ad alcune edizioni del festival “Sui sentieri della fantasia” svoltosi a Monte Isola d’Iseo.
Coerentemente alle proposte di “Orizzonti aperti”, Giovanni Franchi propone il proprio itinerario creativo e partecipa a numerose manifestazioni “plein air” che lo avvicinano alla natura ed anche all’attenzione del pubblico.
È così che Franchi, acquerellista provetto, maestro di trompe l’oeil, di decorazione, percorrendo ogni strada dell’arte approda a una figurazione luminosa, vibrante e delicata dal vago sapore classi-cheggiante. Metafisica e fantasia si coniugano nel rappresentare ed evidenziare l’ansia di libertà presente in ogni creatura umana.
Rispondono a questi intenti alcuni ritratti di giovinette resi con fluida armonia cromatica ed evidente ricerca introspettiva; così le nature morte immerse in assorte atmosfere, mentre i paesaggi di estrema sintesi si animano di colori e delle evanescenze di una natura palpitante di aliti provinciali dell’algido candore di inverni prossimi ormai al disgelo.
L’apprezzamento per l’arte di Franchi è manifestato anche dalle raccolte private che posseggono suoi dipinti, in Italia ma anche in Francia, Germania, Svizzera, Olanda, Danimarca, Gran Bretagna e Stati Uniti.
Toscolano del Garda, 31 luglio 1929.
Presente in concorsi o collettive gardesani fin dal 1968, ha altresì allestito mostre personali a Bre-scia (1975), Mademo (1973-1975), Desenzano (1974, 1978, 1980), Gargnano (1974, 1976), Casti-glione (1974), Gavardo (1975), Salò (1977).
“Le sue opere meglio riuscite, dove meno indulge a illustrare, fermano gli istanti di pausa in cui si siede all’ombra di un muretto per lasciar scorrere la vita davanti all’occhio attento. Il risultato, più che una visione minuta, è visione d’assieme, accordo di toni e mezzi toni, quietudine serena”. Na-scono così visioni del Garda e del suo entroterra nel compiersi anche di un’opera di recupero di certi momenti – la pesca per esempio – testimonianza di un mondo che va scomparendo.
In questo atto d’amore verso la propria terra, Franchini si pone nella scia di noti artisti benacensi, da Angelo Muchetti a Carlo Banali, da Delai al Beretta.
Il trasferimento a Gargnano è avvenuto in seguito al matrimonio.
Le ultime apparizioni in manifestazioni artistiche a noi note sono avvenute in seno alla Galleria Vit-toria di Brescia negli anni 1981-1982.
La grave menomazione che gli ha ridotto l’uso della vista poco a poco lo ha allontanato da tela e pennelli.
BIBLIOGRAFIA
L. SPIAZZI, “Galleria Gonzaga”, Castiglione, 1 - 17 settembre 1974.
L. SPIAZZI, “Galleria A.A.B.”, Brescia, 11 - 23 ottobre 1975.
“Galleria La Cornice” Desenzano 11 - 29 marzo 1978.
L. SPIAZZI, Giro dell’arte, “Bresciaoggi”, 25 marzo 1978.
L. SPIAZZI, Giro dell’arte, “Bresciaoggi”, 21 giugno 1980.
O. ZAGLIO (a cura di), “Collettiva” ‘81”, Brescia, Galleria d’arte Vittoria, 20 gennaio 1981.
O. ZAGLIO (a cura di), “Collettiva”, Brescia, Galleria d’arte Vittoria, 5 settembre 1981.
O. ZAGLIO (a cura di), “Collettiva”, Brescia, Galleria d’arte Vittoria, 21 novembre - 24 di-cembre 1981.
R. LONATI, “Dizionario dei pittori bresciani”, Giorgio Zanolli Editore, 1984.
Brescia, 1845 - 9 maggio 1880.
Nella “Storia di Brescia” è detto decoratore al pari di Carlo Chimeri con il quale contribuisce a ulti-mare le opere artistiche nel Santuario basso di S. Maria delle Grazie.
Se per Carlo Chimeri (v.) si è potuto lumeggiare un poco di più la figura e l’opera, v’è da sperare che anche per il Franchini si possa presto estrarre dall’oblio il frutto del suo lavoro lodato dal Sala. Sempre col Chimeri, ha realizzato dipinti nella parrocchiale di Chiari. Fu inoltre autore di motivi de-corativi esposti in occasione di mostre bresciane sul finire della sua vita.
BIBLIOGRAFIA
R. LONATI, “Dizionario dei pittori bresciani”, Giorgio Zanolli Editore, 1984.
Secolo XVI.
Definito intagliatore e intarsiatore, qui lo si ricorda soltanto per la collaborazione prestatagli nel 1534 da Ludovico da Brescia o Da Nozza (v.) per la cattedra episcopale nel Duomo di Ferrara.
Brescia, 14 giugno 1883 - 3 gennaio 1917.
Nato da Andrea e da Elisa Massetti, ben presto sente il fascino dell’arte. Tanto che giovanissimo è sorpreso da Cesare Bertolotti nel Santuario di S. Maria delle Grazie intento a studiasse le architet-ture “con esattezza delle forme e del colore, una intuizione dello stile a cui deve ispirarsi l’opera pittorica in armonia con l’architettura”.
E di Bertolotti, Franciosi sarà allievo nelle salette della scuola Moretto.
Discepolo insofferente e discontinuo, ma rispettosissimo e affezionato. Ciò nonostante, a meno di vent’anni già espone e nel 1904 è il più giovane pittore, e fra i più validi, della Mostra inserita nella nota Esposizione bresciana.
Di quegli anni sono: Ritratto di mia madre, Un amico e un piccolo Autoritratto.
Nel 1911 vince il Legato Brozzoni, dopo la rinunzia fatta da Angelo Fiessi. Con il denaro guadagnato con la borsa di studio può frequentare i corsi di Cesare Tallone e quelli di anatomia presso l’Accademia di Brera. Dal Tallone deriva il gusto della pennallata succosa, ma suoi fin da allora sono il colore e la vivacità racchiusa nelle composizioni.
Del 1912 restano il Ritratto dello scultore Bardelli, quello, ancora, della moglie.
A Brera espone ripetutamente, anche vicino ad altri bresciani: Bertolotti, Soldini, Landi e Mario Bet-tinelli. Artefici questi, che uniti a G.B. Bosio, Angelo Fiessi, Togni rappresentano un periodo fio-rente di iniziative artistiche “una scapigliatura dalla quale la pittura bresciana aveva ben ragione di aspettarsi opere durature”. E Franciosi, fra gli amici ricordati, possedeva qualità in grado di farlo emergere.
Con il matrimonio con la signorina Eugenia Previ, avvenuto nel 1913, Franciosi fa definitivo ritorno a Brescia. Dal matrimonio avrà due figlie: Rosetta (1915) le cui sembianze restano fissate in un pa-stello vicine a quelle della madre; Umbertina, nata pochi giorni dopo la scomparsa del padre, dal quale in mesta memoria deriva il nome.
La guerra in atto, il faticato ritorno alla normalità, fanno per anni dimenticare il pittore nostro morto giovanissimo, le cui opere, tuttavia, sono accolte in collezioni di note famiglie e nella Pinacoteca Tosio Martinengo. Un elenco di quelle opere è già stato redatto, qui val citarne alcune: Ragazza mesta proprietà Franzini, Madre e figlio, proprietà Tirale, Ritratto di fanciulla e Fanciulla rispettiva-mente delle famiglie Righetti e Magnocavallo, Testa di fanciulla, presso la famiglia Sandri, a Verola-nuova. Altre ancora sono proprietà Pasini (Autoritratto, Vecchio del ricovero), Decca (Testa di fan-ciullo, Il forgiatore), Chiodi (Controluce, Cappellino blu), nonché le numerose degli eredi e della Galleria Civica.
Con alcuni paesaggi, queste opere provano a quale livello giunge in brevi anni la pittura di Franciosi e giustificano le parole di affetto e di rimpianto espresse da Nino Fortunato Vicari, Vincenzo Lonati e, in più tardi anni, da critici quali Giannetto Valzelli, Jo Collarco e Elvira Cassa Salvi, Enrico Somaré e Giorgio Nicodemi.
Offerta ai bresciani nel 2004 l’opportunità di riaccostare le vicende esistenziali e ammirare l’opera di Franciosi, quando l’AAB ha accolto la mostra curata da Luigi Capretti e Francesco De Leonardis, autori pure del catalogo, dov’è riunito il frutto di un’indagine quanto mai approfondita.
Così, accanto alla illustrazione delle opere esposte, altre sono state catalogate, offrendo una visione pressoché completa della creatività dello sfortunato pittore.
Non stupisce che l’interesse suscitato dall’evento abbia indotto numerosi collezionisti a segnalare ulteriori dipinti (circa 25), ritratti in particolare, riuniti poi in una addenda al catalogo.
Finalmente la fioritura di studi sulla pittura di casa nostra fra Ottocento e Novecento ha posto nella giusta luce anche la creatività di Franciosi.
BIBLIOGRAFIA
Sta in: L. CAPRETTI, F. DE LEONARDIS, “Umberto Franciosi”, Brescia, AAB, 11 dicembre 2004 - 19 gennaio 2005.
Si veda inoltre: GIO. CA., Umberto Franciosi, l’ossessione del volto, “Giornale di Brescia”, 10 dicembre 2004.
R. LONATI, Proposta “l’arte bella” di Umberto Franciosi, “La Voce del popolo”, 17 dicembre 2004.
“AAB Notizie” n. 12, gennaio 2005, Addenda al catalogo della mostra di Umberto Franciosi.
C. BERTOLDI, Umberto Franciosi, “STILE Arte” n. 85, febbraio 2005.
G. ORLANDI, Franciosi restaurato, “STILE Arte” n. 85, febbraio 2005.
Secolo XVI.
Definito lapicida, nel 1544 è, con altri lapicidi, come uno dei Fostinelli (v.) acquisitore di una "bottega" sulla Garzetta posta all'incanto dal comune. Di lui non si conosco-no interventi.
Potrebbe aver operato alle dipendenze di A.M. Colla (v.).
Brescia, 1835 - 1922.
Già era compiuta questa parte del “Dizionario” quando s’è potuto consultare il quarto volume della “Enciclopedia bresciana”, di A. Fappani, dalla quale rileviamo il nominativo di Clara Franzini, allieva di Faustino Joli, ma pittrice dilettante, che nel 1872 si segnalava con paesaggi.
BIBLIOGRAFIA
R. LONATI, “Dizionario dei pittori bresciani”, Giorgio Zanolli Editore, 1984.
21 settembre 1878 - S. Colombano al Lambro, novembre 1943.
Appresi i primi elementi della pittura dal padre Antonio (v.), ancor giovane espatria in Belgio, dove si trattiene per alcuni anni, realizzando dipinti di sapore sociale.
Di lui dice la “Sentinella bresciana” del 24 agosto 1916, in una corrispondenza da Folkestone (In-ghilterra), segnalando il dono fatto dal pittore alla città d’un quadro dal titolo L’arrivo dei profughi a Folkestone, esposto nel palazzo municipale. Franzoni ha espresso commosse parole di gratitudine per l’Inghilterra e di amore per l’eroico popolo belga oppresso. Classica di intonazione, l’opera rivela vigoroso disegno ed è definita “perfetta”. Per ringraziare l’Inghilterra che ha ospitato i profughi bel-gi, il quadro è in procinto di essere esposto anche a Londra.
Altri dipinti di Alessandro Franzoni furono acquistati da circoli ed associazioni politiche belgi.
Amichevolmente detto Fredo.
BIBLIOGRAFIA
R. LONATI, “Dizionario dei pittori bresciani”, Giorgio Zanolli Editore, 1984.
Gottolengo, 1836 - 1932.
Padre di Alessandro (v.) fu prevalentemente affreschista ed ha sparso il frutto del suo pennello in numerosi edifici della provincia bresciana.
Particolarmente note sono le decorazioni realizzate per la parrocchiale del paese natio, della quale ha illeggiadrito l’abside e la cupola, e nel teatro municipale.
BIBLIOGRAFIA
R. LONATI, “Dizionario dei pittori bresciani”, Giorgio Zanolli Editore, 1984.
Paitone, 15 luglio 1947.
Poco più che ventenne ha frequentato la Scuola dell’Associazione Artisti Bresciani avendo modo di avvicinare alcuni significativi artefici che hanno orientato la sua ricerca, soprattutto quella riguar-dante la preziosità cromatica.
Nei suoi quadri prevalgono visioni della Valle Sabbia e la viva realtà rurale che lo circonda fin da quando era fanciullo.
Ne deriva una pittura ricca di umori vitali resi con armoniosi accostamenti di azzurri, verdi, bruni terrosi; le stagioni svolgenti il tema a guidare il pennello così da rendere l’esito vibrante ricco di materia rorida: frutto di una tavolozza racchiudente effetti luministici di compattezza quasi materi-ca.
Non a torto v’è chi ha ravvisato nei paesaggi di Enzo Franzoni echi dei colori di Martino Dolci, delle sue note accese e la felice interpretazione in cui la strada sterrata, fiancheggiata da rustici casolari, si proietta alla più lontana chiesuola, oppure quel prato mosso da terrapieno esteso su cui si erge casupola ripresa nel controluce di placido tramonto.
Né mancano le silenti spiagge del lago d’Iseo che ci riportano a siti frequentato da altro cantore del mondo valsabbino, Ottorino Garosio.
Affiora evidente la simpatia nutrita dal pittore per quel “piccolo mondo” contadino non ancora pros-simo all’estinzione, ma vivo nel ricordo di quanti lo hanno frequentato.
L’impegno lavorativo ha per qualche tempo distolto Franzoni dal partecipare a mostre collettive, produrre personali, che pur avevano riscosso apprezzamento delle comunità prossime al luogo na-tio.