Dizionario dei Pittori Bresciani
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FRANZONI RENATO

Salò, 25 maggio 1952.

Ha ripreso l’attività pittorica dopo circa due decenni di abbandono impostogli dagli impegni lavorati-vi.
L’iniziale applicazione lo aveva portato a inserirsi nel Gruppo Artisti di Valle Sabbia in seno al quale ha ripetutamente esposto in occasione di mostre sociali. Ha pure allestito alcune mostre personali disposte in ambienti pubblici della località natia.
Autodidatta, nei suoi dipinti prevale la “narrazione” di eventi valsabbini, con le maschere carnevale-sche e il paesaggio dai rustici antichi. Un piccolo mondo tradotto mediante la tecnica ad olio sulla tela a larghe campiture dal colore marcato che danno vita pure a statiche sembianze di personaggi mascherati, una allegoria che a volte si fa inquietante.
La base grafica ha invece parte rilevante nella produzione paesaggistica coniugante plasticità e sfumato.
Quello di Franzoni è stato definito da Franco Vitali un itinerario creativo percorso in fretta, con la voglia di migliorarsi, lui autodidatta, attento e curioso di scoprire le capacità proprie di far affiorare dall’intimo profondo la disponibilità di parlare agli altri senza usare parole o gesti, ma solo luci e atmosfere.
 
BIBLIOGRAFIA
AA. VV., “Sinestesie. Artisti di Valle Sabbia”, Salò, S.&B Trade Promotion, 1991.
 

FRANZONI RICCARDO

Brescia, 31 luglio 1972.

La pratica gli perviene invece dalla pluriennale attività di affrescatore esercitata per conto di una ditta desenzanese e dalla collaborazione alla Associazione “Brescia Mostre. Grandi Eventi”.
La molteplicità delle esperienze si traduce nella possibilità di operare con uguale resa espressiva sia con la tecnica dell’olio, sia con quella dell’affresco, della tempera o della sanguigna.
Risale al 1996 la presenza di Riccardo Franzoni in manifestazioni artistiche, fra le quali meritano cenno i Concorsi di Bovezzo e del quartiere San Bartolomeo cittadino.
Del 1997 il ritorno a San Bartolomeo e l’esordio al “Premio Moretto” di Brescia in cui si replica nel 1998, anno della partecipazione al Premio “Chiari in cornice”.
La Galleria “La Tavolozza” di Pisogne propone dipinti di Franzoni nel 2000, in occasione di vasta collettiva, seguita da ulteriore rassegna nella città di Breno.
Cesena lo compensa nel 2004 assegnandogli il secondo premio, mentre il “Premio Moretto” lo se-gnala fra i meritevoli. Nel 2005, alfine, ulteriore presenza al “Premio Moretto” e la collettiva “Natale con l’arte” prodotta dal Palafiera di Gavardo.
“Il fascino del reale. Volti e oggetti per comunicare” è il tema proposto dalla mostra personale te-nuta nel 2001 nel Museo Pietro Boifava di Serle: una rassegna condensante il carattere della pittura di Franzoni, ispirata alla tradizione classica, quella nordica in particolare, con prevalente proposizio-ne di nature morte e figure, ritratti inclusi, che danno rilievo alla padronanza tecnica e alla forza espressiva dell’autore.
 

 

FRASSINE LUIGI

 Brescia, 28 dicembre 1935.

Autodidatta, prevalentemente paesaggista, si fa notare a partire dai primi anni Settanta, parteci-pando, fra gli altri, a concorsi in Viareggio (1973-1976), Massa (1974), Azzano Mella (1979-1980). Sue personali sono state allestite a Viareggio (1974), Rimini (1975), Gardone Val Trompia (1976), Brescia (1977) presso la “Galleria S. Gaspare” dove è pure presente in occasione di collettive d’autori locali.
Rivolto agli aspetti molteplici della natura, in particolare dei luoghi consueti prossimi a Collebeato, delle località coglie altresì umili suppellettili che dicono la vita contadina, i rustici ambienti ancora testimoni di antiche abitudini di vita legata a semplicità e genuinità di sentire. “Quel vago sentire di un certo romanticismo non compromette tuttavia l’autonomia, l’indipendenza di Frassine, che so-vrappone ai temi e vi imprime quel tanto di personale che attualizza e rende valida la figurazione… L’impasto disinvolto, con larghe stesure di piani e in opportuni, ben centrati rapporti tonali”, riesce a dare l’impressione di una ricerca al di là della seduzione del facile manierismo.
Nei recenti decenni la sua presenza in manifestazioni artistiche si è prevalentemente manifestata in occasione di mostre organizzate dagli artisti di Collebeato in Palazzo Martinengo, dove ha allestito pure qualche personale.
Ricorrendo i suoi quarantacinque anni di pittura, Nave gli ha dedicato una “antologica” accolta nella Biblioteca civica (2000). Esposizione confermante il benevolo seguito che ne accompagna l’attività creativa, svolta ormai per proprio appagamento.
 
BIBLIOGRAFIA
F. NOVELLI, “La Zattera”, Viareggio, giugno 1974. (Riprodotto in: “Galleria S. Gaspare”, Brescia, 30 aprile - 12 maggio 1977).
R. LONATI, “Dizionario dei pittori bresciani”, Giorgio Zanolli Editore, 1984.
 

 

FRATTI FRANCO

Brescia, 24 gennaio 1939. Vive e opera a Poncarale.
Per assecondare ed affinare la naturale inclinazione verso il disegno e la plastica, non appena l'attività svolta nell'ambito familiare glielo consente, frequenta i corsi della Scuola serale di disegno istituiti dalla Associazione artisti bresciani, sotto la guida di Domenico Lusetti (v.) e Claudio Botta (v.) del quale frequenta assiduamente anche lo
studio. '
Nei primi anni Sessanta vive e lavora a Roma, dove avvicina noti artefici, pittori e scultori fra i quali Emilio Greco. Segue nel tempo stesso il primo corso internazionale bandito dalla città degli studi di Urbino. L'ansia di ricerca lo induce a far ritorno a Brescia, ma anche a lungamente soggiornare a Cap d'Antibes, ad Albissola Marina dove compone numerose opere in ceramica.
Frutto della intensa applicazione sono le numerose presenze in ben note Gallerie, fra le quali ricordiamo la A.A.B. (Brescia, dove espone negli anni 1960,63,66, 1973); Montenapoleone (Milano, 1963,66); Dei Lenti (Albissola, 1967,68,69); La Scaletta (Cortina d'Ampezzo, 1970); Ghelfi (Legnano, 1970, e Verona, 1971,73); Le Fontane (Savona, 1972); Beatrice (Novara, 1972); Duomo (Desenzano, 1972); Gonzaga (Ca stiglione delle Stiviere, 1973); S. Stefano (Novara, 1973); Arte Excelsior (Venezia, 1973); Michelangelo (Bergamo, 1974); Dello Scudo (Verona, 1975); Sintesi (Milano, 1978); Bayanini (Rovereto, 1978); La Tavolozza (Bassano, 1980); Sala della Bibliote-ca comunale di S. Zeno Naviglio, nel 1982.
Attento alle correnti innovative, lungamente ha svolto la sua ricerca fra la sigla astratta e il richiamo naturalistico.
Indicativ; del primo periodo possiamo citare I1falciatore a cavallo o Inizio del volo nei quali lo slancio dinamico si fonde al senso di nobile e forte dignità.
Gli studi per la Caduta di Icaro e Figure orizzontali avvertono poi della stilizzazione astratta condotta nella eco di un Viani o di un Cappello: una via che nei successivi anni sfocia in una composizione immediata e duttile a rappresentare un mondo contadino in cui le sembianze umane si intrecciano ai frutti della terra e agli arnesi da lavoro.
Quelle Spigolatrici, le Mele, le Civette pur offrendo una trasposizione simbolica e, in certo modo astratta, della realtà espressa, non tradiscono e non forzano il significato originario della loro natura; assumono anzi l'aspetto di piccoli idoli agresti dissepolti tra i ruderi di una civiltà arcaica.
Figura con pannocchia può essere indicativa di questi raggiungimenti nei quali è palese felicità inventiva.
Questo mondo consueto all'artista, la originale immaginazione si coniugano nelle opere più vicine di Fratti, al quale va il merito di perseguire, pur fra difficoltà e incomprensioni, traguardi dettati da non comune onestà morale.
"Gioca, nei risultati di questa scultura, un uso sapiente e antico di quelle tecniche che hanno fatto della ceramica italiana un unicum di smagliante bellezza ... A volte un simbolo q,ualunque, una mela per esempio, assume il valore, le dimensioni del mondo". E il meritato e incoraggiante elogio che Aldo Zagni ha rivolto al giovane nostro scultore, meritatamente invitato alla mostra dedicata alla "Scultura a Brescia" nel 1974 e patrocinata dall'Assessorato alla cultura della Lombardia.
Integrano e aiutano la comprensione della produzione più nota di Fraco Fratti i suoi studi litografici sovente posti a contornare, in mostra, le opere plastiche.

FRIGENI SAVINO

Palazzolo, 18 gennaio 1918 - 11 gennaio 1996.

Dai molteplici interessi (scienza, letteratura, fantascienza) ha intrapreso giovanissimo a disegnare, tanto che si racconta gli sia stata regalata quando aveva solo sei anni una cassetta di colori.
A quindici anni conosce Matteo Pedrali, dal quale riceve insegnamento, e ne diviene amico.
Nel 1934 il suo primo articolo, per il “Popolo di Brescia”, al quale seguiranno altri scritti in periodici, riviste d’arte, in cataloghi di mostre.
Durante il servizio militare a Verona conosce Birolli e Tomea: tralasciata la matita disegna esclusi-vamente con la penna.
Combattente durante il secondo conflitto mondiale e prigioniero degli americani, si fa apprezzare da commilitoni e custodi per il rapido, riassuntivo tratto con il quale realizza ritratti.
Al rientro in patria si impiega, ma al tempo stesso intraprende notevole attività partecipando ed affermandosi in noti concorsi provinciali e nazionali quali: Giovanni Treccani degli Alfieri di Monti-chiari, Gardone R., Orzinuovi; è pure presente a Mostra bolognese e all’Angelicum di Milano, muo-vendo l’attenzione di critici come Emilio Faccioli, Bini e Torresani.
Ritrattista, la sua pittura di paesaggio riflette fermenti espressionisti. La accennata scomposizione della natura non estenua il motivo ispiratore, ma ne fa sintesi dove i colori frangiati in gradazioni luminose agiscono da tessuto connettivo. I motivi scientifici, che pur attraggono il pittore, lo hanno sospinto a volte verso l’informale e motivi di “archetipia cosmica” in cui predomina l’armonia cro-matica riflessa in elementi ripetuti due o più volte, quasi come in un caleidoscopio.
 
BIBLIOGRAFIA
“Arte bresciana oggi”, Sardini Ed. Bornato.
R. LONATI, “Dizionario dei pittori bresciani”, Giorgio Zanolli Editore, 1984.
 

FRIGERIO ARTURO

Brescia, 1 marzo 1890 - 26 luglio 1976.

Lungamente operoso presso l’unione tipografica prima, gli Artigianelli poi, della pittura domenicale Arturo Frigerio aveva fatto motivo per esternare la gentilezza racchiusa nel suo animo.
Come l’uomo silenzioso, discreto, così la sua pittura è quieta, serena, composta nel segno della tra-dizione ottocentesca, ravvivata tuttavia da accenti cromatici. Sono paesaggi di lago (l’Iseo in parti-colare) brani d’una Brescia nascosta; oppure angoli del Mella a Tavernole, verso le Valli, e poi Mompiano, S. Eufemia: un mondo caro ancora ai semplici e che gli ha dato una certa notorietà in ambito locale.
Pago di ciò, si è sentito “beato” dell’ambizione “di appartenere al mondo che ha incontrato in Fiessi, in Martino Dolci, in Agriconi” com’ebbe a scrivere Valzelli che ne ha tratteggiato affettuoso profilo (“Galleria Labus”, Brescia, 3 - 15 marzo 1973).
Numerose le partecipazioni a collettive locali; sue personali si ricordano anche alla “Galleria Log-getta” (1963, 1966, 1967) alla “Galleria S. Michele” (1969).
Anche Aldo Cibaldi ha scritto dell’attività pittorica di Frigerio, evidenziandone la puntualità. (“Terra nostra”, a. 1. n. 1, novembre 1952, p. 38).
 
BIBLIOGRAFIA
R. LONATI, “Dizionario dei pittori bresciani”, Giorgio Zanolli Editore, 1984.
 

FRIGERIO CARLO

Brescia, aprile 1763 - dicembre 1800.

Breve fu la sua vita; fin da fanciullo dimostrò di essere inclinato alla pittura. Per l’apprendistato fu posto alla scuola di Sante Cattaneo, dimostrandosi assiduo e fervoroso nello studio. Fu caro al maestro, divenendone anche genero.
Il Fenaroli dice che sotto la assistenza del Cattaneo eseguì soffitti ad affresco, mentre riuscì medio-cremente a copiare varie pitture di eccellenti maestri.
 
BIBLIOGRAFIA
S. FENAROLI, “Dizionario degli artisti bresciani”, 1887.
“Storia di Brescia”, Vol. III.
R. LONATI, “Dizionario dei pittori bresciani”, Giorgio Zanolli Editore, 1984.
 

 

FRIGERIO PIETRO

Brescia, 8 marzo 1825 - 23 ottobre 1861.
Frigerio Pietro Giacomo è figlio di Francesco e di Rosa Colla; fratello di Antonio che é stato vicino a Tito Speri e noto per l'intensa attività culturale e politica.
Amico e forse allievo di Giovanni Sorbi(v.) fu prevalentemente intagliatore di mobili. Antonio Fappani, nella "Enciclopedia bresciana", scrive che nel 1846 il Frigerio presentava all'Ateneo bresciano un "nuovo metodo per lavorare maglie"; al 1856 data un suo ritratto al padre intagliato in legno di bosso e contornato di girali d'acanto dal gusto neoc1assico.
Forse suo il pulpito un tempo esistente nel santuario di S. Maria dei Miracoli e rimosso alcuni decenni orsono.

FULVI LUIGI

Galatina (LE), 15 aprile 1949. Vive e opera a Milano e Brescia.
Compiuti i corsi de11iceo artistico di Lecce, si è trasferito a Milano dove ha frequentato l'Accademia di Brera, sotto la guida dei proff. Marino Marini, Alik Cavaliere e Lorenzo Pepe; ed a Milano, dove si è licenziato brillantemente, è docente al liceo artistico, alternando l'attività didattica e creati va con ritorni a Brescia dove risiede con la famiglia.
Giovanissimo intraprende l'attività espositiva, esordendo nel 1970 con una personale alla "Galleria Il vettore" di Milano. Nel capoluogo si ripresenta alla "Galleria Grassi Bernardi" (1971) per proseguire le presenze singole a Melzo ("Galleria La Torre", 1973); Camogli ("Ridotto del Teatro Sociale", 1974); Brugherio ("Galleria La Guz-zina", 1974); Lissone ("Centro lombardo d'Arte", 1976); Brescia ("Galleria La fontana", 1977); Melzo ("Galleria La torre", 1978); Venezia ("Galleria Nuovo Spazio 2", 1980); Milano ("Galleria Grassi Bernardi", 1981); Gallipoli (Castello Angioino, 1981); Como ("Galleria il salotto", 1982); Brescia ("Galleria Ferrari", 1983); Montichiari ("Centro Artestudio", 1984).
Fra le partecipazioni a mostre collettive si citano quelle di Legnano (VII Mostra internazionale di scultura all'aperto, 1972); Milano ("Galleria Struktura", 1974); Milano ancora (V Biennale d'arte, 1975 e Centro internazionale di Brera, 1976); Brescia (Arte oggi, a Rebuffone, 1977); Milano (Estate '79 - Scultura all'aperto).
Il vincolo di immutato affetto di Luigi Fulvi con la terra natìa vive non soltanto attraverso il materiale adoperato per esercitare scultura, la calda e ambrata arenaria, ma per l'ideale creativo.
Alle prime sintesi delle "metamorfosi umane" con le quali Fulvi ha mirato evocare lontane voci di una umanità colta nel suo tragico esistere, e gli ambienti di quell'esi-stere, con i templi le cui arcaiche forme animava di .."ffetti chiaroscurali dovuti ad interna fo;nte luminosa, sono seguite opere ove alla prediletta forma in arenaria si coniugavano attrezzi d'una manualità anch'essa umile e millenaria, giungendo poi ad una sorta di pannelli "astratto informali" nei quali l'essenziale intervento assume significati e riflessioni che attingono motivazione dalla stessa struttura del blocco scelto, con la tenerezza fragile, la porosità, le abrasioni lasciate dal tempo, le incrina-ture; fino ai recenti monoliti, allefacciate inseriti nel panorama urbano senza che, per questo, i blocchi squadrati cedano la loro "sospensione metafisica" - come ben ha osservato Luciano Spiazzi - o si attenui quel fascino silenzioso di millenni: quasi che il tempo abbia depurato le strutture della esteriorità per dare evidenza alle grandi originali forme, all'intima e più vera loro natura.
Essenzialità di moduli capace di evocazione ben inseribile in panorami naturali, in moderni interni, come testimoniano le opere poste sullo sfondo del Castello Angioino di Gallipoli, oppure il lineare coronamento d'una lesena entro bar, alla stazione di Brescia. Opere di Luigi Fulvi figurano in varie collezioni private, in pubbliche raccolte d'arte e Fondazioni.

FUMAGALLI GIOVANNI

Brescia, 10 gennaio 1899 - 23 novembre 1970.

Dai molteplici interessi consonanti con la pittura, (arredo, grafica libraria, incisione), ebbe una vita assai movimentata venendo a contatto con noti personaggi quali De Pinedo e Gabriele D’Annunzio.
Studente a Padova, in quella città fonderà una rivista, ma negli anni Venti si dedicherà prevalente-mente alla illustrazione di opuscoli vari.
Sua è la testata della rivista “Brescia”, così come alcuni cataloghi della ben nota Galleria Campana.
L’aver lavorato per il Vittoriale, negli anni Venti fece di lui un personaggio noto sul Garda, tanto che nel “Giornale del Garda” (1925) v’è una caricatura anonima a lui dedicata. Erano gli anni in cui Giaci Mondaini viveva in riva al Benaco ritraendo ospiti degli alberghi in gustose caricature, per ricavare di che vivere.
Numerosi sono gli autori che si sono avvalsi dell’abilità incisoria di Fumagalli per illustrare propri libri: da M. Capretti a O. Comini ad A. Fiume.
Per il Ministero della Guerra ha realizzato il foglio di congedo delle forze armate dopo aver vinto il relativo concorso.
Se il nome di Giovanni Fumagalli figura in noti repertori quali il “Dizionario illustrato degli incisori, moderni e contemporanei” di Luigi Servolini, il “Dizionario illustrato dei pittori, disegnatori e incisori” di A.M. Comanducci e nel “Dizionario degli incisori bresciani” di Riccardo Lonati, l’unica vera mono-grafia dedicata all’artista fino a anni or sono risultava essere quella voluta da Renato Restelli, per l’Unione Tipografica bresciana, nel 1934.
Merito di Ugo Spini, con la collaborazione di Michele Valotti, del fondamentale contributo alla cono-scenza del pittore, incisore e personaggio fra i più significativi della vita locale per mezzo secolo.
Suo infatti il catalogo della mostra “Giovanni Fumagalli” prodotta nella sede dell’Associazione Artisti Bresciani nel 1997 che ha proposto copiosa parte della produzione di ex libris, composizioni pubbli-citarie, cartoline goliardiche, tessere teatrali, annunci e prodotti per l’editoria manifestanti la fanta-sia fervida, attenta alle correnti innovative, dell’autore, non insensibile, nella vita, all’influenza eser-citata dal Vate del Vittoriale.
 
BIBLIOGRAFIA
Sta in:
U. SPINI (a cura di), “Giovanni Fumagalli”, Brescia, AAB, 18 ottobre - 5 novembre 1997.
 
  1. FURRI MARCO
  2. FUSI ANTONIO
  3. FUSI BENIAMINO
  4. FUSI PIERINO

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