Limone, 7 agosto 1820-15 gennaio 1899.
Il «Comanducci» lo dice allievo dell'Hayez alla Accademia di Venezia, ma l'indicazione ci sembra poco attendibile, essendo il Moro nato dopo che l'Hayez, trasferitosi a Milano, assunse cattedra a Brera. Tuttavia Antonio Moro studiò dapprima a Verona e poi a Venezia, rivelandosi un ritrattista accurato e buon colorista. Tentò anche il quadro di genere storico e sacro, nel quale riuscì particolarmente nella resa del nudo e nel drappeggio, non allontanandosi invece dai limiti accademici per quel che si riferisce all'impianto compositivo delle opere. Fu anche miniaturista, e l'indicazione di un suo Ritratto miniato su avorio resta nel Catalogo della Esposizione torinese del 1884. t l'unica partecipazione a mostre di cui si abbia notizia.In gioventù fu aiutato e protetto dalla famiglia Bettoni di Bogliaco, e presso gli eredi di questa nota famiglia restano ancor oggi suoi dipinti; altri sono in Limone (Famiglie: seri. Gerardi e Comboni). Un ritratto della co: Ciara Bettoni lo rappresentava alla Mostra bresciana del 1934. Nella parrocchia di Vesio è il Ritratto del canonico Tiboni; quadri a tema sacro e storico sono nelle parrocchiali di Limone e di Voltino.
BIBLIOGRAFIA
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A.M. COMANDUCCI, «Dizionario dei pittori... italiani», Ed. IV, (1 972).
S. Caterina (MO), 27 settembre 1907 - Rovato, 7 gennaio 1978.
Allievo di Attilio Andreoli (v.), si è affermato come ritrattista; fra le personalità che richiesero la sua opera sono alcuni componenti la famiglia reale belga. Pur operando attivamente, espose assai raramente, ma suoi dipinti sono sparsi in collezioni italiane e straniere, a Bruxelles, Ottawua e Parigi.
Qui lo si ricorda perché, pur non essendo bresciano, è stato fra i fondatori del Circolo culturale e direttore della scuola «F. Richino» di Rovato, dove si è stabilito nel dopoguerra. Al suo attivo già aveva attività svolta durante viaggi in Firenze, Milano, Belgio e Francia.
Il suo ricordo s'affida dunque alle effigi di rappresentanti di una elite che annovera la co: Edmèe de Chatel de Walment, il principe di Bhetune de Esdignal, il barone Bernard de l'Escaille, il barone Henry de Wochmont de Brumajne, per non dire dei volti di D'Annunzio, Tito Schipa ecc. Fu anche valente paesaggista dal tratto minuto, tanto che i colori si sfrangiano, attingendo dalla luce riflessi di rugiada.
BIBLIOGRAFIA
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AA. VV., «Galleria Bistro», Brescia, 28 dicembre - 1976 - 14 gennaio 1977. L. SPIAZZI, Arte in città, «Bresciaoggi», 8 gennaio 1977.
«Giornale di Brescia», 15 gennaio 1978, Come Rovato ricorda ilpittore Morselli. A.M.(azza), Ricordo delpittore Morselli, «Giornale di Brescia», 10 febbraio 1978.
Calcinato.
Da un vedutismo ricreante volumetrie di case e di colline, sottolineate da linee scure che rendevano frammentarie le composizioni, Giovanna Motta è giunta a sintesi ottenuta attraverso scandite macchie; via via portandosi su sentieri di chiarezza espressiva sorretta da tessitura cromatica lieve e maggiormente preziosa. Il paesaggio s'imbeve di un sentimento intimo per quel verdi somrnessi, quelle lievi terre, per gli armoniosi trilli rosati. Così la prediletta figura in cui la statica plasticità ha ceduto a ricerca di una idealizzazione a volte offrente espressione soave, specie nel volti infantili. Dai mezzi toni «ore incerte in cui tutte le stagioni si assimilano», nascono le recenti periferie, non ricreate negli aspetti di solitudine drammatica, ma cariche di una «quiete un poco malinconica, pure quando il lavoro ferve sulle impalcature». Sia che affronti la natura, ed i fiori da essa nati, il ritratto o il paesaggio urbano, Giovanna Motta fa dei toni smorzati «melodie discrete, senza inni, perché la vita quotidiana raramente li sostiene».
BIBLIOGRAFIA
A. MORUCCI, «Galleria Piccola Paganora», Brescia, 13-25 ottobre 1973.
R. LONATI, «Galleria S. Gaspare», Brescia, 23 novembre - 5 dicembre 1974.
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L. SPIAZZI, Arte in città, «Bresciaoggi», 23 aprile 1977.
Edolo, 13 giugno 1943.
Autodidatta, si affaccia alla ribalta delle mostre nel 1964, partecipando a collettive in Bolzano (1964), Brescia (1966, 68, 69, 70, 71, 72, 73, 74, 75, 76), Verona (1968), Milano (1968-1976), Napoli (1970), Firenze (1970), Bergamo (1972), Suzzara (1972), Messina (1 974), Bologna (1 974), Roma (1 975), Venezia (1 975), fuori d'Italia ad Amsterdam (1 968), Parigi (1 97 1), Caracas (1 977). Personali ha invece ordinato a Brescia (1 968, 74, 75, 79,80), nella provincia; a Roma (1970), S. Benedetto del Tronto (1971), Bergamo (1972), Venezia, Caracas (1977), Maracay (1 979.80).Cineasta, fotografo, pittore. Dalla prima sua personale, in cui s'evidenziava una visione oscillante dal metafisica al surreale e tendente a denunziare le ignominie di una società oppressa dal potere, d'una civiltà avviata alla distruzione, Mottinelli nel mezzo degli anni Settanta sembra far ritorno alla natura e alla sua verità. Le sue scalinate, i suoi Giudizi - come osserva R. De Grada - che incendiano l'erba su di un prato, rivelano una commissione dell'elemento naturalistico con quello intellettuale. E su questa via il pittore si appropria delle colline, degli alberi , d'un filo d'acqua... quasi cerchi in queste eterne cose conforto al disagio esistenziale.Verranno poi le grandi composizioni delle Nature tropicali, eco ad un soggiorno sudamericano. Una natura vergine, selvaggia, lussureggiante. Se fra quei grovigli vegetali, raffigurati con vividi colori, il pittore ha voluto insinuare il richiamo alla natura, palesemente con esso ci ha proposto anche una sorta di inquietante testimonianza, perché alla gioia «incontaminata» delle cromie s'accosta l'incubo che tale natura infonde, facendosi per di più emblema d'una giungla quotidianamente percorsa dalla umanità e motivo condizionante. Ecco allora, sembra a noi che Mottinelli, pur nel variare del modo di esprimersi per immagini, sia guidato da un'ansia costa nte e coerente; dal bisogno di proporre del tempo nostro il disagio esistenziale. Non privo tuttavia di spirargli di luce. E forse nei rigogliosi colori selvaggi v'è premessa al ritorno fra prati, colline di casa, sotto consueti cieli dai puri colori, come pura può essere ancora l'acqua di fonte e rigeneratrice.
BIBLIOGRAFIA
Sta in: «Galleria S. Miclicie», Brescia, 20 ottobre - I novembre 1979.
Si veda inoltre: «Giomale di Brescia, i i maggio 1968, Bresciani a Santhia. «Galleria A.A.ß.», Brescia, 19-31 ottobre 1968.
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A.M. COMANDUCCI, «Dizionario dei pittori... italiani», Ed. IV, (1 972).
Gardone V.T., 7 giugno 1887 - Brescia, 7 settembre 1978.
Prima di accennare alla figura e all'arte di Giuseppe Mozzoni a tutti note, si desidera additare un aspetto pressoché ignorato della sua opera: aspetto che rivela una personalità attenta ai moti del suo tempo, alle correnti artistiche avanzate. Gli esiti di questa adesione sgorgano da una inconsueta, robusta tempra realista. I dipinti realizzati in brevi anni sono oscurati, sommersi dalla successiva molteplice produzione maggiormente divulgata. Ma alcuni ritratti: di Guido Tedoldi, Mario Lucini, oppure Uomini sulla sabbia o officina sono prova di una esperienza, di una ricerca che, se perseguite, avrebbero consentito traguardi inconsueti. Nato a Gardone V.T., Giuseppe Mozzoni visse fino a invidiabile età che gli ha consentito di raccogliere testimonianze vivide dalla voce di chi fu interprete di gloriosi eventi cittadini del passato secolo, tanto da ricrearne in tele e disegni episodi dalla esattezza... fotografica. Decano dei pittori nostri, ha vissuto la pienezza creativa nell'arco degli anni congiungenti i due conflitti mondiali. Fino a tredici anni abita nel paese natio, si trasferisce quindi a Corna di Darfo. Si reca quotidianamente a Lovere per frequentare la scuola professionale: nella cittadina l'attrae la Galleria Tadini e sente nascere in cuore la decisione d'essere pittore. Del 1902 è il primo quadretto a olio, tratto dal vero: lo custodirà fra le cose più care. Alcune opere sottoposte a Luigi Lombardi ricevono incoraggiamento; nel 1904 pertanto si trasferisce a Brescia, presso una zia, e frequenta la scuola Moretto con il maestro Chimeri e Arturo Castelli. La vincita del premio Lorandi (1905) consente al giovane Mozzoni di frequentare i corsi di anatomia e di nudo all'Accademia di Brera. Del periodo trascorso a Milano gli resterà nell'animo l'amore per i fiori, dipinti dapprima per sopperire a necessità contingenti, sviluppati poi nel gusto fra Settencento e decorazione Liberty, con improvvise accensioni di filigrana metafisica, ai quali si accostano, in consonante resa, animali domestici e ceramiche. Al ritorno in città intraprende l'insegnamento, nelle stesse aule dove era stato allievo, fino al 1940. Frattanto i primi lavori decorativi: nel 191 1, a fianco di Vittorio Trainini è a Roma per colorire la sala bresciana alla mostra del Cinquantenario dell'unità. Decisivo per la formazione di Mozzoni l'incontro avvenuto nel successivo anno con Gaetano Cresseri. Pur avendo in atto lavori a Pavone Mella, non esista a ricominciare a fianco di Cresseri e con entusiasmo lo segue fino a che la grande guerra non impone dolorosa pausa. Insegnamento, decorazione, ma anche opere a olio, a tempera: dipinti 'spirati a luoghi caratteristici delle località in cui si reca per lavorare a vaste superifici murali. L'attività del pittore di cavalletto si evidenze a partire dal 1919, anno in cui Mozzoni è presente alla mostra del gruppo Arte in famiglia. Lago d'Iseo figura nella vasta rassegna del paesaggio italiano sul Garda (Villa Alba di Gardone R., 1920-192 1), dello stesso periodo Processione in alta montagna. Si estende la nota delle mostre: collettive, a carattere provinciale e regionale, personali. E numerose si fanno le opere meritevoli di citazione: dalla Vecchia officina Beretta a Cristo dei lavoratori (1 920), alle nevicate, agli scorci cittadini, alla visione della provincia (Vallio, dove tenne studio, Montirone, Capovalle) a dintorni di Firenze, Corno, Roma, Genova, S. Marino. Nota la Presa di Corno di Cavento, (Premio Regina Elena, 1927). E nature morte, dedicate soprattutto alla cacciagione, ai fiori, a suppellettili preziose. Fra i ritratti, notissimi quelli di Nonna Camìlla (1 9 IO), del comm. Ottorino Villa, della Signora Villa; e poi il co: Fenaroli, i pittori Tedoldi e Lucini, Giulio Greppi, Giulia Guidetti Togni bambina. E gli autoritratti, accanto ai visi dei familiari. Pittore del nostro Risorgimento, Giuseppe Mozzoni dedicò all'epopea numerosissimi dipinti già elencati in precedenti studi, ma val almeno citare Tito Speri che sale il patibolo, Il macellaio Maraffio, Maurizio Malvestiti sale al Castello, Tito Speri sulle barricate, Torre del popolo, per non dire della serie dedicata agli zuavi, alle donne guerriere: dipinti in cui il pregio pittorico s'unisce alla esattezza documentaria. Di trepida soavità il dipinto Riposo in Egitto, del 1928, che, affermatosi in concorso nazionale meritò d'essere esposto in America. IL uno dei più alti esiti delle opere sacre che sono racchiusi in piccoli dipinti quali: Nell'orto del Getzemani, Sacrafamiglia, Esaltazione della Natività...Se vasta è la produzione di cavalletto, non meno estesa è quella dovuta alla fatica dell'affreschista. Da solo o a fianco di Vittorio Trainini e di Gaetano Cresseri (un sodalizio durato vent'anni), Giuseppe Mozzoni accumula superfici colorate in città e fuori. Note le decorazioni di Pavone Mella (1912); di poco posteriori le decorazioni della chiesa di Capovalle, dove emerge la Pietà della parete esterna. E poi, del 1919 il progetto della decorazione del sottoportico di palazzo Loggia; S. Giovanni Crisostomo e altri Santi per la chiesetta del Padri Filippini (1927), i medaglioni per la chiesa di Quinzano (1928). Nella parrocchiale di Cristo re, in Borgo Trento, alcune composizioni (Discesa della manna, Ilprofeta Elia, Crocifissione) del 1936; del 1937 la decorazione del palazzo municipale di Gardone V.T. Nel dopoguerra, impegnativa la decorazione della chiesa di Castrezzone (1953), mentre nella chiesa di S. Carlo a Muscoline compone Trinità e decorazioni varie. (1954). Ma altre composizioni vanno almeno citate: nel Credito Agrario bresciano, nella parrocchiale di Sopraponte, per gli Artigianelli Il sogno di padre Piamarta, le figure nella chiesa di Bezzecca, varie figurazioni in Colombale, Isorella, Ospitaletto, Rovato e in cappelle funerarie. Fuori città si rammentano interventi a Treviglio, Genova...
Giuseppe Mozzoni si espresse anche nella scultura, sia per realizzare ritratti, sia per erigere monumenti.Una vita dedicata all'arte che ha fatto emergere un uomo amato da schiere di allievi, ai quali ha donato esemplare guida: frutto di sensibilità e di rigore stilistico, specchio al rigore morale che ne ha retto l'esistenza. Giuseppe Mozzoni è fratello di altro noto pittore: Tita.
BIBLIOGRAFIA
Sta in: R. BRESCIANI, R. LONATI, «G. Mozzoni», Stampa Tipografia Vannini, Brescia, 1980.
(Giov. Battista). Gardone V.T., 27 marzo 1894
Fratello di Giuseppe (v.), Tita Mozzoni è pur esso nato in Gardone V.T.
La sua precoce menomazione a seguito di un infortunio avrebbe potuto tramutare quella località in amaro recesso: dileguare di sogni, dissolversi d'ogni aspirazione; sterile motivo di solitudine, per un'ombra inquieta e atona al fratello Giuseppe chiamato all'arte. Le protratte cure conducono il giovane Tita a Brescia, dove poco più tardi può frequentare la scuola Moretto, negli anni prossimi alla grande guerra fucina di artisti. Allievo di Gaetano Cresseri, Tita Mozzoni apprende così anche gli elementi dell'affresco, mentre da Arnaldo Zuccari riceve l'incitamento ad entrare nella scuola come insegnante. Ed alla Moretto insegnerà infatti per lunghi decenni. Nel suo studio di via Elia Capriolo, dove ancor oggi abita, esplica esperienze diverse: miniatura, acquarello, olio, restauro, progetta decorazioni, esegue sbalzi, idea vetrate, modella in gesso... Anni Venti: inizia la partecipazione a mostre, avvicina così i maggiorì esponenti della pittura bresciana del tempo. Anche se gli è negato il Legato Brozzoni, riceve lode da Luigi Coptratti, si afferma a Napoli. Il pellegrìnare di Tita Mozzoni si intensifica, per interventi tesi a risanare antichi dipinti, per realizzare affreschi a Clusone, in Toscolano Mademo, nella parrocchiale di Acquafredda, in Villa Marzana (Villanova del Ghebbo), nell'istituto salesiano di Milano; in Daone (parrocchile) compone l'Assunta, a Morgnaga dona colori alle pareti del coro e del presbiterio della raccolta chiesa; altre opere compie in case patrizie a Calino, Gerola; ancora in chiese a Gussago, alla Noce, e vetrate a Crema, Reggio Emilia, ecc.: opere già esattamente descritte in precedente pubblicazione. Nel 1957 l'affermazione presso l'Angelicum di Milano che induce la Galleria d'arte moderna di S. Paolo del Brasile ad acquistare S. Francesco. Nel lungo vagare, caro al nostro pittore l'incontro con alcuni maestri al quali si lega d'amicizia: Arturo Tosi, Lilloni, Longaretti e Carlo Carrà, autore di lusinghieri cenni in occasione dì mostra benacense o partecipazioni a esposizioni milanesi. Caro altresì il ricordo di soggiorni in Valle Seriana, dove per qualche tempo ha tenuto studio aperto sui prati distesi al piede della Presolana ritratta ad ogni cangiar di luce. Così come ricorrenti sono i suoi giorni vissuti a Roma. L'opera di cavalletto è testimoniata da innumerevoli quadri a olio, ad acquarello, a tempera. Fra i più significativi dipinti ci par di dover annoverare Pianoro a Clusone (1936). Riposo dell'operaio (Proprietà Wiihrer), Bucaneve, Bambini (Proprietà C.A.ß.), i SS. Paolo e Cristoforo (Banca S. Paolo), Fiori, al quali recentemente si sono affiancati i Giocatori di carte, della Pinacoteca Tosio Martinengo, il ritratto della Signora Corbolani (Casa di Dio), il progetto del bronzeo ritratto di Tovini, nelle mura del Collegio Arici. Ma quante altre opere meriterebbero almeno cenno, sparse ormai in collezioni di Genova, Milano, Zurigo, Padova, Bergamo, Roma, Napoli, LI Spezia, Cagliari, Stoccolma, Trento... Con questo operare, Tita Mozzoni si è inserito con singolare voce nella storia della nostra pittura. Il colore rorido di certi visi (particolarmente prezioso quello dell'anziano Luigi Lombardi), si alterna a toni aridi, essenziali, a rendere la trepidante emozione suscitata da Mia madre, solidamente costruita e pur mirabilmente carezzata.Il tocco rapido, ma elaborato, a racchiudere la tipologia fisica e interiore dei personaggi, attraverso i più significativi segni incisi dalla esistenza. E fragrante, preziosa vivezza a ripetere la primavera di bambini, e accostamenti sommessi e tepidi per il ratteso vibrar di fanciulle. Lo stesso «sforzo condotto sulla materia, sullo stile», riaffíora nel paesaggi riflettenti l'atmosfera della scuola romana degli anni Trenta filtrata da temperamento nordico che ne attenua le cromie e le luci; ma anche visioni stemperate, per levità accostabili a esiti ben noti di un Arturo Tosi. Giovanilmente attivo, Tita Mozzoni è uomo entusiasta, proteso al domani, partecipe accalorato ai problemi del nostro tempo, come nei giorni in cui realizzò Interno di officina (ora in collezione gardonese) che si colloca «nella temperie populista tipica degli anni intorno al Venti». Autore di sbalzi e di sculture, negli ultimi anni Settanta ha ripetutamente allestito personali a Roma, dove si reca per soggiorni invernali.
BIBLIOGRAFIA
Sta in: R. LONATI, «Galleria A.A.B.», Brescia, 26 ottobre - 7 novembre 1974. (Mostra antologica nel compimento degli ottanta anni di T. Mozzoni).
Si veda inoltre: L. SPIAZZI, Arte in città, «Bresciaoggi», 2 novembre 1974.
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L. SPIAZZI, Artisti in Duomo vecchio, «Bresciaoggi», 3 gennaio 1976.
L. SPIAZZI, «Centro d'arte S. Marco», Gardone V.T., settembre 1977.
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L. SPIAZZI, Arte in città, «Bresciaoggi», 17 dicembre 1977.
«Galleria Tre archi», Roma, 1978. (Premio «Roma nostra'78», Catalogo).
«Galleria Tre archi», Roma, 17-28 febbraio 1979, («Premio Roma nostra», Catalogo).
«Galleria A. Inganni», Brescia, 10-23 novembre 1979.
E.C.S. (alvi), Mostre d'arte, «Giornale di Brescia», 20 novembre 1979.
G. STELLA, Arte, «La Voce del popolo», 14 dicembre 1979.
«PICCOLA GALLERIA U.C.A.I.», Brescia, Arte bresciana del passato prossimo, 24 maggio 1980.
L. SPIAZZI, Arte in città, «Bresciaoggi», 31 maggio 1980. «Brescia arte», N.S. 2, secondo semestre 1980, T Mozzoni. «Arte bresciana oggi», Sardini Ed., Bornato.
Fontanellato (Parma), 27 maggio 1871 - Salò, 3 gennaio 1945
Ricordi di fanciullezza, del lago natio, affetti ancor vivi mi riconducono ad Anton Maria Mucchi, erniliano, ma operoso sul Garda negli anni in cui mio padre contribuiva a ridestare l'Ateneo salodiano.Erano i giorni in cui, più che il pittore, era lo studioso A.M. Mucchi a produrre pagine di storia del lago e dei suoi artisti. L'affermato artista credo avesse da tempo deposto i pennelli, quell'artista che, formatosi all'Accademia Albertina di Torino e alla Carrara, ben presto era emerso in concorsi, fino ad essere ripetutamente presente alle Biennali veneziane, fino ad esordire in Parigi, Londra, Saint Louis, Leningrado: tappe di una carriera artistíca riproposta affettuosamente dal figlio, Gabriele, noto anche a Brescia per avervi esposto i suoi dipinti, nella bella monografia «Il pittore A.M. Mucchi» cui dà autorevolezza anche la prefazione dettata da Antonio Morassi. Si ricongiungono in quelle pagine opere quali: Madre efanciulle, Le cieche, Anime intente, La nidiata, Luci e ombre, La nube, Passeggiata, Quaresima, o i ritratti dei familiari, di Cesare Lombroso, di Cesare Lipparini, dell'ing. Terrachini. Visioni del lago, infine, ripetutamente ammirato, ad ogni cangiar di luce e di stagione, «ove delicati o malinconici, ove intrisi di luce o fiammeggianti di sole, ove vibranti di gioia di vivere o nostalgici in visioni lunari. Ma tutti pervasi da un senso di schietta poesia, che talvolta si eleva ad accenti lirici, talvolta si strugge in note elegiache».
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«G. Lonati», Pavoniana ed., Brescia, 1962, p. 108. «Storia di Brescia», Vol. IV.
G. MUCCHI-A. MORASSI, «Il pittore A.M. Mucchi», Milano, 1969.
A.M. COMANDUCCI, «Dizionario dei pittori... italiani». Tutte le edizioni.
Preseglie, 22 dicembre 1912 - Salò, 24 febbraio 1960
Il Garda ritratto nei suoi angoli nascosti e animati da lavandaie e pescatori; ammirato dall'alto delle sue colline spazianti sul vasto orizzonte luminoso di luce a perpendicolo; goduto nei riposanti ombrosi parchi, il Garda trasposto in ogni suo 'aspetto nella tela, con evidente amore.E’ il frutto lasciato da Angelo Muchetti e che rivela l'autore quale spontaneo, gioioso interprete delle bellezze benacensi. Molte delle sue opere ripetono motivi colti lungo le sponde della Riviera: da Bogliaco a Portese, da Toscolano a S. Felice, Campoverde. Colori limpidi, intonaci luminosi, masse di corposi cipressi, trasparenti chiome di ulivi nella luce di ore invitanti. Ma accanto a queste opere che maggiormente lo hanno fatto conoscere, Muchetti ha raccolto motivi meno squillanti dove più si ravvisa il fine colorista che fa giocare il pennello su minime variazioni di toni grigi e perlacel di giornate malinconiche mosse da vento di pioggia; di ore mattutine vissute in cospetto della distesa d'acque compenetrate al grigiore del cielo: ricerca più meditata, nata dall'intimo bisogno di dare significato a quanto l'occhio ammira.In queste tele è racchiuso l'animo di Muchetti. Trasferitosi ancor giovane a Salò, vi trascorre tutta la vita, eccezion fatta per brevi periodi a Vicenza. Conosce Pier Focardi, indicato come suo primo maestro: e forse di questo insegnamento resta traccia nel taglio dei quadri; nei ritratti si fa riferimento ad Angelo Landi: e forse da lui il giovane Muchetti apprese il gusto della sciolta pennellata, la solidità del personaggi raffigurati, nei quali v'è l'evidente ricerca introspettiva. L'attività di Muchetti si fa fervorosa anche nella partecipazione a mostre, con l'allestimento di personali a Vicenza, Thiene, Salò, Brescia dove ha partecipato alla fondazione della A.A.B. ed esposto con il Gruppo degli artisti Indipendenti. Un'opera sua possiede il Museo civico di Vicenza, città nella quale il pittore ritrasse vie e piazze animate da figurette sul contrasto di luci e ombre di portali antichi. Accanto ai paesaggi e ai ritratti stanno non poche nature morte: oggetti casalinghi ordinati e composti, che nella loro linearità attestano affetti familiari tersi e profondi. Nuova luce assumono le ultime opere: luminosissimi paesaggi quasi che l'artista abbia voluto in essi racchiudere il colore del sole che sentiva sfuggirgli.
Numerose anche le caricature che provano l'abilità del disegnatore.
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«Giornale di Brescia», 15 maggio 1949, All'Enal mostra degli Indipendenti.
E. PASINI, La mostra degli Indipendenti in piazza Loggia, «L'Italia», s.d. (14-29 maggio 1949).
«Giornale di Vicenza», 28 dicembre 1955, Lapersonale di Muchetti alla Galleria del Corso.
«Giornale di Brescia», 29 settembre 1957, llfestoso avvio della sagra salodiana.
«Corriere lornbardo», 2-3 maggio 1958, A. Muchettipittore.
«Catalogo della mostra postuma», Salò, 19 febbraio - 5 marzo 196 1.
A. RAPETTI, Vlostra postuma di A. Muchetti, «Giornale di Brescia», 18 febbraio 196 1.
«Giornale di Brescia», 23 febbraio 196 1, Cento tele di A. Muchetti esposte a Salò.
«La Voce del popolo», 25 febbraio 196 1, Aperta la retrospettiva di Muchetti.
«Il Duomo», Salò, 3 marzo 196 1, La postuma di A. Muchetti.
«A.A.B.», Brescia, 3-22 ottobre 1970, Mostra postuma dei Soci, Catalogo.
R. LONATI, Artisti di casa nostra, A. Muchetti, «Biesse», a. X, n. 109, dicembre 1970, con bibliografia. A.M. COMANDUCCI, «Dizionario dei pittori... italiani», Ed. IV (1 972).
GALLERIA S. GASPARE, Brescia, «Omaggio all'Otto-Novecento bresciano», Tip. Zemil, Brescia, dicembre 1978.
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Castenedolo, 29 dicembre 1931.
Autodidatta, affronta le prime partecipazioni a mostre collettive sul far degli anni Settanta, inviando dipinti in località varie della nostra Provincia: Montichiari (1 9 7 1), Castenedolo, Mompiano, ripetendo le presenze ai premi anche in successive edizioni. Nella cittadina dove risiede è maggiormente assidua, esponendo negli anni che vanno dal 1973 al 1978 con pittori locali anche con antologie che assumono aspetto individuale. I motivi affrontati, nella linea tradizionale, variano dalla figura al paesaggio, alla natura morta tradotti nella tela con oleografica resa. Dove Mary Muchetti sembra meglio esprimere le doti di colorista è in alcuni interni, in alcune nature morte dai fulvi toni e dai distesi piani; dove cioè si avverte meno la insistita ricerca del particolare.
BIBLIOGRAFIA
«Premio di pittura Treccani degli Alfieri», Montichiari, 9-12 maggio 197 1, Catalogo. «Premio di pittura città di Montichiari», 31 maggio - 3 giugno 1973, Catalogo. «Bresciaoggi», 23 ottobre 1977, Castenedolo ricorda A. Fiessi.
«Premio di pittura città di Montichiari», I I - I 3 maggio 1979, Catalogo.
Andro, 27 gennaio 1932.
Vissuta la giovinezza a Padenghe, può dirsi figlio d'arte: il padre, oltre che burattinaio, è stato decoratore ed autore di quadri dedicati al lago; ma il vero apprendistato di Tancredi Muchetti è da far risalire allo zio, Angelo Muchetti (v.), e pertanto lo sguardo del giovane ha potuto risalire ad altri noti pittori operosi sul Garda: da Angelo Landi a Pier Focardi. Prevalentemente paesaggista, volto dapprima ad angoli rustici dell'entroterra benacense, ha poi posto attenzione anche a visioni urbane (non poche dì Brescia), oppure alla vita degli animali colti nella loro libertà o raccolti nell'attimo di riposo; scene di genere, alfine, in cui gli umili manifestano corali espressioni (Processione a Desenzano, L'Albero della cuccagna). Pittore in plen aire dunque, partecipe della vita, fa dei suoi dipinti un «linguaggio trasognato, intriso di umani sapori, senza retorica nè svolazzi eterogenei». Colori rosati, quasi sempre nei suoi dipinti, come di sereni tramonti, che a volte si accendono di fili d'oro ad animare la scena. La materia rorida e sfrangiata a creare elaborata tessitura attenuante i contorni delle architetture, delle figure dall'evidente movimento. Fin dai primi anni Settanta, Muchetti si esibisce in mostre personali a Treviglio e soprattutto a Desenzano, dove ormai da tempo risiede; né manca in collettive in Brescia, dove ultimamente si è presentato con nutrita serie di opere alla «Galleria S. Gaspare». Personaggio, oltre che pittore, si è fatto apprezzare per le sue scene popolaresche, per il suo continuo inseguire luoghi da esaltare prima che il cemento o l'incuria dell'uomo ne facciano scempio.
BIBLIOGRAFIA
A. MORUCCI, T Muchetti, «Brescia arte» n. 5 giugno 1971. «Il Secolo XIX» Genova 14 aprile 1972.
«L'Eco di Bergamo», 7 luglio 1972.
A. ZAMBUSI, «Galleria La cornice», Desenzano, 19 agosto - 7 settembre 1972. AA.VV., «Galleria La comice», Desenzano, 17-29 agosto 1974.
G. BENEDETTI, «Galleria La comice», Desenzano, 16-28 agosto 1980. «Galleria S. Gaspare», Brescia, 15 novembre - 3 dicembre 1980.
L. SPIAZZI, Arte in città, «Bresciaoggi», 22 novembre 1980.
A.M. COMANDUCCI, «Dizionario dei pittori... italiani», Ed. IV, (1 9 72).