Dizionario dei Pittori Bresciani
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MULIER PIETRO

Secolo XVII.

Olandese ed appellato Cavalier Tempesta perchè autore di paesaggi foschi e tempestosi, qui lo si cita soltanto per le sue opere nella Pinacoteca Tosio Martinengo, nella Congrega apostolica, in alcune private raccolte, ma anche per l'influenza avuta in città, dove visse fra il 1690 e il 1696. Fra quanti si compiacquero di imitarne il fare, si citano il Raineri, il Botti, il Bertelli e, forse, il Monti, detto Brescianino delle battaglie, che del Mulier fu amico.
Per le indicazioni succinte si rinvia alla recente «Storia di Brescia».
 
MUNNO COSIMO.  Taranto, 23 dicembre 1936.Vive e opera a Montichiari.
Giunto nel Bresciano verso il 1960. Pittore e scultore.  Affermatosi a Gardone R. nel 1972, da quell'anno ha partecipato a collettive o ordinato personali in: Brescia (1 973, 75, 76, 77, 79), Milano (1 975, 79), Roma (1 975), Montichiari (1976, 77, 78), Desenzano (1 977).
Alternando nelle esposizioni opere plastiche e pittoriche, in questa ultima produzione lascia trasparire la insistita ricerca del vero, sia che affronti viuzze con casolari antichi (dalla spontanea architettura), sia che rincorra la effusa luce di prati alberati. La puntigliosa esecuzione «dà ai suoi quadri la ingannevole apparenza fotografica... Quadri dominati dalla luce che intride il tessuto cromatico e in quella stessa luce v'è la distesa quiete di un vedutismo, ora morbido e delicato, ora più veemente, ma sempre contenuto nella gentilezza espressiva, nella freschezza tonale».
 
BIBLIOGRAFIA
Sta in: AA.VV., «Galleria A.A.B.», Brescia, 8-20 dicembre'1979.
 

MUSITELLI GIORGIO

MUSITELLI GIORGIO.  Brescia, 1926

Studente al Liceo scientifico, indi diplomato al Liceo artistico, ha visitato Parigi operando lungo la Senna ritratta con assiduo studio.  Fin dal suo primo apparire si è fatto apprezzare per la spontaneità e il senso del colore.  Bozzettista è stato definito, per quel suo fare a larghe campiture entro sommario disegno, ma dal sicuro tono espressivo. Anche i motivi trascelti per i suoi dipinti: vedute dell'Iseo, di Burano, Venezia, oltre che parigine, gli suggeriscono semplici composizioni dagli scarni elementi descrittivi, ma quei pochi elementi gli servono per dare profondità, ampiezze a cieli e acque imbevuti di silenti effuse atmosfere.Ed è in questo immane silenzio che sembra di veder riflesso il carattere dell'uomo sensibile, silenzioso, d'una estrema timida gentilezza. La sua attività ci è nota per quanto ha fatto negli anni Sessanta, dopo di che sembra aver disertato le esposizioni, ridotto l'attività creativa, assorbito dalla nota azienda di manufatti per l'edilizia.
 
BIBLIOGRAFIA
L. FAVERO, Rassegna deipittori, «La Voce del popolo», I I febbraio 1960. «Galleria A.A.B», Brescia, 28 gennaio - 8 febbraio 196 1.
«Galleria del Corso», Brescia, 23 febbraio - 5 marzo 196 1.
G.V., A1Premio Monticelli, «Giornale di Brescia», 25 luglio 1965. «Galleria A.A.B.», Brescia, 16-28 dicembre 1967.
 

MUSMECI ERMANNO

La Maddalena (Sassari), 8 agosto 1927.
Proveniente da Acireale, trasferitosi per motivi di lavoro il padre a La Maddalena, qui è nato Ermanno Musmeci; compiuti gli studi di giurisprudenza, è giunto nel Bresciano appena dopo il 1950, risiedendo in città dal 1968. Pittore autodidatta, fin da ragazzo ha manifestato doti di disegnatore, ancor oggi prediligendo la tecnica mista e la sanguigna. I suoi più noti lavori sono realizzati su pannelli opportunamente preparati ed i dipinti ultimati sono protetti da uno strato di pollestere.  La figura femminile, il paesaggio offrono la possibilità di tradurre nel colore attuali problematiche o la risonanza di tragici eventi, come per la strage ordita in occasione delle Olimpiadi di Monaco. Ne scaturiscono smarrimento e solitudine entro un mondo impietoso; eco forse, com'ebbe a dire Oscar Di Prata, ad intimo sentire di «una personalità a volte inquieta ed imprevedibile, sensibile a molteplici, spesso divergenti interessi pittorici... un volgere di problemi concreti e urgenti, sia sotto un aspetto umano che sociale».  Autore di scritti per pubblicazioni specializzate, di versi, pochissimi dei quali editi, Musmeci ha intrapreso ad esporre sul fare degli anni Settanta, partecipando a mostre collettive in città (1 972, 74), Acireale (1 972), Roma (1 974, 76), Atene (1 974), Trento (1 974), Montecarlo (1 975), Lugano (1 975), Sanremo (1 976).
Mostre personali ha invece allestito in Lumezane (1 973) e Brescia (1 972, 1976). Come per alcune delle esposizioni su menzionate, Musmeci è stato invitato a realizzare un'opera a china da inserire in una cartella, di dieci autori, per le Edizioni Arte nuova oggi di lesi, nel 1979.
 
BIBLIOGRAFIA
Sta in: «Panorama d'arte'77», Magalini ed., Brescia, 1977, p. 103.
Si veda inoltre:
0. DI PRATA, «Centro artistico culturale S. Michele», Brescia, 28 ottobre - IO novembre 1972.
G. AMENDOLAGINE, L. SPIAZZI, «Ass.  Prov. bresciana propr. edilizia-Sala delle esposizioni»,
Brescia, 15-29 maggio 1976. (Con riproposta del testo di 0. Di Prata).
T. CARACELLI, «Quaderno di grafica italiana», n. 8, Ed.  Arte nuova oggi, lesi, 1979.
 

MUSONI RICCARDO

 Acquanegra (Mn), 10 settembre 1922.

Presente a rassegne ordinate dalla A.A.B., in varie occasioni si è pure distinto in concorsi a carattere regionale. In personale ha esordito assai tardi, proponendo una pittura figurativa tesa a «raccontare» la misera vita quotidiana, espressa attraverso scarne essenzialità.  Ne nascono così figure di contadini, nei cui volti è segno di sole e vento; le case di quei contadini, accostate le une alle altre «come in un arazzo, il paesaggio richiama il sud» entro luci rattese che sottolineano la corposità sintetica.  Così le nature morte, fatte di fiori e frutti di quella terra, dalla riassuntiva, plastica resa: quasi a serrare in sé la fatica occorsa per la raccolta. Se in quelle opere, frutto di qualche anno addietro, già s'avvertiva il bisogno di Musoni di evolvere il rapporto esistente fra uomo e oggetto, nel più recenti dipinti si è decisamente immessa una problematico maggiormente impegnativa: lo testimonia il quadro La macchina in cui, pur mantenendo la impostazione «tonale priva dei mezzi toni, ove il bruno si attizza di sanguigno, scomparso o quasi il grigio, si fanno avanti tinte più aspre», la sua pittura assume impronta realistica e surreale ad un tempo; la scomposizione delle forme non attenua la drammaticità della testimonianza affidata ai colori.
 
BIBLIOGRAFIA
L. SPIAZZI, «Galleria A.A.B.», Brescia, 23 febbraio - 5 marzo 1976.  AA.VV., «Brescia'80», Brescia, I - I I maggio 1980, catalogo.
 

 

MUTTI ADOLFO

Brescia, 16 gennaio 1893 - 25 aprile 1980

Dire del pittore Adolfo Mutti può essere facile, se ci si arresta all'uomo sorridente, aperto che si incontra durante visite a gallerie d'arte o lo si raggiunge nello studio alto su vasta parte della città: come facile e piacevole può apparire la sua pittura dai limpidi toni nei paesaggi o nei ritratti dalla evidente resa fisionomica, dalla plasticità mai remore alla immediatezza.Ben più ardua la ricerca dell'animo dell'Artista, ben più meditata comprensione richiedono i valori della sua opera. A questa ricerca può giovare ripercorrere a ritroso la vita e l'attività di Adolfo Mutti il quale, iniziati gli studi nella ben nota scuola Moretto, ha poi frequentato l'Accademia Carrara di Bergamo.  Ponziano Loverini e il nostro Arturo Castelli gli sono stati maestri: due pittori che nelle opere hanno lasciato parlare l'animo fondamentalmente mistico Meditazione, ispirazione sorrette da nobiltà di sentire, con la severità di impegno di chi si dedica soprattutto alle vaste composizioni parietali, ove non è consentito cedimento tecnico, e che si elevano in virtù di chiarità interiori.  Che Mutti abbia inteso l'insegnamento morale, prima ancor dell'artistico, lo prova un episodio: pur avendo vinto due volte il Legato Brozzoni, istituito dal civico Ateneo per incoraggiare e sorreggere promettenti artisti bresciani, soltanto nel 1928 il nostro pittore ardisce allestire la sua prima mostra personale, presso la galleria di Dante Bravo; proprio in quella occasione, N. F. Vicari, recensendo favorevolmente la esposizione, sottolinea il carattere severo, esigente di Adolfo Mutti. Lo studio assiduo, appassionato del maestri antichi gli è ulteriore guida, ma anche motivo di profondo smarrimento.  Tuttavia, dal confronto umilmente postosi trarrà quella preparazione riflessa, oltre che in pagine scritte, nella autorevolezza di giudizi espressi in giurie e commissioni artistiche, nell'esperto e ascoltato consiglio offerto a galleristi e antiquari fra i più quotati. Cenni, questi, bastevoli a rischiarare l'intimo di un uomo intransigente con se stesso, benevolo con i colleghi, prodigo con i giovani che gli si accostano per un consiglio.  La citata mostra personale racchiude motivo caro al pittore: di faccia ai suoi erano quadri di Giulio Cantoni (v.), amico fratello.  Già è stato detto della pluridecennale vicinanza dei due pittori, della affinità degli animi e della comunione di ideali che mai hanno scalfito la originalità della loro pittura. Rileggendo le molte pagine dedicate ad Adolfo Mutti ci si convince che la sua attività rappresenta veramente significativo punto che ben riflette i fermenti artistici cittadini del passato secolo rimeditati con sensibilità attenta alle innovazioni culturali contemporanee. Ma l'aggiomamento, evidente nelle sue tele, va di pari passo con la interiore rielaborazione per non sconfinare dalla coerenza di una professione amata e svolta con chiarità di intenti.  Al postimpressionismo (altri fa il nome di Spadini) più che ad artisti concittadini, par accostarsi il tratto di Adolfo Mutti: tratto fattosi via via più sicuro ed essenziale, soprattutto nei ritratti dove dominano i toni bassi, rosati e le terre a creare visi sul quali l'ombra è rotta da luci improvvise, a dar palpito al colorito della carnagione (incamato) a dar pensosità allo sguardo quasi sempre penetrante zone fonde sotto le arcate sopracciliari; a dar sostanza ai corpi e ai panneggi dalla larga fattura lineare.Anche il paesaggio si distende nel tratto largo, ravvivato da succosa rapida e pur meditata pennellata.  Per non dire delle nature morte, dei fiori prediletti che della natura sono raccolto riverbero. Il quadro di Adoìfo Mutti par prendere avvio da velature oltre le quali si intravedono il disegno e il colorito intenso piano di fondo, per compiersi a mezzo di pochi, rapidi tocchi costruttivi.  Certe tele si fari preziose per levità di riflessi, per palpiti di atmosfere dalle luci azzurrine e terse, per biancori di soffici nevicate; i ritratti hanno, con la rassomiglianza, penetrazione spirituale che pochi san rendere. Dopo il 1928 Mutti ha allestito numerose altre mostre: presso la Galleria Campana, la Galleria d'Arte; due volte (1928-1930) è presente a Venezia; espone pure a Bergamo e, in sindacali, a Torino, Milano, Firenze.  Ma ben presto si chiude in un lungo silenzio; proprio quando la pittura sembra poter garantire serenità per la famiglia, deve in altro modo provvedere alle necessità contingenti. Partecipa, in vero, ad alcune collettive, ma soltanto nel 1964 torna evidentemente alla pubblica attività con una personale allestita nelle sale della Galleria A.A.B. Con altra del 1966 conferma quella fecondia che lo caratterizza anche in seno al gruppo dei «Sette pittori della Realtà» e nelle successive sortite. Ad ogni comparsa si confermano altresì felicità inventiva, freschezza di ispirazione, sobrietà della composizione. Quante case cittadine s'adomano di opere di Mutti, quanti hanno desiderato da lui un ritratto: basti qui citare il dott.  Berlucchi, il dott.  Giorgio Nicodemi, il co: Teodoro Lechi, il notaio Bonicelli e i suoi famigliari, il sig.  Micheletti... né mancano Gallerie pubbliche, come la bresciana Pinacoteca o quella milanese che custodiscono dipinti suoi. V'è da ricordare che Adolfo Mutti, negli anni Trenta, è stato collaboratore di giomali e periodici locali, nelle pagine del quali ha illustrato insigni monumenti e opere d'arte.  Non pochi giovani sono stati a lui vicini per apprendere l'arte pittorica, soprattutto negli anni Sessanta-Settanta.
 
BIBLIOGRAFIA
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G. PANAZZA, «La Pinacoteca Tosio Martinengo», Ed., Alfieri e Lacroix, Milano, 1959.
G. VALZELLI I Profeti e la turba..., «Bruttanome», Vol. 1, (1 962).
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E.C.S. (alvi), Mostre d'arte, «Giomale di Brescia», 16 dicembre 1966.
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L. SPIAZZI, «Galleria S. Gaspare», Brescia, I I -22 dicembre 197 1.
R. LONATI, Artisti di casa nostra, A. Mutti, «Biesse», a. Xll, n. 127, agosto 1972. (Con bibliografia).
«Galleria S. Gaspare», Brescia, 14-26 ottobre 1972.
G. STELLA, Arte, «La Voce del popolo», 23 gennaio 1975.
C. VILLANOVA e AA.VV., «Galleria Bistro», Brescia, 10-23 gennaio 1976.
L. SPIAZZI, Arte in città, «Bresciaoggi», 17 gennaio 1976.
E.C.S. (alvi), Mostre d'arte, «Giomale di Brescia», 24 gennaio 1976.
L. SPIAZZI, Omaggio ai decani, «Bresciaoggi», 25 giugno 1977.
L. SALVETTI, «Studio G. 7», Bovezzo, 26 febbraio - I I marzo 1977.
«Galleria A.A.B.», Brescia, 5-17 novembre 1977.
L. SPIAZZI, Arte in città, «Bresciaoggi», 12 novembre 1977.
L. SPIAZZI, Arte in città, «Bresciaoggi», 17 dicembre 1977.
GALLERIA S. GASPARE, «Omaggio all'Otto-Novecento bresciano», Tip.  Zemil, Brescia, dicembre 1978.
G.F. MAJORANA, «Galleria S. Michele», Brescia, 24 novembre - 6 dicembre 1979.  L. SPIAZZI, Arte in città, «Bresciaoggi», I dicembre 1979.
A.M., Morto ilpittore A. Mutti, «Giornale di Brescia», 26 aprile 1980.  L.S., £ scomparso A. Wutti, «Bresciaoggi», 26 aprile 1980.
AA.VV., «Brescia'80», Brescia, I -I I maggio 1980, Catalogo.
G. STELLA, In memoria di A. Mutti, «La Voce del popolo», 9 maggio 1980.
L. SPIAZZI, Brescia '80, «Bresciaoggi», 17 maggio 1980.
A.M. COMANDUCCI, «Dizionario dei pittori... italiani», Ed.  IV, (1 972). «Arte bresciana oggi», Sardini Ed., Bornato.
 

MUTTI GIACOMO

Mantova, 1855 - Brescia, 1917.

Giunto ancor giovane a Brescia da Milano, dove la madre, scomparso il marito garibaldino, si era trasferita, aperse «bottega» dove in qualità di aiuti lavorarono fra gli altri Ciaetano Cresseri e Giuseppe Mozzoni. Legato da amicizia all'architetto Antonio Tagliaferri, per qualche tempo fu docente nella Scuola Moretto, dedicandosi al tempo stesso alla decorazione di edifici pubblici e privati, partecipando alla dipintura della nuova sede del Credito Agrario Bresciano e a restauri nel Teatro Grande. Altre decorazioni eseguì in numerose ville padronali di Franciacorta e alcuni suoi quadri a olio, con soggetti di natura morta, restano presso gli eredi. Sposata Vittoria Zucchi, di nobile famiglia mantovana, ebbe da lei otto figli tra i quali il noto e compianto maestro Adolfo. (v.).
Le spoglie mortali di Giacomo Mutti riposano al Vantiniano.
 

 

MUZIANO GIROLAMO

Acquafredda, 1528 - Roma, 1592.

Pressoché sconosciuto a Brescia, che pur gli ha dedicato una via nei pressi della Stazione ferroviaria, Girolamo Muziano ha lasciato più viva memoria in Roma, dove verso il 1580 dette vita alla nota Accademia di S. Luca, alla quale altro insigne bresciano ha legato il nome, per esserne stato presidente negli anni Trenta: Angelo Zanelli. Dalla vicina Acquafredda dove nacque, Girolamo Muziano, figlio di Marco «armarolo», è a Brescia nel 1540. La sua formazione, nella xia romaniniana, è testimoniata dall'unica opera certa rimasta nel Bresciano: l'Assùnta nella parrocchiale del paese natio.  Sua, potrebbe altresì essere la decorazione della cupoletta nella cappella di S. Girolamo in S. Maria delle Grazie, in città. Un soggiorno veneziano: di quel periodo attestano alcuni dipinti in cui si sente la influenza di Tiziano, al seguito del quale sembra possibile ipotizzare la sua andata a Roma, poco dopo il 1545.  Ed a Roma il pittore nostro resta fino alla morte: onorato da nobili e porporati, tanto che le spoglie sue mortali furono deposte nella Cappella del Crocifisso, in S. Maria Maggiore. Due note sottolineano efficacemente la considerazione goduta da Muziano: la lode ricevuta da Michelangelo per la Resurrezione di Lazzaro, commissionatagli dal Card.  D'Este; mentre un S. Girolamo nel deserto dell'Accademia Carrara, dato per molto tempo al Nostro, fu poi riconosciuto di Romanino. La fiducia acquisita presso il Cardinale, gli procura ambita commessa, con l'invito di decorare villa d'Este a Tivoli. Anche se di quell'opera ben poco resta, interessante è il fregio racchiudente il ritratto del pittore nelle sembianze di Mercurio. Legata al primo soggiorno romano, la decorazione della Cappella'Gabrielli nella chiesa di S. Maria sopra Minerva; alla fiducia di ecclesiastici si deve la grande tela eseguita per la sala del Concistoro in Vaticano, raffigurante la Risurrezione di Lazzaro sopra menzionata. Altri dipinti (perduti) esegue per la chiesa dei SS.  Apostoli (S.  Francesco.  Annunciata).  La reputazione conquistata gli consente di condurre bottega assai frequentata; frequentata da buoni e generosi allievi che lo sostengono anche in occasione di lavori poco remunerativi. Del 1560, altre opere notevoli: nel Duomo di Orvieto, ora depositate presso il Museo dell'opera del Duomo.  E pressoché contemporaneamente opere a Foligno, dove dipinge le S,',grie di Elisabetta (perdute), forse un Miracolo di S. Feliciano (attribuito); a Loreto, dove nella Santa casa effigia vari Santi e, ancora, a Montecavallo, Ferrara, Monte Giordano,'Ia citata Villa di Tivoli. Nella romana chiesa del Gesù, sua è la Circoncisione, ma ancor prima aveva composto Pentecoste per la sala dei paramenti in Vaticano. E in S. Pietro, suoi sono i disegni e la direzione esecutiva dei bellissimi mosaici per la Cappella gregoriana della navata centrale, che gli meritarono d'esser considerato «pietor Romac insignissimus». Al mosaicista si accosta l'incisore e di questa attività sono da ricordare le 130 tavole dedicate alla colonna Traiana; né va dimenticato il disegnatore del soffitto nella Galleria vaticana delle carte geografiche. Se porporati sono stati i più noti suoi committenti, se la sua vicenda capitolina si arricchisce anche della partecipazione alla vita della Confraternita dei bresciani a Roma e alla fondazione della secolare Accademia di S. Luca, anche il ritrattista dovette godere stima: a lui si rivolse Vittoria Colonna e quell'Ignoto raffigurato nel dipinto degli Uffizi.  Presso la Galleria fiorentina restano anche numerosi disegni attestanti il sicuro paesaggista. E dipinti di Muziano posseggono musei famosi quali l'Escurial di Madrid (Lafiglia di Giairro), il Louvre di Parigi (Incredulità di S. Tomaso), l'Accademia Albertina d' Vienna (Ingiunzione a un vescovo di adorare idoli e Gruppo ascoltante: disegni), nonché collezioni a Reims (Galleria Borgese: S. Francesco), a Napoli (Museo: S Francesco), per non dire di chiese varie romane (S.  Maria degli Angeli, S. Maria in Vallicella, S. Caterina e i SS.  Cosma e Damiano, S. Caterina dè Funari) dove rivivono episodi della vita di Cristo: dalla Fuga in Egitto fino alla Deposizione. Nel secolo e nella città dei sommi, il bresciano Girolamo Munziano seppe dunque meritare non trascurabile onore artistico.
 
BIBLIOGRAFIA
U. DA COMO, in «G.  Muziano», Ist. ital. d'arti grafiche, Bergamo, 1930, ha redatto esteso elenco delle opere di G.M.; ha altresì proposto alcune Testimonianze,- fa inoltre riferimento a numerosi autori nelle note al testo, pertanto senza un ordine cronologico.  Al libro del Sen. Da Como rinvio per dare maggior completezza alla seguente nota.
R. BORGHINI, «Il Riposo», 1584.
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«Storia di Brescia», Voll.  Il e III.
 

 

NAPPI CARMINE

Nola, 1936.

Dal 1963 operoso nel Bresciano, ha studiato presso il Liceo artistico napoletano.  Dipinge dal 1957, prendendo parte a collettive o allestendo personali in varie città meridionali per poi estendere la presenza anche nell'Italia settentrionale.  Sue opere sono state esposte a Nola (1957, 58, 59, 64, 69, 70); Napoli (1959); Corno (1965); Firenze (1968); Avellino (1970); Cassino (1970); Milano (1970); Arezzo (1970,71); quindi a Brescia (1964, 1971); Botticino (1971)..Insegnante in scuola tecnica, è prevalentemente grafico, incisore, e della denunzia della miseria e arretratezza della terra meridionale fa motivo fondamentale della sua vena espressionista. Estende poi la visione a problemi esistenziali la cui essenza non è facilmente individuabile, perché compenetrata allo sfaldarsi, al disumanarsi di ciò che tutto noi circonda; e l'uomo in esso. Il segno preciso, costruttivo propone allora, com'ebbe a osservare Giannetto Valzelli, care evocazioni (i volti), i simboli (insetti e passeri), gli emblemi (bulloni e barattoli)... tanto che, nelle lastre, s'apre una finestra sulla «secchezza d'ali che sì fa polvere, il radicarsi della sterilità come ombra palpabile di morte, la stessa memoria umana pendente da una corda ... ». Una presenza, dunque, quella di Nappl, che valeva d'essere citata, perché l'artista di Noia, retto da un «amore di sintesi, che è volontà di mordere la polpa, di scendere nella sostanza, dentro il cuore dell'arte», non potrà non trascinare i suoi giovani allievi bresciani, portarli là dove la luce, più che, costruire, sembra «captare» le terre e il verde della natura.  Tramutare la sua ardente passione in edificante indicazione.
 

NASTUZZO ANTONIO

Pradamano (Udine), 2 agosto 1908.

Padre di Tarcisio (v.), Antonio Nastuzzo a soli sedici anni si trasferisce a Salò ove intraprende il lavoro e la collaborazione con gli allora noti maestri di decorazione Carlo Banali (v)., Abramo Bertasio (v.), Ottorino Benedini (v.). Frequenta al tempo stesso la scuola «R.  Turrini» e si dedica al paesaggio e alla scenografia, attività esplicata anche in Argentina, dove si reca all'inizio degli anni Trenta. A Rosario di Santa Fè esegue estese decorazioni nella cattedrale dedicata a S. Rosa; scenografle e bozzetti compone per il Teatro Colori della stessa città. Tornato in patria nel 1934, riprende il lavoro di decorazione operando prevalentemente nel Bresciano, sul Garda.  Con il Benedini o da solo decora chiese a Voltino di Tremosine, Vesio; case private in Salò e dintorni; per l'Asilo infantile salodiano compone un lieto motivo nella lunetta dell'ingresso alla cappella..In veste di restauratore resta legato, fra l'altro, alla pala antica della chiesa di S. Benedetto, in frazione Mura di Salò, attribuita a Sante Cattaneo ed avente le dimensioni di 2x4 metri; alla grande tela, del Duomo di Salò, raffigurante S. Carlo Borromeo, opera firmata da Alessandro Maganza. L'abilità acquisita a contatto con opere di antichi maestri è testimoniata dalla copia tratta dal polittico dell'ambito di Paolo Veneziano ed esposta dopo il furto avvenuto nel duomo salodiano nel giugno 197 I; copia rimasta per qualche tempo ad attenuare il buio lasciato dal sacrilego trafugamento e rimossa solo dopo il ritrovamento del trecentesco capolavoro. Finalmente, sul far degli anni Sessanta, la possibilità di dedicarsi ai quadri di cavalletto.  La stessa frenetica «fatica» dedicata a vaste pareti si ritrova nei dipinti a olio, negli acquarelli che danno vita a numerose mostre. Fra le partecipazioni a collettive val ricordare le presenze a Gardone Riviera (1 962, 64); Poggiorusco di Mantova (1 963, 64, 65); Salò (1 964, 66); Vobarno (1 965); Padenghe (1970, 74, 75); Lazise (1966); Soresina (1968); Asti (1975); Desenzano (1975) e numerose altre località benacensi. Mostre personali sono state allestite a Salò (1963, 1969 e lungo l'intero arco degli anni Settanta); Desenzano (1 970, 75); Mademo (1 973, 75); Brescia (1 975).  Sono opere prevalentemente dedicate al Garda, «la pennellata, sempre sull'ordito grafico che ha nella diligenza e nella cura la prerogativa principale... a volte si fa nervosa, immediata». Dipinti condotti nella eco impressionista d'un autore considerato fra gli espressivi «evocatori idilliaci di paesaggi di mare, di cielo, di lago e di agreste impostazione».  Nè mancano gli aspetti della vita locale, episodi a tema sacro «assai spesso sveltiti, nella riproposta di crocchi e grappoli di chierichetti» emergenti sulla distesa di colli specchiantisi nell'azzurro dell'acqua.  E nel brulicare di processioni, nel silente r'verbero di cielo e lago s'esprime Nastuzzo: con trasporto e sentimento fluenti come limpida sorgiva.
 
BIBLIOGRAFIA
«Il Popolo di Brescia», 15 aprile 194 1, Teatro educativo.
D. BONDIOLI, La personale di Nastuz o, «Il Duomo», 1963.
M. FURLAN, «La Domus», Salò, 2-31 agosto 1969.
«Giomale di Brescia», 21 agosto 1969, Ipittori Nastuzzo e Turina alla Domus. ACRE, Successo della personale di NastuzzQ e-Tùrina, «Il Duomo», 1969. «Gazzetta di Mantova», i i maggio 1970, Mostre d'ìzrte.
S. NJINELLI, Una copia del polittico@@ostituirà l'originál(-, «Giomale di Brescia», 19 dicembre 1971.
«Gazzetta di Mantova», 6 aprile 1972, Mostre d'arte.
«Salone Domus», Salò, 5 agosto - 3 settembre 1972.
«Giornale di Brescia», 13 aprile 1974, A. Toscoáno Afader@le attività artistiche.
L. SPIAZZI, Giro dell'arte, «Bresciaoggi», 15 agosto 1974.
A. RIZZI, «Galleria del Carro», Brescia, 5-17 aprile 1975.
«Galleria del Carro», Brescia, 29 novembre - I I dicembre 1975. (Con il figlio).
P. CASTALDI, A. Nastuzzo, «Le firme», febbraio 1976.
«Salone Domus», Salò, 8-22 luglio 1976.
«A.A.d.S.», Salò, 26 aprile-9 maggio 1977.
«Galleria Salò - arte», Salò, 1-1 5 agosto 1978.
«Salone Domus», Salò, 22 agosto - IO settembre 19 78.
A. RIZZI, «Salone Domus», Salò, 23 agosto - 16 settembre 1979 (Brano da precedente catalogo).
 

NASTUZZO TARCISIO

Salò, 2 ottobre 1937.

Dalla natia Salò, a soli sedici anni si è trasferito a Milano, per entrare in uno studio grafico.A questa esperienza deve la resa stilizzata e l'equilibrio delle forme, con l'approfon dimento delle tecniche di riproduzione e stampa strettamente legate alla grafica pubblicitaria. A Milano frequenta i cí?rsi dell'Accademia di Brera sotto la guida di G.F. Campestrini e G. Moro, con la scuola di nudo. Le opere pittoriche nate nel periodo della ricerca (negli anni Sessanta) sono assai scarse e ormai disperse. Solo nel 1972, entrato a far parte del milanese gruppo «Rosetum», Nastuzzo riprende intensa attività creativa e partecipa assiduamente alle manifestazioni della associazione. Accanto a Bertani ha modo di focalizzare quella forma espressiva tanto faticatamente inseguita.  Negli anni Settanta è altresì presente a concorsi e collettive vari; nel 1973 espone a Csongrad, in Ungheria, accanto a pittori di quella nazione, riscuotendo ampio consenso. Nel 1974 entra nel Circolo filologico di Milano e con i soci pittori espone nella sede della Associazione.  Altre presenze di Tarcisio Nastuzzo sono da ricordare a Limone e Salò (1974) dove espone in personale, mentre nel 1975, con il padre Antonio (v.), espone nella bresciana «Galleria del Carro». Assorbito dalla attività di grafico pubblicitario che lo trattiene lungamente nel capoluogo lombardo, ha ridotto considerevolmente l'attività espositiva, nè ci è stato possibile avere documentazione bibliografica sulla sua attività pittorica, salvo un cenno all'interesse rivolto da Attilio Mazza che ne ha colto l'essenza con «estrema lucidità e precisione». Opere di Nastuzzo, di non facile comprensione, sono presso amici ed estimatori; in esse particolarmente vivo il richiamo al Garda, del quale «sa darci immagini alle quali non siamo abituati, sia per la originalità dei tagli... sia per gli sprazzi di realtà, che lasciano affiorare la fantasia e il ricordo di un lago oggi non più riconoscibile».
 
  1. NEGRONI GIUSEPPE
  2. NEGRONI MACCHELLI MARISA
  3. NEMBER SILVANO
  4. NICOLOSI GIUSEPPINA

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