Brescia, 28 marzo 1954.
Sorella di Nerina, Ha frequentato il Liceo artistico «V. Foppa» a Brescia e il corso di decorazione dell'Accademia di Brera in Milano. Docente di Educazione artistica, la giovanissima pittrice, ancor durante gli studi ha intrapreso la partecipazione a mostre collettive in Verona, Milano, Brescia; una mostra personale ha allestito in Gavardo. Autrice di «murales», anche a fianco della sorella, si è presentata per la prima volta al pubblico con una nutrita serie di tempere in cui l'abilità tecnica, volta a un decorativismo che, non soltanto eco a «un'art nouveau rivisitata, non solo piacere di stilizzare figure e ambienti in funzione simbolica», le consentiva di esprimere la «volontà di cogliere, quasi in chiave fiabesca, la realtà degli elementi della vita, come essa appariva in sostanza ai nostri lontanissimi avi». IL stata la prima verifica di una ricerca non arrestatasi ai primi traguardi; sia per quanto concerne l'espressione, sia per i mezzi tecnici adoperati. Sono così nati in seguito olii, tecniche miste, collàges dalla notevole eleganza formale, ma recanti il segno d'una fantasia capace di elevare colori e forme a equivalenti aspirazioni, a emblemi o simboli, di primitive purità, infantili candori.
BIBLIOGRAFIA
E. MAIZZA, «Galleria d'arte Gavardina», Gavardo, 20 novembre-3 dicembre 1976.
Verolanuova, 1825-1888.
Ha studiato presso l'Accademia Carrara di Bergamo. Da quanto di lui rimane, si può arguire che abbia prediletto i temi storici e sacri, come attestano La Comunione di S. Luigi Gonzaga, Dante e Oderisi nel purgatorio, Carlo Zima: opere custodite dalla Pinacoteca civica di Torino. Alla Mostra della pittura bresciana dell'Ottocento, Mondini figurava con un Ritratto di Francesco Ettorri.
BIBLIOGRAFIA
G. ZANARDELLI, Lettere sulla Esposizione bresciana, «Crepuscolo», 1857, Ed. 1904.
COMUNE DI BRESCIA, «Mostra della pittura bresciana dell'Ottocento», Brescia, 1934.
A.M. COMANDUCCI, «Dizionario dei pittori... italiani», Ed. 1945 e segg.
Brescia, 28 giugno 1910-13 agosto 1952.
Pittore, ma più conosciuto come restauratore di dipinti, fu uomo dedito al lavoro,
alla famiglia, all'arte. «Nella sua bottega, dopo la inopinata scomparsa, a soli quarantadue anni, restano incompiute molte opere affidate alla paziente e abile fatica del restauro. E queste ci riportano alla mente le molte altre opere salvate dal tarlo del tempo e dalla incuria degli uomini. Per opera sua, numerosi capolavori di illustri pennelli hanno ripreso vita e colore, sono ritornati a splendere sulle ancone dorate delle chiese bresciane». Membro della Unione artigiana, in quella associazione è ricordato come entusiasta e attivo collaboratore; è con rammarico che affermiamo di non poter dare notizia alcuna di sue partecipazioni a mostre, avendo attinto, per le poche notizie esposte, dal Necrologio apparso in «Brescia artigiana» del 15 settembre 1952.
Brescia, 3 dicembre 1898 - 4 maggio 1949.
Autore di dipinti dalle atmosfere romantiche, crepuscolari, nelle piccole opere di cavalletto Moneghini ha prediletto ritrarre i molteplici aspetti di Borgo Trento dove abitava; così che le sue visioni documentano angoli scomparsi o un poco alterati della estrema settentrionale periferia di un tempo, con i suoi cascinali, le sue strette vie, le sue antiche chiese.
La tecnica sicura gli ha consentito di imitare egregiamente opere di varie epoche, di eseguire pale d'altare per alcune chiese, fra le quali si citano quella in Palazzolo e altra di Monte Maderno, sul Garda. Nel verso di una teletta esposta in occasione della «Mostra postuma dei Soci», ordinata dalla Associazione artisti bresciani di via Gramsci, nel XXV anno di fondazione, scritto da Enrico Invernici (v.) questo eloquente giudizio affettuoso: Impressione delpittore operaio Gigi Moneghini, morto giovane e allievo di nessuno; a malgrado il parere di nuovi luminari questa piccola opera, di un dotato, resta e resterà la pittura, sempre. Numerosi lavori suoi custodiscono gli eredi, ancor oggi abitanti nella zona di Borgo Trento.
BIBLIOGRAFIA
«Galleria A.A.B.», Brescia, Mostra postuma dei Soci, nel XXV di fondazione, Brescia, 3-22 ottobre 1970.
R. LONATI, V. Gibelli, «Galleria S. Gaspare», Brescia, 1-13 aprile 1972.
Faenza (RA).
Giunta a Brescia in tenera età, a Brescia ha studiato, laureandosi in Lettere, ed insegnato.
Pittoricamente s'è formata con la guida di artefici urbinati, sul far degli anni Settanta presenti in città, approfondendo con essi la tecnica incisoria. Nel 1974 intraprende la partecipazione a collettive di grafica allestite in seno alla Associazione artistica di via Gramsci dove ha frequentato anche i corsi. Altre partecipazioni a mostre meritano citazione: in Brescia (con il Gruppo grafico bresciano, 1978), ancora a fianco di bresciani la nutrita raccolta esposta nella casa del Papi a Orvieto (1 978), la Rassegna didattica (Brescia 1979), nel chiostro di S. Clemente, in occasione della edizione del Premio Moretto. Accanto a G. Scarduelli e N. Panzeri, Giuliana Montanari è pure presente nella Abbazia di Rodengo Saiano (1980). Dello stesso 1980 la prima vera e propria mostra personale. Nella saletta del Torchio, presso la A.A.B., presenta opere scaturite da «una sensibilità rara ed assieme conoscenza profonda del versante tecnico... astrazioni poetiche, composizioni che sembrano svanire al primo contatto con l'aria», com'ebbe a dire il predatore Attilio Mazza. Vari i temi ispiratori di quelle opere: I racconti del mare, Il giardino dei sogni, Le quattro stagioni, C'era una volta un tempo, che hanno consentito all'Autrice di riunire i risultati di tecniche varie (disegno, acquatinta, acquaforte) comprovanti il lungo apprendimento e la paziente ricerca per «cogliere l'orma di una foglia e insieme la sensazione fragile del tempo che è scivolata via tra le vene e il tessuto verde lasciando una impronta di memoria». Opere offerenti la stessa intensa e pur sommessa espressione gentile che Giuliana Montanari esprime col riserbo e la contenutezza del gesto, con il calmo ritmo della parola.
BIBLIOGRAFIA
A. MAZZA, «Galleria A.A.ß.», Brescia, 23 febbraio - 6 marzo 1980.
L. SPIAZZI, Arte in città, «Bresciaoggi», I marzo 1980.
Brescia, 3 aprile 1846 - 5 dicembre 1920.
Da agiata famiglia genovese, trasferitasi in città a motivo della attività commerciale nel campo della seta, nasce Filippo Monteverde. Più che dagli agi, di cui avrebbe potuto godere con i genitori, è attratto dalla pittura, che affina frequentando l'Accademia di Brera con Francesco Hayez, recandosi poi a Roma per il perfezionamento.
L'indole avventurosa lo induce a seguire Garibaldi durante la campagna del 1866 e, più tardi, ad intraprendere viaggi per l'Algeria, Spagna, Francia, Argentina: è d' ritorno da una di queste sortite, che la nave affonda, portando con sè i lavori del pittore, salvo per buona fortuna. A Roma avvicina personalità dell'arte e della cultura: fra gli altri, Faruffini, Maccari, Michetti, il nostro Modesto Faustini; ed a Roma le doti pittoriche hanno aureo riconoscimento in occasione di esposizione. Tornato a Brescia, poco più che trentenne, vi apre studio, dedicandosi interamente alla pittura. Se alcuni paesaggi dalla notevole vivezza cromatica emersero in occasione di esposizioni a Milano e Monaco di Baviera negli anni Ottanta, sono i ritratti, le figure che dicono la capacità di introspezione di Monteverde. Ritratti dapprima condotti con classica visione, in seguito caratterizzati da sciolta, larga campitura, ma sorretti da sottile ironia, da non comune capacità di penetrazione psicologica e In cui il sommesso colore delle terre, dei verdi inconsueti, gli ampi cappelli, le velette e i merletti pare gli servano a esprimere giudizio su un mondo soccombente, dissolto da nuovi aneliti. Un'epoca che cade. Accanto ai numerosi ritratti di Signorine e Signore stanno alcuni volti di fanciulli, carezzati da chiarissimi e morbidi toni; e quella «Intera raccolta di gozzuti, cretini, di rachitici, di sgangherati omiciattoli in cui la tragicità delle maschere apparenti cela ben più profondi moti umanitari». Né mancano nature morte, con lepri, polli, suppellettili varie. Fra le opere numerose citate in pubblicazioni si ricordano: Interno di cucina, Autoritratto, Lepre appesa ad un'asse, Luogo solitario, Piazza della Valle, Curiosi di ignota ubicazione. Ritratto della madre, Ritratto di P. da Ponte (Ateneo), Contadina di Ome, Natura morta con aringa, Pollo sulpiatto, Galli, Veduta della Val Trompia, in collezioni private. Nella Mostra dedicata alla pittura bresciana dell'Ottocento Figuravano: Ritratto di T Vedovi, Ritratto di A. Foresti, i ritratti delle Signore Casartelli, Fenni, dello scugnizzo Sambo l'ostricaro, ed altre opere proprietà degli eredi. Visse, Monteverde, negli anni in cui si affermava la nuova tendenza della pittura antinaturalistica, che egli non volle assorbire, conservando fino all'ultimo il suo stile brillante ed estroso.
BIBLIOGRAFIA
Sta in: R. LONATI, Biografie di artisti bresciani, F. Monteverde, «Commentari dell'Ateneo», Brescia, 1980.
Brescia, 176 5 -e. I 815.
Dal «Dizionario» di A.M. Comanducci si apprende che Monteverde è stato allievo di G. Canepa, affrontando poi prevalentemente il paesaggio e la pittura di genere.
BIBLIOGRAFIA
THIEME BECKER, Voi. XXV., (1 93 1).
E. BENEZIT, «Dictionnaire des pcintres», Paris, Vol. VI. (1 962).
A.M. COMANDUCCI, «Dizionario dei pittori... italiani», Ed. IV, (1 9 72).
Brescia, 2 marzo 1891 - Bellano, 8 gennaio 1959.
Di cagionevole salute, trascorre l'infanzia a Pademo Franciacorta; più grandicello è garzone presso un fabbro; il padre, tuttavia, affermato parrucchiere con negozio in Corso del Teatro (odiemo Corso Zanardelli) frequentato da personalità quali G.C. Abba, Demetrio Ondei, Romolo Romani ne vorrebbe fare un erede nella professione. Lo invia a Parigi dal 1906 al 1908 perché apprenda l'arte patema. E proprio a Parigi il giovane Monti può occasionalmente dimostrare le sue vere attitudini, riparando una suppellettìle del negozio ove svolgeva apprendistato. In premio, durante la libertà, frequenta il Louvre e gli altri musei parigini. Vede gli Impressionisti, che lo influenzeranno; ma influenza reca nel suo animo anche il poter seguire il datore di lavoro, parrucchiere di teatro, dietro le quinte e nei camerini conoscendo di quel mondo anche le dolorose situazioni, tanto che nel 1930, invitato alla Biennale di Venezia, presenta Ballerina col bambino, oggi alla Galleria nazionale d'Arte moderna di Roma, riflettente un avvenimento veramente Vissuto. Di ritomo a Brescia intraprende appassionata lettura di testi classici, al tempo stesso dipinge. I primi rudimenti li ha da Umberto Franciosi, ma venuto in urto con la famiglia si rifugia a Belprato di Valle Sabbia, accanto a Edoardo Togni. Sono giomi di intensa, entusiasta operosità. Milano, alfine, dove già si trova un fratello, Eugenio, e la pittura come vita. Nel 1912 può partecipare alla Permanente, e fin da quella prima esposizione riceve l'esortazione di noti cultori d'arte, Giovanni Beltrami e Giuseppe Mentessi, maestro a Brera di non pochi pittori bresciani. L'Autoritratto del 1917 rappresenta tappa significativa nella pittura di Monti, che durante il primo conflitto mondiale dedica colori a motivi di folklore, ad episodi di vita popolare riuscendo a soddisfare appassionati o esigenti critici e artisti quali Arturo Tosi, che gli acquista alcune opere. Sposa la figlia di un antiquario milanese (1915). Del 1920, è la prima mostra personale, alla «Galleria Arte», di Milano, poco oltre l'invito alla Biennale di Venezia dove, sìa pure saltuariamente, tornerà fin negli anni Cinquanta.
L'opera esposta nel 1920 a Venezia è un Ritratto di mia moglie, motivo predìletto dal pittore. Pure del 1920 sono l'Annunciazione (Galleria d'Arte modema di Milano) Primavera e Ritratto difanciulla con fiori, esemplari per «il colore delicato e la tendenza ai toni chiari con lievi trapassi e sottili gradazioni». Seguono poi opere in cui il segno si fa più netto e preciso; nascono figure e paesaggi in cui affiora quasi mesto ricordo della fanciullezza, soprattutto nelle numerose repliche della moglie, con o senza la vicinanza del figlio. Nel 1921 vince la borsa dì studio Brozzoni, poco più tardi aderisce a «Il Novecento», accanto ad Anselmo Bueci, Dudreville, Funi, Malerba, Marussig, Oppo e Sironi. Sono ormai numerose le mostre in Milano, le partecipazioni alle Quadriennali romane e alle Biennali veneziane; noti i premi, le nomine in varie associazioni artistiche. Né mancano consensi di illustri critici e artisti: fra i quali Carlo Carrà, Giorgio Nicodemi, Raffaello Giolli, Margherita Sarfatti, Calzini e Vicari, Ugo Nebbia, Aldo Carpi, Ugo Ojettì, Paolo Monelli, Costantino Baroni... su su fino a Orio Vergani e Enrico Somarè. Anche a Brescia torna Cesare Monti, per l'affetto alla città e per esporvi, agitando con le sue opere l'ambiente locale; affermandosi in occasione di concorso indetto dalla «Bottega d'arte» dì Dante Bravo.Accanto ai ritratti, numerosi i paesaggi, le figure di ballerine, di arlecchini, e i fiori che fanno pensare, oltre che alla levità pastellata di Franciosi, alla spigliatezza di De Nittis.
Durante il secondo conflitto mondiale il pittore si ritira nella casa di Corenno Plinio comense, ove incontra alcuni amici pittori colà sfollati; nel dopoguerra, forse perché si sente superato dagli esiti del nuovi fermenti, affronta una pittura «gridata» in cui i forti colori si fanno stridenti, non mancano tuttavia opere ancora di «levità sognante». Sia pure saltuariamente, Monti ha affrontato anche l'affresco, né va trascurata l'attività sua grafica.
BIBLIOGRAFIA
Sta in: G. PANAZZA, «Cesare Monti-Mostra commemorativa», Brescia, 28 aprile-27 maggio 1973. (Con saggio di G. Predaval). La Nuova Cartografica, Brescia, 1973.
Si veda inoltre:
«La Sentinella bresciana», 20 agosto 1913, I saggi delconcorso Brozzoni.
«La Sentinella bresciana», 14 maggio 1916 Esposizione d'arte moderna.
«I Esposizione del paesaggio italiano sul Garda», Villa Alba di Gardone R., Inverno 1920-192 1. G.N, (icodemi), La mostra delpaesaggio a Villa Alba, «Le vie d'Italia», a. 192 1, p. 167.
«Commentari dell'Ateneo», Brescia, a. 1925, p. LII.
N.F.V. (icari), Pittori e scultori bresciani a Milano, «Il Popolo di Brescia», 24 novembre 1928. (Si veda anche: Riv. «Brescia», a. 1, n. 1, novembre 1928).
V.M., Mostra d'arte sindacale lombarda, «Arte nostra», Palermo, I gennaio 1930.
«Gazzetta del popolo», 3 e 10 febbraio 1934, Illustrazioni.
P. SARTORI TREVES, La V mostra del sindacato interprovinciale, Riv. «Brescia», luglio 1934. «Premio di pittura Brescia - 1953», Brescia, 1953. Catalogo, p. 18.
«Giornale di Brescia», 22 maggio 1959, Le città lombarde attraverso la pittura. G. VALZELLI, I Profeti e la turba.., «Bruttanome», Vol. 1, (1962).
«Giornale di Brescia», 4 aprile 1973, Omaggio a Cesare Monti.
G. PANAZZA, Il novecentismo di C. Monti, «Giomale di Brescia», 29 aprile 1973. E.C.S. (alvi), Mostre d'arte, «Giornale di Brescia», 23 maggio 1973.
GALLERIA S. GASPARE, Brescia, «Omaggio all'Otto-Novecento bresciano», Tip. Zemil, Brescia, 1978.
R. LONATI, «Mezzo secolo di testimonianze sulla pittura bresciana del Novecento: 1920-1970», Tip. S. Eustacchio, Brescia, 1979.
Milano, 15 settembre 1916 - Brescia, 31 agosto 1979.
«Un personaggio se n'è andato, un clown ha smesso di recitare, un pittore ha deposto definitivamente i pennelli. Palcoscenico della sua esistenza, la rotonda pedana del circo». Così Vittorio Brunoni inizia la nota di compianto per Cesarino Monti, l'indomani della scomparsa avvenuta nell'ospedale Civile bresciano. Del personaggio, molti sono in città a poterne dire, come del clown di tutti amico. La vicenda pittorica di Cesarino Monti appare invece un poco falsata da un alone fantasioso che forse ha danneggiato o posto greve limite alle pur notevoli qualità: così che ìl vero talento ancor oggi va ricercato, dissociando la facile oleografia da quanto fruttò da un maggiore impegno. Nipote del più noto Cesare Monti (v.), Cesarino compie a Brescia gli studi di pittura. Lasciata nel 1935 la nostra città è stato aiuto scenografo alla Scala; al tempo stesso ha frequentato per qualche periodo la scuola di disegno e pittura dell'Accademia di Brera. Dopo la pausa imposta dal conflitto mondiale, riprende l'attività scenografica, collaborando a spettacoli quali «Bolero» di Ravel, «Tanvalse» di Busoni o «GlaucoL'uomo dal fiore in bocca» di Pirandello.Seguono una attiva partecipazione a mostre collettive e l'allesti ento di personal' Brescia (1965) Milano (1969-1972), Pavia »1971), ecc. Sono tappe di un cammino verso Ginevra, Stoccolma, Parigi, Londra... la Cina. Punteggiano questi anni i numerosi ritratti eseguiti per notissimi personaggi di teatro, del cinema, tanto che «appare ormai d'obbligo fra la gente à la page farsi fare da lui un ritratto». Popolari, in città, i suoi disegni a penna stesi in occasione di manifestazioni quali il Giro ciclistico d'Italia e riprodotti nelle pagine del «Giornale di Brescia», in periodici, in calendari accanto ai suoi inconfondibili pagliacci e chierichetti. La critica lo ha per lo più ignorato: ma non pochi lo ricordano «per lo spettacolo che ha saputo rappresentare, per i colori che ci ha insegnato a godere».
BIBLIOGRAFIA
Sta in: A.M. COMANDUCCI, «Dizionario dei pittori... italiani», Ed. IV, (1 9 72).
Si veda inoltre:
G. VALZELLI, I Profeti e la turba.., «Bruttanome», Vol. 1, (1 962).
R. FINI, «Galleria A.A.B.», Brescia, Il -23 dicembre 1965.
A. MORUCCI, Galleria d'arte, «Biesse», a.V. n. 5 1, dicembre 1965.
V. BRUNONI, £ morto C. Monti, «Giornale di Brescia», I settembre 1979. (Si veda anche «Bresciaoggi»).