Dizionario dei Pittori Bresciani
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PALMA IL GIOVANE

Venezia, 1544-1628.

Lo si  ricorda soltanto per la commessa datagli di un grande quadro celebrativo della vittoria di Lepanto, da porre nella chiesa di S. Domenico, in Brescia, demolita nel 1882 e per le proposte dall'artista formulate di interventi inerenti il Duomo di Salò, cui fa cenno la recente «Storia di Brescia».

PALUMBO VITTORIO

Napoli, 1942.

Solo si accenna a questo giovane pittore napoletano che, trapiantato a Brescia dal 1976, già ha fatto dire di sé noti critici locali, dopo i consensi riscossi in occasione di apparizioni in Avellino, Frosinone, Mlíano, Roma, Foggia ecc.  Già nel gennaio 1977, da poco tempo in città, allineava suoi dipinti nella «Piccola galleria U.C.A.I.»; dipinti di tendenza astratta, quasi che l'autore intendesse «rappresentare l'infinito spazio universale, o l'infinito nulla, nella ricerca di punti che possano dare all'uomo una stella polare... per la sua perigliosa navigazione». Nella successiva mostra («S.  Michele», 1978) Palumbo afferrpava la consapevolezza che «l'uomo si avvicini sempre più al precipizio dell'incoscienza esistenziale che rischia di attrarlo in maniera irrimediabile». Se non erriamo, proprio l'@pera riprodotta in catalogo, con l'intento didascalico, sembra graficamente tradurre il tragico epilogo dell'umanità. Si indicano in Elvira Cassa Salvi («Giomale di Brescia», 3 febbraio 1977), G. Stella («La Voce del popolo», febbraio 1977) e L. Spiazzi, che lo ha presentato in catalogo e recensito («Bresciaoggi», 10 febbraio 1977), i primi scrittori bresciani interessati alla pittura di Vittorio Palumbo.
 

PALVARINI FERNANDA

Villa Carcina.

Autodidatta, è vissuta tra Brescia, Desenzano e Soncino, facendo ritorno in città verso la fine degli anni Settanta. Intenso il curriculum espositivo di questa pittrice e annoverante partecipazioni a manifestazioni in città, a Gavardo, Sarezzo, Ghedi, Visano; partecipazioni estese anche a Verucchio, Torino, Milano, Viareggio. Dal 1972 ha intrapreso allestimenti di mostre personali in note località: Bibione (1972), Mantova (1973, 76), Caorle e Montecatini (1974), Brescia (1975, 78, 80), Salsomaggiore (1975, 76, 78, 79, 1980), Mondovì (1975), Soncino (1976), Veroria (1977), Castelcovati (1978), Soncino, Crema e Roma (1980).  Pittrice dei fiori, per i quali ha composto anche poesie, del mondo policromo a cui si ispira coglie «i vivi bagliori, una sequela di petali, di corolle, di pistilli, di polline, di foglie che esaltano l'essenza della natura», come ha osservato Antonino De Bono. Se un tempo le masse floreali emergevano da scuri fondi, sul quali i colori intessevano un mosaico di piccoli tocchi ricreanti nobili o umili «grappoli» entro vasi o cesti di vimini, con il trascorrere del tempo anche lo scenario che contorna le innumerevoli composizioni si è acceso di luci. Così, le rose, i lillà, i girasoli, calicantus, ranuncoli, anemonì, papaveri, le margherite... la inesauribile sequenza dei-fiori ritratti, rifrangono e si irraggiano dei riflessi che hanno sorgente entro la composizione stessa.  Ed il tratto, fattosi più disteso, riassuntivo, maggiormente ricco di sfumature, raggiunge sottili vibrazioni luministiche.  Una gamma di esuberanti variazioni che a volte sanno di surreale. E poi - osserva Mario Cottafesta - Fernanda Palvarini sottolinea le accensioni cromatiche più vive seguendo un estro lirico.  I titoli che dà alle composizioni, come Rapsodia in rosa, Vortice azzi4rro, Palpiti dorati, Soffio di primavera, sembrano voler richiamare l'attenzione su una condizione dello spirito o su impressioni globali, anche musicali, più che sul soggetti in sé, pur così bene analizzati.  Questa non è più una «pittura di genere», è un vero e proprio rapimento estatico che la sicurezza d'esecuzione tecnica ingentilisce ed esalta al tempo stesso.
 
BIBLIOGRAFIA (bresciana)
A. DE BONO, «Galleria Pallata», Brescia. 12-25 aprile 1975.
A.M. (orucci), La pittrice del mese, «Biesse», a. XV, n. 157, aprile 1975.
L. SPIAZZI E AA.VV., «Galleria S. Benedetto», Brescia, 25 novembre-8 dicembre 1978.
L. SPIAZZI, Arte in città, «Bresciaoggi», I dicembre 1978.
 

PANCERA ANGELO

Manerbio, 24 settembre 1929.

Pittore e restauratore, si è adoperato per restituire vita a dipinti di numerose .chiese dell'Italia meridionale e del Genovese.  Nella provincia Bresciana ha invece all'attivo decorazioni in chiese di Bedizzole, Malpaga, Cigole, Bassano Bresciano, nonché spazi degli altari laterali del Duomo nuovo in Brescia. Alla sua abilità hanno concesso fiducia direzioni di Musei bresciani e veneti, tanto che dipinti del Tlepolo, di Pietro Marone, di Ludovico Gallina, di Andrea del Sarto o di Giuseppe Teosa grazie al suoi interventi hanno riacquistato primitivi valori. Pittore sacro nella tradizione classica, da Gianni Trainini ha appreso i primi elementi dell'arte, che poi ha approfondito attingendo al capolavori del passato.  Il ruvido, insistito tratto disegnativo, il fare un poco ingenuo non mancano tuttavia di dare alle composizioni silente espressività, accentuata, a volte, dagli atteggiamenti marcati del personaggi effigiati. Da qualche tempo Angelo Pancera è costretto a limitare l'attività per un malanno che lo induce, a giorni altemi, a sottoporsi a dialisi.
 

PANIZZA FRANCESCO

 Frontignano, 1928.

Autodidatta, lo si conosce soltanto per la mostra personale allestita in Brescia dal 3 al 16 ottobre 1971. Figurativo, è nel colore «esplosivo» la sua dote distintiva; colore posato sulla tela con tocchi rapidi a ricomporre paesaggi e nature morte, con verosimiglianza puntigliosamente cercata. Fin dall'anno della sua venuta in città, aveva al suo attivo numerose partecipazioni a concorsi nelle provincie di Milano, Corno, Sondrio, Novara, Varese, Trento, Piacenza ed alcune mostre personali.
 
BIBLIOGRAFIA
Sta in: «Galleria Brixia», Brescia, 3-16 ottobre 1971.

 

PANTALEONI ANDREA

 Secolo XVI.

Il Feilaroli («Dizionario») lo definisce pittore e rinvia all'Estimo del 1525 della quadra prima di S. Giovanni.  Di lui non si hanno altre notizie né si conoscono opere.

 

PAOLI PADOVA GIOIETTA

Milano, 24 marzo 1921 -1962.

Donna ed artista d'eccezione... amica tenera e trepida, dalla personalità traboccante di simpatia, di purezza e di ardore. Così, il 18 maggio 1972, a dieci anni dalla scomparsa, durante il Festival pianistico internazionale, Elvira Cassa Salvi ricordava Gioietta Padova Paoli, affermata musicista di rara sensibilità.  E così la ricordano quanti le furono vicini: fra tanti, gli amici suoi pittori, nella casa aperta al limite di Campo Marte certi di un appoggio, non soltanto morale, nei difficili anni della ricerca dell'affermazione. Quella casa, con le testimonianze dell'attività più nota, ancor oggi custodisce l'ignorato frutto di non meno apprezzabile capacità creativa; un tenue frutto che ci è caro segnalare in queste pagine, per idealmente riaccostare una creatura nobilissima ed artisti che ne rimpiangono la prematura scomparsa. La squisita cortesia dell'ing.  Padova mi ha consentito di conoscere alcuni disegni a matita di Gioietta Paoli rivelanti un inconsueto talento pittorico: espresso a mezzo di nitido segno deciso in alcuni nudi femminili, in alcune figure; af'fidato a pochi, piccoli ritratti di bimbi, all'Autoritratto vibrante di vita.Un incontro inaspettato, voluto da Augusto Ghelfi e inciso nella mente a sollecitare desiderio di più attenta ed estesa conoscenza di Gioietta Paoli Padova pittrice, che ebbe cara Brescia, sua patria adottiva.

 

PAOLO DA BRESCIA

Secolo XV.

Volutamente si sono tenute distinte le voci di Paolo da Brescia e Callina Paolo, il Vecchio, anche se i due nomi indicano il medesimo artista.  Identità solo da pochi anni provata. Come afferma Gaetano Panazza, Paolo da Brescia è il nome con il quale Paolo da Caylina (v.) amava firmarsi e del quale unica opera certa era il polittico per la chiesa di S. Lorenzo in Mortara, attualmente alla Pinacoteca Sabauda di Torino. La scoperta avvenuta negli anni 1967-68 degli affreschi nella bresciana chiesa di S. Giovanni firmati e datati: 1486 - Opus Pauli Picto, dice senza dubbio che «Ci si trova davanti alla firma del vecchio Caylina». Firma e data di grande interesse, perché sposta assai avanti la documentazione sul pittore, Fino ad allora interrota al 1475, sia perché aggiunge una opera sicura,  che apre nuovi orizzonti ci-rca l'attribuzione d' altre, alle quali  fa riferimento lo stesso dr.  Panazza, portando autorevoli elementi per sciogliere gli interrogativi sollevati a proposito degli ancora ignoti artisti operosi, ad esempio, in S. Maria della Mitra di Nave, in S. Maria della Ruota di Calvisano, in S. Cristo di Brescia, in S. Stefano di Rovato o nella chiesetta di Indico di Lodrino ed altri ancora. E’ quindi da considerare questa Voce come integrazione a quella già citata di: Callina Polo il Vecchio, alla quale si rinvia.
 
BIBLIOGRAFIA
Sta in: G. PANAZZA, Un'opera nu<)ì,a di Paolo da Brescia, «Studi di storia dell'arte in onore di A. Morassi», Venezia, Alfieri, 1971.
Si veda inoltre:
F. MACCARINELLI, «Le glorie di Brescia», 1747, Ediz.  C. Boselli, 1959.
S. FENAROLI «Dizionario degli artisti bresciani», 1887.
R. D'AZEGLIO, «Studi archeologia dell'Arte del disegno», Vol. 11, p. 175.

 

PAOLO DA GAVARDO

 Secoli XV-XVI

Nella «Storia di Brescia» è ricordato, ma con il dubbio sia l'oblatore e non il pittore operoso nella Scuola Bonsignori di Remedello, dove è conservato un dipinto con la Sacra Famiglia di ascendenza raffaellesca.
Contrassegnato dalla dicitura Pauli de Gavardo, la prima parola oggi non più interpretabile sarà stata opus o manus? Da qui l'incertezza.
 

 

PAOLO DA MADERNO

v. PAOLO VENEZIANO

  1. PAOLO VENEZIANO
  2. PAPAGNO LUIGI
  3. PARACCHINI LUIGI
  4. PARINI NERY

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