- Tipo Artista: Pittore
- Nome d'arte: AMBROSI
Gaetano Panazza, attingendo allo schedario Da Ponte (Ateneo di Brescia) e ricordando inoltre C. Cocchetti ("Grande illustrazione del regno Lombardo Veneto - La provincia di Brescia", 1858), Paolo Guerrini ("La Pieve di Portenove di Bedizzole: itinerari storico artistici a chiese e cimiteri della Riviera") ad altri autori ancora, citati nel saggio Le manifestazioni artistiche della sponda bresciana del Garda (Ateneo di Salò. 1969 p. 243). accenna a Pellizzari di S. Eufemia della Fonte, autore del paliotto dell'altare maggiore di Bedizzole, mentre il resto della mensa "a cui venne purtroppo :0::0 il ciborio, è del bresciano Ambrosi, e il pulpito, il coro e il confessionale sono di ."icolò Gelmetti di Toscolano". Seguita ricordando che Giovan Maria Lonado (1793) lavorò a Gaino e fra Isidoro Amadori all'altare del Carmine di S. Felice (1642).
Brescia, 1606 - 1665.
Allievo di Antonio Gandino, si rifece poi al Veronese con influssi di gusto palmesco, amante di cadenze misurate e delicate, con figure sottili e cangianti di colore che richiamano al Barocci. Fu anche freschista e collaborò con Bernardino Gandino e Domenico Bruni. Fu maestro a Pompeo Ghitti. Opere sue: a Brescia, S. Maria del Carmine, Fatti della vita di S. Alberto (1639); Capriolo, Disciplina, S. Antonio; Cellatica, parrocchiale, Vergine con bambino e Santi (1633); Marone, parrocchiale, Madonna con bambino; Quinzano, parrocchiale, Ultima cena (1651); Vello, parrocchiale, Vergine con bambino, SS. Eufemia e Francesco (1642); Zone, parrocchiale, S. Giorgio martire (1654).
BIBLIOGRAFIA
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Secolo XVIII.
Di Padenghe, operoso nella seconda metà del 1700. Allievo dei veronesi Cignaroli e Lorenzi, è autore di molti ritratti e baccanali. Fra i ritratti è ricordato quello di una dama Gaifami di S. Croce a cavallo e con il seguito signorile.
BIBLIOGRAFIA
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R. LONATI, “Dizionario dei pittori bresciani”, Giorgio Zanolli Editore, 1984.
AMORUSO RAFFAELE. Mestre, 23 marzo 1944.
Da famiglia originaria bresciana, nasce nella cittadina lagunare, ma fin dai primi mesi di vita è in Valcamonica, dalla quale più si distacca.
Qui frequenta e completa gli studi tecnici, qui germoglia la sua passione artistica. Pittore, oltre che scultore, in questa nota ci si riferisce in particolare all'attività plastica svolta con autonoma ricerca sorretta da lunga e appassionata applicazione. Inizia scolpendo la pietra simona (la stessa delle incisioni rupestri); alcune opere di questo inizio sono in collezioni private di Darfo, Pisogne, Bienno, Bergamo, Milano. Presso il santuario del donatore di sangue a Valdobbiene è il simbolo dell'AVIS, sua prima scultura in pietra.
Affronta quindi l'intaglio del legno che diviene il materiale prediletto e al quale affida personaggi ed eventi della Valle in cui vive. Nascono così Le comari, Il taglialegna, Il palo della cuccagna e poi gli animali che popolano le case e i boschi camuni. A queste composizioni di popolaresco sapore si accostano varie opere sacre. Deposizioni, Madonne: fra i più noti esiti quelli collocati per adornare via Torcolo a Pisogne, nella sede dell'AVIS a Darfo.
Nonostante siano rare le partecipazioni a concorsi d'arte, Amoruso si afferma a Bienno (1976), il successivo anno a Breno, dove Indiziata merita il primo posto, compensata da riconoscimento consegnato al giovane autore dal prof. Ettore Calvelli (v.) noto medaglista da anni presente in Valle Camonica.
Fra le varie opero realizzate il monumento all'Emigrante camuno, inaugurato in Darfo il 30 dicembre 1984.
In caIcestruzzo, l'opera si presenta come una pergamena aperta sulla quale si innesta la bronzea figura d'un emigrante: lo sguardo tristemente rivolto alla natia terra che è costretto a lasciare. Le date poste alla base: 1890 - 1984 ricordano l'inizio della emigrazione in valle, e che ancor oggi questa dolorosa piaga non è rimarginata. Scultore figurativo, dal poco che si è veduto, Amoruso si colloca nel solco di una arcaica cIassicità, un primitivismo posto in evidenza dalla staticità delle figure, pur nella immediatezza della rappresentazione, il tratto a volte spigoloso, morbido ed elaborato a volte, come nel Cristo deposto, dalla insistita resa anatomica e dalla solenne calma.
Brescia, 9 ottobre 1834 - Bordeaux, 15 settembre 1899.
Dapprima allievo di Rottini e dello Joli; vinto un concorso di figura all’Accademia di Brera, fu quindi alla scuola dell’Ayez. Ma spirito inquieto, si dedicò allo studio del vero, guardando anche alle opere di Giuseppe Canella e di Migliara, risalendo così al paesaggio olandese. Lo spirito avventuroso lo porta a prendere parte alle campagne per la Indipendenza italiana. Nel 1869 è in Francia, ed a Parigi espone al Salon; nel 1870 combatte contro la Prussia.
Ma altri paesi visita, in Europa e in America. La sua pittura, secondo N.F. Vicari, poco conosciuta, lo pone tuttavia all’avanguardia: “disordinata, a scatti, sorretta da un senso colorico moderno, prelude direttamente al grande Filippini”.
Le affettuose note redatte da Nino Fortunato Vicari negli anni Venti del Novecento solo di recente sono state integrate da apporti che irraggiano maggiormente l’opera e la personalità di un pittore che con ardore coniugò arte e amor patrio. Nonostante Amus abbia vissuto lungamente in Francia, stabilendosi prima a Bordeaux, poi in Bretagna e Normandia, non ha attenuato i rapporti con Brescia dove ebbe amici ed estimatori.
L’ambiente nordico rivive nei suoi dipinti e i paesaggi bretoni, le marine dell’Atlantico solcato da pescherecci minacciati a volte da naufragio contro le coste pervenivano anche nella nostra città, congiuntamente a visioni montane. Sembra addirittura che un mercante d’arte gli abbia commissionato panorami dei Pirenei.
Nel 1861 a Firenze aveva esposto un grande quadro raffigurante la marcia dei garibaldini verso lo Stelvio, ma la testimonianza pittorica dell’Amus si è estesa ad altri episodi delle battaglie risorgimentali alle quali fu partecipe. Recente l’acquisizione di quattro tele evocanti la vittoriosa battaglia di Magenta, un accampamento di garibaldini piemontesi alle pendici delle Alpi, l’assalto vittorioso dei bersaglieri piemontesi contro gli austriaci nella battaglia di San Martino e lo scontro tra i piemontesi e gli austriaci presso il Santuario della Madonna della Scoperta, il 24 giugno 1859. Ciò porta a ricordare che l’artista soldato a San Martino subì la cattura da parte degli austriaci: trasferito a Venezia, operò una rocambolesca fuga, raggiungendo la casa di Brescia in via Tosio, accanto all’Ateneo che lo iscrisse fra i propri Soci corrispondenti nel 1878.
Un decennio dopo, Amus si spense in ospedale.
BIBLIOGRAFIA
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V. LONATI, Arte di ieri e arte di oggi, “Commentari dell’Ateneo”, Brescia 1954.
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C. BOSELLI, Gli artisti bresciani nei primi sei volumi del Dizionario biografico, (cfr.). “Memorie storiche della Diocesi di Brescia, 1965.
A. M. COMANDUCCI, “Dizionario dei pittori ... italiani”, tutte le edizioni.
CASTELLETTI - SELVAGGI, “Un secolo di pittura”, Vol. I.
“Enciclopedia bresciana”, Ediz. La Voce del popolo.
R. LONATI, “Dizionario dei pittori bresciani”, Giorgio Zanolli Editore, 1984.
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L. ANELLI, Eugenio Amus, spirito guerriero, “STILE Arte” n. 72, ottobre 2003.
S. Eufemia della Fonte, 1766 - Pavia, 9 gennaio 1847.
In una bottega di Brescia si specializzò nell’intaglio di rami di carattere scientifico e didattico, incidendo fin dal 1782 alcune tavole anatomiche dell’opera di Antonio Scarpa: Anatomicae disquisitiones. Nel 1784 si trasferisce a Pavia dove lavora intensamente alla illustrazione di opere consimili. Nel 1795 passa a Milano dove completa l’istruzione, allargando l’attività a opere di pittura dei grandi maestri italiani. Tornato a Pavia nel 1801, vi rimane fino al 1830. Di qui passa poi a Firenze, dove suo cognato, Giovita Garavaglia, è direttore dell’Accademia di B. A. Alla morte di questi ne completa le opere cominciate. Infine torna a Pavia. Fra le illustrazioni si rammentano quelle delle opere di A. Scarpa, di G. A. Scopoli ecc., la Deposizione, da G. Ferrari. l’Assunzione, da G. Reni, la Maddalena penitente, da Correggio, la Sacra famiglia, da Poussin, la Madonna di Foligno, da Raffaello e la Mater amabilis, dal Sassoferrato.
BIBLIOGRAFIA
R. LONATI, “Dizionario degli incisori bresciani”, Brescia, 1994. Con bibliografia precedente e ill.
Eufemia della Fonte, 12 ottobre 1785 - Galbiate (MI), 13 novembre 1849.
Fratello di Faustino (v). Segui le lezioni di disegno a Brescia, alla scuola di Stefano Pollazzi, poi raggiunse il fratello a Pavia, frequentando la scuola e specializzandosi nella incisione su rame. Oltre ad illustrare opere scientifiche si diede alla incisione “a taglio regolare” nella quale si perfezionò a Milano, sotto la guida di Giuseppe Longhi, alla cui ombra visse in seguito. Eccelse soprattutto nella riproduzione di opere pittoriche, tra le quali il ritratto, al vero, del missionario Francesco Cecchi (1803), la Mater amabilis di Guido Reni (firmata però da Longhi - 1808), Napoleone che visita il campo dopo la battaglia di Eylau, la Bella giardiniera (1811), Eliodoro cacciato dal tempio (1830), la Sacra Famiglia Bridgewater (1831), L’incontro di San Leone ed Attila (1837), Il giudizio di Salomone (1845), l’Adultera, l’Adorazione dei Magi (1824) da Tiziano; riprodusse pure opere di G. Ferrari, Poussin, Sassoferrato, ecc.
BIBLIOGRAFIA
R. LONATI, “Dizionario degli incisori bresciani”, Brescia, 1994. Con bibliografia precedente e ill.
Secolo XV.
Pittore in Brescia agli inizi del 1400. Ricordato in atti del 1438. Di lui non si conoscono opere.
BIBLIOGRAFIA
“Storia di Brescia”, Vol. II, 1964.
R. LONATI, “Dizionario dei pittori bresciani”, Giorgio Zanolli Editore, 1984.
Secolo XIV
Miniatore, operò intorno al 1342. Di lui però non si conoscono opere certe.
BIBLIOGRAFIA
“Storia di Brescia”, Vol, I, 1964.
“Enciclopedia bresciana”, Ediz. La Voce del popolo.
R. LONATI, “Dizionario dei pittori bresciani”, Giorgio Zanolli Editore, 1984.
Secolo XV.
Citato nell’Estimo del 1496 della quadra di città vecchia, in qualità di pittore.
BIBLIOGRAFIA
S. FENAROLI, “Dizionario degli artisti bresciani”, 1887.
“Storia di Brescia”, Vol. II, 1964.
R. LONATI, “Dizionario dei pittori bresciani”, Giorgio Zanolli Editore, 1984.