Moglia di Mantova, I gennaio 1907.
Giunto ormai affermato a Brescia nel mezzo degli anni Sessanta, quasi mai presente a rassegne locali, Angelo Patrizio Scarduelli merita almeno un cenno che sottolinei l'intensa sua attività artistica.
Abbandonati gli studi di ragioneria, si dedicò alla pittura e alla scultura. Sue opere plastiche quali Il cospiratore e Mia Madre sono apprezzate; la seconda composizione gli valse la borsa di studio Franchetti.
Dedicatosi definitivamente alla pittura, è vissuto lungamente a Milano, partecipando assiduamente a mostre collettive in Italia e all'estero.
Figurativo nel solco della classica tradizione, è autore di figure, marine, nature morte nelle quali prevalgono i fiori.
Fra le significative affermazioni possiamo citare quella ottenuta alla mostra dedicata a «La bella italiana nell'arte» (1953), che vide premiato il dipinto Dolce malinconia; nel 1961, l'opera inviata al «Grand Prix de Paris» vi è venduta; nel 1964, presente l'ambasciatore d'Italia in Inghilterra, Quaroni, Scarduelli inaugura una personale a Londra.
Sue opere si trovano in collezioni di Francia, Germania, America, Inghilterra, Svizzera, Canadà, Perù.
Noto per i suoi ritratti di bimbi, di personalità della politica e della finanza ha, fra gli altri, fissato i lineamenti di re Vittorio Emanuele 111 e di Margherita di Inghilterra, Mussolini e re Hussein.
Ha educato alla pittura la figlia Maria Grola (v.).
BIBLIOGRAFIA
Sta in:
A.M. COMANDUCCI, «Dizionario dei pittori... italiani», Ed. IV, (1972).
Moglia di Mantova,20 luglio 1929.
Figlia di Angelo Patrizio (v.), favorita dalla attività patema inizia giovanissima a dipingere.
Figurativa, il tocco impressionistico, si esprime soprattutto nel paesaggio. Apprezzati anche i disegni a penna dal tratto mosso e costruttivo. Ha partecipato, affermandosi, a varie manifestazioni quali: «Mostra dei giovani pittori» presso l'Angelicum di Milano (1950), dove negli anni 1952 e 1953 è ancora presente nelle sezioni di Arte sacra.
Dopo il trasferimento a Brescia ha fra l'altro partecipato alle rassegne gussaghesi (1966, 67), al desenzanese premio «Ancora d'oro» (1968), al recente «Brescia '80».
Una sua mostra personale si -ricorda alla «Galleria S. Gaspare», nel febbraio 1977, dove espose in' prevalenza vedute dei colli nostri e della periferia.
BIBLIOGRAFIA
A.M. COMANDUCCI, «Dizionario dei pittori... italiani», Ed. IV, (1972). «Galleria S. Gaspare», Brescia, 5-17 febbraio 1977.
L.SPIAZZI, Arte in città, «Bresciaoggi», 12 febbraio 1977. AA.VV., «Bregcia '80», Brescia, I -I I maggio 1980, Catalogo.
Brescia, 22 luglio 1891
Figlio di Andrea e di Anna Pasolini.
Ha studiato alla Scuola Moretto perfezionandosi poi nello studio di Francesco Paolo Michetti, dal 1919 al 1923.
Il suo nome affiora appena nelle mostre dell'Arte in famiglia, a partire dal 1919. E la sua sembra restare una presenza ombrata, anche se viene a volte rilevato il progredire suo pittorico.
Ancora nel 1921 e 1923 espone nelle mostre sociali del gruppo Amici dell'arte e nel 1924, in occasione della IV Mostra nazionale promossa dal Gruppo stesso ed ordinata nel Teatro Grande, ha una sezione tutta sua, con diciannove dipinti esposti e tre riprodotti in catalogo.
Val ricordare che Scaroni, nei primi decenni del secolo è stato docente nella scuola d'arte di Fiumicello ed ha educato alla pittura numerosi giovani, fra i quali Vittorio Botticini.
Coniugato con Leonllde Valli, dal 1928 trasferito a Milano, nella città adottiva ha in seguito operato.
Già nel 1926 vi ha allestito una personale, alla «Bottega di poesia»; nel 1928 altra ne ordina alla «Galleria Micheli», seguita nel 1939 dalle presenze alla «Galleria Scopinich» e alla «Gianferrari».
Nel 1932 è ospite della «Galleria Prevosti» di Varese, nel 1943 della «Permanente» di Bergamo. Nelle pubblicazioni consultate sono ricordati numerosi dipinti: Pascolo mattutino, L'abbeveratoio, Violinisti, Chiesetta a Bormio, Il Naviglio a porta Ticinese (Raccolta A. Ferrarin), Controluce, Sull'aia, Paesaggio brianzolo, (raccolta P. Ferrerio), Fienagione, L'arat ra, Vangatura, L'altipiano di Bormio, della raccolta C.A. Stachelin, L'idolo, nonché alcuni ritratti eseguiti alla Signora M. Gallotti, alla soprano A. Otrobella.
Un dipinto di Scaroni si trova alla Galleria d'arte moderna di Milano; un altro, Ritratto del Sig. Carozzi, nella quadreria dell'Ospedale Maggiore.
Dal poco della produzione che si è potuto vedere, la pittura di Annibale Scaroni è condotta nel canoni classici della figurazione, con accento impressionistico sorretto da-impianto mirante a sintesi sia nei piani prospettici, sia nei volumi. Ancor oggi vive a Milano, via del Cinquecento, n. 19.
BIBLIOGRAFIA
Sta in:
A.M. COMANDUCCI, «Dizionario dei pittori... italiani», Ed. IV, (1972).
Si veda inoltre:
«Mostra d'arte - Arte in famiglia», Brescia, giugno 1919, Catalogo.
G.BAGNI, La seconda esposizione Amici dell'arte, «La Provincia di Brescia», 17 settembre 1921.
«La Sentinella bresciana», 22 settembre 1921, La se(-onda mostra degli amici d(,II'Arte. «Gruppo amatori dell'arte», Brescia, 6-20 maggio 1923, Catalogo.
G.BAGNI, La terza mostra nazionale di pittura e scz4lt ra, «La Provincia di Brescia», 13 maggio 1923.
«IV Mostra nazionale di B.A., promossa dal Gruppo amatori dell'arte», Teatro Grande, Brescia, 10-18 maggio 1924.
Desenzano, 14 gennaio 1897 - Venezia, 29 maggio 1946.
In arte: Cagnaccio di San Pietro.
Da Giovanni e da Angela Vianello, originari di Venezia, nasce Natale Scarpa a Desenzano. Studente all'Accademia di Venezia, sotto la guida di Ettore Tito, sia della tradizione pitton'ca della terra bresciana dov'è nato, sia dell'insegnamento accademico ben poco rimane nella pittura di questo notevolissimo artista, che però ebbe altema fortuna, soprattutto dopo la morte.
Già è stato scritto dell'alito metafisica che sfiora le sue opere, dei riferimenti formali alla produzione casoratiana, per giungere alla Nuova oggettività tedesca, conosciuta forse attraverso Christian Schas presente in Italia sul fare degli anni Venti. Ma non va dimenticata anche la esperienza plastica affrontata in giovent@ da Cagnaccio di San Pietro, anche se poi definitivamente abbandonata.
Segno evidente della sua arte, espressa in nature morte, paesaggio, figura e ritratti appare la drammaticità, maggiormente incisa in opere quali: NaufragQ, e ancor più in Bambino sul letto d'ospedale anticipatrice di elaborazioni artistiche denunzianti costrizioni e oppressioni.
A Venezia, nel 1923 allestisce una mostra personale a Cà Pesaro; vi espone anche il Ritratto di mia madre acquistato da Giuseppe Fiocco; sempre a Venezia si ripropone alla «Bottega d'arte» (1929), alle «Sale d'arte» (1933).
Numerose le partecipazioni a note collettive: se particolare valore assumono le presenze alle Biennali di Venezia degli anni 1924, 26, 30, 32, 2, 36, 40 e 1942; alla Mostra dei quarant'anni della stessa Biennale (1935), non meno significativi gli inviti alle Quadriennali e Biennali romane (1925, 1935) dove espone Il Rosario; le Mostre nazionali d'arte marinara (Roma, 1926, 27, 28); all'Opera Bevilacqua La Masa (Venezia, 1923, 24, 25, 1940); alla Intemationale d'arte sacra di Padova (1931) dov'è presentato il dipinto Luce nelle tenebre. Altre presenze ancora sono ricordate: a Venezia (1925, 33, 35, 1945), Genova (1935), Trento (1936), al Salon di Parigi e in altre città straniere.
Nel 1948, nell'ambito della XXIV Biennale di Venezia, gli è stata dedicata una parete commemorativa accogliente cinque dipinti significativi: Livorno, Caldarroste, La Sorgente, Lilli e Zinie. Ma altre presenze di opere di Natale Scarpa sono ricordate a Milano («Galleria Cairola» 1957), a Firenze (1967), con l'autorevole segnalazione di C.L. Ragghianti, che ne ha rinnovato il ricordo, anche se scarsamente riecheggiato dalla critica.
Il segno più evidente della volontà di collocare esattamente questo artista, di porlo nella giusta luce anche di fronte al pubblico, è del 1971, con l'ampia retrospettiva voluta dalla «Galleria del Levate» di Milano: mostra introdotta da Giovanni Testori e nello stesso anno giunta anche a Brescia, nella «Galleria S. Michele». Ben 75 opere, fra dipinti e disegni.
Alcuni se ne ricordano: La sera (1923), Le due sorelle e Bambini che giocano (1925), Dopo l'orgia (1928), Il nau go (1934), Testa di ragazza e Natura morta eucaristica (1938), Bambino (1940), I gransepori (1942); fra i panorami, un Paesaggio veneziano del 1942.
Dipinti di Natale Scarpa sono in varie quadrerie private, anche lontane dall'Italia. Fra le pubbliche si citano le Gallerie d'Arte moderna di Roma, Venezia e Palermo.
BIBLIOGRAFIA
Sta in:
A.M. COMANDUCCI, «Dizionario dei pittori... italiani», Ed. IV, (1972).
Si veda inoltre:
«Gazzetta del popolo», 6 aprile 1935, Piani, li)t-me, (-ol()ri.
G.TESTORI, «Galleria del Levante», Milano, febbraio 1971, (cfr.) E.C.S.(alvi), «Giomale di Brescia», 2 marzo 1971.
G.TESTORI, «Galleria S. Michele», Brescia, 1-13 maggio 1971. E.C.S.(alvi), Mostre d'arte, «Giomale di Brescia», 9 maggio 1971. M. CORRADINI, Galleria, «Brescia-arte», maggio 1971.
Secolo XVI.
Detto anche Prospero bresciano.
Si ricorda questo artefice bresciano perché il «Dizionario» di Stefano Fenaroli afferma che, secondo il Barsth («Le Peintre Graveur») un certo Prosper de ,Vcave::.-i bri,'-Yiensi,5 itiventor, nel 1580 avrebbe firmato una incisione raffigurante Papa $lsto V che prega.
Lo stesso Fenaroli esprime tuttavia l'opinione che lo Scavezzi «solo disegnò quel concetto, ossia che la stampa fu presa da un suo modello o disegno».
La «Storia di Brescia» lo cita quale probabile autore di una statua sulla facciata della chiesa bresciana di S. Lorenzo.
Come scultore, lo Scavezzi operò invece con assiduità e onore a Roma, dove morì.
Brescia, 26 marzo 1841 - 25 novembre 1896
Nato dal vicentino Luigi e da Teresa Codaro. bresciana, ha due fratelli: Ercole (1844), Riccardo (1849). Con Ercole, s'avvicina ben presto all'arte, e con lui frequenta la scuola comunale di disegno meritando segnalazioni e menzioni. Con gli studi compiuti in città, Scherminì assolve l'obbligo-di leva, trasferito a Mondovì.
Ancora durante il periodo militare opera nel presidi di Napoli e di Firenze, Fino al 1866.
Frequenta nelle due città pinacoteche e musei, affinando le innate doti; ed a Firenze torna anche in seguito (1868), proseguendo il viaggio anche verso Roma. Ancor prima di compiere trent'anni, si fa notare in mostra accanto a Cesare Campini, Giuseppe Ariassi, con alcunì ritratti ben condotti.
Allievo del Bertini, a Brera, consegue l'abilit4zione all'insegnamento, meritando durante gli studi una pensione sul Legato Bròzzoni (1873) svolgendo il tema Le prime simpatie di L. Gambara con la figlia di Romanino.
Il progredire artistico di Schermini è confermato dalla sua presenza alla Esposizione universale di Vienna, nel 1873, ove è accolto L'addio, raffigurante una giovane contadina in atto di porgere il saluto all'innamorato.
Nel 1875 si ritrova il pittore in mostra al palazzo Bargnani, a fianco di Faustino Joli. Espone Bambina, giudicata un gioiello, Cardinale, Un mesto saluto, replica della tela esposta a Vienna.
A Napoli, nel 1877, si rivela pittore vivacissimo, per il «realismo che univa alla verità delle cose e delle figure la forza poetica».
Sempre più fitte le partecipazioni a mostre bresciane in seno all'Arte in famiglia: accanto ad Eugenio Amus, Angelo Inganni, Cesare Bertolotti, Achille Glisenti, Ventun', Lombardi, Faustini, Pezzoli... Ed alcuni titoli di opere si possono citare da pubblicazioni di quel tempo: Mamma non piangere, Costume del primo Impero, Ritratto di signora, Visita a una cantina, Liberazione della schiava apprezzate per la chiarità e per la sicura impostazione.
Ma l'opera che più impressiona il pubblico in visita alla mostra di palazzo Bargnani è quella testa di anziana donna che dovrebbe corrispondere al ritratto della Madre dell'artista, conservato dalla Pinacoteca Tosio Martinengo. Piccola tavola preziosa per quella espressione tranquilla, soave d'un viso emergente dal fondo scuro, vicina a dipinti di antichi maestri.
La stima riscossa porta il pittore a numerose e note incombenze: con Carlo 196
Manziana e Francesco Rovetta, nel 1880 è nella commissione che conferisce a Francesco Filippini la pensione triennale per il perfezionamento a Milano; così pure è apprezzata la sua attività di docente nella scuola comunale femminile. Nel 1882 sposa Rachele Cappelletti, milanese di agiata famiglia, dalla quale ha due figli: Luigi, Giuseppe, deceduto dopo pochi mesi.
Inti-aprende anche un viaggio verso Nizza e Marsiglia, viaggio protrattosi, sia pure con brevi interruzioni, dal 1884 al 1887.
Al ritorno in città è occupato a compiere alcuni ritratti; contemporaneamente porta avanti composizioni litografiche e acqueforti.
Val ricordare che l'artista nostro è stato fra i primi ad adottare la tecnica dell'acquarello.
Presente a mostre nel 1888, di quel periodo sono citate opere quali: Si ingioiella la sposa, Peonie, Gioie materne, ed altre anche ad acquarello esporrà negli anni 1889, 1892, 1893.
Cenno particolare merita il Ritratto di Achille Coen, dipinto a tempera con sovrapposizione di velature studiate dagli antichi, e per questa sua particolare abilità riceve incarico di eseguire copia del S. Antonio del Moretto, da collocare nella chiesa di S. Maria delle Grazie.
Nel 1893 è nuovamente in commissione per l'assegnazione del Legato Brozzoni, concesso a Magoni.
Scomparsa la moglie e trasferitosi a Milano l'unico figlio rimasto, Schermini sembra prediligere la solitudine; muore nello studio di volto S. Giuseppe, in ristrettezze, tanto che pochi mesi dopo saranno esposti al pubblico e messi in vendita alcuni suoi dipinti, nonché vari oggetti a lui appartenuti.
Altre opere di Schermini possono ricordarsi: a Milano, nel 1872 furono esposte Scherzo infantile, Libertà, La Sibilla moderna, entrata a far parte della collezione Gustavo Botta; gli Ultimi giorni di Raffaello è esposto nel 1873; nel 1881 Si ingioiella la sposa già ricordata. Alla Mostra della Pittura bresciana dell'Ottocento, allestita in città nel 1934, Schermini figurava con: Menestrello, Ritratto della Madre, Erbivendolo, Campagna romana, 0 rta votiva, Ritratto di A. Coen.Alcune di queste sono oggi alla Pinacoteca Tosio Martinengo accanto a Ultimi tocchi e Cardinale.
BIBLIOGRAFIA
Sta in:
R.LONATI, Biografie di artisti bresciani: Bortolo Schermini, «Commentari dell'Ateneo», Brescia, a. 1981.
Secolo XVIII.
Il «Dizionario» di Stefano Fenaroli lo dice pittore, riportando dallo Zani la notizia che lo fa operoso nel 1740. Di lui tuttavia non si conoscono opere, né ulteriori notizie biografiche.
(CHICO) Grumello del Monte (Bergamo), 26 novembre 1945.
Insegnante di tecnica pittorica presso la Libera Accademia delle Arti dell'Istituto Wins Brescia, esordisce in personale alla A.A.B. nel 1969, ed alla A.A.B. ritorna negli anni 1972, 76, 79, presenziando anche a mostre collettive, così come in mostre collettive compare alla «Piccola galleria U.C.A.I.» nel 1980.
Accanto alle mostre locali, sempre più numerose quelle tenute all'estero e fra le quali si possono ricordare quelle ai Musei di Diisseldorf e di Monaco (1971), alla «Yorck Gallery» di Basilea (1974) alla «Whitechapel» di Londra (1975), alla «Kunstlerhaus» di Vienna e alla «Landes Galerie» (1976); all'EUR romana (1978), al Palazzo del Papi di Orvieto (1979).
A grandi linee, l'esito della produzione di Schinetti può essere raggruppato in tre cicli: I monumenti (1969-1972), I test (1973-1976) e il Teatro non immaginario (1976-1979) a seconda delle tematiche affrontate.
Fin dalla sua prima apparizione, il pittore rivela personale modulo espressivo, via via arricchendo le sue opere di ben definiti contenuti.
Sono tele «documenti di un autentico furore vitale, parossistico, tutto preso da se stesso, dal conflitto originario tra la violenza dell'Io e la realtà ostile; calato nel groviglio o nel labirinto della propria individualità prepotente, alle prese con tutti gli scontri, gli impatti, con tutti gli smarrimenti e le perdizioni di un mondo lacerante e lacerato», come ben ha osservato Elvira Cassa Salvi.
Se i Test avevano nei ritratti di anonimi e negli Autoritratti i dominanti motivi, nella fase ultima conosciuta (1976-1979) Schinetti affolla le sue tele di volti universalmente noti, Carrà, De Chirico, Mondrian, Bacon, Warhol e, ancora, Velicovich... fino al nostro Achille Cavellini: miti pel quali il pittore ha rispetto e disprezzo ad un tempo, per quel che sono o sono stati e per quel che di strumentalizzazione e mercificazione rappresentano di cristallo che rifrangono la ordinarietà
monotona delle cose in iridescenze cromatiche, così da ricreare e offrire agli occhi di tutti visioni di fantasie interessanti».
Così si espresse Schinetti in occasione di una sua mostra (1970); se l'espressione va interpretata per quello che le sue tele vogliono dire, in esse è riflessa anche la tipica modulazione tra futurista e cubista delle sue cromie: toni arrossati su fondi neri con i quali l'autore ha iniziato il «racconto della quotidiana avventura umana ricavata da una ricerca interpretativa nella psiche di questi, miei personaggi, del loro tormento, della loro alienazione, della loro solitudine, come, pure della loro volontà di essere: personaggi che non sono altro che il ritratto di noi, di tutti noi». Com'egli stesso ci confida.
BIBLIOGRAFIA (bresciana)
C. SCHINETTI, «Galleria A.A.B.», Brescia, 14-26 febbraio 1970.
AA.VV., Disegno perché, «Galleria A.A.B.», Brescia, 28 aprile - 10 maggio 1973, Catalogo.
E.C.S.(alvi), Mostre d'arte, «Giornale di Brescia», 15 febbraio 1974.
L. SPIAZZI, Mostre in città, «La Voce del popolo», 22 febbraio 1974.
«Galleria A.A.B.», Brescia, 20-30 novembre 1976, Invito.
AA.VV., «I Test di Schinetti», Catalogo s.d. (1976), esposto per mostre personali varie.
L. SPIAZZI, Arte in città, «Bresciaoggi», 27 novembre 1976.
E.C.S.(alvi), Mostre d'arte, «Giornale di Brescia», 27 novembre 1976.
E.C.S.(alvi), Mostre d'arte, «Giornale di Brescia», 16 novembre 1979.
L. SPIAZZI, Arte in (-ittà, «Bresciaoggi», 24 novembre 1979.
AA.VV., Per(,hé l'uomo viva, «Piccola galleria U.C.A.I.», Brescia, 29 marzo 1980, Catalogo.
Per chi volesse approfondire la personalità e l'opera di questo famoso pittore armeno, nato a Nakhicevan il 20 agosto 1900, si consigliano, oltre alle monografie, la «Enciclopedia della Pittura italiana» di Galetti e Camesasca o il più facilmente accessibile «Dizionario del pittori... italiani» ideato da A.M. Comanducci.
Qui lo si ricorda soltanto per l'affetto che lo lega al lago di Garda, tanto che, pur risiedendo a Milano, ha tenuto studio in una villetta di Morgnaga di Gardone Riviera' dove trascorreva ogni anno laboriosi giorni da maggio a settembre frequentando note ville benacensi ricche di arte e Musei, ammiratore del pittori nostri del Cinquecento, Savoldo in particolare. Testimonianza di questi soggiorni bresciani è in un articolo di G. Garioni Bertolotti, nota scrittrice e storica di Gargnano, pubblicato nel «Giomale di Brescia» del 3 novembre 1949.
Secolo XVI.
Il «Dizionarìo» di Stefano Fenaroli lo definisce pittore e rinvia all'Estimo del 1521 della quadra prima di S. Giovanni. Da notare che alla p. 315 del «Dizionario», lo Scolari è posto dopo gli Scrosato.