Buenos Aires, 28 settembre 1939.
Di questo artista, nato a cresciuto in Argentina, trasfen'tosi in città nel 1976, possiamo soltanto riproporre quanto lui stesso ci dice nel Catalogo della mostra personale tenuta afla Associazione artistica di via Gramsci con il patrocinio dell'Assessorato alla Cultura del Comune di Brescia, nel novembre 1978. «Ha iniziato a pubblicare nel 1959 a Buenos Aires, per le n'viste «Hora Cero» e «Frontiera». Durante questi anni ha collaborato con le case editrici più d' Buenos A'res, realizzando fumett' e 'llustrazion' a colo ' per riviste importanti i i i I i i n i femminili. Ha collaborato anche con importanti case editrici statunitensi e inglesi, la Warren, la I.P.C.
Nel 1964 e nel 1972 espone al Salone annuale del Disegnatore dell'Argentina, ottenendo in ambedue le occasioni la medaglia d'oro. Nel 1973 espone al Salone nazionale di Stampe e Disegno di Buenos Aires e partecipa al X Salone del disegno umoristico organizzato dalla Associazione argentina dei Disegnatori.
Studia cinema e direzione teatrale e partecipa a diversi cortometraggi in bianco e nero, 16 mm. come registra od operatore cinematografico in film di tipo documentario o a soggetto. Nel 1968 vince il primo premio in un concorso di cinema documentario a Buenos Aires, organizzato da un Istituto privato. Nel 1976 partecipa a Lucca 12 (Italia).
Da quel momento vive e lavora in Europa. In Italia collabora a diverse pubblicazioni del ramo: «Uomini e guerra», Casa Editrice Dardo; «Corrier Boy» Corriere della Sera, «Il Monello», «Blltz», «Intrepido», «Albo TV», Casa Editrice Universo; «Un uomo normale», è pubblicato in Italia dalla rivista Alter Alter (Casa Editrice Milano Libn' e in Francia dalla rivista Challe).
Nella vasta mostra bresciana, non era facile individuare uno «stile che valga a definire la personalità di questo disegnatore di indubbia efficacia e scioltezza di mano; come non par possibile individuare un significato più preciso dei suoi discorsi, oltre quello genericamente demistificatorio... Comunque, i temi contro i quali si appunta il sarcasmo critico di Ruben Sosa sono quelli delle forze scatenate a dominare la società odiema: la violenza, il sesso, la distruzione, la morte, com'è stato osservato allora.
BIBLIOGRAFIA
Trattandosi di artista da poco tempo operoso in Brescia si (,itano soltanto.-
R.SOSA, «Galleria A.A.B.», Brescia, 26 novembre - 7 dicembre 1978. E.C.S(alvi), Mostre d'arte, «Giornale di Brescia», 3 dicembre 1978.
Brescia, 4 maggio 1890 - 2 giugno 1950.
Nato da famiglia conduttrice di una ditta di decorazioni, ha frequentato la Scuola Moretto dal 1904 al 1911; quindi la sezione serale fino al 1915, durante l'ultimo anno meritando il Premio Lorandi di L. 45 nel corso di plastica e decorazione, conferitogli da Amaldo Zuccari, direttore della Scuola.
Combattente durante la grande guerra, ha quindi intrapreso attività nella ditta patema, di cui divenne titolare nel 1932.
Appassionato di teatro, amico di Vittorio Gatti, Giuseppe Mozzoni, Melati e Belleri, esplica l'attività recitativa nella Filodrammatica di S. Alessandro, d' oratorio realizza numerose scenografie.
Anche se assai saltuariamente, collabora ad affreschi accanto a Vittorio Trainini. Autore di disegni a carboncino, è essenzialmente acquerellista e con questa tecnica ha realizzato numerosi dipinti sia a carattere scenografico, sia di paesaggio.
Accurato, costruttivo il' tratto usato nella ripresa di architetture dal sapore d'antico, come una piazza di città custodita dalla figlia, presso la quale si sono vedute altre opere: un interno di rustico, vluzze d'un mondo esotico animate da personaggi in costume orientale... più sciolta e distesa la composizione dei panorami colti in varie località, al Vo, dove sovente è stato ospite dell'avv. Baresani, sul Chiese, a Lavenone, Malcesine, Venezia (La piazzetta).
Accurati alcuni scorci locali, con la chiesa di S. Zeno al Foro, la fontana di palazzo Soncini, dal valore documentario.
Assorbito dall'attività artigianale, per la quale nel 1958 l'associazione cui faceva capo gli ha conferito la medaglia d'argento alla memoria, Giacomo Sottini esplicò rarefatta attività espositiva, tanto che una sola mostra personale è ricordata, ad Iseo, e rare sono le partecipazioni a collettive: delle quali resta documentata la sindacale del 1942 ove esponeva Monte Navazzo, Bagnanti, Lavenone, Cima Zeno. I giudizi espressi lo dicono tuttavia artefice dalla notevole espressività.
BIBLIOGRAFIA
«La Sentinella bresciana», 22 luglio 1914, Scuola Moretto.
«IV Mostra del sindacato prov. B.A.», Brescia, 3-24 maggio 1942.
E.PASINI, La quarta sindacale d'arte, «L'Italia», 16 maggio 1942.
Bergamo, 19 novembre 1941.
Pseudonimo: Pico.
Di famiglia bresciana, alla città nostra fa ritorno in tenera età.
Frequentato per qualche tempo lo studio di G.B. Cattaneo, pittoricamente si è formato con gli amici Mazzocca e Rivetta, perseguendo tuttavia come autodidatta la sua ricerca sorretta dall'interesse verso l'uomo contemporaneo.
Anche se nella produzione pittorica di Spinelli non mancano motivi paesaggistici, soprattutto della Brescia antica, di cui isola elementi essenziali nella superficie colorata dei dipinti, prevalgono le figure a volte risolte con fare ritrattistico: nascono così volti di bimbi, di ragazze nei quali si palesano il lirismo, la poetica comunicativa.
Ma è in temi quali Momento freudiano, Verso la vita, Maternità che il pittore professa appieno la sua attenzione alla realtà, con la drammaticità che la domina. Il senso dell'incomunicabilità fra due creature, la gioia materna velata da ansia, tensione, dubbi, il desiderio d'una realtà perduta si traducono in altrettante opere testimonianti riflessioni dell'animo turbato, affidate a dipinti d'un figurativo essenziale, come essenziali sono i toni grigio azzurro composti a spatola.
Spinelli ha partecipato alle collettive del Gruppo «Arte oggi - Exibition», esponendo in varie città: Treviso, Brescia, Milano, Torino, Caravaggio, Genova, Roma, Parigi.
Mostre personali ha invece allestito a Brescia (1973, 74, 78), Caravaggio (1976), Treviglio (1977).
Assorbito dalla professione, pur continuando a dipingere, da qualche tempo ha disertato le sale di esposizione.
BIBLIOGRAFIA
GEP. VALGOGLIO, «Galleria La Loggetta», Brescia, 2-14 gennaio 1973.
E.MARCIANO, «Galleria G.C. Abba», Brescia, 25 maggio - 6 giugno 1974. «Arte oggi - Exibition», Ed. Magalini, Brescia, 1976.
E.MARCIANO, «Galleria Incontri», Caravaggio, 13-25 novembre 1976.
E.MARCIANO, «Galleria M. Bernheim», Parigi, 16 febbraio - I marzo 1977.
PICO, «Galleria Ergus», Treviglio, 1-15 ottobre 1977. «Galleria A. Inganni», Brescia, 18-28 febbraio 1978.
L.SPIAZZI, Arte in città, «Bresciaoggi», 25 febbraio 1978
Paitone, 9 agosto 1918.
Si conosce l'opera di questo pittore per quel che ne ha detto Alberto Morucci, che lo inserisce in «quel filone onirico che rivela immediatamente una sensibilità versatile e poliedrica, ricca di molteplici visioni, immaginate e descritte per l'intima necessità creativa, scaturita dall'impulso primigenio per modularsi poi in un fine equilibrio, non soltanto scenico-strutturale, ma equilibrio intimista nell'ambito di una vasta poetica intesa come rielaborazione fantastica della realtà, come apporto della propria condizione interiore di fronte alla operazione artistica. I suoi dipinti, dedicati essenzialmente al paesaggio, risultano di una ambientazione nordica, d'oltralpe, specialmente per le architetture delle case immerse nella fiaba, nel racconto che, filtrato attraverso una cromia palpitante e tormentata, ma nel contempo serena e distesa, riesce a concretarsi in fluido lirismo, aperto ad un particolare dialogo, fresco di comunicabilità per un insieme di elementi fusi esemplarmente nella sintesi pittorica, ma ciascuno con una sua specifica forza, una sua eloquente importanza di rappresentazione».
Per quel poco che s'è veduto e per esemplificare l'esito pittorico di Mario Spinetti, ci sembra di poter soggiungere che i suoi paesaggi, le sue case antiche e rustiche immerse in folte boscaglie, poste al limitare di boschi rammentano panorami di antichi maestri che, delle mura e dei tronchi e delle folte chiome degli alberi coglievano ogni particolare. Ne sorte una pittura che dell'elegia del mondo raffigurata fa il primo traguardo.
Giunto tardi alle esposizioni dei suoi quadri, Mario Spinetti ha partecipato ad alcune collettive provinciali ed ordinato mostra personale in città.
BIBLIOGRAFIA
A.MORUCCI, «Panorama d'arte '77», Magalini Ed., Brescia, 1977.
Secolo XVI.
Il Fenaroli nel «Dizionario degli artisti bresciani» lo definisce pittore e rinvia all'Estimo del 1525 della quadra seconda di S. Alessandro. Di lui non si conoscono
Botticilno, 4 gennaio 1932.
Allievo di Aride Corbellini (v.) nei corsi indetti dalla Associazione artistica di via Gramsci, alla morte del Maestro (1961) Francesco Squassina ha affinato le innate doti con intensa applicazione autonoma sul paesaggio, figura e natura morta; frequentando al tempo stesso Pinacoteche e note manifestazioni artistiche; leggendo testi pittorici anche moderni.
Negli anni Settanta ha educato al disegno e alla pittura gli allievi della Scuola «R. Vantini» di Rezzato.
Nel 1960 intraprende la partecipazione a mostre collettive provinciali: a Ghedi, Palazzolo, Gardone Riviera (1965, 66, 70, 71); alle ricorrenti rassegne sociali della A.A.B., estendendo al tempo stesso la presenza anche a Poggio Rusco (1967) e S. Benedetto del Tronto (1970).
Mostre personali ha allestito a Torbole del Garda (1963), Brescia (1968, 71, 75), Arezzo («Galleria Sette di Quadri», 1969), Corno («Galleria Giovia», 1970), Siena («Galleria La Mossa», 1970), Chiari (1979).
Figurativo legato alla tradizione, se fra le sue fonti di ispirazione non sono dal mare di Chioggia e la luminosità del Gargano, al paesagg'
Squassinaha dedicato prevalente attenzione, per cogliere luci di tepide stagioni
ricche diaccese cromie. Campagna e colline trasposte nella tela con fare
impressionistico esteso anche alle nature morte composte di frutta (uva in particolare), funghi ordinatamente disposti su ruvide tavole o entro cestelli di vimini accuratamente descritti.
Nè mancano esiti di cacciagione, serici drappi decorati e «abbandonati» su sedie antiche, contadini e contadine intenti al lavoro o sorpresi nell'attimo di ristoro. I loro toni squillanti si sono via via fatti più sommessi, come i colori delle figure in interni e del ritratti.
Attenuata la resa plastica si afferma la ricerca di vibrazioni intime, riflessa nel composti e sfumati accordi tonali.
Di Francesco Giacomo Squassina val ricordare una esposizione di dipinti realizzati su velluto («Galleria S. Michele», 1971); la pala eseguita per la chiesa di Tignale nel 1974 e raffigurante la Madonna attomiata dagli Apostoli.
BIBLIOGRAFIA
Sta in:
A.M. COMANDUCCI, «Dizionari dei pittori... italiani», Ed. IV, (1972).
Si veda inoltre:
G.V., Estemporanea di Ghedi, «Giornale di Brescia», 17 agosto 1961. «Giornale di Brescia», I I luglio 1963, Personale sul G rda di Sqll ssina. «Galleria A.A.B.», Brescia, 18-30 aprile 1964,
G.VALZELLI, Il Garda i usi l)i(,chiere, «Giornale di Bi-escia», 4 giugno 1965.
B.MARINI, «Galleria S. Michele», Brescia, 5-17 dicembre 1968.
«Galleria S. Michele», Brescia, 24-30 dicembre 1971, Quindici velluti di Squassina.
G.MACCARINELLI, Gli allievi del Vantini, «Giornale di Brescia», 13 marzo 1974. «Giornale di Brescia», 17 agosto 1974, Un soggetto originale nella pala della chiesa di Tignale. G.C. MACULOTTI, Pezzo, pittoresco paese, «Bresciaoggi», 17 settembre 1975.
«Galleria S. Michele», Brescia, 22 novembre - 5 dicembre 1975.
L.SPIAZZI, Arte in città, «Bresciaoggi», 29 novembre 1975.
E.COLOSSI, «Galleiia L'incontro», Chiari, 10-30 novembre 1979.
S. Eufemia della Fonte, 1905 - Arco di Trento, giugno 1968.
Formatosi nella cerchia bresciana e particolarmente vicino ad Arturo Vemi ed Enrico Invernici, si è espresso a mezzo del pastello e dell'olio. Se la più lieve tecnica lo rivela artefice dalla sensibile cromia e di estrema finezza compositiva, nei dipinti più impegnativi realizzati fin sulla soglia del secondo conflitto mondiale si nota l'attenzione per la tesa campitura e pel chiari verdi dell'amico Invernici.
Presente alla quarta Mostra del sindacato provinciale di B.A. in Brescia, ordinata nel mesi di febbraio e marzo 1938, vi esponeva una sola opera: Paesaggio. Combattente negli anni Quaranta, torna in famiglia malato, e la gravità del male impone l'amputazione del braccio destro.
Puntigliosa la educazione dell'arto integro, con il lento ritorno al colori; ma il progredire del male lo costringe a trasferirsi ad Arco, dove risiede Fin dallo spegnersi degli anni Cinquanta.
Sensibile, schivo, nel dipinti degli ultimi decenni di vita n'flette il suo sentire dolce e dolente; in ogni sua opera v'è chi ha veduto il dramma dell'uomo, quasi un bisogno di confessione. I più lontani lavori sono dedicati al clima prediletto delle darsene gardesane, spiagge isolate tra gli ulivi, oppure a vicoli in cui sono debitamente distribuiti in un bel gioco impressionistico i chiari e gli scuri.
Il clima trentino sembra abbia irrobustito la sua pennellata rapida, nervosa, lirica; il paesaggio fatto «trasfigurazione e creazione religiosa della natura. Ove Squassina tocca, sensibilizza, spiritualizza, vivifica» com'è stato osservato in occasione di sua apparizione pubblica nel 1957.
Altra sua mostra è ricordata alla «Rocca» di Riva del Garda nel settembre 1967. Opere, queste ultime, che della terra d'adozione colgono aspetti di vita, come mercatini, giardini, e stradette collinari ricomposti con scioltezza impressionistica, la materia corposa, la sintesi costruttiva apprezzabilissima e i toni grigiochiari, i macerati verdi di rara politezza.
Le spogliemortali di Mario Squassina sono state traslate nella natia frazione
bresciana:oltre alle opere sparse in abitazioni di Arco, numerose ne restano
presso i congiunti e la «figlioccia» signora Man'a Cassavago, nella trattoria «Al Ponte», in S. Eufemia, noto ritrovo d'artisti.
Sale Marasino, 2 agosto 1940.
Il mondo pittorico di Franco Staffoni è racchiuso nel folelore iscano: sia nelle corali manifestazioni popolari, nel mercatini dalle bancarelle accostate e
policrome sia nel caratteristici esponenti della vita di paese: donnette solitarie o l'uomo cappel4uto e barbuto al quale il pittore affida l'ansia di aspettative indefinite, forse rivelate da un Solitario.
Figurativo nella eco impressionista «con accenni a soluzioni espressionistiche, specialmente quando attinge a personaggi colti dalla realtà ambientale, trae accenti sommessi da una tavolozza volutamente sobria che nulla concede al facile effetto coloristico, mirando innanzi tutto ad una interpretazìone delicata dello spirito a cui le immagini si compenetrano», com'ebbe a dire Achille Rizzi.
BIBLIOGRAFIA
AA.VV., «Panorama d'arte '77», Magalini Ed., Brescia, 1977.
Bagolino, I giugno 1922.
Riconosciuto da tempo e da insigni scrittori d'arte fra i più validi esponenti della pittura non soltanto bresciana, affermato in esposizioni severe in campo nazionale, apprezzato all'estero, Antonio Stagnoli resta nella sua città a volte ignorato. Il suo tratto, ricco di espressività, ricrea una realtà che è parte di noi tutti, ma rifiuta «soggetti gradevoli, facili effetti decorativi, soluzioni che si esauriscono nei valori formali», così che i più non ne sanno avvicinare le opere. La giovanile predilezione di Stagnoli va a Vari Gogh, artista immerso nella vita degli umili, dei diseredati, dei dimenticati. Nato a Bagolino, il nostro pittore di quell'aspra terra nulla ha dimenticato; e alla memoria della sua terra si accomuna il dramma d'un bambino che, a soli quattro anni, rivolgendosi alla propria madre più non riesce a gioiosamente gridasse il nome, non udendone al tempo stesso la voce.
Così l'indimenticabile giornalista Bruno Marini ricrea la triste giovinezza del futuro pittore: a quattordici anni già orfano, ai Pavoniani gli imparano le prime parole, e primissima m-a-m-m-a che se n'era andata da tempo. Il ragazzo di valle disegnava con i gessetti, scalfiva l'intonaco delle camerate, era un mondo confuso e primitivo che riemergeva da una coscienza scioccata, inquieta.
Brera, alfine, al compiersi del secondo conflitto mondiale, con i maestri Carpi, De Amicis e Umberto Vittorini il quale, oltre che riflessa l'angosciosa inquietudine del proprio animo, nel tratto dell'allievo bresciano deve aver avvertito il rinnovarsi del desolato cammino di Lorenzo Viani.
Con l'insegnamento accademico, negli anni grevi del dopoguerra, giova anche l'emergere del levitante e consonante operare di giovani mossi dall'ansia che si agita nella provata umanità: giovani attratti da nuove forme di realismo ed affermatisi in seguito in virtù di sapiente tecnica, ma ancor più per il civile impegno, da Guerreschi a Bodini, da Romagnoni a Vaglieri, e Ceretti, Diana, Omatì...
Della tragedia immane appena vissuta Stagnoli ripropone non paludate divise, non armate d'invasione o campi di sterminio, non immani distruzioni di città e di esseri umani; bensì la silenziosa, atroce tragedia che ancor più fa chine le spalle dei poveri, che più ne incava gli ormai inariditi occhi, la gente della sua montagna, quella sorpresa ad errare nella immediata periferia e legata ad una attività che da sempre odora di terra, imbevuta di sacrifici e di rinunzie.
Delle sue valli, delle sue campagne per decenni ha ritratto gli aspetti meno noti, aninìando le carte non soltanto di mandriani, di contadini, di ortolani dai visi defori-ni, sprizzanti fatica, rosi dagli stenti, «segnati da un marchio di miseria e di ingiustizia».
Anche la natura che completa le opere si anima di drammatici moti: non fondale, ma protagonista anch'essa a dolorosamente premere l'animo del pittore. Si potrebbe delineare il cammino artistico di Stagnoli con le opere emerse in occasione di note manifestazioni o dettate da particolari circostanze: alcune figure adagiate fecero conoscere il giovane artista a S. Diego (1960); la Tragedia della Valle Camonica (1961) è il plastico compianto per tante vittime di inopinata sciagura; Mendicante (1962) gli valse il Premio «La Parete»; Stalla (1963) il «Premio Copparo»; i «Miti e leggende» di Sandro Fontana hanno ispirato le raffigurazioni di lontane vicissitudini del mondo contadino; la Resistenza (1965) Tutore (1967) riflettono altrettante occasioni in cui l'animo dell'artista è mosso da emozioni.
Opere che, parte di un mosaico, nascono da estrema coerenza, da non mai attenuata tensione morale. Quell'insistere, quel ripetersi, quel riproporre «personaggi» ed eventi d'una tragica realtà sono la forza di Stagnoli il quale ha il merito di approfondire una vibrante ricerca attraverso un espressionismo che ' fa e 'tica sociale, oltre che adesione umana. Non staticità, quindi, ma escavazione.
E dalla china all'olio, i personaggi si muovono dentro una ossessiva attesa: alla finestra, sulle balconate, fermi nel tempo, impietriti. Dalla pietra sembrano derivare quei colori chiari, agri, acidi in una magra stesura - come ha osservato Giuseppe Tonna - e sul duplice sentiero del segno e del colore, che si arricchiscono a vicenda, da vari anni il pittore avanza, non immemore della tradizione bresciana che affonda le radici nel secolo di Romanino e Moretto. Lunga la serie delle manifestazioni cui Stagnoli ha preso parte e riflesse nella nota documentaria. Basti qui accennare le Quadriennali di Roma (1959 e 65), l'Intemazionale di Zagabria (1959), le Biennali di Milano (1959, 61, 65, 67), i Premi: Città di Milano (1962), il F. Torri (1962), La Parete (1962), Suzzara (1962), le varie manifestazioni dedicate alla Resistenza (Chiari, Piacenza, Milano, 1965, Brescia, 1977); I'Vlll Mostra nazionale del bianco e nero (Milano, 1972), Reggio Emilia (1966, 69), la bresciana rassegna «La coscienza del reale» del 1974. Mostre personali ha allestito in note gallerie di Brescia (1958, 62, 66, 68, 69, 79), Milano (1959, 64, 65, 67, 72, 75), S. Diego in Califomia (1960), Bagolino (1964), Francoforte (1963), Venezia (1965), Firenze (1969), Padova (1970), Verona (1971), Bologna (1972), Roma (1973), Desenzano (1974), Parma (1976), Salò (1980).
BIBLIOGRAFIA
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