Chiari, 1937.
Da alcuni anni, abbandonata l’incisione su linoleum, ha intrapreso la tecnica xilografica anche a più legni. Ha partecipato a concorsi provinciali meritando riconoscimenti. Com’egli stesso afferma “gli interessano di volta in volta fatti della vita, oppure elaborazioni fantastiche”. Ne sorgono visioni a volte tormentate nel segno, altrimenti distese e nitide nelle quali tuttavia prepotente è l’amore alla terra natia percorsa ogni giorno a motivo del lavoro di portalettere svolto. E si rattrista nel vederla ogni giorno offesa dall’uomo. Superato agevolmente il limite dilettantistico, Angelo Berardi ha potuto esporre nella “Galleria S. Ambroseus” di Milano. Al suo attivo può annoverare anche sei cartelle di xilografie.
Fra le numerose altre partecipazioni a mostre e concorsi in Brescia, Desenzano, Edolo, Gargnano, Gussago, Iseo, Lonato, Leno, Rovato, Sarezzo, ma anche ad Arezzo, assisi, Como, Cremona, milano, Rho, Roma, Santhià, Varese… fino a New York, che a volte l’hanno visto primeggiare, vale segnalare in particolare le adesioni alle mostre clarensi indette periodicamente a ricordo di Lorenzo Alborghetti, morto prematuramente.
BIBLIOGRAFIA
Sta in: R. LONATI, “Dizionario degli incisori bresciani”, Brescia, 1994.
Gargnano, 16 aprile 1868 - Salò, 17 maggio 1968.
Di umili condizioni sociali, a 17 anni si portò a Milano per lavorare presso una importante ditta di decorazione. Vi frequentò con profitto l’Istituto superiore d’Arte applicata all’industria in Castello Sforzesco ottenendovi, nel 1896, un secondo premio con medaglia d’argento. Nel 1898 passava a Parigi, dove gli fu affidata la decorazione del padiglione italiano della Esposizione universale del 1900. A Parigi sposò una signorina francese dalla quale ebbe cinque figli. Nel 1902 si trasferì a Salò dove restaurò le volte del duomo, lesionate dal terremoto del 1901. Decorò inoltre palazzo Feltrinelli (Gargnano), palazzo Bertolini, le parrocchiali di Roe’ Volciano, Soiano, Limone, Gavardo, Voltino, Nago di Tione; una chiesa delle suore di Novara, la chiesa delle suore Orsoline di Salò e parecchie altre.
Come tanti altri affreschisti, egli pure si è dedicato a opere di cavalletto, condotte nel filone del tradizionale naturalismo e in prevalenza dedicate al Lago.
Al compimento del centesimo anno, le autorità salodiane hanno voluto festeggiarlo e affettuosamente riunite gli hanno consegnato una medaglia d’oro e una pergamena ricordo, anticipandogli l’assegnazione della croce di cavaliere al merito della Repubblica. Papa Paolo VI inviava un telegramma che recava la particolare benedizione (“Giornale di Brescia”, 17 aprile 1968).
Il nome di Giovanni Beretta è riemerso in occasione dei festeggiamenti per il quarto centenario dell’Ateneo salodiano, allorché il prof. Panazza ha dato lettura della sua dissertazione sulle manifestazioni artistiche della sponda bresciana del lago. (“Il Lago di Garda; storia di una comunità”, 1969, Vol. I, p. 259).
BIBLIOGRAFIA
R. LONATI, “Dizionario dei pittori bresciani”, Giorgio Zanolli Editore, 1984.
Milano. 31 agosto 1941.
Presente nella nostra città dal 1988, vi è giunto con alle spalle studi condotti presso il Liceo artistico “Beato Angelico” e alla Scuola di nudo dell’Accademia di Brera in Milano.
Vissuta l’esperienza della pittura condotta nel rispetto della tradizione figurativa, Bergamaschi si è poi confrontato con l’arte informale e concettuale giungendo a esiti per un certo verso inediti. È seguito un periodo in cui accanto all’esempio espressionista del colore sono intervenute figure emblematiche, come gli angeli guerrieri o altri personaggi dell’immaginario collettivo di chiara impronta surreale. Si è poi inoltrato nella ricerca proposta dell’arte povera, sostenuto in ciò dalla convinzione che attraverso i materiali usuali, “poveri” ricuperati dalla quotidianità si articola un vero confronto tra il mondo e l’interiorità di chi opera. Fra gli oggetti inseriti nella sua produzione anche i bancali usati nei magazzini per poggiarvi le merci, facendo così espressione pittorica che, attraverso ulteriore avanzamento fa emergere la stagione della “negata”, con opere contrassegnate con la X dall’evidente contenuto simbolico. In quella X l’autore racchiude molti significati, dalla croce di S. Andrea al voto, ed ecco che i suoi fogli di giornale, le pagine dei libri, le vecchie fotografie vengono traversate dalla X cromatica, un cromatismo a volte talmente trasparente da lasciare emergere i tratti delle stampe e delle immagini sottostanti: la realtà sottratta alla banalità dell’apparenza e restituita a significato autentico. Sono toni compenetrati di gialli, rossi, azzurri diluiti, delineanti un segno incrociato che non vuol essere solo “negazione”. Dice bene Pia Ferrari che l’elemento artistico è minimale…perché sulla superficie stampata coesistono i linguaggi dell’arte e della comunicazione, in un sistema segnico strutturato che annulla la cronaca e l’effimero.
La maturazione artistica di Bergamaschi è ripercorribile attraverso il percorso espositivo risalente alla prima mostra personale tenuta in Tremosine nel 1988 e proseguito a Trento (Galleria 9 Colonne), Brescia (ex chiesa di San Zenone), Tremosine ancora (Biblioteca civica) nel 1990, Milano (Galleria “Lo Spazio 2”, 1991), Limone (1993), Toscolano Maderno (1994), Brescia (Galleria “L’Aura”, 1995), Pisa (Galleria “Il Prato dei Miracoli”, 1996), Cecina (2000), Brescia (Galleria “AAB”, 2002).
Assai copioso poi il frutto di partecipazioni a mostre collettive, premi a concorsi che dal 1990 hanno proposto opere in oltre settanta località regionali, nazionali ma anche straniere, da Chicago a Parigi a Rochester, Berlino, Vienna…proponenti l’autore come singolare interprete della contemporaneità.
BIBLIOGRAFIA
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G. GALLI, Bergamaschi, la X sul mondo, “STILE Arte” n. 63, novembre - dicembre 2002.
Barco di Orzinuovi, 31 gennaio 1926 - Brescia, 23 settembre 2003.
Nato da una famiglia di contadini fittavoli, vive la fanciullezza nelle ristrettezze comuni a molte famiglie della Bassa bresciana, vivacizzata tuttavia dalla libertà di correre nei campi, temperata nelle sere delle fredde stagioni dalla riunione nelle stalle dei parenti e dei vicini. La passione per il disegno si manifesta ben presto e si estrinseca con “murali” stesi su pareti di cascine, di rustici e di chiese. Ultimata la scuola elementare è d’aiuto alla famiglia lavorando la terra, e nei momenti liberi “scarabocchia” fino al giorno del servizio militare; durante il periodo di leva, un ufficiale gli regala colori e pennelli. Di ritorno a casa, sotto la guida di Emilio Pasini apprende il primo sistematico indirizzo pittorico, ma dopo alcuni anni si allontana dal maestro a causa di incomprensioni. La seconda guerra mondiale, la morte d’un fratello lo portano nel Sud d’Italia (1947) e l’attrattiva di quel paesaggio e della vita di quelle terre lo induce a tornare. In Puglia vive lavorando nei campi, in cambio dei pasti e del giaciglio.
Nel 1949 è a Milano, vive nella desolata periferia metropolitana, esponendo per la prima volta nel circolo ACLI di Baggio, dove è ospite di un amico per il quale lavora. Vive poi la vita dei cantieri edili, duramente. Vende la prima tela in piazza Duomo a Milano, ed a Milano dedica la sua prima consistente produzione, avvicinandosi a Motton e al gardesano Bendinelli con i quali divide per qualche tempo la greve esistenza. Frequenta le lezioni serali dell’Accademia Cimabue, indi Brera: ha per insegnanti i proff. Salvadori, Franchi, Carpi e conosce D. Cantatore e Carlo Carrà. Alle soglie degli anni Sessanta un suo quadro appare alla Biennale milanese.
La morte del padre lo induce a far ritorno a casa (1957) e di questo anno è la sua prima mostra personale a Brescia. Per qualche tempo vive a Lograto, dove la famiglia si è trasferita, con studio in un vecchia chiesa sconsacrata. Nel 1960 inizia il soggiorno a Brescia dove apre studio in Rua Sovera (e dell’ambiente circostante coglie il popolaresco vivere, il lavoro delle lavandaie) quindi in via Trieste, vicino a S. Maria Calchera.
I suoi viaggi in Bulgaria, Grecia, Ecuador, Venezuela, sono noti ai bresciani: a ogni ritorno segue una mostra dedicata a questi paesi visitati per coglierne gli aspetti meno noti, ma forse più vivi, e più consoni all’animo: visi di contadini, case misere dai calcinati muri, vita sui campi. Un mondo portato dentro fin dall’infanzia e cercato in ogni luogo percorso. Ad ogni viaggio corrispondono anche scritti pubblicati in quotidiani bresciani e illustrati con disegni.
La lunga serie delle esposizioni, i consensi critici riscossi sono ricordati nella documentazione sotto riportata, e che nei decenni successivi si è ulteriormente arricchita, tanto da rendere difficoltoso seguire il ritmo delle mostre prodotte dal pittore.
Vale a condensarle tutte la grande rassegna dedicatagli da Orzinuovi nel settembre 2005, con la collaterale accolta a Palazzo Martinengo in città, alle quali prossimamente altra ne seguirà nel salone Vanvitelliano di Palazzo Loggia a cura di Giovanna Capretti.
L’insieme delle manifestazioni ha portato alla scoperta di straordinari dipinti, di vari inediti dedicati alle nevicate, rappresentanti l’ultima produzione.
La pittura di Bergomi, nel recenti decenni, ai noti soggetti ha coniugato anche l’osservazione “dell’acqua come tumulto” rappresentata nella mostra tenuta a Città Antiquaria dal 30 febbraio al 29 marzo 1999. È alfine palese l’ampia cultura iconografica che eleva l’autore a un classico del secondo Novecento italiano.
Ora più che mai l’itinerario creativo annoverante figure andine, contadini e lavandaie della Bassa, le loro cascine e i loro fienili, si presenta con eccezionale nitore compositivo oltre che cromatico, coniugante chiara immaginazione di fronte alla umile realtà.
BIBLIOGRAFIA
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“Giornale di Brescia”, 21 ottobre 1958, Lograto: Personale di G. Bergomi.
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“Galleria A.A.B.”, Brescia, 14 - 26 ottobre 1966 (Personale per bianco e nero)
“Galleria G.A. Benedetti”, Legnago, 28 gennaio 1967.
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G. STELLA, C. Bergomi, “A. Studio”, a. IV, aprile - maggio 1975.
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“La Leonessa”, Brescia, 29 ottobre - 11 novembre 1977.
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F. L.(orenzi), Contadini e cantastorie, “Giornale di Brescia”, 27 ottobre 2005.
Brescia, 22 ottobre 1953.
Ha frequentato i corsi di arte applicata dell’Accademia di Brera a Milano. Autopresentandosi al pubblico per la sua prima mostra, definisce la sua pittura “fotorealista” e rifacendosi alla espressione di Monet, vecchia ormai di cento anni: bisogna vivere nel proprio tempo, con quel che segue, egli si serve della fotografia (cioè d’un mezzo attuale) per trarre dalla “realtà artificiale, ma autentica come l’immagine fotografica” l’interpretazione pittorica della vita. Ne nascono immagini e una analisi della vita quotidiana il cui risultato è “una sorta di vuoto e di sospensione”, una testimonianza di solitudine e di annientamento.
La presente nota riferisce l’iniziale ricerca di Giuseppe Bergomi, che in seguito ha abbracciato la scultura affermandosi come uno degli artefici significativi, richiesto non solo da prestigiose istituzioni nazionali, ma anche da quelle straniere.
Dell'attività creativa di questo giovane e già affermato artefice si è detto nel "Dizionario dei pittori bresciani". Alla pittura, infatti, pareva ascendere la sua prima produzione "fotorealista".
Dopo aver frequentato i corsi di arte applicata dell' Accademia di Brera, Ivan Bergomi autopresentandosi al pubblico in occasion della sua prima mostra personale alla "Galleria dell'Incisione", nel 1978, rifacendosi alla espressione di Manet vecchia ormai di cent'anni: bisogna saper vivere nel proprio tempo, con quel che segue, si serviva della fotografia, cioè di un mezzo moderno, per trarre dalla "realtà artificiale, ma autentica come l'immagine fotografica" l'interpretazione pittorica della vita. Nascevano allora immagini e una analisi della quotidianitàil cui risultato è stato definito "sorta di vuoto e di sospensione". La mostra ha rivelato un artista di notevole talento: per la paziente capacità di lavoro, per l'adesione alle attuali problematiche, per la consapevole ragione dell'operare.
Presente in successive occasioni a mostre collettive come: "Ovvero, come alcuni artisti operano a Brescia"(l979), "Brescia '80", ordinata nel maggio 1980, nella più vicina della A. A. B.", è con la seconda mostra personale, alla "Galleria dell'Incisione" nel 1982, che le promesse racchiuse nelle prove pittoriche, che già contenevano esigenze di sviluppi plastici, si tramutano in risultati "già maturi e compiuti, per una sicurezza d'impostazione strutturale e formale che non sono solo conferma, ma rivelazione" .
Secondo Elvira Cassa Salvi "conviene forse dividere le immagini di Bergomi in due capitoli approssimativi: quelli di ispirazione balneare, marina e l' altro di intimità domestica. Come emergessero dall'informe acquoreo le immagini dei bagnanti, nella loro ingenua banalità riflettono per così dire l'imporsi del volume, della figura tangibile ... nelle altre opere, dall'immagine emana invece una emozione, una tensione che ne trasforma il senso. Emergono non dall'informe, ma dal sonno queste immagini; aprono gli occhi alla luce, rispondono al richiamo del giorno attonite, quasi incredule, ed anche un po' intimidite, proprio come le adolescenti al risveglio della vita adulta.
Sono figure a volte quasi al naturale, ricche di delicata forma, di lieve colore e riescono a creare attorno a sè spazi arcani, metafisici.
Adeguata documentazione su Bergomi scultore è raccolta nella monografia prodotta nel 2002 da La Quadra Editrice.
BIBLIOGRAFIA
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L. SPIAZZI, Le mostre in città, “Bresciaoggi”, 28 ottobre 1978.
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“Galleria A.A.B.”, Brescia, 3 - 14 marzo 1979, “Ovvero, come alcuni artisti operano a Brescia”, Catalogo.
AA. VV., “Brescia ‘80”, Brescia, 1 - 11 maggio 1980, Catalogo.
R. LONATI, “Dizionario dei pittori bresciani”, Giorgio Zanolli Editore, 1984.
. v. Tancredi Alma
Brescia, 6 dicembre 1902 - 1 dicembre 1965.
Figlio di Angelo, imbianchino, poche notizie si sono potute raccogliere di Fulvio Beriola, così come le poche opere vedute e di vario livello non consentono giudizio compiuto. Di lui si può ricordare un episodio simpatico che prova la sua precocissima passione per la pittura: a poco meno di dieci anni è sorpreso da Arnaldo Zuccari, a quel tempo direttore della scuola Moretto, mentre disegnava, al pari di un madonnaro, sul marciapiede antistante l’Istituto artistico. Considerate le doti del fanciullo, il noto pittore promette di intercedere, a tempo debito, per la sua ammissione ai corsi di pittura o, in caso contrario, di contribuire egli stesso alla formazione artistica.
Da allora, ben poco Beriola fa dire di sé: non durante il primo conflitto mondiale, non nel dopoguerra che dev’essere stato un periodo buono per la sua pittura. Solo nel 1936 e fino al 1938 è operoso a Passirano, dal 1941 al 1945 è a Bagnolo Mella. Per vivere si impegna in varie decorazioni, a Camignone, dov’è aiuto al cugino Alfredo nel decorare la chiesa, a Collio, dove nel 1948 adorna il salone del municipio. Altro ausilio trae da dipinti eseguiti su velluto destinato a cuscini: motivi floreali o maschere oleografiche e decorative che pur trovano facili acquirenti.
Nei pochi ritratti veduti v’è staticità e durezza nei lineamenti dei soggetti ripresi (soprattutto bambini).
Anche i paesaggi collinari, giocati sui toni di verde, hanno accordi spenti, ma le marine eseguite nel vigore degli anni (1920 - 1930) segnano un notevole balzo qualitativo che può far gareggiare il Beriola con non pochi pittori locali. Impianto solido, sintetico, colori mediterranei non immemori dei Macchiaioli, impasto rorido, a ricreare ampi spazi, riverberanti luci su rocce e solatie spiagge. Opere cui affidare memoria più viva di quella finora goduta.
Ci viene altresì detto che Beriola è autore di una effige della Madonna custodita in chiesa bresciana, forse “S. Rita”.
BIBLIOGRAFIA
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R. LONATI, “A. Zuccari”, Edit. G. Zanolli, Brescia, 1980.
R. LONATI, “Dizionario dei pittori bresciani”, Giorgio Zanolli Editore, 1984.
Brescia, 12 ottobre 1929.
Terminati gli studi liceali, si appassiona al disegno e alla incisione. Nel 1955 aderisce all’IDIT e assiduamente partecipa alle mostre sociali degli Incisori d’Italia, in varie città. Allestisce anche mostre personali accompagnata dalla esortazione di noti studiosi e artisti, esponendo opere realizzate con varie tecniche: dalla incisione alla puntasecca, in monotipo, a volte policrome, che la Raccolta civica di stampe di Milano acquista in due esemplari.
Le sue composizioni rivelano, con la molta passione, il candore di un animo che si traduce in figurette di bimbi, in dolci paesaggi. Nel significativo declinare dei fiori, nelle figure sole v’è invece la struggente malinconia che i titoli sottolineano, come per La grande sete, Il blues dell’abbandonata, Madre, coraggio… Particolare rilievo hanno le lignee incisioni ispirate a un libro di John Steimbeck e che hanno suscitato riconoscente plauso del famoso scrittore.
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G. NICODEMI, “Galleria le Grazie”, Milano, 17 settembre - 11 ottobre 1956.
R. DE GRADA, Arti plastiche e figurative, rubrica radiofonica, 2 ottobre 1956.
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R. LONATI, “Dizionario dei pittori bresciani”, Giorgio Zanolli Editore, 1984.
Secolo XVII.
Pittore spesso mediocre. Fra le sue opere si rammentano: Brescia, Risurrezione nella chiesa di S. Giovanni Evangelista; Assunta, Chiesa di S. Gaetano; Il Nazzareno, Santi Agostiniani in S. Croce; Cristo alla colonna, in S. Rocco. Non ricordato nella “Storia di Brescia”.
BIBLIOGRAFIA
G. A. AVEROLDI, “Le scelte pitture di Brescia”, 1700.
G. B. CARBONI, “Pitture e sculture di Brescia”, 1760.
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“Enciclopedia bresciana”, Ediz. La Voce del popolo.
R. LONATI, “Dizionario dei pittori bresciani”, Giorgio Zanolli Editore, 1984.
Secolo XVI.
Figlio di Giovanni, fu particolarmente attivo a Venezia. Più cruda ed esasperata di quella del padre, la sua arte è riscontrabile nelle portelle di Murano con la Cacciata dei demoni e l’Assunzione (1586).
Si ispirò al Savoldo, al Moretto, al Tiziano e forse al Bosch o più modestamente al Florigerio. Sue sono probabilmente la mediocre Ultima cena della collezione Stampaglia Querini a Venezia e la più bella Deposizione nella lunetta della pala in S. Barnaba.
Altre sue opere elenca il Berenson, ma sono di dubbia attribuzione.
BIBLIOGRAFIA
G. FIOCCO, “Piccoli maestri, Giovanni e Bernardino da Asola”, 1925.
G, FIOCCO, “La pittura bresciana del Cinquecento a Padova”, 1927, (Dello stesso vedasi altro contributo in “Rivista d’arte”, 1931, n. 3).
“Storia di Brescia”, Vol. II, p. 1098 (cfr.) Elenchi di B. Berenson.
“Enciclopedia bresciana”, Ediz. La Voce del popolo.
R. LONATI, “Dizionario dei pittori bresciani” Giorgio Zanolli Editore 1984.