Cremona, 30 giugno 1914 - Brescia ?
Docente di Letteratura, ha frequentato l’Accademia di Brera a Milano. Trasferitosi a Brescia nel 1926, ha lungamente insegnato in scuole cittadine, dipingendo nei momenti liberi dall’attività didattica, esplicando altresì consulenza a colleghi e amici. Di lui si ricorda soltanto una raccolta di opere alla “Piccola galleria U.C.A.I.” (maggio 1979) in cui paesaggi e figure erano condotti entro i canoni classici della tradizione.
BIBLIOGRAFIA
R. LONATI, “Dizionario dei pittori bresciani”, Giorgio Zanolli Editore, 1984.
Brescia, 19 giugno 1920 - 7 luglio 2000.
L’irruzione – come ebbe a definire E. Cassa Salvi – l’ingresso di Bellodi nel campo artistico bresciano, del 1966, propose il pittore già nella maturità creativa.
Dapprima definito ingenuo, si avverte poi che lo spirito reggente le composizioni non è quello spicciolo e patetico del piccolo mondo casalingo e agreste, ma piuttosto il risultato di una osservazione che anima un incisivo narratore, e che potrebbe trovare linfa e affinità negli artisti tedeschi del Cinquecento. Una cultura in grado di operare e fustigare le umane debolezze, le ambiguità e le deformazioni di certi ambienti. E tutto ciò è possibile esprimere grazie ad una grande abilità grafica, al non comune senso del colore. Le narrazioni di Bellodi sono così determinate sino al particolare ed evidenziano il suo modo d’osservare dissacratore, il suo pessimistico moralismo.
Numerose ormai le esposizioni: a Torino, Firenze, Milano, Crema, Padova… e puntuale il consenso per una pittura che riesce a cogliere d’ogni ambiente e di ogni vibrazione degli animi l’essenza (a volte gelosamente mimetizzata) e tradurla, con graffiante evidenza, fino a rasentare il macabro, nella superficie dei quadri.
BIBLIOGRAFIA
L. SPIAZZI, “Galleria d’arte Cavalletto”, Brescia, 12 - 24 novembre 1966.
E. C. S.(alvi), Mostre d’arte. “Giornale di Brescia”. 20 novembre 1966.
G. C., Alla Cavalletto, “Tribuna bresciana”, a. I. novembre - dicembre 1966.
“Giornale di Brescia”, 13 marzo 1969. (Per la mostra alla “Galleria Vinciana” di Milano; riproduce brani da “Il Corriere della Sera”, periodo mostra)
C. MUNARI, “Galleria S. Michele”, Brescia, 11 - 23 ottobre 1969.
E.C.S.(alvi), Mostre d’arte, “Giornale di Brescia”, 20 ottobre 1969.
C. SEGALA, “Galleria d’arte S. Michele”, Brescia, 7 - 19 ottobre 1972.
E. C. S.(alvi), Mostre d’arte, “Giornale di Brescia”, 17 ottobre 1972.
F. CARESI, “Galleria Viotti”, Torino, 5 - 10 ottobre 1974.
“Galleria S. Michele”, Brescia, 23 novembre 1974.
L. SPIAZZI, Arte in città, “Bresciaoggi”, 30 ottobre 1976.
E.C.S.(alvi), Mostre d’arte, “Giornale di Brescia”, 2 novembre 1976.
L. S. (piazzi), Giro dell’arte, “Bresciaoggi”, 27 gennaio 1979.
AA.VV., “Galleria d’arte Vittoria”, Brescia, 3 - 25 novembre 1979. (Riporta testi di E. C. S., C. Munari, F. Solmi, M. De Micheli, O. Zaglio).
L. SPIAZZI, Arte in città, “Bresciaoggi”, 10 novembre 1979.
E. C. S.(alvi), Mostre d’arte, “Giornale di Brescia”, 13 novembre 1979.
G. STELLA, Arte, “La Voce del popolo”, 18 aprile 1980.
AA. VV., “Brescia ‘80” Brescia, 1 - 11 maggio 1980, Catalogo.
A. M. COMANDUCCI, “Dizionario dei pittori… italiani”, IV Ediz. (1971).
R. Lonati, “Dizionario dei pittori bresciani”, Giorgio Zanolli editore, 1984.
“Un artista, mille volti, nostalgia, cavalleria, satira”, Urago Mella, Pieve, 17 - 31 maggio 2003.
F. LOR.(enzi), Umorismo fantastico e bizzarri sogni cavallereschi di Edoardo Bellodi, “Giornale di Brescia”, 17 maggio 2003.
Volciano 1625 - Gargnano, 27 marzo 1700.
Studiò a Venezia sotto la guida di Michele Forabosco, acquisendo una abilità non comune nei ritratti e nelle mezze figure di capriccio “nelle quali congiunse ad uno studio accuratissimo della natura anche un senso caricaturale”. Ricercato da molti personaggi del tempo fu alla corte del cardinal Mazzarino, del vescovo di Brescia cardinal Ottoboni (poi papa Alessandro Vlll) del duca di Buquerque, dell’imperatrice Margherita, prima moglie dell’imperatore Leopoldo I; della principessa Enrichetta Adelaide, sorella di Emanuele di Savoia e moglie del duca Massimiliano Elettore di Baviera, che lo mandò a prendere a Brescia da due uscieri e lo ospitò a Monaco per sette mesi con un assegno giornaliero di diciotto ungari e con un dono finale di 100 doppie e d’una collana d’oro con proprio ritratto attorniato da 63 diamanti. Fu poi maestro del duca di Uceda, governatore di Milano, con uno stipendio di 50 doppie al mese divenendo poi sovraintendente alle gallerie del duca Ferdinando Carlo di Mantova. La Repubblica Veneta gli commissionava di dipingere la presa e la demolizione della fortezza di Margariti in Albania per un compenso di 600 ducati, nella sala dello Scrutinio.
Disegnò con accuratezza e precisione amando i chiaroscuri, assieme ai colori naturali. Brunati sostiene che “di ogni pittura istoriata o no, che fosse di maniera finita, voleva il Bellotti 100 zecchini e di ogni ritratto 50 filippi. Si che non vi ebbe pittore, o antico o moderno, a quel che sappisi, i cui lavori fossero così premiati”. Ciò non di meno, morì in miseria ospite del fratello, arciprete di Gargnano. Sue opere, si trovano in Musei e collezioni importanti, a Bologna, Braunschweig, Feltre, Firenze (Uffizi, Autoritratto), Madrid, Milano, Pommersfelden, Rovigo, Salò, Stoccarda, Venezia, Vienna, Padova.
L’esatta collocazione delle opere è nella “Storia di Brescia”, Vol. III, p. 614.
Si giunge al 1996 quando, a cura di Luciano Anelli, la Grafo per conto della Vanca Valsabbina pubblica ponderoso volume al quale hanno offerto contributo pure Alfredo Bonomi, Isabella Lechi e Jutta Rosengarten, che ripercorre ogni aspetto esistenziale e creativo di un “artista sfuggente” tanto che non si è potuto ancora radunare un corpus di opere autofrage per ordinarle in un catalogo ragionato. Tuttavia la ricerca condotta in archivi di Mantova, Firenze, Monaco di Baviera, Venezia, Gargnano e in alcune raccolte private, ha portato a identificare anche non poche opere inedite e di notevole bellezza.
Un volume dunque, quello prodotto dalla puntigliosa applicazione di Luciano Anelli, che si propone come significativo traguardo, ma anche come proposizione di ulteriori, imprevedibili raggiungimenti.
BIBLIOGRAFIA
Sta in: L. ANELLI (a cura di), “Pietro Bellotti. 1625 - 1700”, Brescia, Grado Ed., 1996.
Si veda inoltre: G. SABATTI (a cura di), “Dal Moretto al Ceruti. La pittura in Valle Sabbia dal XVII al XVIII secolo”, Sabbio Chiese, Santuario della Madonna della Rocca, giugno - luglio 2002.
E. GIUSTACCHINI, Tra le pieghe del reale, “STILE Arte” n. 2, marzo 1996.
E. GIUSTACCHINI, Il pittore che studiava se stesso nel fondo degli specchi, “STILE Arte” n. 10, luglio 1997.
Secolo XVIII
Omonimo, e qualcuno dice, nipote del precedente, fu anch’egli pittore ed incisore di scuola veneziana. Imitò Antonio Canal, accostandosi anche a Jacopo di Paolo Marieschi. Dal 1749 al 1776 soggiornò a Tolosa, dove incise gli ex libris di Richard e di Depias e «un’ottica fra le più curiose» della quale diede pubblica dimostrazione nel 1776, ma che oggi si ritiene perduta. Dal 1775 al 1790 le sue opere provenienti dall’abitazione dell’ab. Sapte, del presidente Puget e del pittore LP. Lucas, furono esposte all’Accademia. Nel 1779 furono esposti al Salon di Lilla cinque quadri con architetture sue e con figure dipinte da L. J. Watteau, detto il “Watteau di Lilla”. Dipinse prevalentemente fabbriche, interni di chiese, porti, vedute di Venezia, Milano, Genova, La Valletta, Marsiglia, L’Aja, Londra.
Un suo figlio, avuto da Francoise Lacombe (con due altre figlie), fu anch’egli pittore ed espose all’Accademia di Tolosa nel 1768 “Tre teste” disegnate, nel 1774 “Ritratto del padre” e un Paesaggio a pastello; nel 1770 ricevette dall’Accademia una medaglia d’argento per l’anatomia.
Morì intorno al 1810 in Francia.
BIBLIOGRAFIA
“Enciclopedia bresciana”, Ediz. La Voce del popolo.
R. LONATI, “Dizionario dei pittori bresciani”, Giorgio Zanolli editore, 1984.
Brescia, 1923.
Dopo aver frequentato negli anni 1945 - 1953 i corsi di figura sotto la guida di Emilio Rizzi, entro il clima della Associazione artisti bresciani, ha partecipato a esposizioni in Brescia e Provincia, meritando premi e menzioni.
Pur vivendo in amicizia con Fiessi, Bruno Degl’Innocenti, si stacca dai moduli degli autori ricordati per quel sapore di affresco caratterizzante i paesaggi ritraenti umili cantucci di paese, ristretti scorci di campagna emananti intimità familiare di chi non vuole guardare lontano, pago del poco che possiede. Le figure, i ritratti, più espressione di stati d’animo che resa fisionomica, hanno luci e ombre pacate, suggeriscono sommesso colloquio. Un mondo silente che riflette l’animo sensibile dell’autore, capace soltanto di compostezza serena.
Anche nel cammino creativo successivo Romeo Bellucci conferma e approfondisce la poetica di artista sensibile che si esprime con mirabile coerenza, dal maestro Rizzi avendo acquisito non soltanto il cosiddetto “mestiere”, ma soprattutto la severa concezione dell’arte. Rigore che gli ha impedito di proporsi assiduamente sul palcoscenico delle mostre, per operare silenziosamente e che i dipinti riflettono appieno ispirati come sono dalla sua indole meditativa portata ad osservare tutto ciò che esprime umiltà, colloquio sommesso con le cose e con la natura tradotto in cromie intensamente risonanti.
Caratteri distintivi delle opere che nell’ultimo decennio hanno figurato in alcune mostre personali proposte nel Palazzo Municipale di Lonato (1 - 23 gennaio 1994), nella bresciana Galleria Schreiber (10 gennaio - 12 febbraio 1998 e 13 gennaio - 13 febbraio 2003), nella iseana La Quadra (6 marzo - 10 aprile 2004), fino all’omaggio resogli da Gussago con la antologica ordinata in Palazzo Nava nel maggio - giugno 2005. Occasione per confermare una volta ancora la capacità di Bellucci d’interpretare la natura come valore di una realtà che si carica di emozione: la visione nobilitata da eleganza formale e preziosità chiaroscurali. Quando poi lo sguardo volge alle visioni iseane tutto si intride di pulviscolo grigio sfumante in vibrazioni malinconiche. Una malinconia che pervade pure le nature morte ove si conferma la predilezione dell’autore per gli umili frutti della terra: nature morte cariche di luce viva che spaziano su sfondi di spaccati quotidiani.
Delle numerose figure, animate da affiorante intimità, si limita la segnalazione alla “Santa Cecilia” tratta da Raffaello e prodotta come “omaggio” del pittore alla gavardese “Viribus unitis” nel 1990.
BIBLIOGRAFIA
L. FAVERO, “La Voce del popolo”, s.d. (1961).
F. CALZAVACCA, “L’Italia”, s.d. (1961).
F. CALZAVACCA, “La Voce del popolo”, s.d. (1962).
“Pittori italiani contemporanei”, Vol. I, (1972); Vol. II, (1973).
L. SPIAZZI, “Galleria La cornice”, Desenzano, 31 agosto - 12 settembre 1974.
“Pittura e scultura oggi”, Penepinto Ed., 1976.
AA. VV., “Brescia ‘80”, Brescia, 1 - 11 maggio 1980, Catalogo.
R. LONATI, “Dizionario dei pittori bresciani”, Giorgio Zanolli editore, 1984.
M. COR.(radini), La Santa Cecilia di Raffaello in un “omaggio” di Bellucci, “Bresciaoggi”, 13 dicembre 1990.
M. CORRADINI, “Tra verità e simbolo: la ricerca di Romeo Bellucci”, Lonato, Palazzo Municipale, 13 - 23 gennaio 1994.
A. CHIAPPANI, Romeo Bellucci, un signore della pittura, “La Voce del popolo”, 7 febbraio 1997.
M. CORRADINI, “La misura dell’emozione nel paesaggio di Romeo Bellucci”, Brescia, Galleria Schreiber, 10 gennaio - 13 febbraio 1998.
F. LORENZI, “Romeo Bellucci, sommesso e pudico cantore delle piccole cose”, Brescia, Galleria Schreiber, 13 gennaio - 13 febbraio 2003.
T. BINO, “Romeo Bellucci, Iseo e dintorni”, Iseo, Galleria d’arte La Quadra, 6 marzo - 10 aprile 2004.
Comune di Gussago, “Romeo Bellucci. Angoli che scompaiono”, Gussago, Palazzo Nava, 4 maggio - 5 giugno 2005.
R. LONATI, A Palazzo Nava mostra di Bellucci, “La Voce del popolo”, giugno 2005.
Secolo XX.
Artigiano decoratore morto nel 1952.
Tenne a Brescia una bottega premiata. Malgrado gli impegni professionali trovò sempre il tempo necessario per accorrere nei luoghi e nelle case colpiti da calamità e disgrazie.
BIBLIOGRAFIA
“Enciclopedia bresciana”, Ediz. La Voce del popolo.
Palazzolo S/O, 1935.
Vive e opera a Palazzolo.
Dopo gli studi all’Accademia Carrara di Bergamo, si diploma all’Istituto “Venturi” a Modena e dal 1960 è docente nella Scuola media. Collabora con assidui scritti a pubblicazioni specializzate. Il pubblico bresciano impara a conoscerlo in occasione della esposizione che la “Galleria Alberti” (indimenticata per aver portato a Brescia valori internazionali e saputo additare non pochi valori locali) gli ha allestito nel 1959. Il pittore aveva già alle spalle nutrita serie di partecipazioni a mostre e a premi. Ma la visione di più opere, accostate dopo severa selezione, lo indica come una nuova promessa. Già si ravvisa in esse una fisionomia originale, una delicata sensibilità e non comuni proprietà tonali: anche se particolarmente accese. “Entro questo bagno purpureo le immagini si sfaccettano in raffinati riflessi e iridescenze secondo un postcubismo diligente e gentile”.
Agli inizi del 1963 è ospitato nella “Galleria del Prisma”, nel maggio dello stesso anno, nuovamente a Brescia, alla “Piccola Galleria”, appuntamento che ripeterà nel 1966, dopo significative presenze a Zurigo, Verona, Mantova. Nel frattempo il colore si è alleggerito, impreziosito; la composizione essenzializzata nella eco del neofigurativismo che caratterizza la recente produzione.
Procedimento meglio considerabile attraverso le opere esposte nelle mostre personali successive, da quella tenuta nel 1981 nello Studio F22 di Palazzolo a quella nella Piccola Galleria UCAI di Brescia nel 1987, alla antologica 1955 - 1995 allestita in Palazzolo nel 1995, ed ancora quella accolta nel 2001 dalla Associazione Artisti Bresciani, presentata da Fausto Lorenzi.
La cospicua elencazione dei Premi e delle collettive proposta dal catalogo, esime dal ripeterla, ci si limita a rilevare alcune delle manifestazioni particolarmente significative, come il Premio Michetti di Francavilla a Mare, il Premio Garzanti di Forlì, il San Fedele di Milano, la Biennale nazionale d’arte sacra “Angelicum” (Milano), il Premio Suzzara…
Non sono da escludere vari interventi operati in sedi diverse, come l’affresco eseguito presso l’Accademia Carrara di Bergamo, l’ornamentazione della cappella Madonna In Pratis di Rudiano, le vetrate composte per la Casa di riposo palazzolese, le ulteriori decorazioni murali portate a termine in Ali Terme (ME), Veglio (Val d’Intelvi), Chiari (Casa di riposo)…
Oggi Giuseppe Belotti è giustamente qualificabile “pittore di oggetti, ma che più volte ha rotto con la chiusura della forma plastica, per costruire solo con la luce, come un fluido umore interno al colore. Oggetti che diventano figure del soggetto, dell’uomo che guarda. Oggetti testimoni di situazioni”.
BIBLIOGRAFIA
“Giornale di Brescia”, 24 agosto 1956, L’ottava rassegna orceana.
E. C. S.(alvi), Pittura bresciana oggi, “Giornale di Brescia”, 3 giugno 1958.
“Giornale di Brescia”, 29 ottobre 1959, Cultura e arte a Palazzolo.
E. C. S.(alvi), Mostre d’arte, “Giornale di Brescia”, 8 aprile 1960.
E. TEDESCHI, “Piccola galleria”, (UCAI), Brescia 27 aprile - 9 maggio 1963.
“Giornale di Brescia”, 3 maggio 1963, G. Belotti alla Piccola Galleria.
G. VALZELLI, Pittori bresciani sul Garda, “Giornale di Brescia”, 5 luglio 1964.
“Giornale di Brescia”, 17 settembre 1967, A tre palazzolesi il Premio Inzino.
“La Leonessa, galleria d’arte moderna”, Brescia, 8 - 21 marzo 1975.
L. SPIAZZI, “Studio G7”, Bovezzo, 7 - 21 febbraio 1976.
“Arte bresciana oggi”, Sardini Ed. Bornato.
A. M. COMANDUCCI, “Dizionario dei pittori… italiani”, IV Ediz, (1971).
R. Lonati. “Dizionario dei pittori bresciani”, Giorgio Zanolli editore, 1984.
F. LORENZI, “Giuseppe Belotti - situazioni”, Brescia, Galleria A.A.B., 2 ottobre - 7 novembre 2001.
M. BERNARDELLI CURUZ, Belotti, sovrastato dalla terribile forza dell’azzurro, “STILE Arte” n. 52, ottobre 2001.
M. BERNARDELLI CURUZ, Belotti, la materia e l’uomo, “STILE Arte” n. 73, maggio 2004.
D. MAFFONI, Pallore leopardiano e pittura metafisica, “STILE Arte” n. 80, luglio 2004.
Secolo XV.
Figlio di Giovanni e fratello di Benedetto e Bonifacio, ebbe dimora a Brescia dal 1430, e l’anno successivo ottenne la cittadinanza bresciana, su sua domanda, che gli fu concessa in quanto “pittore eccellente e molto utile e necessario”.
Altri documenti lo ricordano presente in Brescia nel 1436 e nel 1438, anno in cui partecipò alla difesa della città dall’assedio del Piccinino ed ottenne perciò di entrare a far parte della nobiltà cittadina. Nel 1439 dipinse per decreto municipale l’effige di Francesco Sforza a cavallo, da deporre sulla porta della città dalla quale sarebbe entrato in condottiero. Di lui però non rimane alcuna opera firmata.
Era suo l’affresco raffigurante una visione di S. Domenico ad un giovane della famiglia Longhena e firmato nel 1481, esistente nel chiostro di San Domenico, poi perduto. Discusse sono altre attribuzioni, come quella d’una Madonna con bambino nel duomo di Bressanone, le teorie angeliche e S. Francesco in S. Giorgio, le decorazioni della chiesa del Carmine, gli affreschi della chiesa della SS. Trinità a S. Gallo e una Natività in S. Maria delle Grazie. In esse il Panazza ravvisa un paesaggio dalle forme proprie del gotico fiorito a forme rinascimentali, anche se un po’ pesanti e vuote che il pittore rivestì di ricchi, fluenti panneggi nei quali permangono le cadenze del primo Quattrocento.
BIBLIOGRAFIA
R. LONATI, “Dizionario dei pittori bresciani”, Giorgio Zanolli Editore 1984.
Secolo XV.
Probabilmente nato a Brescia, la documentazione che lo riguarda va dal 1462 al 1465. Era figlio di Giovanni e fratello di Bonifacio. Nel 1462 firma il polittico della Madonna con bambino e Santi ora al Museo d’arte antica al Castello Sforzesco di Milano ed è l’unica opera certa che lo rivela orientato verso la cultura padovana. Sua è anche la decorazione della sala d’oro del castello di Torchiara (dove fu dapprima il polittico ricordato) che celebra la vicenda amorosa fra Pier Maria Rossi e Bianca Pellegrini. Gli sono state attribuite anche le tre tavole di un polittico della Madonna con bambino e i SS. Gregorio e Tommaso d’Aquino, nel Museo civico di Cremona ed altre ancora.
Lavorò nel bresciano tra il terzo e il quarto decennio del 1400. Ha in comune con Bonifacio lo stile tardo gotico.
BIBLIOGRAFIA
R. LONATI, “Dizionario dei pittori bresciani” Giorgio Zanolli Editore 1984.
Brescia (?) c. 1420 - c. 1482.
I documenti parlano di lui dal 1447 come uno dei partigiani di Francesco Sforza.
Nel 1452 minia un Offiziolo per i frati ospitalieri di S. Antonio di Cremona, nel 1462 decora la sala del castello ducale di Pavia e dipinge la pala dei SS. Crisante e Daria in S. Agostino di Cremona, ora perduta. Come perduti sono i vicini affreschi. Nel 1467 dipingeva l’ancona dell’altare maggiore del duomo di Cremona. Nel 1469 continuò le decorazioni delle sale del castello di Pavia con scene di vita quotidiana e di corte; nel 1471 - 72 la cappella votiva di S. Maria fuori Vigevano; nel 1473 la cappella ducale nel castello di Milano, ottenendo nel 1474 la cittadinanza milanese. Nello stesso anno, con Vincenzo Foppa e Zanetto decora la cappella del castello di Pavia e la cappella di S. Maria di Caravaggio; nel 1476 lavora in S. Giacomo di Pavia e nel 1477 nel collegio Castigliano pure a Pavia.
Molte altre opere, tra cui tre serie di tarocchi, gli furono attribuite dalla critica e tutte lo indicarono come un tipico rappresentante della tradizione tardogotica lombarda, per cui può essere considerato, secondo il Mazzini, come il continuatore di Michelino di Besozzo quanto meno fino al 1460. In seguito, sull’esempio di Foppa, cercò di intonare il suo stile alle novità rinascimentali.
BIBLIOGRAFIA
R. LONATI, “Dizionario dei pittori bresciani” Giorgio Zanolli Editore 1984.