Sulzano, 1928.
Nativo del lago d’Iseo, è stato agli inizi allievo di Emilio Pasini, insigne pittore e indimenticato maestro a generazioni di pittori bresciani.
Inizia a esporre nel 1962 partecipando ad una collettiva all’A.A.B., che gli dà la possibilità di presenziare a concorso provinciale in cui si aggiudica la medaglia d’oro. Abita con la famiglia alla “Fantasina”, sulla strada che conduce a Gussago e fra quelle terre ondeggianti prepara ben presto le tele necessarie per allestire una mostra personale a Milano, nella “Galleria d’arte dell’Accademia”. È l’avvio di una carriera febbrile testimoniata non soltanto dalle numerose presenze in personali e collettive, ma dal susseguirsi di consensi critici in città come Milano, Firenze, Torino, Verona, Reggio Emilia, Bergamo, Lugano, Genova… ricordati nelle note documentarie.
La sua pittura è tuttavia frutto di meditazione, costruita, ricca di materia elaborata, tesa a valori essenziali di contenuto umano e nessuna parola può dire meglio di quanto scrisse Mario Monteverdi dei temi prediletti dall’artista (case, rustici, vicoli) che “sembrano escludere la presenza umana, tuttavia quegli intonaci macerati, quei cieli soffocati, quelle ombre grevi, romaniche, quelle luci un poco congelate - in cui parrebbe di intendere echi dell’antica scuola bresciana del ‘400 - ‘500 - posseggono una loro particolare e sofferta umanità, una presenza potenziale, se non in atto, di quel patrimonio ideale senza cui l’arte diviene puro esercizio formalistico. Per giungere a ciò, bisogna profondamente credere nella pittura, è questa una premessa etica indispensabile”.
Bertocchi sembra aver pagato con sfibrante tensione il debito verso la pittura, con ripetute cadute che lo hanno costretto a rimanere più volte e a lungo in silenzio.
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Quinzano d’Oglio, 29 novembre 1878 - 21 novembre 1964.
Figlio di Giulio e di Angela Rossini, frequentò l’Accademia parmense. Fu soprattutto ritrattista ed efficace bozzettista. Sua è la grande pala dedicata alla Beata Stefania Quinzani, un tempo nella chiesa di S. Rocco a Quinzano. Anche se non indicato per nome, dovrebbe aver partecipato alla esposizione d’arte moderna di Cremona nel 1910.
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Brescia, 19 maggio 1940.
Pittore, dallo scultore Medici ha appreso la tecnica della incisione dei metalli. Ha esposto in mostre del “Gruppo Moretto” e in seno alla Associazione artisti bresciani.
Figurativo, predilige il paesaggio del quale coglie atmosfere effuse. Dedica altresì il tocco suo impressionista alle scure masse di locomotive e di vagoni ferroviari sotto bigi cieli di neve, riuscendo a riprodurre con verità la staticità e la dinamica delle pesanti linee.
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Bovegno, 25 marzo 1909 - Brescia, 10 ottobre 1941.
Formatosi con Eligio Agriconi in Valle Trompia e nella villa Wührer, è essenzialmente affreschista; tuttavia ancor prima di compiere i vent’anni si fa notare in mostre dove figurano i più noti artisti concittadini.
La sua attenzione è rivolta al paesaggio, al ritratto, alle nature morte e gli basta un angolo di strada, uno scorcio di due case per raggiungere armonia tonale modulata in una soavità raccolta e dimessa.
V’è chi nei suoi paesi ha ravvisato panorama italiano ispirato ai toscani del Quattrocento tradotto in una visione pacata, piena di sentimento per quegli ocra gialli, per quei viola consumati e preziosi.
Sul nascere di tante speranze, quando già le sue tele avevano attratto l’interesse di critici notevoli, febbre tifoide ha stroncato la giovane vita.
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Virle, 1896 - lO febbraio 1973.
Secondo Antonio Fappani, a soli dodici anni fu assunto in un cantiere di, Mazzano per apprendere l'arte del marmoraio o scalpellino. Potè in seguito frequentare la scuola di disegno "N. Tartaglia" di Brescia, operando quindi nei noti cantieri rezzatesi delle imprese Gamba e Lombardi.
Durante la prima guerra mondiale fu adibito dapprima a disegnare carte topografiche e geografiche, indi, a seguito di sua richiesta, entrò a far parte del XXXII Gruppo d'assalto alpino sul Monte Cengio. A conflitto ultimato torna a scolpire, realizzando opere a tema sacro e profano. Alcune di esse hanno preso la via dell' America. Grandiosa è la statua dedicata a Pio XI: alta sei metri, è stata innalzata nel seminario di Venegono in occasione di una fiera. Alla abilità di Leonardo Bertoli si sono affidati non pochi scultori per tradurre nel marmo i loro gessi.
Fra le opere originali dell'artefice di Virle si possono citare la composizione del giardino di villa Lombardi a Rezzato raffigurante un episodio dell'eruzione dell'Etna: una giovane donna fugge stringendo a sé il proprio bambino, un S. Francesco destinato a città americana.
Nell'ultimo lustro di vita, ha deposto lo scalpello, come ricorda G. Maccarinelli in "Giornale di Brescia" del 29 ottobre 1968.
Figlio di Tarcisio (v.) nel laboratorio del padre ha acquisito i fondamentali elementi dell'arte plastica, affinata poi con gli studi che lo hanno portato alla maturità e alla docenza presso il liceo artistico "V. Foppa" di Brescia .
Ancor giovane aderisce a varie rassegne collettive in città e in località lontane, fra le quali possono citarsi: Montichiari (1957, 58); Bordeaux (1966); Pavia (1973, 74); Bergamo (1973); Parma (1973); Brescia (1964, 66, 68, 69, 1971, 73, 75). Mostre personali ha invece allestito in Brescia (1960, 1974); Gardone Riviera (1965); Pavia (1975). Nelle piccole opere sgorgate da libera fantasia e proposte via via alle citate manifestazioni, la visione del giovane scultore appare dapprima rivolta all'arte classica; attratta dai lineamenti di bambini, giovinetti, figurette animate da "quietudine contemplativa", per poi inseguire più veementi impulsi. Al "pezzo" plasmato secondo tradizione subentra la ricerca di una sintesi espressiva affidata a ritmati volumi, in un alternarsi di luci e ombre in grado di delineare figure (sagome umane) singole o accostate. Anche i temi prescelti si definiscono: dal Colloquio mesto o vivace delle donne allineate sullo stesso piano, quasi un bassorilievo, alla coralità delle Deposizioni, delle Pietà. Anche se nei gruppi sono evitate connotazioni fisionomiche consuete nella iconografia sacra, s'avvertono i significati, gli intenti morali o spirituali, fino ai moti sociali.
Nella produzione scultorica di Luigi Bertoli v'è poi da annoverare l'aspetto com memorativo, i vari monumenti ai Caduti di Odolo e Monticelli Brusati (1967), di Rodengo Saiano (1969), di S.Polo (1970), di Chiesanuova, Polaveno; ai Bersaglieri di Roccafranca; ai Caduti del lavoro di Sarezzo. E poi l'omaggio alla memoria di padre Ottorino Marcolini e Guido Bollani (due statue in grandezza naturale) inaugurato il 21 giugno 1981 nel giardino antistante la parrocchiale del villaggio Prealpino. Altro monumento notissimo, collocato entro una delle grandi fontane circolari del giardino di via dei Mille, dal 1975 ricorda il VII Bersaglieri.
Non trascurabile l'attività del ritrattista, alla quale si devono fra gli altri i lineamenti dei Papi Giovanni Paolo II e Paolo VI nella parrocchiale di Concesio, dell'ing. Viganò, dell'avv. Minelli, dell'ex vescovo di Brescia Mon.stabilini.
Virle, 18 giugno 1900- Brescia, 31 luglio 1960.
Trasferitasi nel 1921a famiglia a Nave, in questa località Tarcisio Bertoli trascorre la fanciullezza e dal padre, ornatista, apprende ad usare lo scalpello.
Poco più che sedicenne può frequentare la scuola di disegno "N. Tartaglia" di Brescia; militare a Varese segue un corso di scultura all'Accademia di B.A.
Assolto il servizio militare è a Montichiari dove entra a far parte di un circolo culturale e dove studia per conseguire il diploma di maestro d'arte. Intraprende l'attività di docente di materie artistiche nella scuola comunale di Nave e la esercita per circa dieci anni.
Nel primo dopo guerra aveva collaborato con Luigi Canonica; l'insigne artista, serbando di lui favorevole impressione, in più tardi anni lo invita a Roma. Ormai legato a Brescia da affetti e da impegni di lavoro autonomamente svolto, Tarcisio Bertoli declina l'invito.
L'opera assidua è ricompensata dapprima dal "Premio Bettoni - Cazzago", vinto in occasione della mostra sindacale del 1934; indi dal "Premio Zuccarelli" (1950) indetto dall' Ateneo a riconoscimento di artisti bresciani particolarmente meritevoli. A fianco delle piccole composizioni, a fianco dei ritratti proposti in occasione di mostre sindacali provinciali e regionali, alla "Permanente" milanese o alle mostre d'arte sacra ordinate nel palazzo vescovile bresciano, sempre più si evidenziano le opere funerarie o destinate ad edifici monumentali.
Ancora non è stato redatto un elenco completo delle realizzazioni di Tarcisio Bertoli. Se inedito è l'Angelo della tomba dei Terzi Lana al Vantinano, note sono le opere per i cimiteri di Roma (Campo Verano), Bondeno, Cordonate Soprio, Varese (Deposizione); nella cappella del camposanto di Piadena v'è un altare di marmo verde Alpi e Botticino provvisto nella parte inferiore di un bassorilievo raffigurante la fontana dell'immortalità. Sopra l'altare la Deposizione del Bertoli riproduce l'episodio tratto da una Via Crucis dello scultore locale Giuseppe Mastrocchio. Attivo nella parrocchia di Borgo Trento, suo l'acquasantino nella chiesa di Cristo Re.
Fra i monumenti commemorativi sono da citare quelli dedicati ai Caduti di Cortine di Nave e di Caino. Per l'anno mariano 1954 ha realizzato quello dedicato alle madri e ai figli di Lograto.
In occasione del riordino della facciata della chiesa parrocchiale di Bione pieve, nel 1952 ha realizzato per don Bazzoli due statue, meritando la cittadinanza onoraria. Primavera ed Esta te, esposte nel195àa Montichiari, valgono all'autore una medaglia d'oro.
Pur nei comuni soggetti, le due statuette s'elevano a formag'arte per la inconsueta finezza ispiratrice, per l'armonia dei ritmi che, pur nel solco della tradizione, non sono adusati o accademici.
Fra le opere meno note o di incerta attribuzione possiamo ancora citare le decorazioni della cappella del nuovo padiglione nell'ospedale di Nave, una Deposizione nella chiesa di Rodengo Saiano, una custodia entro una non meglio identificata chiesa di S. Cesario. Varie Pietà, una delle quali esposta in occasione della "Mostra postuma dei Soci della A.A.B." (ottobre 1970); i busti di don Giovanni Salvi, parroco di Saiano, collocato in frazione S. Rocco, dei signori Giovanni Fornasini, Schreiber, Codini, del pittore Botti, del comm. Ferrari, quello del poeta dialettale Angelo Canossi, del quale adorna la tomba; e poi volti di bimbi, di giovinette, del fratello Remo, della moglie, dei figli (Luigi (v.) ne segue le orme). Scomparso nella fervorosa maturità, pur nella sofferenza non lasciò presagire fine così repentina. Lo si ricorda in calmo conversare con gli amici Agriconi, Dolci, numerose tele dei quali illeggiadriscono la casa dove lo scultore ha saputo tradurre con perizia e amorevole slancio l'ideale suo artistico: nel candore del marmo, nella brunità del metallo, nella secondante tenerezza della creta.
A ricordo dell'artista sono state ordinate due mostre: alla A. A. B. nel maggio 1961, alla "Piccola galleria UCAI" di via Pace nell'ottobre 1977: hanno riproposto una scultura fedele ai canoni classici, ricchi udente singolare voce del panorama artistico bresciano contemporaneo.
Secoli XVIII - XIX.
Originaria di Prato (l'odierno Bel prato ), ebbe vari componenti che si cimentarono con l'arte dell'intaglio, nella scia dei Pialorsi. Con essi e con gli Obertini collaboraro no alla costruzione di soase, cori nelle chiese del paese d'origine, di Navone, di Odeno, nonchè a lavori per abitazioni private.
Secondo A. Fappani ("Enciclopedia bresciana") giunti a Brescia e provocati da un intagliatore locale a modellare come lui era capace, in breve tempo portarono a compimento un lavoro palesando apprezzabile abilità.
Alcuni componenti la famiglia Bertoli sono:
ANDREA, probabile autore, con i Pialorsi, degli altari della chiesa di Belprato. L'Il febbraio 1754 sposava Maria Pialorsi, figlia di Battista, falegname.
ANDREA, nel 1896 realizza la cantoria della chiesa di Odeno. È l'ultimo della famiglia ad esercitare l'attività dell'intaglio.
GIAMBATTISTA, è ricordato perchè il 3 ottobre 1771 ha sposato la figlia di Giovanni Battista Pialorsi.
v. Centro artigiano camuno
Brescia, 19 settembre 1854 - 25 giugno 1932.
Particolarmente attivo ci appare Cesare Bertolotti, per le copiose opere sue rimaste, per le numerose partecipazioni a mostre in città e fuori, per le personali allestite. Nato da Giuseppe e da Teresa Silvestri, vive la prima infanzia fra la bottega di pizzicagnolo del padre, in via del Beveratore, a pochi passi dall’odierno Collegio Arici, e le contrade di quel rione antico. Ben presto si accosta alla pittura e, dopo l’apprendistato con Roberto Venturi e Achille Glisenti, a soli vent’anni in virtù di una borsa di studio del Legato Brozzoni può recarsi a Firenze dove segue i corsi di Giuseppe Ciaranfi presso la locale Accademia. Nel 1879 vince la pensione triennale del Legato Brozzoni e frequenta l’accademia di Brera sotto la guida di Giuseppe Bertini; è quindi a Roma per perfezionarsi alla scuola del Maccari e poi a Monaco dove frequenta Lemback.
Fino dal 1879 aveva intrapreso la via delle esposizioni in città, a fianco di Angelo Inganni, Schermini, Campini e i suoi maestri Venturi e Glisenti del quale prediligerà dirsi allievo. A Firenze torna per esporvi nel 1884 e in quella occasione si manifesta capace di penetrare “mirabilmente” l’atmosfera perturbata che precede l’uragano. Nello stesso anno Tempo triste è accolto in manifestazione torinese e i suoi quadri sono ormai richiesti da folta schiera di estimatori che salgono le scale fino al suo studio, nell’ex convento di S. Giuseppe.
Tramonto sul lago, Dintorni di Brescia, Vita nei campi, Valle Carobbia nel 1885 sono accolti alla Accademia di Brera; Valletta di Renzone nello stesso anno è a Roma… ma non poche sono pure le presenze in mostre bresciane, anche in seno alla Società dell’Arte in famiglia di cui è uno dei fondatori. Nel 1887 lo accoglie, anche se l’indifferenza e la malignità di alcuni colleghi lo amareggiano spargendo la voce di un rifiuto della Giuria, la Biennale veneziana. È il il tempo in cui si trasferisce in riva al Chiese, fra Gavardo e Sopraponte.
Si susseguono ormai a ritmo serrato le esposizioni ripetutamente ricordate: a Milano, Roma, Torino, Venezia, Firenze, Monaco, Verona, Salsomaggiore, Genova, negli anni Ottanta su su fino al 1910 - 1911 circa. Dipinti sono acquistati dalle Gallerie d’arte moderna di Genova, Milano, Verona, Torino; da noti personaggi: Regina Margherita (Sole fra i salici), il collezionista inglese George Teuch, di Londra (Pace serale), l’ex re d’Italia (Nella villa Frera) per non dire della Pinacoteca Tosio - Martinengo di Brescia che diverse opere possiede. Vince anche il prestigioso “Premio Principe Umberto”, e la principessa Maria di Rumenia gli commissiona il proprio ritratto, dopo aver acquistato un’altra tela, (1898).
Val ricordare che Bortolotti si cimenta sovente anche con vaste superfici, e di lui si rammentano: Sacro cuore di Gesù, per la chiesa di S. Zeno, in città, nel Santuarietto di S. Maria delle Grazie, in S. Maria in Silva, in palazzo Loggia; in Villa Simonini a Salò… le decorazioni fatte in collaborazione con il piemontese amico Cesare Viazzi nel palazzo del co: Reggio a Genova (1893).
L’effige del venerabile Alessandro Luzzago, commissionatagli dal Comitato diocesano, è inviata in dono al Papa e trattenuta in Vaticano. Frattanto è convolato a nozze ed ha un figlio, Giuseppe. Breve felicità: perché la moglie morrà soltanto tre anni dopo; il figlio adorato cadrà invece durante il primo conflitto mondiale, meritando l’aurea medaglia e la dedicazione di una Via bresciana. Venezia lo accoglie, sia pure saltuariamente, dal 1887 al 1911. Sono le tappe salienti di una carriera artistica feconda che solo la morte del figlio sembra incrinare. Alla sua memoria dedicherà un libro - epistolario; parteciperà ancora, sia pure attenuando il ritmo, a numerose esposizioni, fino alle soglie della morte avvenuta mentre abitava in casa di proprietà Martinoni, in via Quinzano.
Il dattiloscritto di Riccardo Lonati “Cesare Bertolotti” dal quale è stata estratta la nota bibliografica riportata nel presente “Dizionario” è stato pubblicato nel 1981 dall’Editore Giorgio Zanolli col titolo “Cesare Bertolotti. 1854 - 1932”.
Notevole contributo alla conoscenza della produzione paesaggistica di Bertolotti è proposto dal volume di Luciano Anelli “Il paesaggio nella pittura bresciana dell’Ottocento” edito da La Scuola editrice nel 1984.
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